le singole malattie

La Varicella

Il virus varicella-Zoster è capace di causare due quadri clinici diversi:


  • la varicella, che rappresenta la prima forma dell’infezione;

  • l’herpes Zoster, che si può manifestare dopo aver contratto la varicella, in seguito alla riattivazione del virus rimasto in forma latente nei gangli nervosi sensitivi del midollo spinale e dei nervi cranici.

La varicella è una malattia infettiva molto contagiosa ma benigna che, almeno prima della introduzione della vaccinazione, predilige l’infanzia (il 90% dei casi si verifica prima di nove anni). Il virus si trasmette per via aerea, penetra nell’organismo per via respiratoria e forse anche attraverso la pelle. L’uomo è l’unico serbatoio noto di questo virus; la malattia si trasmette quindi soltanto da persona a persona. La contagiosità inizia da uno a due giorni prima della comparsa dell’eruzione e può durare fino alla scomparsa delle vescicole; quando sono presenti solo le croste non c’è più rischio di trasmissione della malattia. Il periodo di incubazione è di 14-21 giorni. La eruzione cutanea può essere preceduta da astenia, febbre e dolori muscolari. Successivamente compare l’esantema, caratterizzato dalla presenza contemporanea di elementi in diversi stadi di evoluzione (si dice a cielo stellato). Dapprima si presentano macchioline rosse pruriginose, che evolvono in papule e quindi in vescicole (in cui è presente del liquido chiaro); si ha quindi la fase dell’essiccamento, e la vescicola si trasforma in una crosticina scura. Queste cadono dopo qualche giorno senza lasciare esiti. L’eruzione interessa in prevalenza dorso e addome, braccia e gambe, viso e testa, ma qualsiasi parte del corpo può essere colpita, compreso il cavo orale, la zona genitale e la zona perianale. L’esantema è costituito tipicamente da 250-500 lesioni, ma si possono osservare bambini con meno di 10, e soggetti, soprattutto adolescenti e adulti, con oltre 1500 elementi. La prognosi è benigna e il bambino guarisce di solito in circa 10 giorni1. La malattia tende ad avere un decorso più aggressivo nei neonati, negli adolescenti e negli adulti, nei soggetti affetti da dermatiti o da pneumopatie croniche, e può essere particolarmente grave se colpisce persone immunodepresse (con infezione da Hiv, o sottoposte a chemioterapia o in cura con cortisone)2. Le complicanze possono essere provocate da un’infezione secondaria delle vescicole, a seguito del grattamento, che può a causare esiti cicatriziali e quindi lesioni permanenti della cute. Altre complicazioni possibili sono la polmonite, la trombocitopenia, l’artrite, l’epatite, la atassia cerebellare, la meningite, l’encefalite, la mielite, la poliradicolonevrite, la sindrome Reye (se viene adoperata l’aspirina durante la malattia)3.


L’infezione produce immunità permanente in quasi tutte le persone immunocompetenti: di rado una persona può sviluppare due volte questa malattia. Il virus tuttavia non viene eliminato dall’organismo, ma rimane latente (in genere per tutta la vita) nei gangli delle radici nervose spinali4. Nel 10-20% dei casi il virus si risveglia a distanza di anni o decenni, dando luogo all’Herpes Zoster, noto comunemente come “fuoco di Sant’Antonio”.

L’Herpes Zoster colpisce per lo più l’adulto, soprattutto gli anziani e i soggetti con affezioni del sistema emopoietico, linfomi, neoplasie o deficit immunitari. Quasi sempre la malattia dipende dalla riattivazione endogena del virus, presente nell’organismo allo stato latente anche molti anni dopo l’infezione primaria varicellosa. Fattori scatenanti sono lo stress, la debolezza organica, il freddo e il caldo intensi, l’esposizione prolungata al sole e lo stato di immunosoppressione, che può determinare una evoluzione molto grave della malattia. Clinicamente l’Herpes Zoster si manifesta con dolore urente (che brucia) che precede l’eruzione cutanea, simile per morfologia ed evoluzione a quella della varicella. Unica differenza è la localizzazione, che è limitata esclusivamente a una zona cutanea innervata da un nervo spinale o cranico. Le zone più colpite sono quelle toraciche, cervicali e cefaliche, e le complicanze della malattia possono essere rappresentate da nevralgie post-zosteriane che durano parecchi mesi, compromettendo a volte in maniera insopportabile la vita del paziente, soprattutto quelli anziani.


Se la varicella viene contratta all’inizio di una gravidanza (nei primi due trimestri di gestazione) può trasmettersi al feto, causando una embriopatia (sindrome della varicella congenita).


I bambini che sono stati esposti al virus della varicella in utero dopo la ventesima settimana di gestazione possono sviluppare una varicella asintomatica e in seguito Herpes Zoster nei primi anni di vita. Se invece la madre ha avuto la malattia da cinque giorni prima a due giorni dopo il parto, può verificarsi una forma grave di varicella del neonato5.


La varicella è frequente in tutto il mondo e in Italia si verificano epidemie annuali, con incidenza massima in primavera. I risultati del sistema di sorveglianza sentinella Spes6 mostrano infatti che ogni anno la varicella interessa il 5% circa della popolazione pediatrica. Si tratta di una stima, non di una certezza, a causa delle scarse notifiche dell’infezione rispetto ai dati reali. La fascia di età più colpita è quella tra 1 e 4 anni. La mortalità per varicella è valutata in 2 casi/100.000 in età infantile e in 50 casi/100.000 in età adulta7.

Il vaccino

Il primo vaccino per la varicella è stato allestito in Giappone all’inizio degli anni ’70 su un ceppo virale denominato OKA, dal nome del bambino dal quale era stato isolato8. Da questo ne sono stati sviluppati altri e sono stati compiuti numerosi trial clinici, in diversi Paesi, al fine di accertarne l’immunogenicità e la sicurezza. Recentemente, questa vaccinazione è stata inserita nel trivalente anti morbillo-parotite-rosolia, che diventa così un quadrivalente, raccomandato nel secondo anno di vita; e questo nonostante studi pre-licenza abbiano dimostrato che il vaccino MPRV (antimorbillo, parotite, rosolia, varicella) provochi un maggior rischio di febbre e di convulsioni febbrili rispetto alle somministrazioni separate nella stessa seduta di MPR (antimorbillo, parotite, rosolia) e Var (antivaricella)9.


L’efficacia a distanza della vaccinazione e il rapporto tra vaccinazione e insorgenza a lungo termine di Herpes Zoster sono oggetto di discussione.


Alcuni studi hanno dimostrato che il vaccino della varicella ha una immunogenicità (la capacità di sviluppare anticorpi nella persona cui è somministrato) tra il 44% e il 95%10. Diversa è l’efficacia reale, che viene valutata “sul campo”, in occasione della diffusione del virus. La varicella breakthrough (insorgenza di varicella in soggetti già vaccinati) è stata documentata fino al 56% dei soggetti vaccinati11. Sono state descritte epidemie di varicella in alcune scuole che hanno evidenziato la reale efficacia della vaccinazione: questa è risultata solo del 44% durante un’epidemia negli anni 2000-2001 in un asilo nido dell’Hampshire12 e del 56% in un’epidemia nel Minnesota all’interno di una scuola elementare13.

È molto probabile che anche in una popolazione ad alta copertura vaccinale, le epidemie di varicella continueranno a presentarsi e che esse interesseranno un buon numero di soggetti vaccinati: l’origine corrente delle epidemie da un caso di herpes zoster permette di comprendere meglio l’origine di questo comportamento. Nel caso della varicella non si tratta di virus importati dall’estero... il virus origina dall’interno stesso della popolazione, perché esso, insediato nei gangli paravertebrali o dei nervi cranici, è responsabile delle manifestazioni cutanee dell’herpes zoster e quindi della successiva diffusione; la concomitanza di una vaccinazione, che presenta un’efficacia ridotta quando praticata nel primo semestre del secondo anno di vita e la cui efficacia si attenua con il passare degli anni (probabilmente dopo 4-5 anni) giustifica appieno la comparsa di queste epidemie nelle scuole14.

I dati dei CDC americani hanno dimostrato che l’efficacia del vaccino è risultata più bassa rispetto a quanto atteso. La media degli anticorpi IgG dopo la vaccinazione è di 10-30 volte inferiore a quella che si ha dopo l’infezione naturale15. Il presentarsi della varicella nonostante la vaccinazione ha riguardato soprattutto i bambini vaccinati prima dei 15 mesi d’età, i bambini affetti da asma bronchiale, i bambini vaccinati dopo aver ricevuto entro 28 giorni il vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) e i bambini vaccinati più di 3 anni prima lo sviluppo della malattia16. In un altro studio17 sono stati seguiti circa 1.000 vaccinati in un periodo di 10 anni (1987-1997), con questi risultati: la sieroconversione (la produzione di anticorpi) si è ottenuta nel 94% dei casi, ma il 21% dei soggetti tenuti sotto controllo nel tempo ha contratto la varicella breakthrough; inoltre 4 soggetti hanno sviluppato herpes zoster dopo la vaccinazione, 2 preceduti da varicella breakthrough.


Quindi si tratta di un vaccino con efficacia dubbia per una malattia che ha un decorso benigno in età pediatrica. La frequenza di complicanze della varicella stimata da uno studio italiano condotto negli anni ’90 è pari al 3,5%, mentre quella dei ricoveri è dello 0,9%. Vi sono studi internazionali che mostrano nei bambini una frequenza di complicanze gravi e di decessi rispettivamente di 8 e 2 casi ogni 100.000 malati (pari cioè allo 0,008% e 0,002%)18. La gravità della malattia aumenta invece con l’età, e negli adulti aumenta la mortalità (da 5 a 25 volte in più), la frequenza di complicanze (l’encefalite si verifica 7 volte in più), la frequenza di ricovero (9 volte)19. Modelli matematici internazionali e nazionali dimostrano che una copertura inadeguata provoca lo spostamento in avanti dell’età dei casi, riduce la circolazione del virus selvaggio e aumenta il numero di casi nell’adulto, con il rischio di aumentare complessivamente sia la mortalità, sia la frequenza di complicanze20. È quello che succede se non si raggiungono coperture vaccinali dell’80% nei nuovi nati, e del 50% negli adolescenti21; per questo motivo, la vaccinazione contro la varicella può essere pericolosa.


Altrettanto importanti sono i dubbi sulla durata della immunità conferita dal vaccino, soprattutto dopo che la vaccinazione di una grande quantità bambini avrà ridotto la possibilità di “richiami naturali”22. Dapprima si riteneva che la durata dell’immunità con una sola dose fosse di almeno 20 anni, ma di recente si è visto che l’efficacia si affievolisce più velocemente di quanto si sperasse23. Secondo studi giapponesi24 ha una durata di 5 anni. Tra bambini vaccinati (che avevano subìto un trapianto renale) il 58% non avevano più un tasso anticorpale positivo dopo 10 anni25. Proprio a causa dell’incertezza sulla durata dell’immunizzazione vengono prospettate di continuo nuove strategie sui tempi e sulle dosi da utilizzare26. Dal 2005 negli USA hanno adottato un regime a due dosi, ma già si pensa che se una seconda dose non si dimostrerà sufficiente per la protezione dell’adulto, potranno essere necessarie ulteriori dosi; in aggiunta si potrà rendere inevitabile una dose per Zoster anche in chi ha avuto la varicella naturale e non la vaccinazione. Alcuni autori arrivano a prospettare l’utilità di una dose di vaccino per gli ultra sessantenni, inclusi quelli che hanno avuto lo Zoster. Insomma, nella grande confusione di raccomandazioni e suggerimenti – che variano al mutare dell’epidemiologia sotto la spinta della vaccinazione stessa – siamo arrivati al punto di prevedere oggi almeno tre dosi, con il coinvolgimento di tutti gli anziani27. Rivaccinati a vita contro la varicella!


Sono insufficienti i dati sulle possibili conseguenze negli adulti della vaccinazione di massa contro la varicella in età pediatrica. L’Herpes Zoster, abbiamo visto, è causato dalla riattivazione del virus che ha provocato la varicella e può compromettere in modo considerevole la qualità della vita degli anziani; e spesso è difficile da rilevare (in particolare in caso di nevralgia)28. Negli USA dal 1995 si registra un aumento di casi di Zoster da quando la vaccinazione è stata diffusa: è utile sostituire la varicella con un aumento dei casi di Zoster29? La preoccupazione di un aumento dell’incidenza di Herpes Zoster negli adulti origina dall’ipotesi che l’infezione di varicella nei bambini favorisca l’instaurarsi di immunità nei confronti dell’Herpes Zoster negli adulti. Il contatto col bambino ammalato è una importante occasione di “rinforzo immunitario” e quindi di protezione; se si diffonde la vaccinazione infantile universale si può quindi avere una riduzione della circolazione del virus selvaggio e quindi un aumento dei tassi di Zoster. Svanisce così “l’effetto protettivo” negli adulti determinato proprio dalla malattia dei bambini. Le persone che hanno un elevato contatto con i bambini hanno infatti un basso rischio (1/5) di sviluppare Herpes Zoster. Il PHLS (Public Health Laboratory Service) Communicable Disease Surveillance Centre di Londra ha valutato il costo-efficacia della vaccinazione anti-varicella e il suo impatto sullo Zoster: secondo il modello utilizzato dai ricercatori inglesi i benefìci di una riduzione dell’incidenza di varicella, mediante una vaccinazione di massa dei bambini, sarebbero controbilanciati da un aumento della morbilità da Zoster. La vaccinazione anti-varicella nei bambini non è economicamente giustificata. L’acyclovir per via orale non è raccomandato né nella profilassi, né nella terapia.


Le reazioni e le complicazioni indotte dal vaccino sono: dolore, arrossamento e gonfiore nella sede della puntura, manifestazione esantematiche generalizzate30, febbre, uveite31, reazioni di ipersensibilità agli eccipieni (gelatina)32, herpes zoster33, atassia, polmonite, encefalite, sindrome di Stevens-Johnson, trombocitopenia34.

Le indicazioni dell’Associazione Culturale Pediatri35

La vaccinazione antivaricella dovrebbe essere raccomandata a coloro che hanno situazioni di salute che li mettono a rischio di avere la malattia in forma grave e a chi vive con loro o li assiste:

  1. le persone in attesa di trapianto

  2. le persone con leucemia (linfatica acuta) in fase di remissione

  3. i bambini con infezione da HIV (a seconda del loro stato di salute)

  4. le persone con insufficienza renale cronica

  5. le persone che non hanno avuto la varicella e vivono con chi presenta disturbi importanti dell’immunità

  6. le donne in età fertile che non hanno avuto la varicella

  7. chi lavora in ambiente sanitario, specialmente se a contatto con neonati o persone con gravi difetti immunitari


La vaccinazione non dovrebbe essere consigliata attualmente per tutti i bambini poiché, se non si raggiungono in breve tempo percentuali molto elevate di vaccinati, per un complesso meccanismo epidemiologico la varicella potrebbe, con il passare degli anni, diventare più frequente negli adulti che sono più facilmente soggetti a complicazioni gravi. Considerando quindi gli effetti a lungo termine sull’intera popolazione (bambini e adulti), si provocherebbe un danno invece di un beneficio. La vaccinazione degli adolescenti (che non hanno avuto la varicella) non provoca invece modificazioni negative nel resto della popolazione. La vaccinazione degli adolescenti, quindi, può essere una buona scelta di protezione individuale, ma non rappresenta un problema rilevante di salute pubblica.

Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.