TERZA PARTE - L'alimentazione al nido

25. Il pasto dei più piccoli al Nido

di Pietro Lupi

Il pranzo costituisce, nei nostri Nidi, un momento di convivialità e di consapevolezza, di affinamento dei gusti individuali e di socializzazione spontanea. A tavola i bambini arricchiscono le relazioni interpersonali, la possibilità e la valorizzazione della scelta, l’affinarsi delle indipendenze individuali: tutti aspetti che richiedono attenzione in modo prioritario, trasformando in una sorta di rumore di fondo le aspettative dei genitori focalizzate sul “che cosa e quanto mangia il bambino”.


Diversi anni fa abbiamo cominciato a riflettere sulla ricerca di modalità che, in chiave educativa e organizzativa, permettessero lo svolgimento del pranzo nella massima tranquillità. I più piccoli che accogliamo hanno un’età che, al loro arrivo a settembre, oscilla tra i 3 e i 12 mesi. Inevitabilmente le attenzioni da porre sono diverse per ognuno di loro. Questo ha significato un ulteriore coinvolgimento sia delle educatrici che del personale di cucina relativamente alla qualità delle materie prime e al rispetto di un menu da ruotare mensilmente, proponendo un’alimentazione varia e adatta alla fase di sviluppo di ogni bambino.


Come spesso accade, liberato il pranzo dalle preoccupazioni familiari e dai falsi problemi che le originano, si vede come i bambini assaggino spontaneamente cibi che a casa non hanno mai accettato e finiscono per mangiare molto più di quanto non ci si aspetti. Lo abbiamo constatato numerose volte: il bambino che può servirsi di un’insalata e condirsela da solo con la piccola oliera ha compiuto un percorso gratificante e ha posto un ulteriore mattone nella costruzione del sé.


Per il pranzo per i più piccoli abbiamo creato uno spazio “separato” dal resto dell’ambiente, in modo da ottenere la tranquillità necessaria. Lo abbiamo arredato con due piccoli tavoli, relative sedie e una poltrona con tavolo alto per i pasti che ancora si svolgono in braccio all’educatrice. In questa zona sono presenti piani di appoggio per avere a portata di mano tutto il necessario, inclusa la possibilità di pulire e di riordinare agevolmente. Questo rende stabile la posizione dell’adulto (se si alzasse o uscisse dalla stanza per qualsiasi motivo, i bambini di certo si mostrerebbero inquieti o addirittura piangerebbero). È a disposizione un piccolo forno a microonde per riscaldare eventuali portate.


Ecco alcune riflessioni che hanno guidato l’azione:

  • il bambino in questi mesi compie straordinarie scoperte con impegno e fatica: è dunque necessario offrirgli l’opportunità di piccoli sonnellini e non innervosirlo con ulteriori stimoli. Deve poter dormire ogni volta che ne sente il bisogno, a qualsiasi orario questo si manifesti. Sarà cura dell’organizzazione rendere il tutto possibile, senza che una griglia di rigide abitudini si sovrapponga alle necessità del singolo bambino (ad esempio, se al momento convenuto per il pranzo ancora dorme, si attenderà che si svegli per farlo mangiare, anche d’intesa con la cucina);
  • i momenti del nutrimento richiedono una dedizione esclusiva. Il pranzo nei primi mesi avviene in braccio all’educatrice, in un rapporto di quiete e d’intimità che rispetta il ritmo di deglutizione e l’alternanza spontanea di piccole pause. Nel passaggio graduale al divezzamento si cureranno le quantità e la densità del cibo in rapporto all’uso della lingua. Diamo modo al bambino di maturare l’esperienza del passaggio dal succhiare, spingendo la lingua contro il palato, alla diversa modalità richiesta dal cibo denso. Non infiliamo di prepotenza il cucchiaino nella bocca, ma aspettiamo che sia il bambino ad aprirla, partecipando attivamente. Scegliamo sapori piacevoli e distinti, permettendo di scoprire per gradi quelli nuovi, evitando che la fretta privi lui (ma anche noi) di un’esperienza così bella e vitale;
  • per il pranzo, come per la merenda, quando il bambino potrà stare seduto per essere imboccato, è importante prevedere un mobilio adatto. Devono essere totalmente aboliti quei tavoli a semicerchio che definisco “imboccatoi” e che inducono l’educatrice a eseguire meccanicamente e in serie lo svolgimento di un momento così importante. L’ambiente e la tavola preparata per il pranzo non devono porre inutili ostacoli, e gli adulti (attraverso l’osservazione continua) valuteranno ogni scelta di sapori, forme e dimensioni, altezza e peso, temperatura, perché tutto sia favorevole alle pur minime azioni indipendenti dei piccoli. Ma come offrire loro strumenti per scegliere con maggiore partecipazione i singoli alimenti? Ecco quanto abbiamo sperimentato.

Una ricerca

Dopo i colloqui con Laura Franceschini del CNM, in base alle osservazioni effettuate e ai numerosi confronti tra le educatrici presenti al Nido, abbiamo elaborato una modalità che permettesse ai bambini di distinguere le varie componenti del pasto, assaggiarle separatamente e, se possibile, prender parte alla loro preparazione. Con il personale di cucina si è stabilito un percorso, suscettibile di variazioni e di aggiustamenti dopo un primo periodo di osservazione. La sequenza è riassumibile nei seguenti punti:

  • dalla cucina arrivano, per ognuno dei due tavoli presenti, una ciotola con alcune verdure bollite, intere e ben visibili (per esempio carote, patate, zucchine), una caraffa con il brodo vegetale, un piatto con il trito proteico (a base di carne o di pesce) ed eventuale altra componente, separata dal resto (per esempio parmigiano grattugiato oppure olio);
  • l’educatrice, seduta a tavola con il bambino, lo invita ad assaggiare i singoli alimenti prima di comporre la pietanza;
  • l’eventuale preparazione del piatto unico avviene davanti al bambino, che partecipa al momento osservando il tutto;
  • l’introduzione di nuovi alimenti sarà visibile, essendo questi separati dal resto e aggiunti a tavola. L’educatrice potrà sottolineare l’evento proponendo un assaggio; il bambino avrà così modo di acquisire nel tempo consapevolezza, accettando o rifiutando secondo il proprio gusto.

Primi risultati

Nelle prime settimane in cui il pasto è stato così predisposto, le educatrici hanno notato come ogni bambino avesse un iter soggettivo e come, avendo la possibilità di indicare, afferrare, rifiutare i singoli alimenti, effettuasse scelte secondo il gusto e la consistenza di ciò che viene messo in tavola.


In base all’età del bambino, alle prime osservazioni e ai cambiamenti apportati in seguito, le educatrici affinano la proposta con diverse sfumature. I vari alimenti presenti in tavola (brocca con brodo vegetale, verdure lessate, sabbiolina e pastina, carne o pesce, insieme all’oliera e alla formaggera) possono essere mescolati davanti al bambino che ancora mostra di gradire assaggi separati oppure essere presentati come primo, secondo e contorno. Il bambino che preferisce il piatto unico avrà modo di vederne la preparazione effettuata davanti a lui dall’educatrice: sarà lei a preparare con gesti lenti il piatto, evidenziando i vari alimenti e condimenti che aggiungerà via via durante la composizione.


Chi invece inizia assaggiando separatamente i vari alimenti manifesta sin dall’inizio le proprie preferenze. Ecco due esempi:

  • Margherita, 7 mesi di età, gradisce le verdure a esclusione delle carote, verso le quali esprime segnali di dissenso, allontanandole con le mani ed esibendo alla loro vista una smorfia di disgusto;
  • Mia, 11 mesi, mangia volentieri carote e patate, ma fa capire, sillabando un “no” e scuotendo la testa, di non gradire le zucchine.

S’intuisce facilmente come simile presentazione del pasto abbia attinenze dirette con il pensiero secondo cui cerchiamo di procedere, denso di osservazioni e di riflessioni accurate circa le richieste che i bambini, con il loro comportamento e la loro comunicazione verbale e non, ci pongono quotidianamente.


La consapevolezza di quanto gli accade intorno diventa una costante che accompagna il loro sviluppo motorio e cognitivo.


Si ritiene importante che anche al bambino di pochi mesi si dica che cosa stiamo per fare con lui e per lui. L’adulto parlerà con tono pacato e vocaboli semplici, in modo che anche in questo egli sia soggetto e non “oggetto” dell’azione compiuta.


La nuova maniera di presentare il pranzo si muove in un contesto dove il rispetto dell’alterità e la possibilità di sottolineare la propria unicità promuovono la socializzazione spontanea e il senso della collettività.


Con il passare dei mesi, lo sviluppo graduale di ciascuno e l’introduzione di nuovi alimenti, i bambini arriveranno a mangiare a tavola in piccoli gruppi con l’educatrice. Giunto a questo punto, ogni bambino ha effettuato in precedenza un percorso nel quale, pur venendo imboccato e aiutato nella quasi totalità delle azioni, ha sempre avuto la possibilità di scegliere, rifiutare e partecipare attivamente a suo modo. In ognuno di questi aspetti ha trovato sostegno nell’allestimento pensato della tavola, nella postura e nelle parole dell’educatrice.


È l’inizio di un cammino che lo condurrà, nelle stanze dei bambini più grandi, a uno svolgimento del pranzo durante il quale collaborerà alla preparazione della tavola, sceglierà che cosa e quanto mangiare servendosi in piena indipendenza; non indosserà più il grande bavaglio divenuto superfluo e, soprattutto, vivrà questo momento con piena consapevolezza e convivialità.


Meno evidente ma significativo è quanto l’introduzione di questo percorso coinvolga le educatrici: sviluppano una maggiore attenzione alle richieste soggettive dei piccoli e scoprono di saper rafforzare con un ulteriore tassello la loro rappresentazione di bambino come “persona” in divenire, portatore di un’inestimabile originalità. Lo sforzo, che richiede loro impegno costante e che non sempre dà i risultati attesi, non è tanto rivolto alla progettazione e alla modifica di ambienti e di gesti, quanto al modo di intendere la relazione con ciascun bambino e, quindi, ad assumere un modus operandi idoneo. Inoltre, è essenziale la condivisione con le colleghe e con il personale assistente, per garantire quella coerenza indispensabile per rispondere al bisogno di stabilità dei piccoli. Si realizza così una conferma quotidiana di ogni cosa che diciamo, scriviamo e facciamo.


Il nostro “essere” all’interno del servizio, ma anche fuori da esso, non può che trarre giovamento se accompagnato dal rispetto di ciascun bambino. Il pensiero pedagogico si autoalimenta delle nuove posture mentali ed è quindi inevitabile che ogni piccola modifica apportata diventi anche un momento formativo per gli adulti, escludendo ogni forma di auto-compiacimento, foriero di impoverimenti qualitativi.


In seguito, l’esposizione ai familiari delle nuove esperienze e delle motivazioni che ci hanno spinto ad attuarle ha permesso anche a loro di far propri alcuni cardini che muovono il nostro agire, in un’ottica che rovescia la prassi secondo cui il che cosa sarebbe più importante del come.


Possiamo affermare, in conclusione, che entrambi gli aspetti sono essenziali. L’attuazione di queste minute, preziose novità relative al pranzo dei piccoli aggiunge un’ulteriore spinta in direzione di un servizio nel quale tutti (bambini, educatori, genitori) cooperano affinché coesistano armoniosamente l’individuo e la collettività.

Aiutami a mangiare da solo!
Aiutami a mangiare da solo!
Centro Nascita Montessori
L’alimentazione dei bambini da 0 a 3 anni.Quali preziosi consigli darebbe Maria Montessori sull’alimentazione dei bambini?Una guida per rendere il momento del pasto un’occasione per aiutare i più piccoli a “fare da soli”. Quali preziosi consigli darebbe Maria Montessori a genitori e operatori della prima infanzia sull’alimentazione dei bambini?Quali suggerimenti per facilitare l’introduzione del cibo complementare e far sì che i più piccoli vivano questo momento come un piacere, piuttosto che un dovere?L’osservazione e il rispetto delle competenze e dei tempi di ciascun bambino dovrebbe essere la norma anche a tavola. Aiutami a mangiare da solo!, curato dal pediatra Franco De Luca, partendo dalle linee guida dell’OMS e dalle raccomandazioni delle più importanti società scientifiche pediatriche, raccoglie i contributi degli operatori del Centro Nascita Montessori e vuole essere una guida per tutti coloro che credono che il momento del pasto sia un’occasione per aiutare il bambino a “fare da solo” e scoprire il piacere dell’esperienza sensoriale che deriva dal gusto e dal piacere di mangiare. La madre che imbocca il bambino senza compiere lo sforzo per insegnargli a tenere il cucchiaio non lo sta educando, lo tratta come un fantoccio. Insegnare a mangiare, a lavarsi, a vestirsi è un lavoro ben più difficile che imboccarlo, lavarlo e vestirlo.Maria Montessori, Educazione alla libertà Conosci l’autore Il Centro Nascita Montessori di Roma si occupa di ricerca sullo sviluppo e sul mondo relazionale del bambino nei primi anni di vita, organizza corsi di formazione per operatori della prima infanzia e promuove la cultura di una buona nascita, accompagnando le coppie verso il nuovo ruolo genitoriale. L’operato del Centro è guidato dal pensiero montessoriano, in un costante confronto di idee, eventi ed esperienze a livello nazionale e internazionale. Franco De Luca ha svolto l’attività di Pediatra di Comunità dal 1978 presso il consultorio familiare di Campagnano di Roma, dove, dal 2012 al 2016, è stato Direttore dell’Unità Operativa Complessa “Tutela Salute della Donna e Medicina Preventiva in età evolutiva”.Attualmente in pensione, affianca alla libera professione l’impegno nella promozione, protezione e sostegno dell’allattamento al seno, come formatore e tutor valutatore per l’UNICEF delle iniziative Comunità e ospedali Amici dei bambini. Dal 2003 è presidente del Centro Nascita Montessori.