Quarto: il ruolo delle emozioni.
Prima fra tutte la gioia della scoperta personale e, di contro, l’ansia da prestazione. Spesso la matematica paralizza: “Oddio non sono capace” e questa ansia blocca completamente lo studente, non riesce più a fare nulla, il suo pensiero è bloccato. Questo è secondo me uno dei grandi temi su cui la scuola lavora poco: come togliere l’ansia da prestazione nell’insegnamento della matematica? Sul versante positivo c’è la curiosità. L’uomo è curioso per natura: vuole capire le cose, capire come si sviluppano, e bisogna far leva su queste curiosità che sono ancora più forti nei bambini. La competizione può essere anche una cosa molto utile così come lo stupore. A me piace riferirmi a due parole che spesso Galileo nei suoi dialoghi rivolge al suo interlocutore Sagredo: “Io ti reco insieme meraviglia e diletto”. Se nell’insegnamento della matematica non c’è meraviglia, non c’è diletto. La meraviglia è una cosa inattesa “Oh! Come? Funziona così? È così? Come è possibile?” Benedetto ha fatto degli esempi su come si possa portare nella matematica delle cose che creano stupore, incredulità, al posto di cose banali che sono ovvie solo a guardarle e il diletto è nel riuscire da soli a risolvere un problema non ovvio.
Mi piacciono molto queste immagini di Maria Montessori per un motivo che adesso vi dirò. Credo che molte delle idee che lei ha sperimentato non valgano solo per la scuola primaria; molte di queste io le uso nel mio corso universitario, sono delle intuizioni che vanno aldilà del contesto della scuola primaria, sono delle intuizioni di carattere pedagogico di più ampio respiro e per questo credo si possa tentare di raccogliere alcune di queste idee e trasferirle in altri contesti dove noi svolgiamo una nuova sperimentazione didattica. Penso principalmente alle scuole secondarie di primo grado dove molto è, a nostro parere, trasferibile. Maria Montessori resta nel nostro progetto didattico, nella nostra ricerca didattica di questi ultimi 15 anni, un punto di riferimento fondamentale. Pensiamo, ad esempio, al richiamo di cui parlava Benedetto Scoppola, ad andare all’“origine delle cose”, per dare senso alla matematica, per rispondere alla domanda: “A che serve questa cosa che mi insegni?” Forse alle primarie questa domanda è meno forte, ma nelle scuole secondarie è una domanda sempre presente a cui si deve dare una risposta. “ A che serve? A che serve l’algebra? A che serve la geometria?”.
Se andiamo all’origine delle cose troviamo le risposte, perché le cose non nascono se non hanno una loro funzione, un loro perché. L’origine delle cose, per la geometria, si trova negli elementi di Euclide lì, capiamo a cosa serve: serve a rappresentare con la riga e il compasso le forme del mondo intorno a noi, mondo che è inizialmente descritto da forme elementari, attraverso le quali noi possiamo misurare, interpretare, schematizzare. Oppure, – cosa che Benedetto Scoppola ha appena accennato, ma che importante – il richiamo alla bellezza. Per questo ho scelto quei disegni che rendono, attraverso la loro bellezza, ancora più pregnante il concetto di altezza, di base, di lato obliquo di un triangolo isoscele. La bellezza rende preziosi gli strumenti che stiamo dando ai nostri allievi: “io ti sto dando il sistema decimale che ti serve, per esprimere un numero comunque grande… e ce n’è sempre uno più grande ancora e tu ora lo puoi scrivere, lo puoi dire.” Pensate che su questo Archimede ha scritto un opuscolo “L’Arenario” che lui ha pensato per dire al suo re come insegnare al figlio ad esprimere con parole e con simboli il numero di granelli di sabbia contenuti nell’intero universo: è una cosa straordinaria che si possa scrivere e dire questo numero! Dare ai bambini questo strumento, permette di risolvere questo e ogni altro problema di numerazione, e questo strumento – il sistema decimale – Maria lo voleva d’oro perché apparisse immediatamente come cosa preziosa. Tutti gli oggetti esposti nell’atrio di quest’aula sono bellissimi, perché la bellezza affascina, appartiene alla nostra natura e se una cosa è bella ci sentiamo siamo più incuriositi, interessati a capirla, manipolarla, lavorarci sopra.