La preparazione dell’ambiente
Per questi passaggi, l’adulto deve controllare che il bambino sia in grado di star seduto da solo (senza appoggi dietro la schiena), proponendogli una seggiolina che abbia il sedile di altezza eguale alla distanza tra ginocchio e talloni. Dunque, una posizione confortevole che ha raggiunto da sé a poco a poco e che, ripetuta nel tempo, gli diviene familiare, dandogli ulteriore sicurezza. Il piano del tavolino dovrà trovarsi al massimo appena sotto il giro vita. Mobili (si spera in legno) eccessivamente alti rispetto a tali criteri potranno essere facilmente abbassati con l’intervento di un falegname o di un genitore esperto.
Al tempo stesso l’educatrice riflette sulla posizione che deve assumere, seduta ad altezza del piccolo, di fianco o di fronte come necessario, anche per consentirgli di vedere cosa fa e come.
Un bambino diventa abile quando, conquistata una competenza, riesce a utilizzarla liberamente nella giornata, grazie alle opportunità che incontra in ogni spazio disponibile. Per il pranzo, si pone molta cura nella scelta della scodella (se il pasto prevede cibi cremosi): una con diametro di circa 12 cm è facile da tenere con entrambe le mani. Il piatto sarà in proporzione; il bicchiere piccolo, in modo che possa prenderlo anche con una sola mano. Infine cucchiaio e (successivamente) una forchettina di facile uso, con i “denti” non appuntiti. Le posate (in dimensioni da frutta) sono in acciaio, facili da impugnare; evitiamo quelle in plastica.
Una piccola brocca, in vetro leggero, non più alta di 12-15 cm; arriverà a usarla verso i 2 anni, ma intanto l’adopera l’adulto davanti ai suoi occhi. Tutti gli oggetti sono reali per favorire, tramite le differenze di peso e di forma, il necessario controllo dei gesti, cosa che non avviene con stoviglie di plastica, anche se robusta.
Altro oggetto importante è la salvietta con lacci dietro (aperto il fiocco, se la toglierà). Se questi sono congiunti con un elastico, riuscirà a mettersela da sé già intorno ai 18 mesi (l’indicazione rispetto all’età è sempre relativa, perché da un bambino all’altro ci sono sempre differenze). I vari oggetti che essi utilizzano con i loro tempi sono tutti aiuti indiretti all’indipendenza.
Al di fuori della situazione pranzo, i bambini apprezzano altre esperienze: lavare le mani e asciugarle, sperimentare la solidità di oggetti di legno da sovrapporre o da allineare e, per contro, la morbidezza della pasta di pane, il gusto di travasare piccoli semi o farina di mais, ma anche l’acqua, scoprendo che alcune cose galleggiano, altre affondano, altre ancora assorbono (piace avere una spugnetta per pulire un tavolo bagnato o sporco di marmellata dopo la merenda). Ognuna di queste opportunità esige dall’adulto la scelta accurata di oggetti funzionali, adeguati per dimensioni e preparati per un’attività individuale, situazione che favorisce maggiormente la ripetizione spontanea e quindi la concentrazione, fenomeno mentale di solito sottovalutato dagli adulti.
Altra proposta indiretta è quella dell’ordine secondo cui avvengono i momenti di cura, di alimentazione (se ancora in braccio) o di distribuzione del cibo nei piatti. Questo permette al piccolo di sperimentare la regolarità di un prima e di un dopo, quindi di pre-vedere, accettando assai più facilmente i tempi pur brevi di attesa.
Quando il bambino dimostra chiaramente la volontà di fare da sé, non spaventiamoci. Accogliamola come risposta positiva a tutta la cura che avremo messo nel preparare gli oggetti dell’ambiente, senza mai ricorrere a sollecitazioni, rimproveri e altre parole inutili.
Imboccare il bambino per fare presto o distrarlo durante il pasto se dirige la sua attenzione verso altro vuol dire trattarlo come se fosse un contenitore vuoto e privarlo della consapevolezza del cibo che sta mangiando. Così lo si rende passivo, non riconosciuto nei suoi desideri e nelle sue esigenze primarie.
Viceversa, un piccolo può mettere alla prova la propria indipendenza attraverso la libera scelta della quantità degli alimenti da mangiare e dell’acqua da bere, con la possibilità già nel secondo anno di servirsi da solo o di dire “basta”, di bere quando ha sete lui e non quando lo decide l’adulto, tanto meno, con argomenti pretestuosi, solo a fine pasto.
È evidente che l’autoregolazione si acquisisce attraverso una personale maturazione che è insieme emotiva e cognitiva. Per scegliere la quantità che vuole mangiare, il bambino deve aver prima raggiunto un’idea di quantità e saper riconoscere il proprio limite. Allora saprà servirsi da solo, prendendo la quantità sufficiente, senza farne avanzare. Si tratta di un lungo, lento cammino che va rispettato perché gli assicura, malgrado la separazione da casa, tranquillità e benessere.