ESSERE GENITORI DI UN BAMBINO MONTESSORI

Fiducia

Come molti genitori, Junnifa ha pensato a lungo al regalo migliore da fare a suo figlio in occasione del suo primo compleanno. Giocattoli in legno da impilare, un triciclo, uno strumento musicale. Poi un giorno, osservando il suo bambino, si è resa conto che il più grande dono che gli poteva fare non era materiale, ma psicologico: la fiducia. Si tratta di un regalo speciale che possiamo fare ai nostri figli solo nei loro primi mesi di vita, e che richiede delle specifiche condizioni.


Ne esistono di due tipi: la fiducia nell’ambiente esterno e la fiducia in se stessi.


Fiducia di base nell’ambiente esterno: di solito si acquisisce alla fine del secondo mese, momento fondamentale nella crescita del bambino perché inizia ad adattarsi al mondo esterno. In questa fase, madre e figlio sono legati da un rapporto di dipendenza reciproca, perché hanno bisogno l’uno dell’altro – si tratta della fase simbiotica di cui abbiamo parlato nel capitolo 3. È in questo momento che si crea il fondamento dell’identità del bambino, nonché della sua visione del mondo e della vita. Un neonato dotato di una solida fiducia nel mondo guarderà al futuro con ottimismo, sicurezza e consapevolezza di poter fare grandi cose.


Fiducia di base in se stessi: questo secondo tipo di fiducia si acquisisce a partire dal nono mese, che segna la fine dell’esogestazione, o gravidanza esterna. Significa che il piccolo ha trascorso tanti mesi nel grembo materno quanti ne ha trascorsi fuori. La fiducia in se stessi è la base dell’autostima ed è necessaria perché il bambino affronti ogni sfida credendo appieno nelle proprie capacità, senza lasciarsi scoraggiare dai fallimenti. Diventerà curioso ed esplorerà il mondo con grande interesse.


Per regalare fiducia a nostro figlio dobbiamo aiutarlo a sviluppare la propria indipendenza, fornendogli l’opportunità di muoversi, esplorare e comunicare.


Ogni volta che il piccolo riesce in qualcosa sta fondando la base per la propria fiducia in se stesso, per cui è importante non interromperlo e non cercare di aiutarlo troppo, ad esempio porgendogli quello che sta cercando di prendere. In questo modo il bambino, oltre ad acquisire autostima, imparerà anche l’arte della concentrazione. Rispettiamo questo processo.


Creiamo un ambiente che aiuti nostro figlio ad acquisire fiducia e continuiamo ad osservarlo: dobbiamo assicurarci che la realtà gli ponga sempre nuove sfide che siano alla sua portata, così da bilanciare il piacere di mettersi alla prova con un compito nuovo e le probabilità di successo. Dobbiamo continuare a incarnare per il piccolo un modello di comportamento e fornirgli un riscontro ogni volta che fa qualcosa di nuovo. Quindi parliamo al bambino, cantiamogli una canzone e, cosa ancora più importante, ascoltiamolo e chiacchieriamo con lui. Noi genitori dobbiamo cercare di notare ogni suo segnale verbale o non verbale che possa indicare fame, sonno o bisogno di aiuto, per poi rispondere adeguatamente. Piano piano il bambino imparerà a comunicare: forse con una parola, un segno o un gesto, come ad esempio sollevarsi il bavaglino ogni volta che ha fame. La consapevolezza di riuscire a farsi capire se ha bisogno di qualcosa lo aiuterà ad avere fiducia in se stesso.


E poi un giorno, quando avrà più o meno un anno, il piccolo ci sorriderà e gattonerà (o camminerà via). Si volterà a guardarci, ma continuerà ad allontanarsi fino a scomparire dalla nostra vista. Aspetteremo invano che torni da noi, e quando andremo a vedere dov’era finito lo troveremo a giocare con una delle attività che abbiamo predisposto per lui, oppure sarà seduto al suo tavolino a mangiare qualcosa. Magari starà addirittura bevendo da solo, oppure si sarà messo a sfogliare un libro nel suo angolo lettura.


E così capiremo che il bambino ha finalmente ricevuto il suo primo regalo di compleanno: la fiducia in se stesso e nell’ambiente che lo circonda. Il piccolo è ottimista, sa che il mondo è un posto meraviglioso e non ha paura di esplorarlo da solo, perché crede nelle proprie capacità. Abbiamo gettato le basi perché possa costruirsi una vita di felicità, in cui non smetta mai di imparare ed esplorare.


Anche se il ruolo dei genitori resta fondamentale, tutti gli adulti che si prendono cura del bambino possono aiutarci a dargli una base di fiducia.

ACCOGLIENZA

Immaginate di andare da qualche parte ed essere ospiti di qualcuno. Poco prima di arrivare, ricevete un messaggio: sono i padroni di casa, dicono di non vedere l’ora di incontrarvi. Quando finalmente giungete a destinazione, li trovate sulla soglia. Vi stavano aspettando con trepidazione e hanno sistemato la casa apposta per voi. Non farebbe davvero la differenza?


Possiamo accogliere nostro figlio con la stessa gioia, in un modo che resterà con lui per il resto della sua vita e costituirà il fondamento di tutti i cambiamenti che vivrà e delle relazioni che intreccerà. Per farlo dobbiamo interagire con il piccolo, e possiamo farlo fin dal momento del concepimento: accarezziamo il pancione, parliamo al bambino, chiamiamo il suo nome e cantiamogli una canzone. Deve capire che non vediamo l’ora di accoglierlo e di dargli il benvenuto. Per mantenere l’equilibrio ormonale è anche importante restare felici e rilassate durante la gravidanza, trasmettendo serenità e gioia al piccolo.


Anche una volta che il bambino è venuto al mondo possiamo continuare a dimostrargli che è il benvenuto facendoci trovare pronti e sistemando casa. Il tempo passato con lui, il modo in cui lo guardiamo, lo tocchiamo e gli trasmettiamo affetto e attenzione mentre ce ne prendiamo cura sono tutte occasioni per far capire al bambino che siamo felici di accoglierlo nelle nostre vite. Il piccolo riuscirà a percepire che lo stavamo aspettando.


Questo tipo di messaggio, trasmesso al bambino durante la gravidanza e nei suoi primi mesi di vita, gli fa capire che è giunto in un luogo sicuro. La dottoressa Silvana Montanaro, una delle collaboratrici di Maria Montessori nel campo dell’assistenza all’infanzia, era convinta che si trattasse di una consapevolezza in grado di accompagnare il bambino per tutta la vita, donandogli una visione ottimista del mondo e permettendogli di adattarsi bene a ogni cambiamento.

RISPETTO

Rispetto non è una parola che in molti assocerebbero alla cura di un bambino, ma Maria Montessori sosteneva che: “I bambini sono esseri umani ai quali si deve rispetto, superiori a noi a motivo della loro innocenza e delle maggiori possibilità del loro futuro.” (Maria Montessori, Manuale di pedagogia scientifica)


Il metodo Montessori su basa sul rispetto: rispetto dell’identità del bambino e delle sue future possibilità.


Fin da quando viene al mondo, ci sono molti modi di dimostrare al neonato che lo rispettiamo.


Rispettare fisicamente il nostro bambino: il contatto fisico è il primo modo in cui il bambino interagisce con il mondo, ed è così per tutto il suo primo anno di vita. Prendersi cura di un neonato significa prima di tutto toccarlo, per allattarlo, cambiargli il pannolino e cullarlo: tutte occasioni in cui dobbiamo mostrargli rispetto.


Iniziamo chiedendo al piccolo il permesso prima di toccarlo, prenderlo in braccio o passarlo a qualcun altro, soprattutto se si tratta di uno sconosciuto. Potremmo dire: “Ciao, tesoro, posso prenderti in braccio?”. Il bambino ci farà capire se è d’accordo o meno. Allunghiamo le braccia verso di lui, chiediamogli se lo possiamo tirare su e aspettiamo una sua reazione, anche solo un gesto. Se il piccolo sorride o si sporge verso di noi, interpretiamolo come un “sì” e prendiamolo in braccio ringraziandolo o dicendo qualcosa. Se invece il neonato aggrotta la fronte, distoglie lo sguardo o si ritrae possiamo rispondere: “Non importa, magari la prossima volta”, per far capire al bambino che ha il pieno controllo sul suo corpo e su chi può toccarlo.


Quando teniamo un bambino in braccio, evitiamo di strattonarlo o di trattarlo in modo brusco, ma al contrario diamo fondo a tutta la nostra gentilezza. Le nostre mani possono insegnare al piccolo la pace o la violenza: se propendiamo per la prima, muoviamoci lentamente e con dolcezza.


Ci sono tantissime opportunità di mostrare rispetto al neonato, dal momento in cui gli cambiamo il pannolino a quello in cui gli facciamo il bagnetto.


Ringraziare il bambino: ringraziamo spesso gli adulti, ma non sempre abbiamo l’accortezza di farlo anche con i bambini, eppure è essenziale perché anche loro comprendano l’importanza di mostrare gratitudine.


“Grazie di aver lasciato che ti prendessi in braccio.”


“Grazie di essere qui e di trascorrere del tempo con me.”


“Grazie di esserti addormentato, lasciandomi il tempo di fare una pausa.”


Fidarci del bambino e delle sue capacità: dobbiamo avere fiducia nel fatto che il piccolo abbia il pieno controllo del proprio corpo, evitando di metterlo in posizioni per le quali non è ancora pronto. Fidiamoci che sappia scegliere da solo come muoversi e come interagire con l’ambiente che abbiamo creato per lui. E fidiamoci della sua capacità di risolvere un problema, invece di correre subito in suo aiuto fornendogli una soluzione.


Rispettando le capacità del bambino, lo stiamo incoraggiando a collaborare, in ogni momento della sua crescita: appena nato, ad esempio, aspettiamo che trovi da solo il nostro capezzolo; a sette mesi aspettiamo che si porti da solo il cucchiaio alla bocca e a nove mesi che collabori con noi, con i suoi movimenti, quando lo vestiamo. Tutti questi gesti mostrano a nostro figlio che ci fidiamo delle sue capacità, incoraggiandolo a sviluppare una propria indipendenza funzionale. Aiutiamolo il meno possibile, osservandolo prima di intervenire e lasciandogli la possibilità di trovare da solo una soluzione.


L’osservazione è una forma di rispetto: osservare il bambino significa implicitamente dirgli: “Tu sai qualcosa che io ancora ignoro, aiutami a capirti”.


Rispettare la sua individualità: ogni bambino è unico ed è dotato di personalità, ritmi ed espressioni sue proprie. Simone ha due figli e Junnifa tre e non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro. Anche offrendo loro lo stesso ambiente familiare e trattandoli esattamente allo stesso modo, ognuno sviluppa una propria identità. Dobbiamo venire a patti con questa consapevolezza fin dall’inizio, per poter rispettare l’unicità di ognuno dei nostri bambini. A volte è molto difficile non fare paragoni e non nutrire aspettative basandoci sul rapporto che abbiamo con un altro dei nostri figli, ma dobbiamo osservare il neonato per comprendere che cosa lo rende speciale e amarlo per quello che è. Inaspettatamente, anche nel sonno i bambini sono diversi l’uno dall’altro: c’è chi si addormenta senza difficoltà ed è felice di essere messo a nanna e chi invece fa i capricci. Accettare l’idea che ogni bambino è differente ci aiuta a trovare il modo migliore per aiutarlo a crescere fiero della propria unicità.


Considerare di cosa ha bisogno il bambino: teniamo a mente le tendenze umane e i periodi sensitivi e proviamo a capire in che modo influenzano il comportamento del bambino (per scoprire di più sui periodi sensitivi si veda p. 18).


Seguire i ritmi del bambino: ogni bambino è diverso. Portargli rispetto significa anche lasciargli il tempo di scoprire quali sono i suoi ritmi – che si tratti di quelli relativi all’allattamento, al sonno, al cambio pannolini o in generale allo svolgimento della giornata. Impariamo a cogliere i segnali che ci fornisce il bambino per costruire delle routine fisse e prevedibili.


Incoraggiare le attività intraprese da bambino: nel suo libro Il bambino in famiglia, Maria Montessori ci invita a “rispettare tutte le forme di attività ragionevole del bambino e cercare di intenderle”. Ma come si fa a stabilire cosa sia ragionevole? E come possiamo intenderlo?


Se l’attività intrapresa dal bambino non è pericolosa, allora possiamo considerarla ragionevole. Fermiamoci a osservare e cercare di capire. Se vediamo che nostro figlio per esplorare il mondo che lo circonda vuole toccare o guardare un certo oggetto, o muoversi in un certo modo, dobbiamo rispettare questa sua intenzione senza interferire e senza intervenire.


I bambini incontrano spesso delle difficoltà, ma non hanno necessariamente bisogno di aiuto. Osservandoli saremo in grado di capire se ci stanno chiedendo una mano, così da offrire loro soccorso senza esagerare. Quando un neonato gioca o cerca di prendere un oggetto spesso emette dei versi che sono indice del fatto che si stia impegnando in una determinata attività e che magari sta incontrando qualche difficoltà. Da genitori, il nostro primo istinto è di correre a dargli una mano, ma dobbiamo prenderci il tempo di osservare il bambino. Solo così spesso abbiamo il privilegio di leggere sul suo volto la gioia di essere riuscito a farcela da solo.


La consapevolezza che ogni azione del bambino è necessaria al suo sviluppo ci fa capire che dobbiamo rispettare i suoi sforzi ed evitare di intervenire rischiando di fargli perdere la concentrazione. A volte anche le nostre parole di incoraggiamento possono costituire un’interruzione. Quando il bambino esplora il mondo, rispettiamolo facendoci da parte e osservandolo, per capirlo meglio e imparare come essergli d’aiuto.


“Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo.”

“Ogni aiuto inutile è un ostacolo allo sviluppo.”

—Dr. Maria Montessori

INVECE DI ELOGIARLO


Può essere difficile resistere alla tentazione di fare i complimenti a nostro figlio, perché sentiamo il desiderio di fargli sapere che vediamo quanto si impegna.


Il problema è che così il bambino si abitua a cercare un nostro riscontro ogni volta che si impegna in qualcosa.


Il metodo Montessori punta a creare nel bambino un senso di autostima che derivi da dentro e non dipenda dai complimenti e dalla validazione esterna. Invece di elogiare il piccolo dicendogli “ottimo lavoro” o facendogli un applauso, possiamo provare qualcos’altro:


  1. Non fare nulla. In questo modo il bambino si godrà il momento come preferisce.
  2. Fare una telecronaca, descrivendo ciò che ha fatto il bambino: “Hai messo la palla nel canestro”.
  3. Descrivere come ci sembra che si senta il bambino: “Sembri soddisfatto/emozionato!”
  4. Riconoscere i suoi sforzi: “Ti sei impegnato tanto” o “Ce l’hai fatta”.
  5. Sorridere con gentilezza.
  6. Offrire incoraggiamento: “Sapevo che ci saresti riuscito”.
  7. Parlare di quello che succederà dopo: “Vedo che sei stanco. Andiamo a prepararci per il sonnellino?”
  8. Descrivere la sensazione che proviamo: “Sono così felice per te. Ce l’hai fatta!”


Rispettare i ritmi del bambino (rallentare): rispettare le capacità del bambino significa anche mettere in conto che gli serve un po’ più di tempo per riflettere e capire come funzionano le cose: in media il piccolo impiega dagli 8 ai 10 secondi per elaborare quello che gli abbiamo detto, per cui mettiamolo in conto quando abbiamo un’interazione con lui e aspettiamo con calma la sua risposta.


Ci vuole tempo anche per coinvolgere il bambino nei momenti del cambio pannolino e dei pasti, eppure vedremo che alla lunga sarà più semplice prendersi cura di lui: infatti farà meno i capricci e si inizierà a gettare la base perché in futuro sviluppi capacità come concentrazione, attenzione, indipendenza e curiosità nell’esplorare il mondo.


Rispettare le scelte del bambino: rispettare il bambino significa offrirgli delle alternative reali e rispettare le sue decisioni, senza imporre le nostre idee o i nostri sentimenti, ma ascoltando con la mente aperta. Possiamo iniziare già dai tre mesi: proviamo a proporgli due tutine e cerchiamo di capire se il piccolo esprime una preferenza con un gesto o un sorriso. Proponiamogli due libri o due sonaglini. Un bambino già più grande potrà scegliere fra i 3-5 oggetti presenti in una cesta. Offrirgli delle alternative e rispettarne le decisioni è una forma di rispetto.


Ci aiuta anche ad abituarci alle scelte che il piccolo farà una volta cresciuto. Ovviamente non sarà lui a decidere dove vivere o che scuola frequentare, ma potrà esprimere una preferenza su questioni adatte alla sua età.


“Ora dobbiamo imparare a prenderci cura del neonato. Dobbiamo accoglierlo con amore e rispetto.”
—Dr. Maria Montessori

STABILIRE CONFINI CHIARI E AMICHEVOLI

Il concetto montessoriano di “libertà entro i limiti” aiuta i bambini a sviluppare un senso di autodisciplina di cui si devono gettare le basi, come accade per molti altri concetti, fin dalla nascita. Sforziamoci di lasciare libero il piccolo, entro i limiti della sua sicurezza e delle sue capacità.


Offrirgli delle alternative, dargli tempo e modo di muoversi e fare attività diverse e lasciare che mangi da solo sono tutti modi in cui possiamo lasciare libero nostro figlio.


Il concetto di libertà non è di semplice comprensione, perché siamo abituati a intenderlo come “libertà da” qualcosa, come ad esempio da una regola o dalla necessità di lavorare. Ma nel contesto montessoriano al bambino si dà la “libertà di” fare qualcosa, come scegliere, muoversi ed esprimersi. Non è il diritto di fare tutto quello che vuole, ma è una libertà entro i limiti imposti dalla famiglia e dalla società.


Per questo dobbiamo stabilire limiti e confini. Ecco alcuni modi in cui possiamo farlo:


Limitare le opzioni o alternative: quando prepariamo l’ambiente domestico perché sia sicuro per il bambino eliminiamo tutti i potenziali pericoli. Allo stesso modo, quando lo poniamo di fronte a una scelta, dobbiamo limitarci alle sole alternative che approviamo e accettiamo.


Tenere il bambino al sicuro oppure offrirgli delle alternative sicure: i neonati devono ancora capire come funziona il mondo e nelle loro esplorazioni spesso si mettono involontariamente in pericolo. In questi casi dobbiamo fermarli e reindirizzarli verso qualcos’altro. Se ad esempio un bambino gattona fino a una presa elettrica è nostro compito spiegargli che è pericolosa e allontanarlo da lì. Se lancia oggetti per tutta la stanza, mostriamogli una cesta piena di palline o di altri giochi fatti apposta per essere lanciati.


Rispondere all’esigenza o al messaggio che intende comunicarci: per comunicare un’esigenza o mandare un messaggio il bambino di solito usa il proprio linguaggio del corpo. Se lancia oggetti ovunque forse sta cercando di dirci che avrebbe bisogno di fare più attività grosso-motorie, se lancia il cibo forse non ha più fame o non gli piace un determinato alimento. Per questo, prima di avere una qualsiasi reazione, dobbiamo osservare il comportamento del piccolo e provare a interpretarlo.


Modificare l’ambiente o il modo di agire: se il bambino ha la tendenza a rovesciare la propria tazza quando non la sta usando per bere, possiamo modificare il nostro normale corso di azioni tenendo noi la tazza fintanto che il bambino non deve usarla, oppure versando al piccolo solo qualche dito d’acqua e riprendere la tazza appena finisce di bere. Se nostro figlio continua a gattonare verso la presa elettrica, assicuriamoci che ci sia un blocco di sicurezza oppure modifichiamo la disposizione dei mobili della stanza perché la presa non sia più visibile, per creare dei limiti sfruttando l’ambiente.


Essere pronti a ripeterci: un neonato non è ancora dotato di abbastanza forza di volontà da fermarsi dal compiere un’azione potenzialmente pericolosa come toccare una presa elettrica, perché la sua corteccia prefrontale – preposta alla funzione dell’inibizione – non si è ancora sviluppata del tutto (e continuerà a svilupparsi fino ai 20 anni). Dobbiamo essere noi la sua corteccia prefrontale.


Spiegargli cosa fare, invece di dirgli cosa non deve fare: dobbiamo ricordarci che per i bambini il mondo è del tutto nuovo e devono ancora capire come funziona, per cui spetta a noi aiutarli. Quando il bambino fa qualcosa che non dovrebbe, infrangendo i limiti che gli abbiamo messo, proviamo a considerarla un’occasione di insegnargli il comportamento appropriato e accettabile. È questo che fa davvero la differenza. Se stiamo insegnando al bambino cosa è accettabile, possiamo dirgli: “L’acqua deve restare nella tazza. Appoggiala qui”, invece di rimproverarlo perché continua a rovesciarla.


Perché il bambino comprenda quali limiti deve rispettare, cerchiamo di incarnare un modello positivo, ad esempio dicendo: “Vedo che hai finito. Ti faccio vedere dove va messa la tazza”.


UN CHIARIMENTO IN MERITO AL LINGUAGGIO POSITIVO


È un’ottima occasione per esercitarci a parlare in modo più positivo. Davanti a tanti “no” e divieti il bambino rischia di isolarsi, per cui proviamo a dirgli cosa vogliamo che faccia. Invece di dire “Non arrampicarti sul tavolo” proviamo a dire “Resta con i piedi per terra”: per il piccolo sarà anche più semplice elaborare la nostra richiesta. Infatti se qualcuno ci dice “Non mettere le mani sulla testa”, la prima cosa che pensiamo è proprio la nostra testa (e poi dobbiamo cercare di capire dove mettere le mani).


Iniziando fin da subito sarà più facile ottenere la collaborazione del bambino, quando sarà cresciuto.

FAVORIRE LA CONCENTRAZIONE

Il bambino è in grado di concentrarsi fin dalla nascita, se gli si lascia tempo e gli si fornisce uno spazio preparato e ordinato. Il segreto sta quindi nel ricreare le condizioni ideali:

1. Assicurarci che il bambino dorma abbastanza

I bambini sotto i 12 anni hanno bisogno di circa 14-15 ore di sonno, per cui cerchiamo di capire se il piccolo è stanco e in caso aiutiamolo ad addormentarsi. Evitiamo di svegliarlo: se non dorme abbastanza non riuscirà a concentrarsi, anche in un ambiente preparato perfettamente.

2. Assicurarci che il bambino stia bevendo abbastanza e stia mangiando bene

Se ha già iniziato a mangiare cibo solido dovrà seguire una dieta equilibrata che includa carboidrati, proteine, grassi, frutta e verdura. Da evitare i cibi processati e gli zuccheri, perché diminuiscono anche negli adulti la capacità di concentrazione. Inoltre, se il piccolo avrà fame avrà più difficoltà a prestare attenzione. Il prima possibile, insegniamogli come trovare dell’acqua se ha sete: a 7-8 mesi può bere da una tazza o da una bottiglia con la cannuccia.

3. Creare un ambiente ordinato

L’ordine mentale non è che un riflesso di quello esterno, per cui sforziamoci di tenere la casa ordinata, dove ci sia un posto per ogni cosa e ogni cosa sia al proprio posto. In questo modo per il piccolo sarà più semplice scegliere e concentrarsi. Se tendiamo ad accumulare oggetti, sforziamoci di farlo in una sola stanza della casa, dove il bambino non sia costretto a trascorrere del tempo.

4. Donare pace e tranquillità al bambino

Quanto rumore c’è in casa? Ci sono dei momenti della giornata in cui ci siano pace e silenzio, senza che nessuno parli al telefono, ascolti la radio, guardi la televisione o lavi i piatti? Sono i momenti migliori in cui concentrarsi. Junnifa cerca di assicurarsi che in casa sua ci siano molte ore di silenzio, interrotto solo dal rumore del ventilatore (necessario in Nigeria) e dei vocalizzi dei piccoli. Basta anche una sola ora al giorno per vederne i benefici, sui grandi e bambini.

5. Evitare l’intrattenimento passivo

Non dobbiamo intrattenere il bambino tutto il tempo, perché non soltanto ci richiederebbe tantissimo impegno, ma sarebbe anche deleterio allo sviluppo del neonato, che impara facendo da solo le proprie esperienze. Cerchiamo quindi di creare un ambiente ricco di attività che richiedano una partecipazione attiva del bambino, fin dai suoi primissimi giorni. Spesso i giocattoli fatti per intrattenere i bambini ne inficiano anche le capacità di concentrazione: basta premere un bottone e suonano, si accendono, parlano e cantano. È un tipo di gioco che incoraggia la passività e priva il piccolo di quel senso di stupore e soddisfazione che si accompagna a ogni scoperta fatta direttamente. Magda Gerber, fondatrice dell’approccio RIE, ha sintetizzato bene questo concetto sostenendo che un bambino attivo deve interagire con giocattoli passivi, perché i giocattoli attivi creano bambini passivi.

6. Evitare schermi prima dei 2 anni e limitarli o evitarli dopo i 2 anni

Provate a fare questo esperimento. Accendete la televisione su un cartone qualsiasi e contate quanti sono i cambi di scena e di colore in soli tre minuti. Il mondo reale si muove molto più lentamente. I bambini rischiano di abituarsi a questi ritmi frenetici, finendo per fare fatica a rallentare e concentrarsi. Senza contare che questo tipo di intrattenimento passivo spesso è molto rumoroso.


I bambini imparano usando i propri sensi: devono poter utilizzare le proprie mani e le proprie bocche, quindi spegniamo la televisione e andiamo a scoprire il meraviglioso mondo in cui viviamo.

7. Scegliere giochi e materiali semplici e appropriati allo sviluppo del bambino

Le capacità che i neonati devono sviluppare spesso non richiedono nessun supporto materiale: pensiamo ad esempio a quando il bambino scopre le proprie mani e le fissa a lungo, oppure quando impara come girarsi e ripete lo stesso movimento più volte.


La maggior parte delle esplorazioni di un neonato sono di questo tipo e richiedono solo tempo e spazio. Per aiutarlo a sviluppare la sua capacità di concentrazione bastano delle giostrine e dei giocattoli molto semplici, da osservare in vari modi.

8. Osservare

L’osservazione resta uno dei pilastri del metodo montessoriano. Osserviamo il bambino per capire se dorme abbastanza, per assicurarci che non abbia fame o sete, per capire quando è stato sottoposto a troppi stimoli, per scoprire cosa gli interessa, per comprendere a quale stadio di sviluppo si trova e soprattutto per riconoscere i momenti in cui si sta dedicando a un compito con attenzione, così da rispettare i suoi tempi.

9. Evitare le interruzioni

Se ci rendiamo conto che il bambino si sta concentrando, non interrompiamolo. Né per aiutarlo, né per fargli i complimenti, né per correggerlo. Sorridiamo, godiamoci i suoi traguardi e guardiamolo da lontano. In questi primi mesi, la sua capacità di attenzione è ancora fragile, per questo dobbiamo rispettarla a tutti i costi.

LIBERTÀ DI MOVIMENTO

Per lasciare libertà al bambino fin dalla nascita dobbiamo anche dargli modo di muoversi liberamente. Ne abbiamo già parlato, ma è un concetto così importante che è bene ripeterlo: i benefici sono molteplici, perché il neonato impara a sviluppare le proprie abilità grosso- e fino-motorie, acquista maggiore consapevolezza del proprio corpo e maggior determinazione, oltre a iniziare a capire meglio come risolvere i problemi.


Ecco alcuni modi in cui possiamo lasciare a nostro figlio libertà di movimento:


Offrirgli del cibo e aspettare che lo accetti e lo prenda. Se il bambino viene allattato fin dalla nascita possiamo appoggiarlo sul nostro petto e aspettare che trovi il seno da solo.


Evitare di fasciarlo. Nel grembo materno un bambino si muove liberamente e questa stessa libertà gli dovrebbe essere concessa fin dai suoi primissimi giorni. All’inizio avrà un riflesso di trasalimento causato dalla sensazione di non essere più al sicuro dentro al corpo della madre, ma con il tempo ci farà l’abitudine. Se necessario facciamo una fasciatura larga, così che il bambino si senta coperto e protetto ma abbia comunque un po’ di libertà di movimento.


Evitare soluzioni che contengono e limitano i movimenti del bambino, come sdraiette, girelli e simili. Talvolta quando stiamo cucinando o sbrigando altre faccende vogliamo poter tenere d’occhio il piccolo: proviamo a tenerlo stretto a noi in una fascia porta-bebè, a stendere una coperta per terra, o anche tenerlo in una vaschetta per il bagnetto in cucina. Se proprio riteniamo sia necessario ricorrere a simili soluzioni, assicuriamoci che sia per poco tempo.


Ritagliare del tempo per il movimento. Posiamo il piccolo su un tappeto, un materassino o sul nostro letto, a pancia in giù o in su. Osserviamolo per vedere se sta bene. Creiamo un’area per il movimento dove possa esplorare liberamente e in sicurezza: l’area movimento non deve essere per forza fissa in una stanza, ma può essere ricreata in ogni ambiente della casa così che il bambino possa stare sempre con noi.


Non forzare il bambino a stare seduto, in piedi o in un’altra posizione che non riesce ad assumere da solo. Quando non è in braccio a noi può restare sdraiato, a pancia in su o in giù. Quando avrà abbastanza forze si alzerà da solo.


Evitare di mettergli in mano giocattoli. Teniamo il gioco davanti al bambino, abbastanza lontano perché il piccolo debba fare uno sforzo per prenderlo, ma non tanto distante da farlo innervosire.


Scegliere vestiti che non ostacolino i suoi movimenti. Devono essere comodi e della giusta misura, avere poche chiusure e poche decorazioni, che rischiano di essere d’impiccio quando il bambino è disteso sulla pancia, striscia o gattona. Mani e piedi, se possibile, devono restare scoperti.


Ricordare che ogni bambino si sviluppa seguendo i propri ritmi. Il nostro obiettivo non deve essere quello di spingere nostro figlio a muoversi più velocemente, ma assicurarci che lo faccia con sicurezza e padronanza del proprio corpo.

UN ATTACCAMENTO SICURO

Si può considerare la vita come una serie di attaccamenti e distacchi, dalla gravidanza (attaccamento) al parto (distacco), dall’allattamento al seno (attaccamento) allo svezzamento (distacco). Fino ad arrivare al ragazzo adolescente, che ha bisogno della propria famiglia come porto sicuro (attaccamento), ma di giorno in giorno passa sempre più tempo con i propri amici (distacco).

CONSIGLI PER CREARE UN ATTACCAMENTO SICURO

INSTAURARE UN BUON LEGAME EMOTIVO DURANTE LA GRAVIDANZA

Nel grembo materno, il bambino sa come si sente la madre all’idea di accoglierlo nel mondo: se è felice, rilassata e cerca di creare un legame emotivo con lui (accarezzando il pancione, parlandogli e reagendo ai calcetti ecc.) sta comunicando al bambino che non vede l’ora di conoscerlo, gettando le basi per un attaccamento sicuro.


RISPONDERE AI BISOGNI DEL BAMBINO

Contrariamente a quanto si pensa, venire incontro alle esigenze del bambino non significa viziarlo, ma anzi aiutarlo a creare un attaccamento sicuro. Fin dai suoi primissimi giorni il piccolo cercherà di farci capire di cosa ha bisogno comunicando con vocalizzi, espressioni facciali e linguaggio del corpo. Passare del tempo con lui e osservarlo è essenziale per capire cosa vuole dirci e rispondere alle sue esigenze più velocemente possibile. In questo modo il piccolo potrà costruire la propria fiducia nel mondo che lo circonda: questo senso di sicurezza, unito alla consapevolezza che qualcuno si prenderà cura di lui, permette al bambino di passare dall’istinto di auto-conservazione all’attaccamento.


PRENDERSI CURA DEL BAMBINO CON RISPETTO E COSTANZA

Per gran parte del primo anno di vita del bambino il compito dei genitori consiste nel prendersene cura (dall’allattamento al cambio del pannolino), creando centinaia di occasioni per creare un legame affettivo con lui contribuendo a sviluppare un attaccamento sicuro. Per questo stesso motivo è importante allattarlo quando ha fame, avvisarlo quando stiamo per prenderlo in braccio o passarlo a qualcun altro e trattarlo con rispetto quando lo vestiamo. Inoltre le altre persone che si prenderanno cura del piccolo (dalle maestre d’asilo alle babysitter) dovranno essere poche e ben selezionate.


TRASCORRERE DEL TEMPO INSIEME

Trascorrere del tempo con il bambino ed essere davvero presenti per lui crea un legame affettivo speciale, soprattutto se si sceglie di allattarlo. Sarebbe preferibile optare per l’allattamento al seno, eppure basta il semplice contatto pelle a pelle con il piccolo per stabilire un legame basato sul contatto visivo, sull’osservazione e sulla conversazione con lui.

Attaccamento

Un attaccamento sicuro è il miglior tipo di attaccamento che un bambino possa sviluppare nei confronti di chi si prende cura di lui. Si tratta di un bisogno innato, che cerchiamo di soddisfare fin dalla nascita.


Molte ricerche hanno sottolineato come un attaccamento sicuro getti le basi non solo per il benessere del bambino, ma anche per il suo sviluppo emotivo, intellettivo e sociale, rendendo il piccolo allegro, curioso e interessato ad esplorare l’ambiente circostante. Supererà meglio il distacco e crescerà felice, empatico, creativo, forte e perfettamente in grado di auto-regolarsi e imparare, oltre ad avere un’opinione positiva di se stesso e creare e mantenere dei rapporti positivi nel corso della sua vita.

Distacco

Spetta a noi genitori individuare i segnali per capire se possiamo lasciare che il bambino, nel corso delle sue esplorazioni, si allontani da noi un po’ di più: lasciamo che si sgranchisca braccia e gambe sul materassino, che provi ad afferrare degli oggetti, che strisci o gattoni lontano per poi tornare indietro e che faccia delle piccole spedizioni. Quando sarà cresciuto e sarà in grado di camminare si allontanerà ancora di più.

QUANDO IL BAMBINO PIANGE

Il pianto di nostro figlio può causare in noi delle reazioni forti: si tratta del modo in cui la natura ci permette di proteggere la nostra famiglia. Il nostro stato emotivo e i nostri ricordi infantili possono essere degli altri fattori che influenzano la nostra reazione istintiva, eppure dobbiamo rispondere con calma e rispetto. Ma come?


Prendendoci un attimo per calmarci: veder piangere nostro figlio scatena in noi una reazione che può essere di attacco, fuga o congelamento. Ma non è il modo razionale di gestire la situazione, per cui è meglio prendersi un attimo prima di reagire: facciamo un profondo respiro. Se il bambino non è in immediato pericolo possiamo anche prenderci un minuto per andare in un’altra stanza a calmarci.


Poi possiamo tornare a prenderci cura del piccolo, dicendo un attimo prima di rientrare nella stanza: “Ti sento, arrivo”. A volte basta la nostra sola presenza a calmare il bambino, a volte dobbiamo prenderlo in braccio e stringerlo (ricordiamoci sempre di avvisarlo prima). Le parole sono importanti, per cui scegliamole con cura. Se conosciamo il motivo del pianto ad esempio possiamo dire: “Hai battuto la testa e ti sei fatto male”. Attenzione: ripetere cose come “Va tutto bene” o “Smettila di piangere” può involontariamente avere l’effetto di invalidare o negare il modo in cui il piccolo si sente. Al contrario, lasciamolo sfogare, facciamogli sapere che lo ascoltiamo, riconosciamo i suoi sentimenti e siamo lì per lui. È così che accettiamo e rispettiamo le sue emozioni.


È essenziale cercare di comprendere il motivo del pianto, perché è così che il piccolo comunica con noi. Nelle prime settimane il bambino piange sempre nello stesso modo, ma dal secondo e terzo mese il pianto cambia a seconda della ragione che lo causa.


Piangere serve per comunicare un’esigenza, che si tratti di fame, stanchezza o di un altro disagio.


Dobbiamo cercare di capire di quale caso si tratta e rispondere in modo appropriato: spesso, prima di scoppiare a piangere, il bambino mostra degli altri segnali. Magari all’inizio non ci faremo caso, ma se con l’osservazione riusciremo a notarli potremo anticipare le esigenze di nostro figlio e rispondere adeguatamente prima ancora che inizi a piangere.


COSA FARE QUANDO IL BAMBINO PIANGE

  • Calmarci.
  • Accettare il fatto che il bambino stia piangendo.
  • Capire se ha bisogno d’aiuto.
  • Se necessario consolarlo, anche stringendolo a noi.
  • Riconoscere i sentimenti del bambino e dare loro un nome.
  • Rispondere alle esigenze del bambino.

FARGLI DA GUIDA

Incarnare un modello: nel metodo Montessori spetta ai genitori, tanto quanto agli insegnanti, fare da guida al bambino. Questo significa che non devono atteggiarsi come se fossero i suoi servi, né come se fossero i suoi capi. Dopo aver preparato l’ambiente dobbiamo mostrare al piccolo in che modo interagirci, ma poi fare un passo indietro e lasciare che scopra da solo il resto. È un equilibrio fragile e dobbiamo capire fino a che punto lasciare libertà al bambino e quando intervenire. Non dobbiamo essere autoritari e stabilire come deve giocare, ma neanche essere così solleciti da correre in suo aiuto ogni volta che incontra una difficoltà: rassicuriamolo dandogli la certezza che saremo sempre presenti e disponibili, ma facciamo un passo indietro per vedere come se la cava da solo. Diamogli solo l’aiuto di cui ha bisogno.


Le nostre azioni devono servire al bambino da modello per capire come interagire con il mondo: ad esempio quando mangiamo e beviamo davanti al piccolo gli stiamo mostrando come usare posate e bicchiere. Un neonato osserva e assorbe tutti i nostri gesti, le nostre conversazioni e le nostre interazioni. Questa consapevolezza ci conferma che dobbiamo prestare molta attenzione alle nostre azioni e che dobbiamo presentarci come la migliore versione di noi stessi. Tutte le volte che non ci riusciamo, chiediamo scusa e ripetiamo: “Avrei dovuto fare così…”, “Avrei dovuto dire così…”.


Rispettando i nostri sentimenti mostriamo a nostro figlio come vivere in modo autentico le proprie emozioni. A volte ci sono giornate difficili ed è normale sentirsi tristi, nervosi o stanchi. Ripetiamolo al bambino e mostriamogli come ritrovare la calma (si veda cap. 8).


Rimuovere gli ostacoli: fare da guida al bambino significa anche individuare ed eliminare gli ostacoli che possono impedire il suo sviluppo ottimale, per questo serve grande capacità di osservazione e spesso abnegazione. Infatti ci sono cose che rendono più semplice la vita di noi adulti, ma che sono un ostacolo allo sviluppo del neonato.


Un ciuccio può aiutare, ma può interferire con il processo di comunicazione del piccolo, così come mettere i bambini davanti alla televisione dona a molti genitori un attimo di pace, ma alla lunga è deleteria.


Eliminiamo ostacoli come il disordine, il rumore e i mobili con dimensioni sbagliate, così come altri elementi che potrebbero limitare i movimenti del bambino.


Anche mettere pressione al bambino chiedendogli di fare qualcosa a comando può essere un ostacolo. Simone ricorda di aver spesso detto a suo figlio: “Fai vedere ai nonni quanto sei bravo ad applaudire/salutare/indicare il cane”; lui spesso non l’ascoltava, così Simone ha deciso di non fare più queste richieste e di considerare il rifiuto del piccolo come l’ennesima riprova che i neonati devono assecondare i propri ritmi, perché sono esseri umani.


A volte siamo proprio noi genitori a costituire un ostacolo, ad esempio quando interferiamo con le attività del bambino e non gli lasciamo spazio per diventare indipendente, o quando reagiamo istintivamente senza prenderci il tempo di osservare.


Fare da guida al bambino significa:

  • dargli il tempo di scoprire da solo come funzionano le cose;
  • essere disponibili quando serve;
  • essere chiari e gentili e avere rispetto;
  • non provare a cambiare la sua personalità;
  • stargli accanto e aiutarlo ad acquisire nuove capacità quando serve;
  • trattarlo con gentilezza e calma e aspettare una sua reazione;
  • stabilire confini non limitando la sua libertà, ma modificando l’ambiente domestico;
  • aiutarlo il meno possibile, solo quando serve;
  • ascoltare e rispondere (facendo una piccola pausa prima di agire), invece di avere una reazione istintiva che non sia stata preceduta da nessuna osservazione o riflessione.

AIUTARLO A CREARSI UNA VISIONE DEL MONDO

Si può dire che nei suoi primi anni di vita un bambino veda il mondo con i nostri occhi, perché siamo noi ad aiutarlo a capire cosa sia sicuro e cosa sia rischioso, cosa sia bene e cosa sia male. Il piccolo lo impara guardandoci e ascoltandoci, riflettendo ciò che vede e sente da noi.


Dobbiamo meditare sul messaggio che vogliamo trasmettergli in merito a diverse questioni. Ad esempio dobbiamo sforzarci di non assegnare inconsciamente alcune qualità come la forza, la bellezza o degli interessi specifici solo al genere femminile o maschile: le bambine possono essere forti e i bambini sensibili; i bambini possono giocare con le bambole e le bambine possono amare le macchinine. Prestando attenzione a ciò che diciamo a nostro figlio, a come lo vestiamo e alle attività che gli proponiamo possiamo aiutarlo a crearsi una propria percezione del genere e del suo ruolo sociale.


Le ricerche hanno dimostrato che nel primo anno di vita sono davvero minime le differenze fra il cervello maschile e quello femminile, che iniziano a differenziarsi solo dopo il dodicesimo mese. Per fornire a nostro figlio una visione del mondo equilibrata, scegliamo libri che presentino pronomi neutri, evitiamo stereotipi di genere e cerchiamo di considerare ogni bambino per le sue capacità e non per il suo genere.


Anche quando esprimiamo un giudizio sulla personalità o sulle capacità di nostro figlio stiamo formando la sua visione del mondo: quando diciamo cose come “Certo che sei un bambino dispettoso” magari stiamo scherzando, eppure stiamo comunque facendo passare un certo messaggio. Potremmo provare invece a dire: “Vedo che non riesci a…”. In questo modo stiamo evitando di dare un giudizio definitivo basato su una situazione temporanea. Per convincere nostro figlio a credere nelle sue capacità possiamo ripetergli “Puoi farcela” o mostrargli che ci fidiamo di lui lasciandogli più libertà di mettersi alla prova e sbagliare.

COME RAFFORZARE IL LEGAME EMOTIVO CON IL NEONATO

ALLATTAMENTO

  • Contatto pelle a pelle
  • Contatto visivo
  • Osservarlo e rispondere ai suoi segnali

COMUNICAZIONE A DUE SENSI

  • Dire al bambino cosa stiamo facendo
  • Aspettare una sua risposta
  • Incorporare la sua risposta nelle nostre azioni

MOVIMENTI DELICATI

  • Prenderci cura del bambino con movimenti calmi e attenti
  • Collaborare con lui quando lo vestiamo o gli facciamo il bagnetto ecc.

TEMPO DI QUALITÀ

  • Approfittare dei momenti in cui ci prendiamo cura del bambino (dandogli da mangiare o cambiandolo) per creare un legame emotivo con lui
  • Prenderci il tempo per osservarlo e capirlo meglio
  • Stringere il bambino e goderci dei momenti con lui, senza secondi fini

RALLENTARE

I calmi movimenti del neonato ci ricordano di rallentare, di muoverci al suo ritmo proprio per poter essere dei genitori migliori. Quando il piccolo inizia a strisciare o gattonare proviamo a chiedergli di seguirci in un’altra stanza, invece di sollevarlo di peso per portarlo con noi.


Ci vuole tempo per coinvolgere il bambino, spiegargli in che modo ci stiamo prendendo cura di lui, aspettare la sua risposta e fare tutte le altre cose che vi abbiamo consigliato finora.


Possiamo considerare questi calmi momenti in compagnia di nostro figlio come un inconveniente oppure come un’opportunità per rallentare e goderci il momento. Anzi, forse ci piacerà così tanto che manterremo questo stile di vita rilassato anche una volta trascorsi i primi mesi di vita del bambino.


Come rallentare con il nostro bambino:

  • fare movimenti calmi, precisi e gentili quando ci prendiamo cura di lui;
  • parlare con lentezza, perché possa ascoltare distintamente ogni sillaba;
  • quando parliamo con lui, aspettare con calma una sua risposta;
  • lasciare che si muova da solo e svolga alcune azioni in autonomia, a prescindere da quanto tempo ci voglia. Sfruttiamo questo momento per osservarlo e stupirci dei suoi progressi;
  • quando il bambino inciampa o incontra una difficoltà, non intervenire istintivamente, ma restare a osservarlo;
  • aspettarlo se si ferma ad osservare qualcosa che lo ha incuriosito, a prescindere da quanto tempo ci metta;
  • fare passeggiate tranquille per permettere al bambino di godere con tutti i sensi dello spettacolo della natura;
  • rilassarci quando il bambino fa il suo sonnellino e non cercare di sfruttare quel lasso di tempo per controllare le mail o finire di fare il bucato;
  • realizzare noi stessi alcuni dei materiali Montessori da dare al bambino: anche se in commercio si trovano di ogni forma, colore e materiale, c’è qualcosa di rilassante e speciale nel creare qualcosa per il piccolo. Lavoriamoci mentre il bambino si sta divertendo sul materassino per il movimento, così rientreremo nel suo campo visivo;
  • mettere su un po’ di musica e ballare piano con il bambino fra le braccia, oppure ballare davanti a lui;
  • ritagliarci il tempo di leggere un paio di pagine insieme tutti i giorni. Si può trattare di un album che riguarda il bambino o di qualsiasi altro libro ci interessi;
  • Fare un pisolino o andare a letto prima.

Quando Junnifa ripensa al primo anno di vita dei suoi tre figli, le viene in mente una sola parola: gioia. In casa c’erano dei ritmi rallentati. Ogni bambino aveva il tempo e la libertà di esplorare e svilupparsi e questo lo riempiva di una gioia che finiva per contagiare tutta la famiglia. Speriamo che possiate provarla anche voi.


I primi dodici mesi di nostro figlio possono sembrare eterni e prosciugare tutte le nostre energie, perché c’è molto da fare e molto da imparare. Ma a posteriori, secondo la nostra esperienza e quella di molti altri genitori, sembra sempre che il tempo sia volato via. Cerchiamo di usare questi momenti per creare un legame emotivo e godiamoci il viaggio.


IN PRATICA

  • Come potremmo donare una base di fiducia a nostro figlio?
  • Riusciamo ad accettare nostro figlio per ciò che è e accettarlo nella sua individualità?
  • Consideriamo e trattiamo nostro figlio con rispetto?
  • Usiamo con attenzione le parole che usiamo con nostro figlio?
  • In quali occasioni potremmo creare un legame emotivo con nostro figlio?
  • In questa fase così speciale e transitoria, riusciamo a goderci il tempo passato con nostro figlio?

Il bebè Montessori
Il bebè Montessori
Simone Davies, Junnifa Uzodike
Crescere il bambino nel primo anno di vita con amore, rispetto ed empatia.Una guida scritta a quattro mani in cui teoria e pratica si uniscono in un libro prezioso per tutti i genitori per applicare i principi Montessori nel primo anno di vita del bambino. Dall’autrice Simone Davies del bestseller Il bambino piccolo Montessori, tradotto in più di 25 paesi, arriva Il bebè Montessori, una guida scritta a quattro mani con la collega educatrice Junnifa Uzodike per applicare i principi Montessori nel primo anno di vita del bambino.Teoria e pratica si uniscono in un libro prezioso per tutti i genitori, ricco di suggerimenti per crescere il bebè con amore, rispetto ed empatia, mantenendo un sorprendente senso di calma e pace interiore.Nel libro si troveranno utili consigli per: sviluppare un sicuro senso di attaccamento stabilire confini chiari favorire lo sviluppo motorio e linguistico del bambino scegliere i giocattoli organizzare la casa, ricreando un ambiente calmo, tranquillo e funzionale per tutta la famiglia Un libro non finisce con l’ultima pagina!Questo titolo si arricchisce di contenuti “extra” digitali. Per consultarli è sufficiente utilizzare il QR code sul retro di copertina. Tanti consigli per mettere in pratica quell’approccio profondamente rispettoso di crescere il bambino, che è il metodo Montessori.Angeline S. Lillard Conosci l’autore Simone Davies è un’insegnante Montessori dell’AMI (Association Montessori Internationale), ed è anche autrice di The Montessori Notebook, il popolare blog e profilo Instagram in cui offre consigli, risponde a domande e organizza laboratori online per i genitori di tutto il mondo.Nata in Australia, vive ad Amsterdam con la sua famiglia, dove organizza corsi genitori-figli nella sua scuola Montessori, la Jacaranda Tree. Junnifa Uzodike è un’insegnante Montessori dell’AMI.Vive in Nigeria con la sua famiglia, dove ha fondato la scuola Fruitful Orchard Montessori, ed è autrice del blog Nduoma, a good life.