CAPITOLO 18

L’educazione per l’indipendenza

Dopo un periodo di grande attività arriva un periodo di riposo. Durante la prima metà del secondo anno ci sono molti cicli di attività in preparazione per un ulteriore movimento. Al bambino piace camminare; l’adulto deve camminare con lui, e non viceversa. Lasciate che il bambino cammini, e notate come cammina: esplora l’ambiente.

14 ottobre 1946


Le grandi attività intraprese dai neonati non servono davvero al mondo esterno, ma sono una vera e propria forma di addestramento per loro. Tutte le madri sanno che questo periodo di grande fermento, che reca con sé anche il rischio di creare disordine e mettere in pericolo il piccolo, a una certa età rallenta. Gli psicologi riconoscono che è seguito da un periodo di riposo, più tranquillo. La crescita non segue uno sviluppo regolare. Nella prima metà del secondo anno di vita ci sono molti cicli di attività e si tratta di un periodo forte, energico, caratterizzato da un rapido sviluppo che deriva dalla lunga e paziente ripetizione della stessa attività in attesa di poter utilizzare gli strumenti. Prima di tutto infatti, il bambino deve predisporre le proprie potenzialità: corre e si arrampica, è pieno di energia e non si ferma mai, è in continuo movimento.


Una delle attività più amate dai bambini è camminare: a questa età i loro piedi sono completamente ossificati e il loro scheletro è abbastanza solido, così come la parte superiore della testa. In questo modo, se il bambino dovesse cadere, sarebbe comunque protetto dalla calotta cranica.


Se è così, perché abbiamo paura di lasciare che i bambini percorrano lunghe distanze? Le loro gambe sono forti, i piccoli sono in grado di camminare e ne hanno un grande desiderio. Pertanto, non ha senso che li fermiamo. C’è chi dice che se si porta un bambino di due anni e mezzo a fare una passeggiata presto si stancherà e quindi è una crudeltà farlo camminare; mentre secondo altre persone far camminare troppo un bambino rischia di farlo crescere con le gambe arcuate. Ma la natura mostra che quando il bambino ha acquisito il senso dell’equilibrio deve esercitarsi, così da perfezionare questa abilità. È logico che cammini, se vuole farlo: l’esperienza ci insegna che, se i bambini si stancano, è perché ci sforziamo di farli camminare come vogliamo noi, e non come si sentono. Non consideriamo il piccolo, ma solo noi stessi e le nostre abitudini. Se andiamo a fare una passeggiata con un bambino pensiamo che debba camminare come noi, ma il segreto è cambiare prospettiva: dobbiamo camminare con il bambino e non il bambino con noi.


L’aiuto pratico che possiamo fornire in questo periodo è molto importante, perché il bambino deve mettersi alla prova in tutte le attività necessarie per il suo sviluppo. Lo sviluppo è come una scuola: per un po’ impari, ma per passare al livello successivo devi superare diverse prove.


La natura è rigorosa e ha una sola legge per tutti. Il bambino deve esercitarsi per soddisfare i requisiti di questo primo periodo di sviluppo. È anche la legge della natura. Dobbiamo lasciare che il piccolo cammini e notare come compie questo movimento. Ha le gambe più corte rispetto a noi, quindi cammina più lentamente. Inoltre, esplora l’ambiente. Non è solo la horme che lo spinge a camminare; il suo movimento ha uno scopo, ovvero uscire nell’ambiente. L’attenzione dei piccoli è continuamente attratta da una cosa o dall’altra nel corso delle loro passeggiate: si fermano a osservare e ammirare ciò che vedono, come degli esploratori. Ne hanno bisogno per adattarsi all’ambiente. Assorbire quanto vedono e sentono è un’attività intellettuale, una necessità psichica che soddisfa il loro spirito. Dopo aver provato la soddisfazione di osservare ciò che trovano interessante, proseguono finché non sono attratti da qualcos’altro, andando avanti a camminare anche per miglia.


Un bambino non solo può camminare, ma può anche arrampicarsi, per questo non gli basta una passeggiata in piano. Non dobbiamo pensare che abbia bisogno di un percorso regolare. Si è già esercitato ad arrampicarsi, le pietre non sono un ostacolo per lui. Le difficoltà attirano la sua attenzione: al piccolo piace scendere e salire per ripidi sentieri, mettendo alla prova il proprio corpo e la propria mente. Se ce ne rendiamo conto, inizieremo a provare interesse per il modo in cui il piccolo cammina e non lo porteremo in giro solo dentro alla carrozzina, che non gli permette di fare nulla. Non dovremmo privarlo dell’aiuto che la natura ci ha dato per migliorarci.


Quando portiamo dei bambini piccoli a fare una passeggiata che presenta delle difficoltà, vediamo quanto siano affascinati dalle tante cose che li circondano: si guardano intorno. Avendo già assorbito l’ambiente dal punto nel loro primo anno di vita, ora sono più interessati a ciò che si muove. Niente li attrae più dal punto di vista visivo, avendo già visto i fiori, gli alberi, le cascate, le nuvole e anche cose minuscole come gli insetti. Quindi non basta portarli in posti belli, ma dare loro anche la possibilità di vedere qualcosa in movimento. Se un bambino, nel corso di una passeggiata, vede un asino, attraverserà il campo per guardarlo meglio, sedendoglisi vicino e sfruttando questo momento per riposarsi. L’adulto che lo accompagna ovviamente non proverà il suo interesse e quindi dovrà aspettare con pazienza e comprensione, anche perché il piccolo potrà osservare l’animale a lungo, per poi alzarsi e andare avanti. A questa età, il bambino esplora l’ambiente, provando parte delle esperienze che ha già assorbito. Se si trova davanti un masso, proverà a scalarlo, e noi dovremo rispettare i suoi tempi e lasciare che si metta alla prova in questo esercizio spontaneo.


In questo modo è la natura che comanda e non chi si prende cura del bambino. Il piccolo obbedisce alla natura, e più le obbedisce più è disobbediente con noi: se andiamo di fretta e vogliamo che il bambino ci segua stando al passo, lui si fermerà a osservare qualcosa, passando da uno stimolo all’altro, muovendosi continuamente. Percorrerà lunghe distanze e farà molto esercizio.


Spesso un bambino che cammina insieme a un adulto correrà avanti e tornerà indietro, senza però stancarsi perché avrà modo di riposarsi ogni volta che si fermerà a osservare qualcosa. Una volta ho conosciuto una famiglia che viveva su una scogliera: volevano scendere al mare a fare il bagno ma non potevano portare giù la carrozzina per il sentiero, che era lungo, ripido e cosparso di pietre. Non volevano però neanche lasciare a casa il bambino più piccolo, per cui alla fine decisero di lasciarlo venire con loro e fu un completo successo! Il bambino era molto felice e una volta a casa non era affatto stanco; solo che si era dovuto fermare molte volte per strada perché aveva trovato tante cose che lo interessavano. È così che si risolve il problema: ai bambini interessano molte cose che noi nemmeno notiamo. Ricordo la storia di una bambina in Spagna che era rimasta molto turbata parlando di un “uomo cattivo” che aveva visto durante una passeggiata. Si trattava di un pastore che aveva seguito una piccola capra scappata dal gregge e l’aveva riportata indietro. La bambina era sconvolta: i piccoli hanno bisogno di camminare da soli e hanno bisogno di indipendenza, per questo lei aveva empatizzato tanto con la capretta.


Un giorno ho visto un padre giapponese portare a spasso il proprio bambino. In Giappone si comprendono davvero i bambini e li si porta ovunque, tenendoli sulle spalle (per questo vengono soprannominate “le persone a due teste”). Notai questo un bambino di circa due anni che camminava lentamente insieme al padre, che aveva il suo stesso ritmo. A un certo punto, il piccolo si fermò e si aggrappò a una delle gambe del padre, che rimase immobile. Il bambino continuò a girarci intorno con espressione seria, proprio come il padre. Quando ne ebbe abbastanza, il padre si rimise a camminare; quando il piccolo si sedette sul ciglio del marciapiede, lui si fermò ad aspettarlo pazientemente. Non aveva alcuna conoscenza di psicologia: stava portando suo figlio a fare una passeggiata e per lui questo era il modo naturale per farlo.


Se siamo veramente interessati al bambino, non penseremo al nostro comfort e benessere, ma ci metteremo al servizio del piccolo e dimenticheremo noi stessi, assecondando i suoi desideri. Di solito una tata che viene pagata solo per spingere una carrozzina non lo fa, interrompe ogni ciclo di attività del piccolo e lo fa dormire a lungo. Che senso ha spendere così tanti soldi per un servizio così scadente, che non giova in alcun modo alla vita psichica del bambino? Anche le tate devono mettersi al servizio dello spirito del piccolo, della sua sempre maggiore intelligenza e del suo carattere in formazione.

Devono essere pazienti: un neonato che piange e rompe le cose non è solo un bambino ma il nostro bambino. Non dobbiamo solo avere pazienza di fronte ai suoi difetti, ma anche di fronte agli esercizi che fa per svilupparsi. Un bambino indipendente può essere un problema all’interno dell’ambiente domestico: l’adulto che se ne prende cura deve essere informato e educato, deve aver preparato il proprio carattere ed essere paziente e interessato allo sviluppo del bambino, assecondandone le esigenze. È questo che deve fare una vera tata.


Tutte le grandi personalità della storia – in campo musicale, poetico, scientifico – sono state bambini una volta. Non sappiamo cosa diventerà nostro figlio, ma siamo consapevoli che possiede una grande forza, e che se vuole svilupparsi al meglio della sua capacità da adulto è essenziale che obbedisca a tutte le leggi della natura durante il periodo del suo sviluppo. Dobbiamo obbedire alla natura. Potremmo ribattere: “Io obbedisco a Dio”, ma sappiamo cosa Dio vuole che facciamo? La natura costruisce l’uomo e come in una religione dobbiamo fare sì che la nostra anima obbedisca alle sue leggi, in grado di formare il carattere e l’intelligenza del bambino in via di sviluppo. Per farlo, portiamo il piccolo a fare una passeggiata, lasciandolo libero di seguire tutto ciò che lo interessa, anche allontanandosi. Se si stanca, lo possiamo rimettere nella carrozzina, ma non prima di avergli fatto fare esercizio.


A questa età (tra un anno e mezzo e i due anni e mezzo) i bambini hanno bisogno di sviluppare la propria indipendenza. Senza, non possono nulla. Vale anche per gli animali, perché imparino ad agire da soli e seguire i propri istinti. Anche il bambino deve avere molte opportunità di acquisire la propria indipendenza. Deve essere libero non soltanto durante il giorno, ma anche durante la notte. Forse ribatterete che è il momento di dormire. E in effetti è così, ognuno sceglie il letto più comodo che trova, eppure se noi vogliamo alzarci dal letto durante la notte, possiamo farlo. Provate a pensare a come debba essere dormire in un’alta gabbia da cui non poter uscire al nostro risveglio. Non sarebbe qualcosa di intollerabile, dover aspettare che un gigante si trascini a passi assonnati fino a noi per liberarci? Chiunque sia democratico dovrebbe considerare questo bambino come un futuro cittadino, il seme delle generazioni che verranno, e non un pezzo di carne da sistemare in frigorifero. Si tratterebbe di un terribile, orribile errore.


È una totale mancanza di rispetto verso l’umanità. Pensiamo: “Oh, povera tata. Se deve fare un letto basso, finirà per farle male la schiena”, eppure lasciamo che le donne spazzino i nostri pavimenti in ginocchio. Alla fine, preparare un lettino non è così difficile. L’idea di base è che si vuole impedire al bambino di alzarsi dal letto e correre per casa perché questo disturberebbe il nostro egoista modo di vivere. La vita è organizzata per il benessere degli adulti. Le buone maniere e l’educazione che instilliamo nei nostri figli sono solo a vantaggio dell’adulto ipocrita ed egoista.


Dopo i due anni di età, il bambino dovrebbe dormire su un materasso posto sul pavimento. Ora forse ribatterete che è sporco e pieno di spifferi, eppure è una preoccupazione insensata: quando i piccoli dormono all’aria aperta e al sole non ce ne curiamo, e poi ci lasciamo spaventare dal lieve spiffero che entra dalla fessura della porta. Non si tratta di un tornado, quindi perché tutto questo trambusto? Evidentemente è una reazione del nostro subconscio: d’istinto consideriamo il mondo solo in relazione all’adulto, eppure molte persone dormono sul pavimento. Se lo farà anche il piccolo, la mattina si potrà alzare da solo, una volta finito di dormire. Qui sta il problema: il bambino potrebbe svegliarsi e mettersi a camminare per casa (anche se non di notte perché in quel momento in genere dorme beato, soprattutto quando è calmo e felice). Chi si prende cura del piccolo deve educarlo e fare sì che sia autonomo.


Un altro problema è che il bambino probabilmente si desterà all’alba, svegliando i genitori.


Se volessimo davvero bene al bambino saremmo lieti di vederlo venire da noi la mattina. È come se volesse dirci: “Per me non è stato facile raggiungerti, ma l’ho fatto. Appena sveglio”. Non c’è niente di più bello. E in realtà il piccolo tende a non svegliare i genitori, perché adora poter avere tutta la casa per sé, la mattina presto, così da fare tutto ciò che desidera. Ricordo una bambina che era entusiasta di scoprire che era passato il lattaio, perché di solito vedeva il latte solo nel momento in cui veniva versato nella sua tazza. Quindi si potrebbe dire che ci piacciono molto i bambini, ma non alle sei del mattino.

Se organizziamo la vita più facilmente per loro, saremo più felici: il piccolo andrà a letto volentieri se avrà un materasso dal quale poter scendere e salire da solo. È nella natura umana andare a dormire quando la luce si indebolisce, per questo spegniamo la luce e mettiamo il bambino a letto. Mostriamogli come prepararsi il più possibile da solo: sono attività alla sua portata. Dormirà come un sasso, mentre avrà un sonno agitato se le condizioni non saranno quelle giuste. La natura è saggia, ascoltandola possiamo risolvere molti dei nostri problemi pratici, soprattutto nel caso dei bambini.

Lezioni da Londra 1946
Lezioni da Londra 1946
Maria Montessori
Raccolta delle lezioni tenute a Londra nel 1946 diventate le basi dei corsi 3-6 dell’Association Montessori Internationale. Una pietra miliare nel mondo della pedagogia. Quello del 1946 fu il primo corso di formazione tenuto in Europa da Maria Montessori, dopo il suo lungo esilio in India durante la Seconda guerra mondiale.Lezioni da Londra 1946 raccoglie le lezioni, appunto, tenute a Londra sei anni prima della sua morte, in cui la famosa pedagogista parla con la saggezza di chi ha trascorso una vita a studiare non solo la prima infanzia, ma l’intero sviluppo dell’essere umano.Queste conferenze rappresentano una pietra miliare nel mondo della pedagogia, essendo diventate le basi dei corsi 3-6 dell’AMI, l’Association Montessori Internationale. State attenti – l’animo di un bambino è come uno specchio brillante sul quale ogni respiro può creare un’ombra.Maria Montessori L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Maria Montessori è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, primarie, secondarie e superiori in tutto il mondo.