Conclusioni

di Maria Giovanna Iavicoli

Il cibo come percorso sensoriale di piacere, conoscenza e indipendenza1 nei primi anni di vita

Una sensorialità diffusa e vitale


Fin dai primi giorni di vita il bambino integra ogni nuova esperienza sensoriale in un processo di “ordine” e di conoscenza che orienta il progressivo adattamento all’ambiente esterno.


Spesso questo impegno così precoce non è riconosciuto dagli adulti che tendono ad agire sul bambino, invece che con il bambino. Di fatto non si tiene conto delle enormi differenze che caratterizzano i due diversi ambienti vissuti l’uno prima e l’altro dopo la nascita. Nulla sembra essere fatto per accogliere il nuovo nato, tutto è concepito per le comodità degli adulti: le luci sono abbaglianti, rigide le superfici di appoggio, l’aria stessa non offre il sostegno del liquido amniotico in cui il nascituro era immerso e abituato a muoversi con facilità, a una temperatura costante.


Le prime cure, se svolte in maniera frettolosa, imprimono sensazioni sgradevoli su un corpo completamente esposto, indifeso e subito costretto da indumenti che provocano altre sensazioni su tutta la pelle, limitano il movimento, senza alcuna continuità con il vissuto corporeo precedente. Il neonato piange ma nessuno sembra cogliere ciò che sta vivendo: si nega l’“insulto” sensoriale che il bambino subisce (dopo il passaggio tumultuoso) e il conseguente smarrimento.


A un’osservazione attenta e sistematica è facile accorgersi quanto l’allattamento e le cure quotidiane, condotte in modo adeguato alle sue necessità, costituiscano un campo importante di esperienze sensoriali ed emotive.


Per favorire questo processo è necessario offrire al bambino una relazione stabile e continuativa, un contesto ambientale quieto, ritmi regolari e ripetitivi che assicurano un “ordine” di riferimento e un primo orientamento in un mondo sconosciuto.