Ho paragonato il bambino a una macchina che registra i suoni per darvi un’idea degli straordinari poteri che ha. Il bambino, tuttavia, non registra passivamente come una macchina: acquisisce questa facoltà attraverso un’intensa e faticosa attività personale.
Un neonato cerca di usare organi che non hanno mai funzionato prima. Utilizza alcuni organi del linguaggio per compiere determinati movimenti preparatori alla parola, come ad esempio il movimento delle labbra durante la suzione del latte e la vibrazione delle corde vocali durante il pianto.
La suzione e il pianto sono movimenti dell’intera massa muscolare. Che differenza tra questi movimenti grossolani e i movimenti fini del linguaggio articolato in cui, per produrre un suono speciale, vibrano piccole fibre scelte da diversi gruppi di muscoli. Anche se prendiamo solo i suoni più rozzi come le vocali a, aw, oo nella nostra lingua, piccoli movimenti producono i diversi suoni. Oltre a questi ci sono quelle che chiamiamo mezze vocali, e le consonanti che suonano insieme alle vocali difficili da descrivere. Chi ha insegnato al bambino la straordinaria tecnica necessaria per riprodurre esattamente questi diversi piccoli suoni? Che enorme lavoro deve fare il bambino per imparare la coordinazione dei diversi gruppi di muscoli!
Quando iniziamo a cercare l’origine di tutto questo e indaghiamo sulla causa del movimento di suzione, troviamo la potente sensazione di fame. Quando indaghiamo sulla causa del pianto, troviamo la sensazione di dolore, uno stimolo potente. Cosa spinge il bambino a cercare di riprodurre questi piccoli suoni, ogni piccolo suono distinto dall’enorme moltitudine di altri suoni?
Se prendiamo in braccio un bambino di quattro mesi, pieghiamo il viso verso il suo volto e iniziamo a parlargli tranquillamente, vedremo che questo bambino ci guarderà con un interesse straordinario. Guarderà la nostra gola, il movimento delle nostre labbra (a volte muovendo le labbra senza alcun suono) e quello delle nostre guance. Non è straordinario che il bambino ascolti il suono della nostra voce? Perché ci guarda con tanta attenzione? Perché osserva i movimenti della gola, delle guance e delle labbra? Evidentemente qualcosa nel bambino gli dice che i suoni che sente sono prodotti dagli organi che vede muoversi davanti a sé. Tramite l’osservazione, quindi, il bambino compie uno studio di quei movimenti e del funzionamento di quegli organi.
Questo può forse essere definito un istinto, paragonabile a quelli che si trovano negli animali. È una forza, una direttiva, data al bambino umano affinché possa osservare, capire e fotografare le piccole fibre che vede vibrare davanti ai suoi occhi meravigliati, in modo da poterle riprodurre nel suo corpo. Questo istinto non è ereditario. Non è solo il potere di acquisire la lingua madre (se il bambino viene tenuto lontano dalla madre in un altro paese, inizierà presto a parlare la lingua di quel paese), ma il potere di acquisire e mantenere viva una lingua.
Tutti sanno che un bambino di quattro mesi è abbastanza sviluppato. Esperimenti scientifici condotti in diversi paesi da medici pediatri che hanno creato dispensari e cliniche per bambini in tempi moderni hanno dimostrato che dopo i sei mesi il bambino ha bisogno di molte relazioni sociali perché altrimenti soffre di noia, diventa molto depresso, molto infelice e addirittura si ammala. Il bambino a quest’età ha un vero e proprio bisogno di compagnia, un vero e proprio bisogno di persone intorno a lui che siano felici e che gli parlino. È certo che questi aiuti sociali di cui il bambino ha bisogno sono particolarmente necessari per lo sviluppo del linguaggio.
È noto che il bambino impara a parlare usando parole di due sillabe, che di solito non sono altro che la ripetizione di una sillaba (qualcosa come mama, papa, tata, fifi…) e con queste diverse parole di due sillabe il bambino distingue oggetti diversi. Tuttavia egli sente e riconosce le parole, il che significa che le capisce. Anche con questa idea chiara deve fare un grande sforzo per animare gli organi necessari a riprodurre quelle parole e pertanto crea parole che si avvicinano per possibilità a quelle che sente. Per esempio, il bambino in Italia sente la parola automobile. Ma l’unico suono che è in grado di riprodurre è “auta” e quindi dice tata per automobile. Lo stesso fa con molte altre parole. Capisce le parole quando vengono pronunciate e l’idea che rappresentano, ma riesce a ripetere solo una sillaba. L’adulto che sente il bambino esprimersi in questo modo, invece di continuare a parlargli in modo chiaro e a pronunciare le parole esattamente come dovrebbero essere pronunciate, inizia a riprodurre i suoni e le parole del bambino (quello che lui chiama “linguaggio infantile”). Così, invece di essere il bambino a cercare di imitare l’adulto, è l’adulto a imitare il bambino. In questo modo l’adulto diventa un ostacolo allo sviluppo del linguaggio, e dunque, se un adulto in Italia dice tata invece di ripetere correttamente la parola automobile al bambino, non lo aiuta ma lo limita al risultato, che ha già raggiunto, di pronunciare la parola tata per l’automobile.