capitolo 8

Imparare a parlare

Ho paragonato il bambino a una macchina che registra i suoni per darvi un’idea degli straordinari poteri che ha. Il bambino, tuttavia, non registra passivamente come una macchina: acquisisce questa facoltà attraverso un’intensa e faticosa attività personale.

Un neonato cerca di usare organi che non hanno mai funzionato prima. Utilizza alcuni organi del linguaggio per compiere determinati movimenti preparatori alla parola, come ad esempio il movimento delle labbra durante la suzione del latte e la vibrazione delle corde vocali durante il pianto.


La suzione e il pianto sono movimenti dell’intera massa muscolare. Che differenza tra questi movimenti grossolani e i movimenti fini del linguaggio articolato in cui, per produrre un suono speciale, vibrano piccole fibre scelte da diversi gruppi di muscoli. Anche se prendiamo solo i suoni più rozzi come le vocali a, aw, oo nella nostra lingua, piccoli movimenti producono i diversi suoni. Oltre a questi ci sono quelle che chiamiamo mezze vocali, e le consonanti che suonano insieme alle vocali difficili da descrivere. Chi ha insegnato al bambino la straordinaria tecnica necessaria per riprodurre esattamente questi diversi piccoli suoni? Che enorme lavoro deve fare il bambino per imparare la coordinazione dei diversi gruppi di muscoli!


Quando iniziamo a cercare l’origine di tutto questo e indaghiamo sulla causa del movimento di suzione, troviamo la potente sensazione di fame. Quando indaghiamo sulla causa del pianto, troviamo la sensazione di dolore, uno stimolo potente. Cosa spinge il bambino a cercare di riprodurre questi piccoli suoni, ogni piccolo suono distinto dall’enorme moltitudine di altri suoni?


Se prendiamo in braccio un bambino di quattro mesi, pieghiamo il viso verso il suo volto e iniziamo a parlargli tranquillamente, vedremo che questo bambino ci guarderà con un interesse straordinario. Guarderà la nostra gola, il movimento delle nostre labbra (a volte muovendo le labbra senza alcun suono) e quello delle nostre guance. Non è straordinario che il bambino ascolti il suono della nostra voce? Perché ci guarda con tanta attenzione? Perché osserva i movimenti della gola, delle guance e delle labbra? Evidentemente qualcosa nel bambino gli dice che i suoni che sente sono prodotti dagli organi che vede muoversi davanti a sé. Tramite l’osservazione, quindi, il bambino compie uno studio di quei movimenti e del funzionamento di quegli organi.


Questo può forse essere definito un istinto, paragonabile a quelli che si trovano negli animali. È una forza, una direttiva, data al bambino umano affinché possa osservare, capire e fotografare le piccole fibre che vede vibrare davanti ai suoi occhi meravigliati, in modo da poterle riprodurre nel suo corpo. Questo istinto non è ereditario. Non è solo il potere di acquisire la lingua madre (se il bambino viene tenuto lontano dalla madre in un altro paese, inizierà presto a parlare la lingua di quel paese), ma il potere di acquisire e mantenere viva una lingua.


Tutti sanno che un bambino di quattro mesi è abbastanza sviluppato. Esperimenti scientifici condotti in diversi paesi da medici pediatri che hanno creato dispensari e cliniche per bambini in tempi moderni hanno dimostrato che dopo i sei mesi il bambino ha bisogno di molte relazioni sociali perché altrimenti soffre di noia, diventa molto depresso, molto infelice e addirittura si ammala. Il bambino a quest’età ha un vero e proprio bisogno di compagnia, un vero e proprio bisogno di persone intorno a lui che siano felici e che gli parlino. È certo che questi aiuti sociali di cui il bambino ha bisogno sono particolarmente necessari per lo sviluppo del linguaggio.


È noto che il bambino impara a parlare usando parole di due sillabe, che di solito non sono altro che la ripetizione di una sillaba (qualcosa come mama, papa, tata, fifi…) e con queste diverse parole di due sillabe il bambino distingue oggetti diversi. Tuttavia egli sente e riconosce le parole, il che significa che le capisce. Anche con questa idea chiara deve fare un grande sforzo per animare gli organi necessari a riprodurre quelle parole e pertanto crea parole che si avvicinano per possibilità a quelle che sente. Per esempio, il bambino in Italia sente la parola automobile. Ma l’unico suono che è in grado di riprodurre è “auta” e quindi dice tata per automobile. Lo stesso fa con molte altre parole. Capisce le parole quando vengono pronunciate e l’idea che rappresentano, ma riesce a ripetere solo una sillaba. L’adulto che sente il bambino esprimersi in questo modo, invece di continuare a parlargli in modo chiaro e a pronunciare le parole esattamente come dovrebbero essere pronunciate, inizia a riprodurre i suoni e le parole del bambino (quello che lui chiama “linguaggio infantile”). Così, invece di essere il bambino a cercare di imitare l’adulto, è l’adulto a imitare il bambino. In questo modo l’adulto diventa un ostacolo allo sviluppo del linguaggio, e dunque, se un adulto in Italia dice tata invece di ripetere correttamente la parola automobile al bambino, non lo aiuta ma lo limita al risultato, che ha già raggiunto, di pronunciare la parola tata per l’automobile.

Pertanto, l’aiuto da offrire al bambino è quello di parlargli nel modo più perfetto possibile.

Di solito quando il bambino ha un anno prorompe in parole di tre sillabe. È davvero un’esplosione, un’esplosione di parole. È talmente grande il suo entusiasmo che il bambino crea parole di tre sillabe da parole di due sillabe, per esempio mamola invece di mamma e papola invece di papà. Volevo vedere l’estensione del vocabolario a disposizione di un bambino di un anno e mezzo, e ho contato duecento parole di cui, ovviamente, conosceva esattamente il significato e che utilizzava per esprimere determinate idee. La cosa curiosa è che il bambino aveva anche la facoltà di distinguere la natura delle parole che aveva a disposizione. Per esempio, quando si parlava di numeri, era in grado di dire uno, due, tre, mille, cento e così via. È davvero straordinario che a quell’età il bambino fosse in grado di distinguere la differenza tra le parole che rappresentavano i numeri e quelle che rappresentavano altre idee. Avrebbe potuto dire uno, due, tre, e poi blu, casa, cavallo e così via. Ma non l’ha fatto. Era in grado di distinguere tutte le parole che rappresentavano numeri (anche se non in successione naturale). Lo stesso ha fatto con i colori: una volta nominati, infatti, il bambino ha nominato solo quelli, di cui aveva fatto un gruppo. Questo mostra che mentre il linguaggio si sviluppa, si sviluppa anche l’intelligenza, quella che non solo riconosce le parole, ma le classifica in base alla loro natura.


Il bambino acquisisce il linguaggio, potremmo dire, per caso. Lo acquisisce in famiglia, sentendo le persone parlare senza prestare attenzione al bambino che sta ascoltando queste parole, che poi le pronuncia sulla memoria di ciò che ha sentito. Se solo ci rendessimo conto che il bambino è un essere intelligente, che capisce e che sta svolgendo un lavoro e uno studio, dialogheremmo con lui. In questo modo, potremmo facilitargli l’acquisizione del linguaggio e perfezionare i mezzi che la natura gli ha dato per impararlo. In altre parole, potremmo facilitare il lavoro della natura.


A quest’età, anche senza aiuto, il bambino acquisisce così tante cose che possiamo solo riconoscergli un potere meraviglioso. Se portiamo dei bambini di età compresa tra i due anni e mezzo e i tre anni in un nuovo paese, la cui lingua ci è sconosciuta, dopo quindici giorni ci accorgiamo che non solo i bambini hanno acquisito la lingua di quel paese e possono conversare con gli altri bambini, ma che hanno acquisito l’intonazione particolare di quella città o di quel villaggio. Ecco perché ho detto che il bambino è come una macchina per registrare i suoni della lingua.


Il bambino attraversa quelli che possono essere definiti periodi sensibili nell’acquisizione del linguaggio. C’è il primo periodo, in cui la sensibilità del bambino è diretta a registrare e fissare i suoni che sente. C’è poi il secondo periodo, in cui il bambino si accorge non solo della nomenclatura delle cose, ma anche della costruzione del linguaggio, del modo in cui le parole si succedono per esprimere le idee. Possiamo dire che il bambino compie uno studio grammaticale della lingua. Invece di dire: “Voglio il pane” il bambino potrebbe dire: “Pane voglio…” Le parole possono venire una dopo l’altra senza un ordine particolare, ma il bambino si esprime grammaticalmente e quindi ha una sensibilità per la costruzione della lingua, oltre che per la registrazione delle parole. Quando si dice al bambino “Se sarai bravo, ti darò questo”, lui capisce che le parole hanno a che fare con il suo futuro. Come capisce bene il plurale e il singolare, il maschile e il femminile! È in grado di distinguerli tutti.


Nella mente del bambino c’è un interesse particolare per la forma del discorso, tale da renderlo capace di afferrare la grammatica semplicemente ascoltando le persone che parlano intorno a lui. Questo è basato sui fatti, sulla mia esperienza con i bambini. Anzi, mi ha sorpreso, perché non potevo immaginare una cosa del genere. Il bambino mi ha insegnato che è una sua gioia afferrare una nuova parola e distinguere tutti i suoni che la compongono.


Durante il primo anno di vita, nella mente del bambino si svolge un grande lavoro. Sappiamo che il bambino ha raggiunto uno sviluppo linguistico molto elevato a sette anni, perché non smette mai di parlare. Interrompe tutte le conversazioni che incontra e chiacchiera e chiacchiera. È allora che il suo linguaggio ha raggiunto la maturità. Il bambino lo esterna con una tale energia, veemenza ed entusiasmo, che non c’è nulla che possa arginarlo. A quel punto, naturalmente, l’adulto dà il solito aiuto e dice: “Zitto, non fare sempre la stessa domanda!”


Questo è il periodo in cui il bambino può studiare in modo scientifico la parte fisiologica della lingua, la costruzione, la grammatica e la sintassi. Se iniziamo a insegnare al bambino di sette anni a scrivere, è troppo tardi, perché il bambino di sette anni è già un uomo alfabetizzato. È un poeta e uno scrittore. Il suo linguaggio è interamente e completamente sviluppato. Se, per esempio, una famiglia italiana va negli Stati Uniti con un bambino di sette anni, è questo bambino che impara immediatamente la costruzione e il funzionamento di quella lingua. Anzi, la impara molto bene, mentre il padre e la madre faranno sempre degli errori.


Il bambino ha un periodo sensibile, con fasi diverse per diversi interessi, per lo sviluppo del linguaggio. Possiamo sfruttare le diverse fasi di questo periodo sensibile per trasmettergli la cultura. Il bambino deve imparare a scrivere mentre è ancora in quel periodo sensibile. Il bambino impara molte parole e quindi acquisisce molte nozioni in alcune fasi di questo periodo sensibile al linguaggio. Egli troverà grande gioia nello studio dei diversi aspetti del linguaggio se lo studio viene facilitato al momento giusto, e dunque il periodo sensibile è una guida molto preziosa per l’educazione. Pertanto, quando parliamo del modo concreto di impartire nozioni di cultura ai bambini, ci baseremo su questo fatto naturale: è il periodo sensibile che fornisce piacere e gioia al bambino nell’apprendimento, ed è questo che garantisce il successo nel presentare i primi elementi di cultura al bambino.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.