le singole malattie

La Rosolia

La rosolia è una malattia di origine virale (Togavirus) responsabile di una eruzione rosea, generalmente benigna. Se invece è contratta dalla donna in gravidanza può provocare gravi conseguenze all’embrione e al feto (rosolia congenita).


La sorgente di contagio è la persona infetta che la diffonde attraverso le secrezioni rinofaringee; è difficile avere un quadro preciso della reale diffusione della malattia perché, dato il decorso benigno, la malattia non viene riconosciuta o segnalata. Nel 20-50% dei casi può essere asintomatica, tanto più spesso quanto minore è l’età della persona colpita. La contagiosità va da 8-10 giorni prima della comparsa dell’esantema fino ad 8-10 giorni dopo e la sua capacità di diffusione è inferiore a quella del morbillo, della varicella o della pertosse. L’esposizione di breve durata a un paziente infetto difficilmente provoca la malattia: sembra che siano necessari contatti protratti nel tempo e relativamente stretti. L’incubazione dura circa 15 giorni, poi si manifesta con mal di testa, lacrimazione, malessere, febbre, che si abbassa quando compare l’esantema. A differenza del morbillo le macule sono più piccole, di colore più roseo e non diventano quasi mai rosso-vinoso o emorragiche. Si associano ingrossamento delle linfoghiandole, sopratutto del collo, e dolori che possono interessare tutte le articolazioni, e più frequentemente le piccole articolazioni delle mani. Le complicanze sono rare, localizzate per lo più a livello articolare (artrite), neurologico (encefalite: 1 caso su 5-6.000 casi, di gravità variabile), o del sangue (porpora trombocitopenica)1.

Di ben altra importanza è l’infezione contratta in gravidanza, che può essere trasmessa al feto, determinando aborto, morte fetale o la sindrome da rosolia congenita. Questa è una malattia dell’embrione o del feto che interessa tutti gli organi; cataratta, sordità e malformazioni cardiache fanno parte più sovente del quadro clinico (triade di Gregg), ma sono presenti anche ritardo di crescita intrauterino (con basso peso alla nascita), manifestazioni emorragiche, ritardo mentale. La frequenza di questa patologia non è ben conosciuta. In uno studio2 il tasso di trasmissione è stato valutato intorno al 43%. L’infezione contratta nelle prime 12 settimane di gravidanza ha comportato nell’80% dei casi infezioni congenite, nel 25% per l’infezione contratta alla fine del secondo trimestre. In un altro studio3, il tasso di trasmissione a 9-16 settimane è risultato pari a 57%-70%, a 17-20 settimane 22% e a 21-24 settimane 17%, mentre nelle infezioni contratte oltre la 17° settimana di gravidanza nel neonato è stato registrato unicamente un rischio ridotto di sordità congenita4. Quindi non sempre contrarre la rosolia in gravidanza comporta gravi problemi, ma certo la possibilità è reale. In Europa i programmi di prevenzione della Sindrome della Rosolia Congenita (SRC) risalgono agli anni ’70 con un intervento vaccinale rivolto esclusivamente alle adolescenti.

In Italia la situazione epidemiologica, come rilevato dal Ministero della Salute, è indicativa di un progressivo decremento dell’incidenza dei casi di rosolia (nel 1993 587 casi su 100.000, nel 1995 117 casi su 100.000, nel 2002 111 casi su 100.000) e di rosolia congenita (29 casi nel 1999; 11 casi nel 2000). Nel 2005 l’infezione congenita è stata confermata in 2 neonati e nel 2006 non ci sono stati casi di rosolia congenita confermati. Secondo i dati5 di febbraio 2009, tra il 2005 e il 2008 sono stati notificati 110 casi sospetti di rosolia in gravidanza (di cui oltre la metà si sono verificati nel 2008) e 37 casi sospetti di rosolia congenita. Quarantotto dei 110 casi di rosolia in gravidanza segnalati sono stati confermati in laboratorio e, dei 37 casi sospetti di rosolia congenita, 5 sono stati confermati in laboratorio e 3 sono stati classificati come probabili (quadro clinico compatibile con la rosolia congenita ma senza conferma di laboratorio)6. Relativamente alle coperture vaccinali, nel 2007 l’89,6% dei bambini entro i due anni di età è stato vaccinato con almeno una dose di trivalente, ma non sono disponibili dati nazionali di copertura vaccinale né per la prima, né per la seconda dose del vaccino trivalente relativi ai bambini oltre i due anni di età e alle donne in età fertile.


I dati sono parziali e incompleti perché, mentre la rosolia è soggetta a notifica, la sindrome da rosolia congenita (SRC) è stata soggetta a notifica obbligatoria solo tra il 1987 ed il 1991 (53 casi nel 1988, 76 nel 1989, 66 nel 1990 e 20 nel 1991). Per l’infezione da rosolia in gravidanza non è mai stata eseguita alcuna sorveglianza. Nel periodo 1992-2004 la rosolia congenita è rientrata, come ogni altra malattia infettiva non specificamente identificata, nella V classe di notifica, con una pressoché completa mancanza di segnalazioni e conseguente indisponibilità di dati annuali di incidenza. Il piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita in Italia7 è stato approvato nel 2003, e nel 2005 è stata introdotta la notifica obbligatoria della sindrome e dell’infezione da rosolia congenita e della rosolia in gravidanza. L’obiettivo è di ridurre l’incidenza della rosolia congenita a valori inferiori a 1 caso ogni 100.000 nati. Attualmente la rosolia è inclusa tra le malattie infettive comprese nella classe III, che prende in considerazione le malattie – come malaria e tubercolosi – per le quali sono richieste particolari documentazioni e flussi informativi ad hoc.8

Esiste la possibilità di reinfezione a distanza di anni, sia dopo la malattia naturale, sia dopo la vaccinazione. La reinfezione può manifestarsi solo con un aumento delle immunoglobuline specifiche o, più di rado, con un quadro clinico caratteristico. Una reinfezione in gravidanza può eccezionalmente dar luogo ad una rosolia congenita.

Il vaccino

Il vaccino antirosolia è stato introdotto in Italia nel 1972, ed era raccomandato per le ragazze pre-adolescenti. Dagli anni ’90, invece, con la introduzione del vaccino combinato MPR (morbillo-parotite-rosolia), si è modificata l’indicazione: la vaccinazione viene consigliata (non è obbligatoria) a tutti i bambini, quindi non solo alle femmine. Dal 1999 il calendario vaccinale nazionale raccomanda una prima dose di vaccino MPR a 12-15 mesi per tutti i nuovi nati e una seconda dose a 5-6 anni. Nel frattempo è scomparso dalle farmacie il vaccino monovalente per la rosolia. Di recente l’Agenzia Italiana del Farmaco (nota del 16/7/2007 e rettifica del 18/7/2007) ha concesso l’importazione dalla Francia di un vaccino antirosolia monovalente (Rudivax) contenente lo stesso ceppo virale presente nel trivalente e alla stessa dose (Wistar RA 27/3). Potrà essere offerto a richiesta, non essendo previsto l’utilizzo sistematico in alcuna fascia di popolazione. Essendo un vaccino vivo è controindicato in gravidanza, che infatti è sconsigliata nel mese successivo alla sua somministrazione.

Il vaccino RA 27/3 determina un’efficace produzione di anticorpi in quasi tutti i soggetti vaccinati, di lunghissima durata, ma non riesce ad annullare il rischio di reinfezioni. Queste erano molto alte (80%) con altri ceppi di vaccino, mentre si aggirano intorno al 10% con questo tipo. Quindi la rosolia può insorgere anche in un soggetto che è stato vaccinato con un preparato molto immunogeno. Sono stati descritti casi di rosolia congenita in donne vaccinate9.


Le reazioni indesiderate in seguito alla vaccinazione sono: esantema, febbre, linfoadenopatia, cefalea, artralgie10 e artriti11, fibromialgia12, neuropatie13 (polineuropatia, neurite ottica, mielite trasversa, sindrome di Guillan-Barré14), trombocitopenia15.


Lo scopo primario della vaccinazione contro la rosolia è quello di prevenire la sindrome da rosolia congenita. La immunizzazione di massa dei bambini riduce la circolazione del virus nella comunità, diminuisce la possibilità di sviluppare la malattia e determina di conseguenza un aumento del numero dei soggetti suscettibili nella popolazione adulta. Col risultato che si crea un effetto paradosso: l’età media della rosolia si sposta in avanti, e aumenta il rischio di sindrome di rosolia congenita rispetto al periodo prevaccinale. È una situazione che si verifica se i livelli di copertura vaccinale non sono maggiori all’80% della popolazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità non raccomanda programmi di immunizzazione di massa se non c’è la possibilità di raggiungere questo obiettivo16.


Ancora oggi le donne italiane sembrano non fidarsi del vaccino antirosolia. È quanto emerge dallo studio Passi17, promosso dal ministero del Welfare e dal Centro per il controllo malattie (CCM). La ricerca, condotta nel 2007 su 20 mila intervistati, ha dimostrato che le donne fanno a meno del vaccino: solo il 32% delle intervistate tra i 18 e i 49 anni è stata vaccinata. La percentuale di donne in età fertile, che sono certamente o presuntivamente suscettibili alla rosolia risulta quindi ancora molto elevata.


Le adolescenti che non sono state vaccinate possono, attraverso un dosaggio degli anticorpi specifici, verificare il proprio stato immunitario e decidere, in caso di negatività, se sottoporsi alla vaccinazione prima di entrare nell’età fertile.

Bambini super-vaccinati - 2a edizione
Bambini super-vaccinati - 2a edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.