CAPITOLO 17

L’energia della creazione

Le spinte naturali della vita costringono il corpo del bambino, passivo all’inizio, a diventare attivo. Prima il bambino muove la testa, poi le spalle, poi le mani. Deve fare solo quello che è in grado di fare in quel momento e noi dobbiamo incoraggiarlo con intelligenza. Dobbiamo fare una distinzione tra la volontà di una personalità cosciente e la volontà della natura che viene prima dello sviluppo della volontà cosciente. Il cervelletto è l’organo dell’equilibrio. Gli organi di attività aiutano l’intelletto. L’uomo deve lavorare per svilupparsi. Bisogna dare al bambino le giuste condizioni e poi incoraggiamento e aiuto quando è necessario.

10 ottobre 1946


Il corpo del bambino, che all’inizio è passivo, gradualmente diventa attivo e ad oggi questo passaggio dalla passività all’attività è ampiamente analizzato: è strano vedere uomini dall’espressione aggrottata che annotano gli sviluppi quotidiani della vita di un bambino, registrando ogni suo più piccolo movimento. Dimostra un vero interesse. Chi è interessato a questa progressione dettagliata può leggere un libro di psicologia moderna, perché in questa sede non ho intenzione di entrare nei dettagli, ma solo di fornire uno schema.


Ciò che è più interessante è che questa attività nasce dal desiderio di vivere e che lo sviluppo nel corso del primo anno di vita segue un ordine definito, come se seguisse un programma. Svilupparsi in un determinato tempo è un test della normalità della crescita: nessuno può crescere più rapidamente, ma molti possono rimanere indietro (è il caso dei cosiddetti “ritardi di sviluppo”).


Ci sarebbe davvero utile poter realizzare un film simile a quelli del cinema delle origini, ad esempio utilizzando la fotografia time-lapse per mostrare lo sviluppo di un fiore, dalla gemma alla corolla completamente schiusa. Sarebbe molto interessante farlo con un bambino e vedere il suo piccolo corpo passivo animarsi: lo vedremmo muovere prima la testa, poi le spalle (come per fare un grande sforzo per entrare nell’ambiente), e poi le mani. Una volta acquisita abbastanza forza nelle spalle, il bambino si rotola sulla pancia, rimanendo a faccia in giù ma tenendo la testa alta e muovendo le mani verso l’alto come se fosse impaziente di esplorare il mondo, anche se le sue gambe non sono ancora in grado di sostenerlo. Le potenzialità che il bambino ha di muoversi non arrivano da sole, ma hanno bisogno del suo sforzo. Il piccolo prova il desiderio di esplorare il mondo e deve fare quanto è in linea con le sue possibilità.


Osserviamo quanto il bambino è capace di fare e diamogli continui incoraggiamenti per orientare il suo sviluppo. Il piccolo sembra essere già dotato di una propria volontà, ma non è davvero così: la volontà è un’elaborazione cosciente dell’intelligenza e una conseguenza del ragionamento. Gli adulti si muovono guidati dalla volontà, mentre il bambino piccolo è sollecitato dalla natura. Dobbiamo avere ben chiara questa differenza. La volontà è una funzione della personalità cosciente, per cui la volontà di un bambino inizia ad agire solo dopo quando la mente cosciente è sufficientemente sviluppata. Fino ad allora dobbiamo parlare della volontà della natura, e non della volontà dell’individuo. Oggi la volontà della natura si chiama horme. È l’energia ormica della vita creativa che sollecita il bambino, obbligandolo ad agire. Se a sei mesi inizia a sedersi è per via dell’horme, non di un desiderio dotato di scopo. Il bambino deve elevare il proprio corpo ed è nostro compito aiutarlo in questo intento. Quando avrà padroneggiato questa capacità, sarà felice e riderà di gioia, perché sentirà di aver soddisfatto quanto gli era stato richiesto dalla horme. È un vero trionfo, perché ora potrà osservare il mondo che lo circonda. Più avanti dovrà fare un altro grande sforzo, sentendo l’impulso inconscio di alzarsi in piedi. Se si aiuta sollevandolo muove le gambe come se stesse camminando, ma non come farebbe un adulto, bensì sulle punte dei piedi. Solo in seguito appoggerà tutta la pianta del piede. Quando sarà diventato in grado di stare in piedi, a una decina di mesi, sarà davvero felice.


Guardiamo con emozione un bambino che muove i primi passi: in epoca romana questo avvenimento si celebrava con una festa a cui erano invitati tutti gli amici della famiglia. La madre stava lì con le braccia tese, incoraggiando il bambino a mostrare a tutti che era in grado di camminare. I primi passi sono sempre molto incerti, ma il piccolo insiste fino a circa un anno e tre mesi, quando riesce davvero a camminare. È una grande vittoria per la sua indipendenza, perché gli dà il potere di girare per il mondo da solo. È un momento essenziale. Gli adulti lo obbligano a rimanere in casa, eppure è nella natura umana il desiderio di esplorare. Camminare è un’azione meccanica ed ereditaria perché i bambini provenienti da ogni parte del mondo acquisiscono questa abilità all’incirca alla stessa età. Quindi fisiologicamente, se lo stesso fenomeno avviene ovunque, deve essere ereditario. Nel caso del linguaggio questo vale per il tono, ma non per la forma.


Sarebbe interessante avere una pellicola a raggi X dello sviluppo di un bambino, così da poter vedere cosa succede all’interno del suo corpo: vedere ad esempio come la cartilagine, in particolare quella dei piedi, diventa osso.

Vi mostrerò un disegno interessante, che ovviamente non è stato fatto da me, stavolta, perché è un bel disegno. Rappresenta il cervello, il cervelletto è in rosso. Nella foto a raggi X che stiamo immaginando, il cervelletto di un bambino è così piccolo da risultare completamente coperto dal resto del cervello e quindi non visibile. A sei mesi, il cervelletto inizia a svilupparsi, crescendo rapidamente fino ai quindici mesi. Poi c’è una pausa. Da quel momento lo sviluppo continua più lentamene, fino ai quattro anni e mezzo del bambino, età in cui si definiscono le relative proporzioni di cervello e cervelletto. Quindi, fra i sei mesi e i quindici mesi, il bambino impara prima a stare seduto e poi a stare in piedi e finalmente a camminare. Il cervelletto è l’organo dell’equilibrio. L’uomo si distingue dagli animali proprio grazie a questo equilibrio, che gli permette di reggersi su due piedi, con grande sforzo della colonna vertebrale. Nel neonato la colonna vertebrale è diritta, poi si crea una curva: è un fatto fisiologico. Dobbiamo capire che questa conformazione della colonna vertebrale nasce dallo sforzo di restare in questa difficile posizione. Quindi questa curva non soltanto è naturale ed ereditaria, è anche frutto degli sforzi fatti dall’individuo: ogni fenomeno deve essere interpretato in questo modo. La natura fornisce solo lo stimolo, il suo sviluppo dipende dalle azioni del singolo all’interno dell’ambiente e dal suo sforzo per adattarglisi. Si dice: “Aiutati che Dio ti aiuta”. In natura, ogni organo è destinato a una particolare funzione. L’adattamento all’ambiente è parallelo allo sviluppo dell’organo, che è legato alla sua funzione. Lo hanno dimostrato diversi esperimenti: per esempio, la zampa di un gattino appena nato veniva fissata in una determinata posizione e con il passare dei mesi non si sviluppava, a differenza delle altre tre, perché era rimasta sempre inattiva28. È importante comprendere che un organo, per potersi sviluppare bene, deve essere attivo.


L’horme spinge l’individuo a fare qualcosa, ed è presente nei muscoli, nei tessuti e nel cervelletto: tutti questi organi sono alla base del movimento, per cui non basta che il bambino abbia a disposizione del buon cibo, le cure giuste e sonno a sufficienza, perché il suo sviluppo ha bisogno anche di attività. L’esperienza nell’ambiente è necessaria perché tutti gli devono essere adattati e fin dall’inizio prima di tutto viene l’horme. Dobbiamo capire che tutto ciò che anima il bambino è un aiuto al suo sviluppo.

Studiando il movimento notiamo che, mentre quello degli animali è determinato fin dall’inizio della loro vita, quello dell’uomo si sviluppa lentamente. I movimenti sono un’acquisizione, non un regalo. I mammiferi camminano con quattro zampe perché così è più facile stare in equilibrio. Le scimmie sembrano camminare su due gambe, ma solo perché si aiutano con delle braccia tanto lunghe da toccare terra, come se fossero stampelle. Camminare su due gambe è una delle grandi conquiste dell’uomo, perché in questo modo braccia e mani restano libere. Nello sviluppo vediamo un ritmo diverso nella crescita delle braccia e delle gambe, che non si sviluppano nello stesso momento, ma indipendentemente. È interessante notare cosa possono fare mani e piedi in momenti diversi: le mani iniziano ben presto a servire la vita psichica, quando i piedi ancora non fanno nulla.


Gli organi di attività aiutano l’intelletto, che altrimenti non potrebbe svilupparsi. Le mani, ad esempio, sono strumenti necessari per compiere diverse attività nell’ambiente esterno. Prima si lavora sul movimento legato allo sviluppo dell’intelligenza, poi su quello legato alla scoperta del mondo.

Le due mani agiscono in modo indipendente, mentre basta guardare gli animali e per vedere come le loro quattro zampe lavorino insieme. Per l’uomo sarebbe impossibile compiere qualsiasi azione se i suoi movimenti funzionassero in questo stesso modo: immaginate di voler prendere qualcosa e di dover usare entrambe le mani insieme. Non riuscireste nemmeno a fare una cosa semplice come infilare un filo nella cruna di un ago. No, le nostre mani sono libere e indipendenti, ma possono lavorare insieme e aiutarsi a vicenda – c’è una connessione. L’intera storia umana dipende dal fatto che le mani siano libere e possano fare cose diverse allo stesso tempo. Questa possibilità ci viene data dalla natura ed è di primaria importanza.


Le mani sono d’aiuto allo sviluppo dell’intelletto. Quando un bambino è in grado di usare le mani, può vivere moltissime esperienze diverse nell’ambiente. Per poter sviluppare la propria coscienza, poi il proprio intelletto, e infine la propria volontà, deve fare esercizio e vivere esperienze. L’uomo non deve svilupparsi per poter agire, ma deve agire per potersi sviluppare. L’utilizzo delle mani è espressione di crescita psichica.


Dobbiamo renderci conto che è essenziale incoraggiare i bambini fin dall’inizio. Finora qualcuno lo ha solo fatto inconsciamente. Il sistema educativo non ha mai detto: “Agisci per crescere”, bensì è rimasto convinto di questo assunto: “Si può educare il bambino solo una volta che si è ben sviluppato ed è intellettualmente forte e obbediente”. Dobbiamo imparare a guardare la realtà. Il bambino deve crescere grazie alle esperienze che fa nell’ambiente, non perché è consapevole che sia il suo dovere e non perché ne ha il desiderio, bensì perché è spinto dall’horme della natura. È nostro compito supportare la concretizzazione di questa energia che porta al normale sviluppo, incoraggiando i bambini e dando loro modo di agire, perché da soli non possono acquisire queste capacità.


Il bambino non agisce per muoversi o per diventare intelligente, ma per adattarsi all’ambiente, e per farlo deve necessariamente vivere molte esperienze. Diamogliene modo e incoraggiamolo. “Coraggio, tesoro, coraggio! Sei un giovane ometto che deve adattarsi a questo nuovo mondo. Continua trionfante. Sono qui per aiutarti.” Questo tipo di incoraggiamento è istintivo in chi per natura ama i bambini. Altre persone non riescono: sono cieche e trovano i bambini noiosi, di giorno in giorno non vedono alcun progresso, mentre chi si prende cura dei bambini nota quotidianamente questi piccoli cambiamenti e li trova ammirevoli. È un’arte che non si può acquisire senza sforzo. Incoraggiare significa entusiasmarsi, così che lo noti anche il bambino. Una madre ammira il proprio bambino e lo tratta con amore, ed è il suo contatto fisico che fa venire voglia al neonato di provare ad alzarsi in piedi. Lo ammira quando si gira alla pancia: vuole aiutarlo e gli dà il giusto tipo di materasso su cui rotolare, incoraggiando i suoi sforzi.


Il bambino agisce inconsciamente, senza capire: la consapevolezza arriva dopo. È grazie alle ripetute esperienze nell’ambiente che il piccolo diventa cosciente, e questa presa di coscienza coincide con la conoscenza. L’adattamento psichico arriva con l’adattamento all’ambiente. Nel programma educativo sono essenziali due fattori per aiutare il bambino:

  1. Il bambino vede la stessa azione ripetuta ogni giorno alla stessa ora, nello stesso modo. Questo attira la sua attenzione. I piccoli percepiscono la successione delle attività nel corso del tempo. È come un ricordo muscolare, un ricordo di un movimento e di un istante. Una volta ho visitato una clinica ostetrica: i neonati erano tutti nella stessa stanza ma in culle separate. C’erano una ventina di bambini, tutti sotto i dieci giorni. Il dottore mi ha detto: “Ora sono tutti tranquilli e immobili, ma stai a guardare e vedrai qualcosa di interessante: fra un attimo sarà l’ora del pasto e cominceranno tutti a piangere.” Quindi questi neonati avevano già un senso del tempo. Erano anche affamati ma con un orario fisso sviluppavano i concetti di ordine e di tempo. Quindi se compiamo una determinata attività sempre alla stessa ora ogni giorno, li stiamo aiutando.
  2. Il bambino ha bisogno che ci si appelli direttamente alla sua coscienza. Quando facciamo qualcosa con lui (ad esempio gli facciamo il bagnetto) non dobbiamo gettarlo in acqua come un sacco di patate quando vogliamo: dobbiamo fargli il bagno ogni giorno alla stessa ora. Vogliamo che capisca che è l’ora del bagnetto. Prepariamo il necessario davanti a lui, così che possa vederci. Ne sarà interessato. Facciamo tutto con attenzione e poi invitiamo il bambino dicendogli: “Adesso, tesoro, vorresti fare un bel bagno?’. Il piccolo capirà l’espressione e acquisirà gradualmente una sempre maggiore consapevolezza. Allo stesso modo, quando lo porteremo fuori per una passeggiata, dobbiamo comunicarglielo in anticipo. La coscienza di sé arriverà, evocata a poco a poco dalla nostra voce, dalle nostre attività e dal modo in cui trattiamo il bambino. Dobbiamo rispettare il piccolo e assicurarci che se ne renda conto. Deve essere pronto per ogni attività in cui vogliamo coinvolgerlo. Non si deve sentire succube: la democrazia inizia alla nascita. Il piccolo deve sapere cosa sta per succedergli. Non dobbiamo prenderlo in braccio all’improvviso, ma chiedergli prima il permesso.


Dobbiamo prima di tutto assicurarci che ci siano le giuste condizioni per il bambino e poi, se necessario, fornirgli il nostro aiuto e incoraggiamento. Se gli diciamo: “Stai fermo, non muoverti” quando tenta di muoversi soffochiamo la sua horme, ovvero l’energia della creazione che il piccolo deve seguire, perché tutti gli organi che in quel momento si stanno sviluppando devono essere attivi. Quindi dobbiamo aiutarlo e gioire con lui. Dobbiamo renderci conto che la crescita avviene attraverso l’attività e che spetta a noi fornire ai piccoli mezzi e incoraggiamento.


La coscienza ha bisogno di aiuto, incoraggiamento e rispetto: solo così il bambino è in grado di svilupparsi normalmente. Lo sviluppo della sua anima passa attraverso le esperienze che ha modo di vivere e l’educazione che gli viene impartita.

Lezioni da Londra 1946
Lezioni da Londra 1946
Maria Montessori
Raccolta delle lezioni tenute a Londra nel 1946 diventate le basi dei corsi 3-6 dell’Association Montessori Internationale. Una pietra miliare nel mondo della pedagogia. Quello del 1946 fu il primo corso di formazione tenuto in Europa da Maria Montessori, dopo il suo lungo esilio in India durante la Seconda guerra mondiale.Lezioni da Londra 1946 raccoglie le lezioni, appunto, tenute a Londra sei anni prima della sua morte, in cui la famosa pedagogista parla con la saggezza di chi ha trascorso una vita a studiare non solo la prima infanzia, ma l’intero sviluppo dell’essere umano.Queste conferenze rappresentano una pietra miliare nel mondo della pedagogia, essendo diventate le basi dei corsi 3-6 dell’AMI, l’Association Montessori Internationale. State attenti – l’animo di un bambino è come uno specchio brillante sul quale ogni respiro può creare un’ombra.Maria Montessori L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Maria Montessori è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, primarie, secondarie e superiori in tutto il mondo.