attività montessori per neonati - PRIMA PARTE

Introduzione alle attività

COME FAVORIRE LO SVILUPPO DEL BAMBINO

Dopo più di un secolo di osservazioni, i genitori e gli educatori Montessori hanno raccolto molta documentazione relativa allo sviluppo infantile. I diversi stadi individuati possono servirci come guida per seguire e supportare lo sviluppo di nostro figlio, creando un ambiente preparato che presenti tutte le attività più giuste per la sua età.


PERCHÉ SCEGLIERE LE ATTIVITÀ PER IL BAMBINO


Il cervello di un bambino conosce uno sviluppo molto rapido in brevissimo tempo, tanto che a tre anni esso raggiunge l’80% delle proprie dimensioni definitive. Possiamo favorire questo sviluppo scegliendo delle attività Montessori, ma lo scopo di questo metodo educativo non è di rendere i nostri figli più intelligenti, né di aiutarli a raggiungere dei traguardi prima dei loro coetanei, bensì di trattarli da esseri umani, venire incontro alle loro necessità di sviluppo, stabilire un attaccamento sicuro e aiutarli nel passaggio dalla dipendenza alla collaborazione, all’indipendenza.


In età infantile, le abilità appartenenti alla sfera del movimento e del linguaggio sono quelle che possiamo favorire di più. Alcune attività possono aiutare lo sviluppo intellettivo e psicologico del bambino perché inizi a fare dei collegamenti (del tipo, “quando lo colpisco con il piede, si muove”), cominci a comprendere la nostra lingua, metta alla prova il proprio corpo e costruisca la propria fiducia nel mondo che lo circonda.


In questo capitolo presentiamo le varie attività dividendole per fasce d’età, ma si tratta solo di linee guida: ogni bambino si sviluppa seguendo dei propri ritmi e delle proprie tempistiche, ed è giusto così. Vogliamo aiutare il piccolo nel suo percorso, non provare ad accelerare o rallentare il suo processo individuale. Se siamo preoccupati per lo sviluppo di nostro figlio chiediamo aiuto: non c’è nulla di male, anzi, solo così possiamo aiutarlo a crescere al meglio.


COME SCEGLIERE LE ATTIVITÀ PER IL BAMBINO

  1. Informiamoci sul suo stadio di sviluppo.
  2. Osserviamo il bambino.
  3. Chiediamoci cosa gli interessa e in che cosa si sta esercitando in questo momento.
  4. Chiediamoci come possiamo aiutarlo.

Scegliere delle attività per nostro figlio significa tenere conto di diversi fattori:


Scegliere materiali naturali. I neonati esplorano usando la bocca, per questo è importante scegliere materiali sicuri che possano essere masticati senza pericolo, ovvero di solito legno, stoffa, gomma e acciaio inox. Il bambino avrà una reazione diversa a seconda della consistenza e della temperatura del materiale in questione: il metallo è freddo e liscio, il legno è più caldo e può dare diverse sensazioni a seconda della sua lavorazione. Se l’oggetto è dipinto, assicuriamoci che la finitura non costituisca un pericolo: coloranti alimentari o di origine naturale possono essere una buona alternativa. Un altro vantaggio dei materiali naturali è che hanno la tendenza a durare di più e per questo possono fare la gioia di più di un bambino.


Considerare le dimensioni dell’oggetto e dei suoi componenti. L’oggetto dovrebbe essere abbastanza piccolo perché il bambino possa tenerlo in mano. Assicuriamoci che i vari componenti siano attaccati saldamente per prevenire il rischio di soffocamento. In commercio si trovano dei choke tester, ovvero dei cilindretti di varie dimensioni e diametro che permettono di capire se un determinato oggetto è pericoloso per un bambino sotto i tre anni di età: di solito sono lunghi 5,7 cm e larghi 3,2 cm, quindi hanno più o meno lo spessore di due dita. In alternativa si può usare un rotolo della carta igienica: se l’oggetto è abbastanza piccolo da entrare nel rotolo, c’è un alto rischio di soffocamento.


Scegliere materiali piacevoli alla vista. Nel capitolo 2 abbiamo parlato della mente assorbente del bambino, capace di assimilare qualsiasi stimolo e sensazione, per cui dobbiamo trovare materiali di bell’aspetto o rendere più carino ciò che già abbiamo: ci sono tanti oggetti che si possono riutilizzare, dalle bottiglie di plastica alle lattine, ai contenitori per il cibo d’asporto. Proviamo ad abbellirli con scotch decorativo, fiocchi o carta colorata.


Proporre oggetti diversi per qualità e funzionamento. Proponiamo al bambino un vasto assortimento di attività diverse l’una dall’altra per colore, dimensione, peso, consistenza o forma. Potrebbero anche funzionare in modo diverso, per esempio alcuni giochi potrebbero emettere un suono, altri rimbalzare, altri ancora essere plastici e malleabili. Attraverso l’esplorazione, il piccolo comincerà a capire come funzionano le diverse proprietà degli oggetti.


La maggior parte dei materiali che scegliamo per i bambini sono intuitivi. Non dobbiamo mostrare al bebè cosa fare, ma semplicemente sistemare lo spazio a lui destinato preparando giochi e materiali. Se il neonato sta cercando di acquisire una determinata capacità che è in linea con ciò che gli abbiamo proposto, saprà già cosa fare. Per il piccolo, questa fase di esplorazione costituisce uno dei pochi momenti della giornata in cui ha il pieno controllo e può scegliere come, quando e con cosa giocare, scoprendo quali sono gli effetti delle sue scelte e delle sue azioni. È essenziale che il bambino provi questa sensazione di controllo per imparare a fidarsi delle proprie capacità, così che in futuro abbia fiducia in se stesso anche di fronte a una sfida.


Se vediamo che il bambino non riesce a capire come usare un certo materiale o non sembra esserne interessato, può darsi che non sia ancora pronto: mettiamolo via e proviamo a riproporglielo più avanti. Ricordiamoci che però non esistono dei modi giusti o sbagliati con cui il neonato può interagire con un determinato materiale: finché non ci sono pericoli per la sua salute, dobbiamo lasciargli fare le sue scoperte.


Un modo per guidare nostro figlio nella sua esplorazione del mondo senza per questo mostrarglielo direttamente consiste nell’assicurarci che trovi tutti i materiali completi e in ordine nella sua area per il movimento. Non importa se poi il bambino non li rimetterà a posto, perché in questa fase non è su questo che ci dobbiamo concentrare: per adesso, lo scopo è che esplori l’oggetto usando i propri cinque sensi (nel giro di qualche mese lo scopo dell’attività diventerà un altro, e in tal caso la disporremo in modo diverso). Anche se il piccolo non dovesse portare a termine l’attività, come ad esempio un gioco ad incastri, la sua mente avrà comunque assorbito l’immagine dell’oggetto ricomposto e nelle sue esplorazioni future saprà esattamente cosa fare.


Una delle tendenze umane consiste nell’automiglioramento, che ci spinge ad impegnarci di più e ad avere successo. Anche i bambini presentano questa stessa motivazione, fin dalla nascita. Siamo interessati alle attività che sono al limite delle nostre capacità: un compito troppo semplice ci annoia, uno troppo complesso ci fa innervosire. Il materiale giusto deve richiedere a nostro figlio un minimo di sforzo così che possa acquisire una nuova abilità, ma non deve essere tanto complicato da farlo scoraggiare. Osserviamolo e vediamo come reagisce, cercando di non intervenire e non offrirgli il nostro aiuto anche se ci sembra che stia incontrando delle difficoltà. Se dovesse innervosirsi, cerchiamo di capirne il motivo. Se il bambino è già più grande possiamo fargli vedere come fare e aspettare che ci riprovi, oppure mettere via quel determinato oggetto e provare a riproporglielo in futuro.


“Fare fatica è fondamentale.”
—Nichole Holtvluwer, Radicle Beginnings

Limitare il numero delle attività. In questo modo aiuteremo il bambino a concentrarsi ed eviteremo che sia sommerso di alternative. All’inizio, per sapere quante attività proporgli possiamo basarci sulla sua fascia d’età, per cui ad esempio possiamo offrire una attività a un neonato di un mese, due attività a uno di due mesi e così via. In teoria anche una volta cresciuto è meglio che non offrirgli più di cinque o sei attività alla volta. A sette mesi potremo iniziare a disporre i materiali in diverse aree della casa, un po’ su un ripiano basso nell’area giochi, un po’ in una cesta in cucina e magari un paio nella sua cameretta. Le altre possiamo metterle via e alternarle, così che al bambino sembrino sempre dei giochi nuovi, o giochi perduti e finalmente ritrovati.


Mantenere l’ambiente costante e riordinare. Giocando, il neonato di solito passa da un’attività all’altra. Nel metodo Montessori l’ordine è importante e se si trattasse di un bambino più grande potremmo mostrargli come sistemare un oggetto prima di passare a quello successivo, ma a questa età è meglio evitare: non soltanto il piccolo non saprebbe come rimettere a posto ma rischieremmo di fargli perdere la concentrazione. Quando avrà finito di giocare gli diremo che stiamo andando a sistemare le varie attività, così il bambino ci osserverà e assorbirà il senso di ordine. Una volta che avrà iniziato a camminare e sarà in grado di darci una mano potremo fargli vedere come riordinare. Un giorno riuscirà a farlo anche da solo.


Nel caso di bambini più grandi possiamo creare un senso di ordine sistemando le varie attività su un vassoio da portare a tavola. Per i neonati questa soluzione è inattuabile, perché il vassoio potrebbe essere troppo pesante per loro, o potrebbero distrarsi troppo.


Qualità più che quantità. Ci sono infinite possibilità di materiali e giocattoli da mettere a disposizione del bambino, eppure molti oggetti hanno breve durata o si rovinano facilmente. Per questo è meglio optare per delle soluzioni di qualità, investendo in materiali che resistano alla prova del tempo. Prestiamo quindi attenzione:

  • al materiale di cui sono fatti: i materiali naturali di solito durano di più;
  • alla loro realizzazione: il materiale con cui giocherà il bambino verrà colpito, lanciato e fatto cadere, per cui è meglio sceglierne di resistenti;
  • alla versatilità d’uso: scegliamo dei materiali che il bambino possa continuare a usare, in modi diversi, anche una volta cresciuto.

Scegliere la qualità non significa necessariamente spendere molto: possiamo trovare delle validissime alternative artigianali al mercato o nei mercatini dell’usato, oppure scegliere il fai-da-te.


“Ogni giocattolo, sonaglino, gioco ad incastro e altro genere di materiale è stato scelto per un preciso motivo. È compito del genitore assicurarsi che la sfida non sia tanto semplice da risultare noiosa né tanto difficile da causare nervosismo e spingere il bambino a desistere.”
—Susan Stephenson, The Joyful Child
Il nostro compito è preparare l’ambiente, non intrattenere il bambino

Nel primo anno di vita del bambino si gettano le basi per il gioco indipendente. Il motto montessoriano “aiutami a fare da solo” si applica anche questo ambito, declinandosi in “aiutami a divertirmi da solo”. Chi ha un altro bambino di età compresa fra i 2 e i 6 anni potrebbe chiedersi come convincerlo a giocare da solo. Anche se non è mai troppo tardi per insegnare ai nostri figli come essere indipendenti, è bene iniziare il prima possibile.


Dobbiamo capire qual è il nostro ruolo nel gioco del bambino: vedere a quale stadio di sviluppo si trova nostro figlio, preparare l’ambiente e metterci il piccolo. Infine non ci resta che lasciare al neonato il tempo e la libertà di esplorare. Non dobbiamo intrattenerlo, né mostrargli come funzionano le attività. Inserire il bambino nell’ambiente significa semplicemente metterlo nella sua area per il movimento o in uno spazio nel quale possa condurre le sue esplorazioni in libertà. È per questo che è essenziale informarsi sul suo naturale stadio di sviluppo, così da poter creare un’area che sia in linea con le sue esigenze. In seguito, dobbiamo aspettare che il piccolo trovi il proprio ritmo: prestiamo attenzione ai momenti in cui è sveglio, reattivo, soddisfatto e felice. Solo allora lo metteremo nell’area per il movimento preparata per lui e faremo un passo indietro, per osservalo.


Nel metodo Montessori, quando mettiamo un’attività a disposizione del bambino diciamo che gliela stiamo “presentando”, termine che intende sottolineare quanto sia speciale ciò che stiamo offrendo al piccolo.


QUANDO OFFRIRE UN’ATTIVITÀ A NOSTRO FIGLIO

  1. Quando è reattivo.
  2. Quando è sazio.
  3. Quando è felice e a proprio agio.


E se il piccolo non facesse nulla per interagire con i materiali? Non preoccupiamoci: spesso diamo per scontato che un bambino che gioca sia per forza preso da frenesia e faccia molto chiasso, ma non è sempre così. A volte l’attività può essere tranquilla e passare quasi inosservata. Se il piccolo è sereno e felice, evitiamo di interromperlo: a volte il suo interesse è concentrato su un aspetto dell’ambiente che non avevamo considerato, come ad esempio un barattolo, un gioco messo lì vicino, o il suo fratellino. Fidiamoci che il bambino sappia di cosa ha bisogno ed evitiamo di intervenire.


Junnifa ricorda che una volta si trovava a una lezione aperta a genitori e figli e aveva osservato un neonato assorto nella contemplazione di una giostrina Montessori, progettata per muoversi lentamente seguendo le correnti d’aria. Il bambino sembrava davvero calmo e rilassato mentre osservava le farfalle attaccate alla giostrina. Il genitore era seduto accanto a lui e a un certo punto doveva aver pensato che il piccolo si stesse annoiando o non stesse ricevendo abbastanza stimoli esterni, perché aveva soffiato sulla giostrina per farla muovere più in fretta. Era animato da buone intenzioni, ma la giostrina aveva iniziato a muoversi troppo in fretta perché il bambino potesse continuare a seguirla, per cui il piccolo aveva distolto lo sguardo e si era messo a piangere. In un mondo così frenetico, rumoroso e pieno di stimoli ci siamo dimenticati come goderci momenti di calma, seduti in pace: quando ci ostiniamo a intrattenere i nostri figli, senza saperlo stiamo imponendo loro questi ritmi accelerati. Basiamoci sull’osservazione per capire quando proporre al bambino qualcosa di nuovo, invece di fidarci delle nostre sensazioni.


Per quanto ci è possibile, evitiamo di mettere i giochi in mano al bambino e non agitiamoglieli davanti alla faccia per attirare la sua attenzione o per intrattenerlo: l’oggetto deve trovarsi all’interno del suo campo visivo e deve essere abbastanza vicino perché il piccolo possa prenderlo, ma solo se sceglie di farlo. Servono pazienza e perseveranza, ma è così che il bambino imparerà a compiere delle scelte. Quando lo lasciamo decidere, gli stiamo dando l’opportunità di fidarsi della propria volontà e stiamo gettando le basi per azioni deliberate e intenzionali.


Se ci fissiamo sull’idea che dobbiamo intrattenere il bambino, gli rendiamo impossibile concentrarsi. Le nostre energie sono limitate, per cui a un certo punto inevitabilmente smettiamo di giocare con il piccolo, che invece da solo avrebbe il pieno controllo sul proprio momento di gioco, di cui deciderebbe modalità e tempistiche. Evitiamo di interromperlo e di interferire, anche solo per fargli i complimenti. I bambini sono meravigliosi e nell’ambiente giusto possono fare cose meravigliose: godiamoci i successi di nostro figlio e prepariamoci a raccontarli al nostro compagno, ai nostri amici e ai nostri familiari, e se vogliamo scattiamo anche una foto di nascosto. Ma cerchiamo per quanto ci è possibile di non distrarre il bambino: lui sa quando è riuscito in un compito. Spetta a lui reagire nel modo che preferisce. Se invece davanti alle sue azioni noi genitori abbiamo una reazione forte, positiva o negativa, senza volerlo abituiamo il bambino a cercarci con lo sguardo per capire come dovrebbe sentirsi.


Un neonato di solito ama la calma e il silenzio, per questo dobbiamo dargli modo di restare seduto tutto il tempo che lo desidera, senza cercare subito un’attività.


Quando gioca, il bambino è protagonista e si intrattiene da solo: evitiamo giocattoli che si illuminano, parlano o emettono suoni appena si preme un bottone. Scegliamo dei materiali che prendano vita solo grazie alle azioni del piccolo ed evitiamo di usare la televisione come forma di intrattenimento.


Tenendo a mente questi principi e aiutando il bambino a divertirsi da solo staremo gettando le basi perché riesca a farlo anche una volta cresciuto. Ci sono tanti altri momenti in cui possiamo interagire con lui e abbracciarlo: sono gli istanti che creano un legame emotivo e fanno parte della routine con cui ci prendiamo cura di nostro figlio cambiandolo, dandogli da mangiare, facendogli il bagnetto e osservando il mondo insieme a lui. Non sono faccende da sbrigare di corsa, bensì occasioni per stabilire le basi del nostro rapporto con il bambino (si veda p. 102).


IL NOSTRO RUOLO QUANDO IL BAMBINO GIOCA


Studiarlo per comprendere il suo naturale processo di sviluppo.


Preparare un ambiente in cui sia libero di muoversi ed esplorare.


Capire quali sono i momenti migliori per portarlo nell’area per il movimento.


Osservarlo giocare così da capirlo meglio.


Cercare di capire quando è stanco, affamato, sporco o sommerso di stimoli.


Preservarne la concentrazione evitando di interromperlo e interferire con la sua attività.

Come capire se il bambino è bloccato o ha delle difficoltà

Mettiamo il caso che il piccolo stia cercando di girarsi e non riesca a liberare la mano che è bloccata sotto di sé: se sta facendo uno sforzo e ha delle difficoltà, osserviamolo senza interferire. Se dovesse iniziare a innervosirsi, avviciniamoci, spieghiamogli cosa abbiamo osservato e offriamoci di aiutarlo. Diamogli il minor aiuto possibile, ad esempio aiutandolo a liberare la mano ma non a girarsi. Così non lo priveremo dell’opportunità di riuscire in un intento che si è prefissato.

ALTRE OSSERVAZIONI SULLE ATTIVITÀ PER NEONATI

1. Esplorazione spontanea con gli oggetti

I materiali che citiamo qui hanno la specifica funzione di aiutare lo sviluppo di abilità grosso-motorie e fino-motorie. In aggiunta possiamo offrire al bambino la possibilità di esplorare e giocare liberamente, in quello che chiamiamo gioco euristico.


Di solito, acquisendo sempre maggiori capacità motorie, il bambino si muove per esaminare i vari elementi dell’ambiente: lasciamolo fare e osserviamo su che cosa si concentra più a lungo. Spesso i materiali che lo incuriosiscono non sono necessariamente dei giocattoli. Junnifa si ricorda che suo figlio amava passare la mano su un tappeto a pelo lungo e cercare di afferrarne i fili, oltre a inseguire i riflessi di luce che filtravano dalla finestra. Gli piacevano anche dei cubi disposti in una cesta, così come quattro bottigliette di plastica che Junnifa aveva riempito di riso, acqua colorata e brillantini – o anche olio, acqua colorata e fagioli. Gli piaceva scuoterle e rincorrerle. Amava anche far girare la ruota del triciclo di suo fratello, toccare i volant del cuscino e giocare con una trottola e un carillon a cui andava tirato il filo. Più che i materiali in sé, i figli di Junnifa amavano esplorarne il contenitore, si trattasse di un vassoio, una cesta o un barattolo. Tiravano fuori dalla cesta un paio di animali di plastica – mucche, galline, cani e pavoni, ovvero le specie più diffuse in Nigeria – e li osservavano, li muovevano qua e là e li mettevano in bocca.


Osserviamo in silenzio il bambino che compie le sue esplorazioni e, talvolta, sfruttiamo questo momento come un’opportunità per spiegargli come si chiamano i vari oggetti, che rumore fanno e che consistenza hanno. E poi lasciamo che il piccolo torni a giocare senza interruzioni.

2. Abiti adatti al movimento

Noi adulti abbiamo il compito di rimuovere gli ostacoli, tra i quali va nominato anche l’abbigliamento, anche se molti se ne dimenticano. Il capo sbagliato può interferire con l’esperienza vissuta dal bambino, impedendogli di sviluppare le proprie capacità motorie.


Nei primi tre mesi, il bambino passa molto tempo sdraiato a pancia in giù o a pancia in su, per cui bisogna considerare l’eventuale presenza di bottoni, cerniere e altri elementi simili. Non devono fare male al piccolo o farlo sentire come la Principessa sul pisello.


Scegliamo dei capi di abbigliamento che non siano troppo stretti e gli permettano di muovere tutti gli arti, scalciando e agitando le braccia.


Fasciare il bambino significa limitarne i movimenti e interferire con il riflesso di Moro (legato allo spavento) e con il riflesso tonico asimmetrico del collo, per cui se proprio propendiamo per una fasciatura dobbiamo assicurarci che sia un po’ larga.


Quando il piccolo inizia a strisciare o gattonare potrebbe avere bisogno di usare le ginocchia e le dita dei piedi per avere maggiore aderenza. A quest’età si è ormai abituato alla temperatura, per cui scegliamo dei vestiti che non ostacolino il movimento.


Via libera a pantaloncini, tutine e altri capi d’abbigliamento che lasciano le ginocchia scoperte. Abiti e magliette lunghe possono far inciampare il piccolo, soprattutto se gattona ancora da poco.


Meglio lasciare i piedi scoperti: servono per molte delle posizioni di transizione, senza contare che le scarpe possono modificare la percezione che il piccolo ha del proprio corpo. Togliamogli i calzini e lasciamo che affondi la pianta del piede mentre corre e gattona, ottenendo anche una presa più salda quando sale le scale o usa un triangolo di Pikler. In alternativa vanno bene anche dei calzini antiscivolo o delle scarpe con la suola sottile e flessibile. Per quanto possano essere carine le scarpine da neonato, non gli servono per muoversi, gattonare o camminare.


Meglio lasciare scoperte anche le mani: possiamo essere tentati dall’idea di coprirle perché il piccolo smetta di toccarsi la faccia, ma si tratta di un gesto che è abituato a fare fin da quando si trovava nel grembo materno.

SECONDA PARTE - ATTIVITÀ LINGUISTICHE

Per linguaggio si intende qui la comunicazione verbale e non verbale che usiamo per esprimerci e per comprendere gli altri. È una tendenza umana strettamente legata alle altre tendenze umane.

  • Ci aiuta a orientarci sia in contesti nuovi che familiari.
  • Ci serve nelle nostre esplorazioni.
  • Fa sì che ci adattiamo all’ambiente.

Pensiamo a queste tendenze dal punto di vista del bambino: fin da quando viene al mondo ha la certezza di avere accanto qualcuno che gli è familiare e lo sa perché sente la nostra voce, che lo aiuta a orientarsi, lo consola e lo fa sentire al sicuro, invitandolo a guardarsi intorno per scoprire qual è la sorgente di questo suono. Ben presto il piccolo inizia a ripetere le nostre parole, adattandosi al nuovo ambiente.


Fin dalla nascita, siamo progettati per imparare la lingua a cui siamo esposti.


Junnifa ricorda il suo stupore nello scoprire in che modo i suoi bambini sviluppavano questa capacità: sua figlia era immersa in un ambiente in cui si parlavano due lingue e già all’età di 2 anni era in grado non solo di comprenderle entrambe, ma anche di parlarle.


Per sviluppare la capacità legata al linguaggio orale, il bambino deve avere la possibilità di parlare (ovvero avere delle corde vocali sane) e di ascoltare (per cui è importante controllarne spesso l’udito, soprattutto se ha avuto delle infezioni all’orecchio nel primo anno di vita). Inoltre, il piccolo deve avere voglia di parlare e avere a disposizione un vocabolario ricco. In questi primi 12 mesi quindi ci serve poco o nulla: l’importante è che ci rivolgiamo a nostro figlio usando un lessico ampio e gli dimostriamo che gli prestiamo ascolto.


Perché le capacità linguistiche di nostro figlio si sviluppino al meglio dobbiamo muoverci fin dalla gravidanza, perché si tratta di un processo che ha inizio già nel grembo materno. A 23 settimane, il feto inizia a sentire i suoni: il respiro e la voce della madre, le voci del resto della famiglia, i suoni del mondo esterno. Parlare e cantare al bambino o fargli sentire dalla musica quando ancora si trova nell’utero significa dargli la possibilità di riconoscere questi suoni una volta venuto al mondo.


ATTIVITÀ CHE FAVORISCONO IL LINGUAGGIO NEL PRIMO ANNO DI VITA

  • Parlare al bambino fin da quando si trova nel grembo materno usando un linguaggio ricco, e non suoni privi di significato.
  • Parlare in modo chiaro e corretto, così che il piccolo possa sentire i vari suoni che costituiscono le parole.
  • Controllare l’udito del bambino e creare un ambiente favorevole allo sviluppo di questo senso.
  • Eliminare ogni ostacolo alla comunicazione (come il ciuccio), la televisione e i rumori di fondo.
  • Riconoscere e incoraggiare ogni sforzo che il bambino fa per comunicare, ad esempio urla, gridolini, pernacchie e lallazioni.
  • Leggergli libri con tematiche e personaggi reali.
  • Fornirgli un modello di conversazione con contatto visivo, espressioni facciali e linguaggio del corpo.
  • Coinvolgere il bambino nella nostra vita quotidiana e lasciare che ascolti le nostre conversazioni.
  • Prendere l’abitudine di abbassarci al livello del bambino o di sollevarlo quando parliamo con lui.
  • Parlare con gentilezza e rispetto.

0-3 MESI

Parlare al bambino

I neonati sono molto sensibili alle voci umane, tanto che fin dai loro primissimi giorni si voltano verso il suono di una voce familiare e sono incuriositi dalle altre voci.


Un neonato passa gran parte della propria giornata a essere cullato o ad avere delle interazioni con gli adulti che si prendono cura di lui dandogli da mangiare, cambiandolo o facendogli il bagnetto. Impariamo a considerarle occasioni per parlare al bambino.


Possiamo chiamarlo per nome e spiegargli come vogliamo prenderci cura di lui: “Ora ti prendo in braccio. È ora del bagnetto: prima ti lavo la gamba sinistra e poi la destra”. Possiamo anche descrivere i suoi gesti o le sue reazioni: “Hai sorriso! Allora ti è piaciuto!” oppure “Ti stai toccando le orecchie, sembra che tu sia stanco”. In questo modo il bambino inizierà a collegare parole e azioni.


Possiamo renderla una conversazione: parliamo al piccolo guardandolo negli occhi e aspettiamo una sua reazione, che si tratti di un verso o un gesto. Possiamo rispondere ripetendo il verso (o il gesto), oppure provando a esplicitare a parole quello che pensiamo che il bambino intendesse dire. In alternativa, tiriamo fuori la lingua e aspettiamo che il piccolo ci risponda con una smorfia: sta imparando a comunicare e inizia a capire che siamo interessati ad ascoltarlo.


“Quando parli a un neonato… vedi che ti fissa le labbra. Quando gli parli, nel modo dolce e affettuoso con cui si parla ai neonati, il piccolo non potrà capire cosa gli stai dicendo ma si emozionerà e sarà così felice da iniziare a muovere le proprie labbra.”
—Maria Montessori

Possiamo anche indicare i vari oggetti presenti nella stanza e spiegare al piccolo come si chiamano. Ogni volta che Junnifa è tornata a casa dopo il parto ha fatto fare al proprio bambino un giro della casa, mostrandogli le varie stanze e spiegandogli a cosa servivano. Per i primi dodici mesi ha ripetuto spesso questa routine.


Possiamo spiegare ai nostri figli cosa c’è in programma per la giornata, fare una battuta e goderci una conversazione con loro. Sembreranno non capirci, ma il loro cervello si starà attivando per capire come funziona il linguaggio, come si formano le parole e come vanno ripetuti i suoni. Stanno costruendo la banca dati del proprio lessico e presto saranno in grado di esprimere quanto hanno assorbito. Nel metodo Montessori, si cerca di usare un vocabolario ricco e corretto anche quando si parla con bambini molto piccoli, a prescindere che si stia dando un nome alle varie parti del corpo, alle razze di cani o alle specie di fiori che vediamo intorno a noi. L’unico limite è la nostra conoscenza.


Se vogliamo che nostro figlio cresca poliglotta, facciamo sì che ogni lingua sia parlata da una sola persona, per cui ad esempio un genitore userà con il bambino un idioma e l’altro ne userà un altro; oppure i genitori parleranno la stessa lingua ma un altro familiare ne userà un’altra. Come sempre, con i neonati è meglio essere costanti.


Per saperne di più del bilinguismo, si veda p. 127.


Possiamo leggere al bambino fin da quando si trova nel grembo materno e andare avanti anche dopo la sua nascita. Il vantaggio di leggere ad alta voce a questa età è che possiamo leggere il libro che più preferiamo, perché l’importante non è il contenuto, quanto più dare al piccolo l’opportunità di sentire i vari fonemi (suoni) e la cadenza della lingua.


Possiamo però anche scegliere dei libri semplici, che siano composti quasi completamente da immagini e abbiano pochissimo testo: leggerli significherà descrivere ad alta voce le figure o le foto. Può essere divertente anche crearne una versione casalinga, incollando delle foto di famiglia in un album: osserviamo le immagini insieme a nostro figlio e parliamogli di ognuna delle persone ritratte. Crescendo spesso i bambini amano tornare a sfogliare i libri che leggevano da piccoli.


Subito dopo il parto è fondamentale far controllare l’udito del bambino e programmare visite frequenti, dal momento che raffreddori e altre infezioni se non sono curate in tempo possono causare problemi all’udito. Possiamo fare dei controlli nella maggior parte degli ospedali e dei centri nascita e possiamo fare anche noi dei test di tanto in tanto provando a chiamare il bambino, a battere le mani o suonare il campanello per vedere se il neonato ha qualche reazione.


Mettiamo su della musica che possa piacere al bambino, oltre che a noi stessi. Balliamo con lui, stringendolo a noi e dondolando a ritmo: così lo aiuteremo a sviluppare l’abilità linguistica, dal momento che riuscire a identificare un ritmo è parte dell’apprendimento di una lingua. In vari momenti della giornata, a Junnifa piaceva azionare dei bellissimi carillon: uno era trasparente, così i bambini osservavano curiosi il meccanismo al suo interno mentre si godevano la musica. Un altro si attivava tirando un filo, e man mano che la melodia proseguiva il filo si accorciava, ritraendosi all’interno del carillon: i suoi figli amavano guardarlo e già intorno ai 6-7 mesi avevano capito come tirare il filo per far partire la musica. Proviamo quindi a offrire a nostro figlio diversi suoni: se abitiamo vicino a un parco apriamo la finestra, oppure portiamo il bambino in giardino per fargli sentire ogni mattina il cinguettio degli uccellini, unito agli altri suoni della natura. Anche questo lo aiuterà a sviluppare la capacità del linguaggio e il senso del ritmo.


Il bambino deve ascoltare e assorbire le conversazioni, per cui teniamolo con noi quando chiacchieriamo con il nostro compagno, con i nostri amici o con i nostri figli più grandi. Quando siamo all’aperto, portiamolo in un marsupio o in una fascia e lasciamo che osservi e ascolti ciò che diciamo.

Rimuovere gli ostacoli

Un ambiente rumoroso o un luogo in cui ci sia un rumore di fondo, come ad esempio una stanza in cui la televisione è sempre accesa, possono ostacolare lo sviluppo del linguaggio, perché non soltanto si impedisce al bambino di ascoltare chiaramente quanto si dice, ma si rischia anche di sottoporre il suo cervello a un numero troppo elevato di stimoli. Invece di un sottofondo musicale costante, scegliamo determinati momenti della giornata per far sentire musica al bambino.


Anche il ciuccio può essere d’ostacolo allo sviluppo del linguaggio: è difficile lanciare gridolini, fare le prime lallazioni e parlare se si ha costantemente qualcosa in bocca, soprattutto in un’età in cui non ce lo si può togliere da soli. All’inizio il bambino può comunicare solo piangendo, per cui potremmo essere tentati dall’idea di dargli un ciuccio, ma oltre a essere un potenziale ostacolo, comunica al piccolo il messaggio che non abbiamo voglia di ascoltare ciò che ha da dire.


Se scegliamo di dargli un ciuccio, proviamo a limitarne l’uso riponendolo in una scatola nella sua cameretta, per rimuoverlo del tutto quando il piccolo raggiunge il primo anno d’età. Di solito lo si offre ai bambini che amano succhiare, quindi una volta passata questa fase non dovrebbe essere difficile eliminarlo, così che il piccolo possa comunicare piangendo e gridando.


Come scegliere dei libri adatti nel primo anno di vita del bambino

  • Grossi libri illustrati sono la scelta migliore per un bambino che deve ancora perfezionare la propria presa, oltre all’abilità di voltare pagina. Libri di questo tipo non si rovinano troppo se vengono mordicchiati.
  • Si può iniziare da illustrazioni in bianco e nero e poi, intorno alle 4-6 settimane, passare a immagini colorate su sfondo bianco, e infine immagini più dettagliate.
  • Si può iniziare da libri di sole immagini, per passare a quelli che presentano parole isolate, e infine brevi frasi.
  • Scegliamo libri con illustrazioni ben fatte, ricordandoci che il bambino assorbe tutto quello che gli mettiamo di fronte, immagini incluse.
  • Scegliamo libri che trattino di elementi quotidiani: animali, suoni, profumi, le stagioni, i cinque sensi, i veicoli. Fino ai 6 anni i bambini comprendono il mondo che li circonda grazie a quanto hanno visto e provato e le ricerche dimostrano che preferiscono i libri realistici, per cui scegliamo storie che si basino sulla realtà, più che sulla fantasia.
  • Per questo stesso motivo, evitiamo i libri che presentano animali o giocattoli che si comportano da umani (ad esempio un peluche che guida un’automobile o un elefante sui pattini a rotelle). Vogliamo fornire a nostro figlio delle informazioni che siano più accurate possibile.
  • Quando il bambino ha quasi un anno, potrebbe mostrare interesse per i libri con le finestrelle (anche se potrebbe accidentalmente ancora romperne qualcuna). Per quanto possano essere libri divertenti, è interessante notare che secondo le ricerche le finestrelle distraggono il piccolo, che finisce per apprendere meno informazioni.
  • Se il bambino ha voglia di girare le pagine o leggere il libro al contrario, lasciamolo fare. È solo una fase, e si sta comunque interessando alla lettura.

3-6 MESI

Man mano che il bambino cresce e raggiunge i 3-4 mesi d’età noteremo che presta molta più attenzione al nostro volto e alla nostra bocca, a volte anche fissandola mentre stiamo parlando. È come se si fosse appena reso conto che il suono che sente è prodotto dai movimenti delle labbra e cercasse di capire come funziona. Veniamogli incontro parlando lentamente e restando sempre all’interno del suo campo visivo, così che possa vedere la nostra faccia.


Presto ci accorgeremo che non soltanto è interessato a fissarci mentre parliamo, ma prova anche ad imitarci replicando i movimenti che facciamo con le labbra. Se tiriamo fuori la lingua, facciamo la faccia da pesce o proviamo altre espressioni esagerate vedremo che il piccolo proverà ad imitarci: riconosciamo i suoi sforzi facendogli un sorriso o proponendogli un’altra espressione da imitare.


Continuiamo a parlare al bambino, ma ricordiamoci che si deve trattare sempre di una conversazione e non di un monologo, per cui facciamo delle pause e lasciamogli l’opportunità di rispondere con un verso o un gesto. A partire dai 3-4 mesi d’età le sue risposte diventeranno più chiare. Ogni volta che ci sembra che il bambino stia replicando a quanto gli abbiamo detto, facciamogli capire che lo abbiamo compreso, ripetendo il verso, facendogli un sorriso o provando a esplicitare quando pensiamo volesse dire. Oltre a fornirgli un modello di conversazione, gli stiamo facendo capire che gli prestiamo ascolto, che ci importa quello che ci dice e che potrà sempre parlare con noi.


Ripetere i suoi versi è diverso dall’usare un linguaggio infantile, che presuppone che il bambino non ci capisca (usando quindi suoni senza senso del tipo “gu guga ga”). Anche se spesso con i piccoli si usa un tono cantilenante, non dobbiamo esagerare, perché dobbiamo trattarli con lo stesso rispetto con cui parleremmo a un amico, un compagno o un’altra persona.


A quest’età, il bambino inizia anche a produrre suoni vocalici, i primi a essere diversi dal semplice pianto. Continuando a guardare nostro figlio negli occhi, prestiamogli ascolto e dimostriamogli di avergli prestato attenzione: ripetiamo lo stesso suono, rispondiamogli (dicendo ad esempio “Ahhhh… ti capisco. Ooo davvero? Dimmi di più”) e diamogli il tempo di replicare. Riconosceremo così gli sforzi che il bambino fa per comunicare e gli forniremo anche un modello di comunicazione a due sensi. Meglio ripeterlo, si tratta di una conversazione, non di un monologo fatto con un linguaggio infantile. Ricordiamoci di fare visite periodiche per controllare l’udito del bambino.


Se lasceremo il bambino libero di produrre suoni, riconosceremo i suoi sforzi e lo incoraggeremo a comunicare, verso i 4-5 mesi inizierà quella che consideriamo una ginnastica vocale. Urlerà e vedrà fin dove può arrivare la sua voce. Noi adulti forse troveremo questa fase irritante, ma non durerà a lungo. Sforziamoci il più possibile di lasciar esercitare il bambino, invece di dirgli di smettere di gridare.


Il neonato farà anche le pernacchie, sputacchierà ed emetterà dei versi buffi: sono tutte delle fasi di sviluppo del linguaggio e per questo dobbiamo incoraggiarle, perché è così che il bambino imparerà a regolare la propria voce e comprendere i concetti di intonazione, tono e volume, oltre a coordinare diaframma, bocca, lingua e labbra. Incoraggiamolo facendo le pernacchie a nostra volta, il che diventerà una bella opportunità per creare un legame emotivo fra sorrisi e risate. Come nei primi mesi, è importante continuare a parlare, cantare e leggere al bambino.


Verso i 3-6 mesi, il bambino potrebbe avere una reazione di fronte alle proprie pagine preferite, sorridendo o imitando le espressioni dei personaggi.


Verso i 5-6 mesi, il bambino aggiungerà delle consonanti ai suoni vocalici e produrrà le proprie prime sillabe. Le prime di solito sono m, n, d e p, così che il bambino possa produrre le parole “mamma”, “nanna”, “dada” e “papà” per la grande gioia dei genitori. Questo tipo di reazione farà sì che il bambino continui a ripetere questi suoni.


È un buon momento per introdurre un po’ di linguaggio dei segni. Spesso i bambini capiscono molto di più di quanto riescano a esprimere verbalmente, ma possono utilizzare le capacità motorie che stanno sviluppando per comunicare usando i segni. Grazie al rapido sviluppo dei neuroni motori che inviano segnali alle mani, un neonato è infatti in grado di usare la lingua dei segni prima di riuscire a parlare. Possiamo insegnargli parole semplici come “latte”, “ancora”, “mangiare”, “basta” e “sonno”. Ripetiamo la parola mentre facciamo il gesto. Dopo un paio di mesi il bambino ci risponderà con gli stessi segni e potremo insegnargliene altri.


CONSIGLIO DI LETTURA

Per approfondire la questione del linguaggio dei segni insegnato ai neonati, si consiglia la lettura di Baby Sign Language Made Easy di Lane Rebelo.

6-9 MESI

Verso la fine del sesto mese il bambino inizierà a comprendere il significato delle parole e sarà in grado di rispondere a richieste del tipo “batti le mani”, “apri la bocca”, “saluta”. Conoscerà il nome dei suoi familiari e potrà reagire adeguatamente a frasi del tipo “papà è fuori dalla porta” gattonando verso l’ingresso. Capirà inoltre i differenti toni di voce e il significato della parola “no”.


Continuiamo a parlargli e a dare sempre un nome agli oggetti e ai suoni che incontra quotidianamente. Ad esempio, se sente squillare un cellulare e gira la testa, possiamo dire: “Il mio cellulare sta squillando”, se è vicino a un cane che abbaia possiamo chiedergli: “Lo senti il cane che abbaia?”, oppure se sta fissando il cucchiaio che abbiamo in mano ripetiamo: “Questo è un cucchiaio… cucchiaio. Cucchiaio. Vuoi tenerlo in mano tu?”.


Anche cantare è una grande opportunità per giocare con intonazione, tono, velocità e volume, cantando sempre la stessa melodia ma modificando di volta in volta queste variabili. Se sappiamo suonare uno strumento e contemporaneamente cantare, vedremo il piccolo aprire la propria bocca e a volte ripetere i suoni che facciamo.


Fino al settimo mese il bambino può riprodurre suoni di qualsiasi lingua, pur privilegiando quelli della lingua a cui viene esposto fin dalla nascita. Suoni vocalici e lallazioni cambiano a partire dai 7-8 mesi, quando il neonato inizia a produrre delle lallazioni più consapevoli, provando a ripetere i suoni della propria lingua madre (o delle proprie lingue madri). Prestiamogli ascolto: spesso cerca di ripetere quanto ha ascoltato. È un’ulteriore riprova dell’importanza che la bocca del bambino sia libera e che usiamo con lui un linguaggio ricco.

9-12 MESI


A 9 mesi, il bambino comprende molte parole, anche se non riesce a pronunciarle. Fa molte lallazioni e prova a comunicare a segni e gesti. Comprende meglio anche la permanenza degli oggetti: si è dimostrato che un bambino di 4 mesi si ricorda se un oggetto prima si trovava in un certo posto, mentre a 9 mesi è ancora più capace di prendere un oggetto che è stato nascosto. Proviamo con lui il gioco del cucù e diamo un nome alle cose che indica.


Continuiamo a parlare, cantare, leggere e usare un vocabolario chiaro e specifico. Proviamo a giocare con il bambino mettendoci in un angolo della stanza a scuotere un sonaglino o a battere le mani, per vedere se il piccolo si volta o gattona in direzione del suono.


In questa fase, il bambino inizierà a capire le cose e a esplorare le relazioni di causa ed effetto. Invece di ripetere sempre “no” e “non farlo”, proviamo a usare un linguaggio positivo: se il bambino continua a lanciare il cibo durante i pasti, diciamo: “Il cibo resta nel piatto o finisce in bocca”. Se sembra non avere più fame, diciamo invece: “Sembra che tu non abbia più fame, mettiamo via il piatto”. Una delle massime del metodo Montessori è di “insegnare mediante l’insegnamento anziché la correzione”. Invece di dire di no al bambino, osserviamolo fare un tentativo e poi mostriamogli cosa dovrà fare la prossima volta. Diciamogli cosa fare, invece di dirgli cosa non deve fare. Questo non significa non dire mai di no al bambino, bensì usare questa parola con moderazione così che non perda il proprio significato.

12 MESI E OLTRE

Quando il bambino avrà compiuto un anno, forse pronuncerà la propria prima parola, e poco dopo altre ancora (di solito il nome dei suoi familiari o richieste del tipo “acqua”, “latte”, “su” ecc.): è il prodotto di un intero anno di lavoro! Ricordiamoci che ognuno segue i propri ritmi e, anche se in media si pronunciano le prime parole a 11 mesi e mezzo, l’intervallo di dati statistici è tanto ampio da spaziare dai 5 ai 36 mesi.


In questa fase il bambino inizierà anche a camminare senza avere più bisogno di usare le mani, che potrà impiegare in diverse attività casalinghe, come cucinare, lavare, apparecchiare la tavola e mettere via la spesa. Tutte opportunità di arricchire il proprio lessico, perché imparerà il nome di frutta, verdura, altri alimenti, utensili, procedimenti e mobili, oltre ai termini specifici della propria cultura.


Per introdurlo a nuove parole si possono anche usare dei giocattoli con la forma di animali e utensili, e più avanti anche immagini. A quest’età il bambino è incredibilmente recettivo al linguaggio, per cui cerchiamo di usare con lui quante più parole possiamo. Parliamo, cantiamo e leggiamo tanto. Abbassiamoci al suo livello e ascoltiamolo quando parla.

IL LINGUAGGIO NEL PRIMO ANNO DI VITA
  • Parlare al bambino fin da quando si trova nel grembo materno
  • Parlare in modo chiaro e corretto così che il bambino possa sentire i diversi suoni che formano le parole
  • Rimuovere gli ostacoli alla comunicazione (come il ciuccio) e all’ascolto (come la televisione) e controllare l’udito del bebè
  • Incoraggiare i suoi sforzi a comunicare
  • Cantare, raccontare filastrocche, leggere poesie e mettere su della musica
  • Leggere ad alta voce libri con tematiche e personaggi reali
  • Fornire un modello di conversazione che comprenda contatto visivo, espressioni e linguaggio del corpo
  • Coinvolgere il bambino nella vita quotidiana e fargli ascoltare le nostre conversazioni
  • Abbassarci al suo livello o sollevarlo alla nostra altezza quando parliamo con lui
  • Parlare con gentilezza e rispetto

APPENA NATO

  • Risponde alle voci e ai suoni familiari ascoltandoli con attenzione, immobile
  • Davanti a rumori forti o improvvisi si spaventa o sbatte le palpebre
  • Piange per esprimere le proprie necessità
  • Prova a imitare le espressioni facciali

A 2 MESI

  • Si volta verso la sorgente del suono
  • Al momento dei pasti, si concentra sull’adulto che si sta prendendo cura di lui
  • Lancia dei gridolini
  • Aggrotta la fronte e sorride

A 3 MESI

  • Inizia a produrre suoni vocalici come “aaaa”
  • Inizia a mostrare entusiasmo
  • Apprezza quando ci si prende fisicamente cura di lui, come nel momento del bagnetto
  • Studia con attenzione i volti

DA 4 A 6 MESI

  • Fa ginnastica vocale – sputacchia, urla
  • Inizia a introdurre suoni consonantici per creare delle sillabe (come “na”, “ma” o “ba”)
  • I suoi gridolini acquisiscono un ritmo

DA 7 A 9 MESI

  • Cerca e individua la sorgente di suoni deboli
  • Comprende il significato di “no”
  • Può fare “ciao ciao” con la mano
  • Produce suoni sillabici intonati e lallazioni standard (in cui duplica i suoni, del tipo “ma ma” e “ba ba”)
  • Si volta quando viene chiamato
  • Può iniziare a imparare la lingua dei segni

DA 9 A 12 MESI

  • Può fare il gioco del cucù
  • Può rispondere a semplici indicazioni
  • Riconosce diverse parole
  • Sa riconoscere e indicare le varie parti del corpo
  • Può pronunciare alcune sillabe delle parole
  • Può esprimere una volontà e una preferenza senza piangere
  • Può ripetere alcune parole nella lingua dei segni
  • Può indicarci qualcosa se lo reputa interessante

OSSERVARE LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO

  • Come risponde quando sente una voce familiare?
  • Come risponde quando sente una voce che non gli è familiare?
  • Piange in modo diverso ogni volta? Siamo in grado di distinguere i vari tipi di pianto in base al motivo che li causa?
  • Come reagisce ai diversi suoni?
  • Quando gli parliamo, cosa fanno i suoi occhi? E la sua bocca?
  • Prestiamo attenzione ai suoni che fa: sono vocalici o consonantici?
  • Come produce i suoni?
  • Come reagisce quando qualcuno chiama il suo nome?
  • Produce dei suoni singoli?
  • Crea dei suoni formati dallo stesso suono ripetuto?
  • Crea dei suoni unendo diversi suoni?
  • Se gli abbiamo insegnato la lingua dei segni, notiamo quando inizia a rispondere e a utilizzarla a propria volta.
  • Facciamo attenzione alle sue reazioni quando gli leggiamo un libro: è incuriosito da una pagina in particolare? Cosa fa con gli occhi e con la bocca quando osserva questa pagina?
  • Prestiamo attenzione a come esprime piacere e disagio, piangendo e non.
  • Prestiamo attenzione alle prime parole che pronuncia volontariamente.

Sulla base di queste informazioni, abbiamo imparato qualcosa di nuovo? C’è quindi qualcosa che potremmo cambiare, magari nell’ambiente o nel nostro comportamento? Come possiamo aiutare il bambino? Ci sono degli ostacoli che possiamo rimuovere? Divertiti a osservare!

IL BILINGUISMO

I neonati sono dotati di una mente assorbente e hanno dei periodi sensitivi in cui sono molto interessati al linguaggio, per questo l’infanzia è il momento ideale per esporre il bambino a più di una lingua, perché la imparerà senza fare apparentemente nessuno sforzo aggiuntivo.


Se in casa si parla più di una lingua, possiamo utilizzare l’approccio OPOL (one person, one language, ovvero una persona, una lingua). Ognuno dei genitori sceglie di usare la propria lingua madre per parlare al bambino, mentre in famiglia si usa una sola lingua, precedentemente stabilita.


Esiste anche un approccio basato sulle occasioni d’uso, per cui si stabiliscono a priori determinati momenti in cui usare una certa lingua. Ad esempio, nei fine settimana si parla inglese, fuori casa si parla la lingua del posto e a casa si parlano le lingue dei genitori.


Dobbiamo passare circa un terzo della nostra settimana a parlare nelle lingue che vogliamo che il bambino apprenda. Possiamo inoltre trovare un ragazzino che giochi con il piccolo e gli legga delle storie in quella lingua, oppure altro adulto che la parli in sua presenza mentre si prende cura di lui. O ancora fare dei giochi di gruppo in quella lingua. Diamo fondo a tutta la nostra creatività.


Il timore di alcuni genitori è che crescere il bambino bilingue possa avere come conseguenza un ritardo del linguaggio, ma le ricerche hanno dimostrato che non è così. Se un bambino di un anno e mezzo che parla una sola lingua sa dire fino a 10 parole, un bambino bilingue ne conoscerà 5 in una lingua e 5 in un’altra, per cui potrà sembrare che abbia un livello linguistico più basso anche se in realtà il numero di termini appresi è lo stesso.


CONSIGLIO DI LETTURA

Per approfondire la questione del bilinguismo o dell’apprendimento di una seconda lingua, si consiglia A Parents’ and Teachers’ Guide to Bilingualism di Colin Baker.

TERZA PARTE - ATTIVITÀ MOTORIA

L’uomo esplora ed entra in contatto con il mondo che lo circonda grazie al movimento, che ci permette anche di esprimerci, nutrirci, stare al sicuro e migliorare l’ambiente in cui viviamo. Il movimento è legato alla nostra sopravvivenza e al nostro sviluppo, per questo vogliamo che nostro figlio sviluppi quanto più possibile questa capacità.


Appena nato un bambino è già in grado di muoversi: muove la testa, le mani, le gambe e si sgranchisce, ma si tratta di movimenti involontari, che non dipendono da una scelta consapevole. Molti sono infatti dei riflessi primitivi, delle contrazioni muscolari direttamente legate a uno stimolo: i riflessi sono importanti, perché dimostrano che il cervello e il sistema nervoso del neonato stanno funzionando come dovrebbero. Fino a quando il bambino non è in grado di fare dei movimenti volontari, i riflessi sono inoltre essenziali per compiere azioni strettamente legate alla sopravvivenza (come nutrirsi).


A un neonato serve allenamento per iniziare a usare i propri muscoli volontariamente: solo in quel momento molti dei riflessi che aveva fin dalla nascita cominceranno a essere integrati, per poi sparire del tutto (se il movimento non si sviluppa in modo naturale e ottimale, alcuni dei riflessi possono persistere, finendo più avanti per interferire con la crescita. È quindi importante conoscere questi riflessi per vedere se il bambino appena nato li possiede e verificare che vengano integrati e scompaiano. Si veda p. 271 per una lista dei riflessi primitivi del bambino).


Vogliamo che il bambino sviluppi un tipo di movimento volontario e coordinato, che inizi con intenzione e che controlli appieno. Per farlo, forniamogli delle attività che gli permettano di allenare i propri muscoli e acquisire maggiore controllo del proprio corpo ripetendo uno stesso movimento.


Il compito del bambino è di esplorare, iniziare movimenti, mettersi alla prova divertendosi e affinare la propria coordinazione.


Il ruolo dell’adulto è quello di non interferire con questa esplorazione, ma di incoraggiarla. Possiamo preparare un ambiente stimolante per favorire il bambino al suo attuale livello di sviluppo, prevedendo anche nuove sfide che lui possa affrontare.


Sono molte le abilità che il bambino sviluppa nel primo anno di vita e possono essere distinte in grosso-motorie e fino-motorie.


Le abilità grosso-motorie riguardano i movimenti del corpo nello spazio, braccia e gambe incluse: gattonare, camminare, salutare, agitare le braccia ecc. Queste competenze richiedono l’impiego di muscoli di notevole dimensione e sono necessarie per l’equilibrio e la coordinazione.


Le abilità fino-motorie servono a muovere le mani, i polsi e gli avambracci. Sono i movimenti specifici che ci permettono di afferrare un oggetto e compiere azioni in un modo precluso a quasi tutte le altre specie animali. I genitori hanno un enorme impatto nello sviluppo della coordinazione del bambino e della sua capacità di usare le mani, che Maria Montessori era solita definire lo strumento espressivo dell’umana intelligenza. Per capire qualcosa dobbiamo prima prenderla in mano. In sostanza le mani e l’intelligenza del bebè sono strettamente collegate, per cui quando aiutiamo nostro figlio a sviluppare le proprie abilità fino-motorie lo stiamo anche aiutando a sviluppare la propria intelligenza.


È importante notare che anche se possiamo aiutare lo sviluppo e la qualità dell’attività motoria di nostro figlio, ogni bambino neurotipico segue un processo naturale che non può essere accelerato, ma solo rallentato. Il nostro fine non deve essere quello di mettere fretta al piccolo, ma al contrario permettergli di acquisire un controllo e una coordinazione sempre maggiori.


Per capirlo può essere utile una breve lezione di scienze. Appena nato, il bambino ha delle abilità fino-motorie e grosso-motorie molto limitate. Prima di poter controllare i muscoli di una determinata parte del corpo, gli assoni delle cellule del sistema nervoso di quell’area devono essere ricoperti di mielina, una sostanza grassa che rende possibile la trasmissione dei segnali nervosi. Quando un’area viene mielinizzata si riesce ad acquisire il controllo di quel muscolo. La mielinizzazione parte dalla testa e arriva fino alla punta dei piedi, e dal centro del petto si espande a braccia, mani e infine dita. Lo sviluppo delle abilità fino-motorie e grosso-motorie del neonato segue questa stessa evoluzione.


Quindi il bambino acquisisce prima il controllo della testa e solo dopo del torso, così come controlla il torso prima di riuscire a controllare le dita dei piedi. Potrà muovere le braccia prima di poter afferrare usando le dita.


La cinestesia è la sensibilità muscolare che ci permette di percepire i movimenti degli arti e del corpo. Con la ripetizione, il bambino continua a percepire più e più volte il risultato della sua azione e della sua esperienza sensoriale. Compiendo questi movimenti costruisce dendriti per la connessione fra neuroni, favorendo lo sviluppo cerebrale.


Osservando attentamente nostro figlio e il modo in cui acquisisce sempre maggiore controllo del movimento di braccia, mani, dita e gambe possiamo notare l’avanzamento della mielina e prepararci a modificare l’ambiente così da proporre al piccolo attività che siano in linea con i vari stadi di questo avanzamento. A 12-14 mesi, tutti gli assoni sono stati mielinizzati per il movimento, ma il progresso motorio di ogni bambino dipende dalle attività che gli sono offerte. Un ambiente ben preparato, che dà al piccolo la libertà di muoversi e trovare materiali che incoraggiano il suo sviluppo e le sue esplorazioni permetterà alle sue abilità motorie di svilupparsi al meglio. Il nostro intento non deve essere solo quello di lasciare il piccolo libero di muoversi, ma incoraggiarlo a farlo.


Prima di analizzare le attività, ecco una guida agli stadi di sviluppo delle abilità motorie in base alle diverse fasce d’età.


Ricordiamoci che si tratta solo di linee guida e che ogni bambino si sviluppa secondo le proprie tempistiche, che possono differire di qualche settimana o qualche mese.


Possiamo osservare lo sviluppo delle abilità fino-motorie del neonato così:

  • Allungare le braccia: a 3-4 mesi, il bebè avrà il controllo volontario delle proprie braccia.
  • Afferrare: appena nato, quello di afferrare sarà un riflesso involontario; a circa 4 mesi sarà invece frutto di un’intenzione.
  • Presa a rastrello: a circa 4 mesi, il bambino riuscirà a raccogliere qualcosa usando il proprio palmo e le dita.
  • Presa con il pollice opponibile: a 8-9 mesi, il bambino insieme alle altre quattro dita userà anche il pollice. A 10-12 mesi, passerà poi alla presa a pinza, prima usando il pollice e due dita e poi il pollice e un dito.
  • Lasciare la presa: a 8 mesi, il bambino riuscirà a lasciare volontariamente la presa per far cadere un oggetto all’interno di una piccola area da lui scelta.

Preparando l’ambiente e disponendo delle attività che siano d’aiuto al suo sviluppo motorio, stiamo aiutando il bambino a sviluppare:

  • Atteggiamento positivo: il bambino avrà la sensazione di avere un ruolo consapevole e attivo nello sviluppo delle proprie abilità motorie. Ogni traguardo aumenterà la sua fiducia in se stesso.
  • Autostima: se gli lasciamo fare questi movimenti significa che ci fidiamo di lui. Il bebè assorbe questo stato d’animo e sviluppa positivamente la propria autostima, per questo è essenziale creare un ambiente preparato sicuro che ci aiuti a fidarci del piccolo.
  • Consapevolezza del proprio schema corporeo: il bambino imparerà a conoscere il proprio corpo e acquisirà consapevolezza dell’orientamento e del posizionamento dei suoi diversi arti.
  • Autoconsapevolezza: il bambino imparerà come funziona il suo corpo in relazione all’ambiente esterno, capendo come reagire alle diverse situazioni e diventare autonomo.

ATTIVITÀ CHE FAVORISCONO LO SVILUPPO MOTORIO DEL BAMBINO

Per aiutare lo sviluppo motorio del bambino non ci serve molto. L’importante è che conosciamo questo processo naturale in modo da osservare in modo intelligente, preparare l’ambiente, lasciare libertà a nostro figlio, rimuovere eventuali ostacoli e accorgerci in tempo di ritardi o altri possibili motivi di preoccupazione.

Rimuovere gli ostacoli

Per supportare lo sviluppo motorio del bambino è importante anche rimuovere eventuali ostacoli. Evitiamo di:

  • far indossare al bambino abiti che rendono difficili i movimenti (si veda p. 113);
  • mettere il bambino dentro a un recinto; creiamo uno spazio “sì” che possa esplorare;
  • tenere il bambino per un tempo troppo prolungato nel passeggino, nel seggiolino per automobile o bicicletta, nel marsupio o nella fascia;
  • mettere il bambino su un’altalena da porta o un girello, perché si tratta di giochi che mettono molta pressione sui suoi fianchi e ne limitano il controllo dei movimenti;
  • mettere il bambino in una posizione che non riuscirebbe ad assumere da solo – ad esempio, farlo stare seduto prima del tempo;
  • sorreggere il piccolo tenendogli le braccia alzate prima che sia in grado di camminare.

0-3 MESI

Nel suo primo mese di vita, il bambino si sta adattando alla sua nuova realtà e sta provando a orientarsi. L’attività migliore in questa fase è di stringerlo e coccolarlo, se possibile a casa o in un ambiente con stimoli poco intensi (luci soffuse, spazio tranquillo in cui la gente parla a bassa voce e anche la musica non ha un volume alto, temperatura tenuta sotto controllo). In questo modo possiamo dare il benvenuto al bambino e creare un legame emotivo con lui, aiutandolo intanto a orientarsi, sentirsi al sicuro e costruire la propria fiducia nell’ambiente. Solo così potrà esplorare e provare le varie attività che prepareremo per lui. Quando comincerà a orientarsi, ce ne accorgeremo.

PRESA E SVILUPPO DEL MOVIMENTO

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Un consiglio: quando posiamo il bambino sul suo materassino o sul letto possiamo usare il topponcino, così che temperatura, sensazione e odore restino relativamente costanti e il piccolo non si senta disorientato né spaventato. Ricordiamoci comunque di posare il bambino lentamente e di spiegargli il motivo.

Il materassino per il movimento

A partire dal secondo mese, il bambino potrà passare una buona parte delle proprie ore di veglia sul materassino per il movimento (o su una coperta), a pancia in su e libero di esplorare.


Se non l’avete già fatto, leggete come creare un’area per il movimento a p. 57, perché è qui che potremo presentare o rendere disponibili al bambino molte delle attività citate in questo capitolo.

Il letto basso

Un materasso posto sul pavimento può aiutare il bambino a sviluppare le proprie abilità grosso-motorie, perché non solo gli permette di muoversi, ma lo incoraggia a farlo. Si tratta dell’alternativa montessoriana alla culla: il letto è direttamente posto sul pavimento, permettendo al piccolo di vedere chiaramente la propria cameretta. Si può usare fin dalla nascita o a partire dai 3 mesi. Lo utilizzano anche le famiglie che praticano il co-sleeping per fare dei sonnellini o per parte del proprio ciclo del sonno: Junnifa ad esempio alle 7 di sera metteva a dormire i suoi figli sui materassi posti per terra e poi li portava a letto con sé quando si svegliavano per essere allattati. Osservando un bambino appena nato che dorme su un letto basso noteremo che nel sonno si sposta senza rendersene conto, per cui cambia spesso posizione nel corso della notte, ma di solito non cade mai giù dal materasso: si muove con estrema lentezza e, quando si rende conto di aver raggiunto l’estremità del letto, cambia direzione o si ferma del tutto.

Afferrare sonaglini

Nei primi due mesi, il neonato è dotato del riflesso di prensione palmare, che fa sì che stringa le dita intorno a qualsiasi cosa sfiori il suo palmo. Durante l’allattamento o in altri momenti simili proviamo a porre il nostro indice al centro della sua mano: il piccolo lo stringerà. Diamogli un sonaglino leggero o un cilindretto di seta imbottito di ovatta. Ricordiamoci che i riflessi primitivi vengono integrati con l’uso: questa attività incoraggia il piccolo a usare questo riflesso e lo porta a concentrarsi sulle proprie mani.

Le giostrine visuali

Il materiale Montessori più usato nell’area per il movimento nel corso dei primi tre mesi sono le giostrine visuali, o mobiles, che rispondono a molte delle esigenze di sviluppo del piccolo.


Si tratta di giostrine artigianali proposte al neonato in un ordine ben preciso: possono essere fatte in casa o acquistate e si offrono al bambino fin dalle prime settimane. Man mano che il piccolo cresce e si sviluppa, vengono alternate. Le giostrine sono utili allo sviluppo del bambino per diversi motivi, tra cui:


Vista: fin dalla nascita, il bambino assorbe ed esplora il mondo usando i propri occhi. Appena nato non ha una vista molto acuta, ma con il tempo migliora, soprattutto in un ambiente ben preparato. Le giostrine visuali gli danno l’opportunità di seguire con lo sguardo un oggetto e prestarvi attenzione, oltre ad essere belle e a costituire un punto di riferimento. Lo sviluppo della vista è legato allo sviluppo delle abilità grosso- e fino-motorie.


Abilità grosso- e fino-motorie: in questi primi mesi, il piccolo sta cercando di acquisire il controllo dei propri muscoli del collo e delle braccia. Osservando la giostrina ne segue i movimenti, prima con gli occhi, poi con la testa (muovendola da una parte all’altra), in seguito con il busto e infine con tutto il corpo. A un certo punto inizierà anche ad allungare le braccia verso la giostrina. Questo movimento è di solito involontario all’inizio, ma viene ripetuto più volte, rafforzando i muscoli e aiutando il bambino a controllarli sempre meglio.


Orientamento e adattamento: di solito le giostrine vengono appese, una alla volta, nell’area per il movimento, andando a costituire un punto di riferimento per il bambino, dal momento che sono qualcosa di familiare che si può subito riconoscere all’interno dell’ambiente. Quando il piccolo perde interesse o sembra aver fatto dei progressi possiamo cambiare giostrina, se possibile davanti a lui, avvisandolo che intendiamo sostituirla. Pensare di entrare in una stanza in cui trascorrete tutte le vostre giornate e scoprire che la disposizione dei mobili è stata cambiata senza dirvi nulla: vi sentireste molto disorientati. Per un neonato è lo stesso, anzi, se possibile è anche peggio, per cui dobbiamo sforzarci di apportare ogni modifica con rispetto.


Bellezza: abbiamo già parlato della mente del bambino, che assorbe tutto quello che si trova nell’ambiente che la circonda. Se le giostrine sono piacevoli alla vista, il neonato assorbirà questa bellezza.


Qui troverete la descrizione di quattro specifici mobiles, ma potete anche ispirarvi a questi per scegliere o creare giostrine differenti. Potete scaricare i modelli delle giostrine di Munari, di Gobbi e di quella con i ballerini dal sito workman.com/montessori.

La giostrina in bianco e nero (di Munari) di solito è la prima che presentiamo al neonato.

Le ricerche hanno dimostrato che il neonato preferisce osservare forme geometriche ad alto contrasto (bianche e nere): la retina e le cellule nervose presenti nel cervello e preposte alla vista non si sono ancora sviluppate del tutto e studiare il contrasto può aiutarle a svilupparsi.

La giostrina di Munari è costituita da forme geometriche in bianco e nero e da una sfera di vetro che riflette la luce e le altre forme. Un bambino di appena un giorno di vita può esserne incuriosito a lungo: la giostrina viene appesa fin da subito nell’area per il movimento, così che nostro figlio possa iniziare a godersela non appena lo riterremo pronto. Junnifa l’ha proposta ai suoi quando avevano circa due settimane.

La seconda giostrina visuale è il cosiddetto ottaedro. È formata da tre ottaedri, di solito dei tre colori primari: possono essere origami o essere stati realizzati tagliando e piegando nella forma desiderata dei fogli di carta: possiamo anche riciclare delle vecchie buste della spesa, perché il loro aspetto lucido rende la giostrina riflettente.


La terza è la giostrina di Gobbi, impostata su una gradazione di colore: è costituita da cinque sfere, della stessa grandezza e aiuta il bambino a notare le lievi differenze di colore. È una buona idea metterla in una parte assolata della stanza, perché ogni pallina getta un’ombra sulla successiva. I bambini adorano questa giostrina, che può essere realizzata avvolgendo della passamaneria intorno a una pallina, ma ne esistono anche versioni create all’uncinetto, dipinte e colorate. Quando il piccolo inizierà a giocarci (di solito alla fine del secondo mese) forse lo vedremo colpire le palline con le braccia o con le mani.

La giostrina con i ballerini stilizzati è l’ultima delle giostrine visuali Montessori. Come negli altri casi, il bambino le dedica a lungo la propria attenzione: è formata da figure umane stilizzate che sembrano danzare. Le sagome sono fatte di fogli argentati o dorati e di carta di un colore primario a contrasto.


Le giostrine descritte sono quelle specifiche utilizzate nel metodo Montessori, ma possiamo crearne o acquistarne di qualsiasi tipo, a patto di tenere a mente queste qualità:

  • scegliamo giostrine semplici, piacevoli alla vista e interessanti da osservare;
  • preferiamo giostrine leggere, che si possano muovere a seconda degli spostamenti d’aria nella stanza e non abbiano bisogno di elettricità o batterie;
  • le giostrine visuali servono al bambino per migliorare la propria vista, per cui non serve che emettano musica: meglio che l’attenzione del piccolo si concentri su un solo senso alla volta;
  • osserviamo le giostrine dal basso, ricordandoci che sarà questo il punto di vista del bambino;
  • scegliamo giostrine che abbiano soggetti geometrici o che rappresentino animali o oggetti quotidiani, che il bambino abbia modo di osservare ogni giorno. Evitiamo personaggi dei cartoni;
  • molto belle le giostrine che rappresentano oggetti che volano, come uccelli, farfalle, nuvole o aerei;
  • scegliamo colori accesi e interessanti;
  • osservati da un altro punto di vista, i mobiles dovrebbero offrire una prospettiva inedita;
  • assicuriamoci che la giostrina non presenti troppi elementi perché il bambino non sia sottoposto a troppi stimoli. Meno è meglio: sotto ai tre mesi, scegliamo giostrine che abbiano al massimo 5-6 elementi;
  • assicuriamoci che la giostrina non sia noiosa o poco stimolante.

In teoria possiamo attaccare la giostrina sopra al materassino per il movimento perché è qui che il bambino passerà la maggior parte delle proprie ore di veglia: la giostrina gli darà qualcosa su cui concentrarsi. Sistemiamo il neonato sulla schiena, sotto alla giostrina, appesa a 20-30 cm da lui. È a questa distanza infatti che i bambini appena nati riescono a mettere a fuoco (ed è più a meno a questa distanza che li teniamo quando li allattiamo al seno). Con il tempo il loro campo visivo si allarga, per cui potremo gradualmente appendere la giostrina un po’ più in alto.


Evitiamo di appendere la giostrina sopra al letto del bambino: è il luogo preposto al riposo, mentre la giostrina serve al piccolo per allenarsi a sviluppare la propria vista.


Mettiamo il bambino sul materassino, sotto alla giostrina, e osserviamo quanto si mostra interessato, quanto interagisce. Se il gioco gli piace, ricordiamoci di non intervenire: restiamo lì vicino a leggere un libro o a riposarci un attimo. Se invece piange o sembra infastidito, proviamo a fare qualche cambiamento: uno dei figli di Junnifa piangeva ogni volta che veniva messo direttamente sotto alla giostrina, così lei ha provato a spostarla di lato e il piccolo ha iniziato ad apprezzarla. Se nostro figlio sembra infastidito dalla giostrina, stacchiamola e sistemiamola in un’altra posizione, oppure promettiamoci di provarci un altro giorno.


Meglio offrire al bambino le giostrine e le altre attività quando è sazio e sveglio: all’inizio forse osserverà la giostrina per qualche minuto e poi se ne disinteresserà, ma è normale. Con il passare del tempo le dedicherà sempre più attenzione. Alcuni bambini arrivano a fissare intensamente le giostrine anche per più di 15 minuti. Ricordiamoci che il piccolo sta allenando la propria concentrazione, per cui cerchiamo di non interromperlo e non distrarlo. Non dobbiamo neanche parlargli tutto il tempo. Ci renderemo conto che il bambino è stanco quando distoglierà lo sguardo dalla giostrina, non sembrerà più rilassato o si metterà a piangere.


Nei primi tempi, alterniamo dalle tre alle cinque giostrine visuali, cambiandole ogni 2-3 settimane o quando ci sembra che il piccolo non le trovi più interessanti.


Forse noteremo che non interagisce più con la giostrina, oppure che il tempo che le dedica si è considerevolmente ridotto, o ancora che si mette a piangere ogni volta che lo mettiamo sul materassino per il movimento. Sono tutti segnali che è ora di cambiare giostrina: il piccolo sarà felicissimo di rivedere una che aveva osservato due settimane prima e con cui potrà interagire in un modo del tutto nuovo.


Appendiamo alle pareti quadri o immagini ad altezza bambino, così che il piccolo possa osservarle. Nelle prime settimane possiamo anche proporgli un libro dalle illustrazioni in bianco e nero (o altre immagini molto contrastate).


Una pianta è un mobile davvero speciale: le foglie e i rami che si muovono creano giochi di luce che il bambino osserva quasi incantato. Un’altra esperienza interessante consiste nell’osservare la nostra mano muoversi davanti a una fonte di luce o creare delle ombre.


“L’ovvio valore dell’educazione e del raffinamento dei sensi, allargando il campo della percezione, offre una sempre più solida e ricca base allo sviluppo dell’intelligenza.”
—Maria Montessori, La scoperta del bambino

COSA OSSERVARE DA 0 A 3 MESI

  • Quando il bambino assorbe il mondo, cosa fanno i suoi occhi, ad esempio quando vede un volto familiare o sente una voce familiare?
  • Come reagisce quando viene posto sul letto o sul materassino?
  • Se sa già muovere la testa da un lato all’altro, ha una preferenza per una determinata direzione? Quando si gira, cosa fanno le sue mani e le sue gambe?
  • Riesce a sollevare la testa? Da prono o da supino?
  • Come osserva la giostrina? La segue con gli occhi o la guarda solo quando rientra nel suo campo visivo? Ci sono state delle evoluzioni con il tempo?
  • Ha un elemento preferito all’interno della giostrina? È sempre lo stesso?
  • Oltre alla giostrina, che cosa osserva dell’ambiente?
  • Come tiene le mani? Con il palmo aperto o con il pugno chiuso?
  • Come muove braccia e gambe? Spesso il movimento è dell’intero arto, per cui il bambino non piega ancora polsi, gomiti, caviglie e ginocchia.
  • Cosa fa quando chiamiamo il suo nome?
  • Quando è sdraiato sulla schiena e gira la testa, cosa fanno le sue mani e le sue gambe?

Da queste osservazioni ci sembra di aver imparato qualcosa? Possiamo attuare delle modifiche o aiutare il bambino in qualche modo? Ci sono ostacoli che possiamo rimuovere, incluso il nostro intervento? Divertiti a osservare!

3-6 MESI

Nei primi tre mesi forniamo al bambino delle attività che stimolino i suoi sensi della vista e dell’udito, a partire dal terzo mese, possiamo passare a quelle che ne sviluppano la presa e la percezione tattile.


Nelle prossime pagine, inizieremo a distinguere fra le attività legate ad abilità fino-motorie e grosso-motorie, anche se molti materiali possono avere un duplice utilizzo. La mielinizzazione – ovvero il processo che permette agli assoni dei nervi di ricoprirsi di mieilina, facendo sì che il bambino acquisti un sempre maggiore controllo dei propri movimenti – segue due direzioni: la prima (che ha inizio fin dal parto) lentamente va dalla testa ai piedi del neonato, rendendogli possibili azioni grosso-motorie. La seconda ha origine dal petto e gradualmente arriva fino alla punta delle dita. Questo significa che le abilità grosso-motorie e fino-motorie in un bambino si sviluppano in contemporanea. Al terzo mese si verifica la mielinizzazione degli assoni delle spalle, della parte superiore del torso, delle braccia e delle mani. Migliora anche la vista del piccolo, per cui possiamo iniziare a vedere i primi movimenti intenzionali riconducibili ad abilità fino-motorie.

Abilità fino-motorie

All’inizio del terzo mese noteremo che il bambino ha una gamma più ampia di movimenti che è in grado di fare con le mani. Se ha delle giostrine, allunga le braccia per toccarle. È un buon momento per introdurre dei materiali da prendere e afferrare, a partire dalle giostrine tattili.


I materiali da afferrare aiutano il bambino a sviluppare le proprie abilità fino-motorie, in particolare quelle che gli permettono di allungarsi verso qualcosa e afferrarlo. Sappiamo che fin dalla nascita il neonato è dotato di un riflesso involontario che fa sì che afferri quello che gli sfiora il palmo: si tratta di un movimento inconscio. Quando sarà in grado di vedere con maggiore chiarezza, inizierà a essere sempre più interessato e affascinato dalle proprie mani, fissandole a lungo. È in questa fase che acquisisce il controllo della parte superiore del suo corpo e cerca di imparare come muovere le braccia. Cercherà di sfiorare le giostrine visuali e a volte le colpirà. Non interferiamo con queste sue esplorazioni, ma diamogli qualcosa da afferrare, sostituendo la giostrina visuale con quella tattile e fornendogli una selezione di sonaglini.


I migliori materiali tattili sono eleganti e semplici. Nella nostra scelta ricordiamoci di:

  • Considerare la dimensione: il materiale non dovrebbe essere troppo grosso. Basiamoci sulla lunghezza e sul diametro delle nostre dita, perché anche se scegliamo degli oggetti più grandi ci deve essere almeno una parte che il bambino riesca ad afferrare. Deve infatti riuscire a tenere in mano l’oggetto e manipolarlo. Per prevenire il rischio di soffocamento, meglio evitare oggetti troppo piccoli.
  • Considerare il materiale: il bambino sicuramente si porterà il gioco alla bocca, perché è così che all’inizio esplora il mondo. Assicuriamoci quindi di scegliere oggetti fatti di un materiale che sia sicuro anche da mordere, come legno, stoffa, gomma e metalli come argento e acciaio inox. Offriamogliene tanti perché possa sperimentare diverse sensazioni: ad esempio l’acciaio è più freddo del legno e della stoffa e ha una diversa consistenza.
  • Scegliere giostrine tattili o sonaglini che creino un suono piacevole quando vengono colpiti, così da ricompensare gli sforzi del bambino.
Le giostrine tattili

Le giostrine tattili sono progettate per essere manipolate dai bambini. A differenza di quelle visuali, si possono toccare, afferrare e anche mettere in bocca. Il neonato ci può interagire da solo, basta appenderle all’interno del suo campo visivo, non troppo distanti da lui. Le giostrine tattili hanno anche il pregio di far esercitare il bambino nella ripetizione, perché le può colpire e afferrare tutte le volte che vuole.


Il metodo Montessori consiglia di proporre al neonato una determinata serie di giostrine tattili, ma possiamo anche cogliere gli spunti qui suggeriti e usarli per scegliere delle giostrine differenti. Volendo si può anche usare un sonaglino. Vogliamo che il bambino allunghi le braccia, afferri e tiri, per cui può essere utile fissare la giostrina a un elastico. Assicuriamoci di attaccarla bene alla palestrina perché quando viene tirata non cada addosso al bambino.


Campanellina attaccata a un nastro: prendete una campanellina grande più o meno come il pugno del bambino e legatela a un nastro, all’altra estremità attaccate dell’elastico lungo una decina di centimetri. Fissate il tutto sopra al bambino. All’inizio, agitando le braccia, colpirà la campanellina senza volerlo e la sentirà suonare. Questa ricompensa sonora lo incoraggerà a ripetere il movimento spontaneamente. Con la pratica, la sua mira migliorerà. Il suono della campanellina sarà una delle prime impressioni che gli dimostreranno che le sue azioni possono influire sull’ambiente. Proviamo a immaginarcelo: il piccolo è sdraiato a osservare la giostrina, muove le mani e sente uno scampanellio. Forse all’inizio non capirà di aver causato quel suono, ma dopo un paio di volte penserà: “Quando colpisco la giostrina, suona. Sono io a causare quel suono!”. Diventerà uno sforzo consapevole: “Voglio creare di nuovo quel suono, quindi muoverò la mano nello stesso modo”. Ci accorgeremo della tranquilla determinazione con cui si impegnerà, senza mai perdersi d’animo: continuerà a provare e a un certo punto afferrerà la campanellina e proverà a mettersela in bocca (per questo era importante fissare il nastro con la campanellina all’elastico). Se la giostrina è stata attaccata vicino ai piedi del piccolo, potrà anche tirarle dei calci.


Anello attaccato a un nastro: il bambino potrà afferrare e tirare un anello di legno o di metallo attaccato a un bel nastro. Nel caso della campanellina la ricompensa stava nel suono, mentre nel caso dell’anello consiste nel poterlo tirare e mettere in bocca. Si tratta di un’azione più complessa, perché il neonato deve allungare le braccia, afferrare l’anello usando il palmo e le dita e tirarlo verso di sé.


Ricordiamoci che il bambino ha una tendenza all’automiglioramento, per cui ha bisogno di sfide che siano in linea con il suo sviluppo: offriamogli dei materiali che richiedano un impegno sempre maggiore.

Altri materiali da afferrare

Il bambino potrà giocare da solo con un sonaglino soltanto dopo aver sviluppato la propria presa ed essere diventato in grado di strisciare o girarsi. Prima di questa fase probabilmente lo farebbe cadere e non sarà in grado di riprenderlo da solo.


Man mano che il bambino si esercita ad allungare le braccia e afferrare oggetti, possiamo offrirgli sonaglini che abbiano colori, forme, consistenze e pesi differenti, così da stimolarlo a usare le proprie mani in modo sempre nuovo.


I sonaglini possono essere di diverso materiale, così da offrire diverse impressioni al tatto: ad esempio, il metallo sarà più freddo e liscio del legno. Ricordiamoci che il bambino si porterà tutti questi oggetti alla bocca, per cui scegliamo dei materiali sicuri.


Junnifa offriva ai suoi figli delle palline di legno, un uovo di legno ricoperto di lana, degli anelli d’argento intrecciati e dei dischetti di legno che potevano essere impilati fino a creare una forma cilindrica. I neonati amano giocare con degli anelli intrecciati perché sono semplici da afferrare e interessanti da mettere in bocca, soprattutto se di metallo. Giochi da mordere in plastica sicura sono perfetti come massaggiagengive, mentre sonaglini diversi possono offrire al piccolo tante opportunità di esercitare la propria presa.

Abilità grosso-motorie

Area per il movimento: passare del tempo per terra continua a essere l’attività più semplice e più importante per sostenere lo sviluppo delle abilità grosso-motorie in questa fase (dai 3 ai 6 mesi). Il materassino viene posto vicino a uno specchio che permette al neonato di osservare i propri movimenti, volontari e involontari. Il tempo passato in questo spazio sicuro e privo di ostacoli aiuta il piccolo a rafforzare i muscoli e acquisirne il controllo. È completamente libero di muoversi e ha spazio per compiere movimenti involontari. Mani e gambe sono libere e le può muovere a suo piacimento. Se teniamo nostro sempre in braccio o ricorriamo spesso a soluzioni come altalene da porta e girelli, non avrà modo di acquisire il pieno controllo del proprio corpo.


Chi ha scelto metodi educativi improntati alla gentilezza (come il metodo Montessori e l’approccio RIE, ma non solo) ha dibattuto a lungo sulla scelta di far sdraiare il bambino a pancia in giù. C’è chi preferisce evitare questa posizione perché il neonato non potrebbe raggiungerla da solo, mentre noi pensiamo che sia importante che il piccolo passi del tempo a pancia in su e del tempo a pancia in giù, a patto che si inizi fin subito dopo il parto e si dia modo al bambino di provare entrambe le posizioni. Per fargli apprezzare di più la posizione prona possiamo dargli la possibilità di specchiarsi, sdraiarci a terra tenendolo sopra di noi oppure stenderci a terra accanto a lui. Per rendere questo momento più interessante, possiamo anche attaccare lì vicino una giostrina, che si potrà ora osservare da una prospettiva diversa. Stare a pancia in giù, oltre a essere consigliato dall’American Academy of Pediatrics, aiuta il bambino a rafforzare i muscoli addominali necessari per attività grosso-motorie. Se il bambino non ama stare in questa posizione ce ne renderemo conto e apporteremo le modifiche necessarie, oppure lo prenderemo in braccio.


Attività che prevedono di tirare calci: offriamo al bambino delle attività che lo incoraggino a osservare i propri piedi e acquisire un maggior controllo dei movimenti delle gambe. Un modo semplice per farlo prevede di attaccare una giostrina tattile o una palla sopra ai piedi del bambino. Perfetta anche una pallina fatta di scampoli di stoffa, che il piccolo potrà anche rincorrere. Per attirare la sua attenzione, possiamo cucire ai suoi calzini qualcosa di interessante, come una campanellina, un bottone o un fiocco.


Il bambino sarà tentato di metterseli in bocca e lavorerà sulla propria coordinazione.


Nota: facciamo sempre attenzione ai possibili rischi di soffocamento e lasciamo giocare il bambino con le campanelline solo sotto la nostra supervisione.


Offriamo al bambino elementi interessanti verso cui muoversi: possiamo allestire un ripiano pieno di materiali dall’aspetto interessante e adatti al stadio di sviluppo del piccolo. Sistemiamo la stanza perché questo ripiano possa essere osservato dall’area per il movimento ma si trovi a una certa distanza, così che il bambino sia costretto a muoversi per raggiungerlo. Se gli mettiamo i giocattoli direttamente in mano, non avrà nessun motivo per spostarsi. Teniamo i giocattoli lontani da lui, ancora che sia in grado di muoversi: il piccolo osserverà il gioco a lungo e un giorno proverà a raggiungerlo. Ci metterà un po’, ma di certo ci riuscirà. Ogni bambino trova una tecnica diversa per spostarsi: c’è chi striscia e chi rotola, tutte azioni che richiedono impegno e perseveranza, due qualità che gli saranno utili per tutta la vita.


Oggetto che rotola lentamente: quando il bambino inizia a strisciare, offriamogli delle palline o dei sonagli che rotolino, ma non troppo in fretta e non troppo lontano. Questo genere di gioco lo incoraggia a muoversi e gli dona la soddisfazione di raggiungere un obiettivo, insegnandogli implicitamente che è in grado di fare le cose da solo. Il piccolo continuerà ad allungare le braccia fino ad afferrare il gioco. Piccoli traguardi come questo servono a incrementare la sua autostima, aiutandolo a fidarsi di se stesso e delle sue abilità. I figli di Junnifa adoravano giocare con un bastone della pioggia, che quando rotolava creava un suono meraviglioso.


COSA OSSERVARE DA 3 A 6 MESI

  • Continuiamo a seguire i suggerimenti adatti alla fascia 0-3 mesi.
  • Facciamo attenzione alle sue spalle: riesce ad alzarle? Quando lo fa, cosa fanno le sue mani?
  • Come muove le braccia? Una alla volta o entrambe contemporaneamente?
  • Osserviamolo girarsi da prono a supino e viceversa. Quale posizione ha scoperto prima? In quale si mette più spesso?
  • Si gira con intenzione o è un movimento spontaneo?
  • Facciamo attenzione alla sua posizione quando lasciamo la stanza e quando vi ritorniamo: il bambino si è spostato? Come? Verso cosa?
  • Notiamo qualche sviluppo nel suo modo di muoversi? Si sposta più in fretta? Utilizza anche le mani? E le ginocchia?
  • Quando si muove ha una destinazione o un obiettivo precisi? Riesce a raggiungerli? Cosa fa quando si ferma?
  • Facciamo attenzione alle sue mani quando afferra qualcosa: che parte della mano usa? Le dita? Il palmo? Il pollice?
  • Cosa fa dopo aver afferrato qualcosa?
  • Come lascia la presa?

Da queste osservazioni ci sembra di aver imparato qualcosa? Possiamo attuare delle modifiche o aiutare il bambino in qualche modo? Ci sono ostacoli che possiamo rimuovere, incluso il nostro intervento? Divertiti a osservare!

6-9 MESI

In questa fase la mielinizzazione sta coinvolgendo la parte inferiore del tronco, le cosce e le gambe, muovendosi anche verso le dita. Ancora una volta, il modo migliore per aiutare questo sviluppo consiste nel dare al bambino tempo di muoversi liberamente per terra.

Abilità grosso-motorie

In questa fase il bambino comincerà a strisciare e inizierà gradualmente la transizione che lo porterà a gattonare. Avrà bisogno di uno spazio più ampio da esplorare e farà movimenti più precisi, coprendo distanze maggiori: magari lo lasceremo in un angolo della stanza e lo troveremo in quello opposto. Se in questi mesi si è utilizzato un letto basso, forse avrà imparato come scendere: uno dei momenti più belli di quando si è genitori è proprio scoprire che il bambino, svegliandosi, invece di piangere è sceso dal letto, ha cercato di capire da dove provenivano le nostre voci e si è messo a cercarci. Immaginate quanta fiducia in se stessi e nelle proprie capacità ci voglia!


CONSIGLI

È un buon momento per mettere in sicurezza la casa.

  • Tiriamo su le tende così che il bambino non ci si possa arrampicare.
  • Assicuriamoci che non ci siano cavi in vista.
  • Fissiamo i mobili alle pareti per evitare che cadano addosso al bambino quando vi si appoggia o quando li usa per alzarsi in piedi.
  • Copriamo le prese elettriche.
  • Mettiamo dei blocchi agli armadietti che il bambino non deve aprire.
Mobili a misura di bambino e una sbarra per alzarsi

Abbiamo notato che gattonare, tirarsi su e sedersi sono spesso delle azioni che il bambino fa in rapida successione, per cui quando inizia a gattonare possiamo fare alcune modifiche all’area per il movimento: se c’è un materassino o un tappeto, togliamolo perché non diventi un ostacolo.


Nell’area per il movimento possiamo aggiungere un ripiano basso che il bambino possa usare per aggrapparsi e appoggiarsi, oltre a tenerlo come supporto per camminare oppure per imparare a sedersi o inginocchiarsi. I materiali presenti sul ripiano costituiranno anche uno stimolo a muoversi.


Di solito è in questa fase che si introducono i cibi solidi, per cui possiamo sistemare un tavolino e una seggiolina per il bambino, utili all’occorrenza anche per fare movimento. Poco dopo aver iniziato lo svezzamento, quando sentiva che la cena era pronta, il figlio di Junnifa gattonava fino al tavolo, si tirava su e si sedeva. Forniamo al bambino uno sgabello massiccio o un’ottomana bassa da usare come supporto per alzarsi e camminare. In alternativa va bene anche un tavolino da salotto. Sopra allo specchio fissiamo una sbarra da danza a cui il piccolo si possa aggrappare: attacchiamola all’altezza del suo petto, distante circa 5-6 cm dal muro.


Diamogli una cesta piena di palline di forma, dimensione, peso e consistenza differenti: oltre a poter essere esplorate in diversi modi rotoleranno via e il bambino le seguirà, girandosi e gattonando. Muovendosi, lavorerà sulla propria coordinazione. Manipolare le palline lo aiuterà anche nello sviluppo di abilità fino-motorie.


Di solito in questa fase con un po’ di aiuto il bambino riesce a stare seduto, per cui potremmo essere tentati di metterlo in questa posizione, ma aspettiamo che la raggiunga in autonomia: se insistiamo per farlo stare seduto non soltanto sottoponiamo le sue ossa e i suoi muscoli a un forte stress, ma priviamo anche il piccolo della soddisfazione di raggiungere da solo questa posizione, che è la preferita di tanti bambini, che non sono motivati a gattonare e a provare altri movimenti di transizione. Junnifa se n’è accorta con i suoi primi due figli. Quando è nata la terza, non ha insistito per metterla seduta prima del tempo e ha notato delle differenze considerevoli. Innanzitutto, sua figlia prima di imparare a stare seduta ha imparato a gattonare: sedersi è stato il naturale passo avanti. Inoltre, a differenza dei fratelli, che cadevano spesso all’indietro e avevano bisogno di aiuto per tirarsi su, lei non aveva difficoltà a sedersi e alzarsi. Infine, i fratelli tendevano sempre a stare un po’ piegati in avanti quando stavano seduti, mentre lei aveva una postura più corretta.

Abilità fino-motorie

Sonaglini, palline e altri oggetti che offriamo al bambino per incoraggiarlo a compiere azioni grosso-motorie possono anche essere d’aiuto nello sviluppo di abilità fino-motorie.


Quando il bambino inizia a muovere la mano in modo più preciso, comincerà a passarsi gli oggetti da una mano all’altra e a usare entrambe le mani contemporaneamente. A circa 7 mesi è in grado di piegare il polso e inizia a usare il palmo e il pollice. Spesso quando raggiunge un materiale lo afferra, se lo passa da una mano all’altra oppure inizia a esplorarlo usando le mani e la bocca. Infine, passa a una presa che prevede che il pollice sia più o meno allineato al resto delle dita, invece di essere di fronte all’indice. Continuiamo a dare al piccolo l’opportunità di manipolare oggetti di forma, dimensione, peso e consistenza differenti. Offriamogli dei sonaglini e altri oggetti dalla circonferenza ristretta, come ad esempio un braccialettino, per esortarlo a usare il pollice.


Quando il bambino riuscirà a stare seduto, potrà usare le proprie mani per esplorare liberamente. A questo punto diamogli un cestino dei tesori che, oltre a offrirgli esperienze sensoriali ricche e divertenti, gli dia anche l’opportunità di mettere alla prova la propria concentrazione per un periodo prolungato di tempo. Si tratta di ceste contenenti dai tre ai sei oggetti, di qualsiasi tipo, così che il bambino possa scegliere che cosa esplorare. Possono anche essere oggetti appartenenti a una stessa categoria, ad esempio tutti utensili usati in cucina (cucchiaio di legno, frusta di metallo, spatola in silicone). Questi oggetti hanno forme diverse e sono fatti di materiali diversi, dando modo al bambino di provare esperienze sensoriali uniche nel proprio genere. Esplorare ognuno di loro lo aiuterà a usare e sviluppare le proprie abilità fino-motorie.


Ecco qualche esempio di cestino dei tesori tematico:

  • scatola dei tessuti (tessuti dalla trama differente, ad esempio cotone, lino, feltro, raso, lana, tulle, meglio se tutti dello stesso colore così che l’unica differenza sia la sensazione che danno al tatto);
  • utensili da cucina (cucchiaio di legno, cucchiaio di metallo, tazza, frusta ecc.);
  • oggetti per la cura personale (spazzola, spazzolino da denti, pettine, asciugamano ecc.);
  • cestino con oggetti dello stesso colore (le palline della giostrina di Gobbi sarebbero perfette).

Cestini di questo tipo sono anche d’aiuto nello sviluppo di abilità grosso-motorie perché spesso invitano il bambino a strisciare o gattonare.


Teniamo queste ceste in aree diverse della casa: ad esempio mentre cuciniamo il bambino potrà stare su una coperta in un angolo a esplorare un cestino pieno di utensili da cucina.


Consiglio: cogliamo l’occasione per dare un nome ai vari oggetti che il bambino trova nel cestino dei tesori. Ma limitiamoci a farlo solo ogni tanto: ai piccoli piace avere del tempo per concentrarsi solo sulle proprie esplorazioni.


I bambini di questa età adorano il tamburo rotante, una sorta di cilindro di legno che ruota quando viene toccato. Il piccolo ama giocarci anche per via del suono che produce (perché all’interno si trova una pallina).

L’introduzione di cibi solidi dà al bambino l’opportunità di lavorare sulle proprie abilità fino-motorie. Impara a usare tazze e utensili della sua misura, prendendoli in mano e manipolandoli, e lo stesso fa con il cibo, esercitandosi sulle varie prese (diverse a seconda delle dimensioni di ciò che vuole afferrare). Ad esempio, per mangiare carote e piselli avrà bisogno di usare tutta la propria mano, ma anche di ricorrere alla presa a pinza. Spesso il bambino si passerà il cibo da una mano all’altra. Anche se non vogliamo che il piccolo giochi con il cibo, diamogli la possibilità di compiere azioni con le proprie mani anche durante l’ora dei pasti.

Possiamo anche fare giocare il bambino con una giostrina da seduto. È un’ottima idea farlo esercitare in questo modo perché avrà ancora una coordinazione molto limitata, anche quando avrà imparato a controllare meglio i propri movimenti delle mani. Da seduto, avrà una prospettiva diversa da quella che aveva tendendo le braccia verso la giostrina da sdraiato. Le abilità che dovrà usare in questo caso saranno del tutto differenti: cercare di afferrare le palline gli darà la possibilità di sviluppare la propria coordinazione occhio-mano e acquisire un maggiore controllo del movimento. La palla sensoriale (ma ne basta una fatta con degli scampoli di tessuto) sarà perfetta per un bambino che è in grado di stare seduto.

In questa fase, i bambini sono interessati a oggetti utilizzati nella vita quotidiana, che possono diventare grandi occasioni di esplorazione. Bottigliette di plastica vuote con il tappo da avvitare possono ad esempio incoraggiare l’utilizzo delle abilità fino-motorie appena acquisite, così come l’osservazione della cesta o del vassoio dove si tengono i giocattoli. Lo stesso vale per un gioco con le ruote. Essere in grado di muoversi dona al bambino la libertà di seguire i propri interessi. Se non c’è pericolo, non interferiamo: osserviamo cosa attira la sua attenzione e proponiamogli materiali simili.

COSA OSSERVARE DA 6 A 9 MESI

  • Osserviamo come si muove il bambino: teniamo d’occhio petto, stomaco, ginocchia e piedi. Notiamo come funzionano insieme.
  • Osserviamo come manipola gli oggetti. Cosa fa la mano? Cosa fanno le dita? Cosa fa il pollice?
  • Cerchiamo di capire le sue intenzioni. Sceglie cosa vuole e va a prenderlo dal ripiano o si sposta verso il ripiano e poi si guarda intorno per decidere?
  • Notiamo come reagisce quando incontra una difficoltà facendo qualcosa.
  • Facciamo attenzione alla differenza fra incontrare una difficoltà e innervosirsi.
  • Osserviamo come cambia direzione quando sta strisciando o gattonando.
  • Come si siede se sta gattonando e come si rimette a gattonare quando è seduto? Come si alza in piedi da seduto e come si siede quando è in piedi?
  • Osserviamo come sale e scende dal proprio letto. Si muove in avanti o all’indietro?
  • Osserviamo come esplora gli oggetti. Facciamo caso al fatto che esplori meno con la bocca e di più con gli occhi e le mani.
  • Quando si tira su ed esplora il mondo circostante stando in piedi, come distribuisce il proprio peso?
  • Facciamo caso alle sue preferenze: ha una stanza preferita? Un oggetto preferito?
  • Qual è il suo ciclo di lavoro? Come inizia a esplorare e cosa fa quando ha finito? Facciamo caso ai suoi gesti.

Da queste osservazioni ci sembra di aver imparato qualcosa? Possiamo attuare delle modifiche o aiutare il bambino in qualche modo? Ci sono ostacoli che possiamo rimuovere, incluso il nostro intervento? Divertiti a osservare!

9-12 MESI

Il nono mese è un momento importante nello sviluppo del bambino, tanto da essere considerato il termine dell’esogestazione. In nove mesi dall’ovulo fecondato che era si è trasformato in un bambino pronto per venire al mondo, in altri nove mesi è passato dall’essere un neonato indifeso e privo di coordinazione a diventare un essere umano in gamba. A quest’età, se gli avremo fornito l’ambiente giusto e tante esperienze, il piccolo avrà acquisito fiducia in se stesso e nel mondo che lo circonda. Per averne la prova basta osservarlo: vedremo segnali che dimostrano che si sente in grado di muoversi e comunicare ed è abbastanza indipendente da mangiare e giocare da solo. Sa compiere delle scelte, esprimersi in un modo diverso dal semplice pianto, prefissarsi e raggiungere piccoli obiettivi e risolvere problemi poco complessi. Ma soprattutto, ha iniziato a costruire e a mostrare una propria personalità.

Sviluppo grosso-motorio

Intorno al nono mese, il bambino inizierà a gattonare. Per qualche settimana si alzerà e camminerà reggendosi ai mobili, poi proverà a stare in piedi senza tenersi. Lasciamolo fare e non corriamo subito in suo aiuto. Imparare a sedersi e stare in piedi significa anche imparare a cadere: all’inizio il piccolo cadrà all’indietro e forse colpirà la testa, ma per fortuna si troverà sul materassino del movimento, dotato di imbottitura. Evitiamo di farci vedere troppo turbati e vedremo che nella maggior parte dei casi nostro figlio tornerà a giocare. Dopo un paio di cadute, capirà che deve tenere la testa dritta, e questa consapevolezza gli sarà utile anche una volta cresciuto. Quindi lasciamo che si tiri su e faccia qualche passo reggendosi ai mobili da solo: un giorno riuscirà a stare in piedi senza avere bisogno di tenersi, magari nel tentativo di giocare con qualcosa sistemato sul suo ripiano.


Le attività che supportano lo sviluppo di abilità grosso-motorie sono le stesse precedentemente citate. È importante che il bambino abbia la possibilità di aggrapparsi a un mobile basso e provare a camminare. Una volta acquisita maggior sicurezza potremo anche dargli un carrello per i primi passi, che è dotato di una maniglia e può essere spinto (attenzione, è diverso da un girello, che mette invece pressione sui fianchi del bambino e lo costringe in una posizione per la quale non è ancora pronto). Mettiamo il carrello primi passi all’interno del campo visivo del bambino: quando sarà pronto, lo raggiungerà gattonando, si tirerà su e inizierà a usarlo. Se ha appena imparato a camminare, ricordiamoci di mettere dei libri pesanti all’interno del carrello, così da rallentarlo. Volendo, il piccolo potrà anche sedersi nel carrello: nelle nostre classi abbiamo osservato alcuni bambini che ci salivano sopra e restavano in equilibrio come se fosse una tavola da surf. È incredibile fino a che punto un neonato possa mettere alla prova il suo corpo, se glielo lasciamo fare.


Un’altra attività molto amata dai bambini di questa fascia d’età è la pista per le biglie in legno: se è un modello che si snoda in verticale il piccolo ha occasione di alzarsi, mettere la pallina sul binario e piegarsi a raccoglierla quando questa completa il percorso, per poi ripetere tutto da capo. Il ciclo costituito da queste diverse azioni in sequenza rappresenta una grande opportunità per rafforzare i muscoli e la coordinazione. Inoltre il bambino ha l’occasione di seguire con lo sguardo il movimento della biglia e di attraversare la linea mediana (muovendo il braccio destro sul lato sinistro del corpo e il braccio sinistro sul lato destro).


In questa fase il neonato ama molto salire le scale gattonando, per cui se abbiamo una casa su due piani cerchiamo di dargliene la possibilità, sotto la nostra supervisione. Spesso il piccolo riesce a salire, ma per scendere ha bisogno di un po’ più di tempo, o gli serve qualcuno che gli mostri come fare. A questa età ama giocare sulle strutture per l’arrampicata e sul triangolo di Pikler.


Una delle attività più amate nella classe di Simone è un cestino pieno di palline morbide, di dimensioni e consistenze diverse: i bambini possono prenderle con una mano e farle rotolare, afferrarle e soprattutto rincorrerle gattonando.


A 12 mesi il piccolo non avrà più bisogno di tenersi ai mobili e proverà a muovere i primi passi da solo. Lasciamolo fare: un giorno riuscirà a camminare! Alcuni bambini raggiungono questo traguardo a 9 mesi, altri a 16, o perfino più tardi. Ricordiamoci che per ognuno è diverso: qualcuno farà un paio di passi e cadrà, altri aspetteranno di essere completamente stabili per camminare fino all’altro lato della stanza.


È importante notare che, dal punto di vista neurologico, camminare o parlare sono due attività molto complicate, per cui spesso vediamo che l’acquisizione di una delle due capacità (quella del linguaggio o quella del movimento) subisce una temporanea battuta d’arresto mentre l’altra ha un forte sviluppo.


È sempre un’emozione vedere il bambino che sta per acquisire una nuova abilità o raggiungere un nuovo livello di indipendenza: forse saremo tentati di aiutarlo o di vedere se possiamo accelerare il suo processo di crescita, ma ogni intervento sarebbe un’interferenza e priveremmo il piccolo della soddisfazione di raggiungere da solo il proprio traguardo. Mettiamoci comodi e stiamo a guardare: il nostro ruolo è di preparare l’ambiente e rimuovere gli ostacoli. Quando il bambino camminerà, potremo dirgli: “Sembri davvero soddisfatto! Sei riuscito a camminare da solo!”

SVILUPPO GROSSO-MOTORIO

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COSA FARE QUANDO IL BAMBINO CADE

Rafforzare la coordinazione e imparare a controllare il proprio corpo è un processo che implica necessariamente molte cadute. Il bambino cadrà all’indietro da seduto, o quando sarà in piedi, o quando starà camminando tenendosi ai mobili o si starà arrampicando da qualche parte. Per un genitore è difficile stare a guardare suo figlio che cade. Potremmo avere una reazione molto forte, gridando spaventati o correndo dal piccolo per aiutarlo a rialzarsi. Ma spesso il bambino è più turbato dalla nostra reazione che dalla caduta in sé. I neonati sono più vicini al suolo di quanto lo siamo noi, per cui queste cadute di solito non sono terribili come sembrano.


Vediamo innanzitutto cosa non fare:


Non seguiamo il bambino ovunque per prenderlo quando cade o tentare di prevenire ogni sua caduta: solo così gli daremo l’opportunità di incontrare, analizzare e risolvere un problema, imparando la differenza fra ciò che può fare e ciò che non può fare. Scoprirà i limiti del suo corpo e capirà come studiare l’ambiente, sviluppando un atteggiamento positivo di fronte ai rischi che sceglierà di correre una volta cresciuto.


Non gridiamo, non mostriamoci spaventati e non corriamo dal bambino appena cade.


Scegliamo invece di preparare un ambiente sicuro: nella zona in cui il bambino trascorre la maggior parte delle giornate nei suoi primi dodici mesi mettiamo un grande tappeto, che riduca l’impatto della caduta.


Quando il bambino cade, prendiamo un profondo respiro e cerchiamo di avere una reazione serena, sfoggiando un’espressione più calma possibile. Solo così vedremo come il piccolo reagisce alla caduta, e non alla nostra aria spaventata o sconvolta. I neuroni specchio nel suo cervello possono assorbire da noi un senso di pericolo oppure di calma, sicurezza e benessere, per poi riprodurlo.


Spesso, se ci fermeremo un istante e ci sforzeremo di reagire con calma, vedremo il bambino rialzarsi e riprendere a fare quello che stava facendo. Prendersi questa piccola pausa è essenziale, perché aiutiamo il piccolo a gestire le sue emozioni e consolarsi da solo, da un punto di vista fisico ma soprattutto emotivo. Imparerà a reagire con calma e dignità di fronte alle battute d’arresto e porterà con sé questo insegnamento per il resto della vita.


Se il piccolo piange, prendiamolo in braccio e parliamogli dolcemente per calmarlo. Se corriamo da lui ogni volta che cade gli diamo il messaggio che avrà sempre bisogno di qualcuno che vada a salvarlo, lo priveremo dell’opportunità di ritentare e interferiremo con il suo ciclo di lavoro. Imparare a cadere, rialzarsi e tornare a camminare è un’importante lezione di vita.


Un ultimo appunto: spesso sentiamo i genitori dire “Non preoccuparti” o “Va tutto bene”. Se il bambino è molto turbato, invece di sminuire i suoi sentimenti, possiamo chiedergli se cadere è stato uno shock. Spesso serve anche a farlo calmare più in fretta.


Se proprio vogliamo camminare con nostro figlio prima che sia del tutto stabile, possiamo offrirgli un dito e lasciare che ci faccia strada lui. Se non lo fa, significa che non si sente pronto. Si tratta di un atteggiamento molto diverso da quello di chi solleva entrambe le braccia del bambino sopra alla sua testa e insiste per farlo camminare. In tal caso l’adulto si fa carico della maggior parte del peso del bambino e lo mette in una posizione per la quale non è pronto. Non è troppo diverso da un ballerino che indossa le scarpe da punta troppo presto e si fa male ai piedi. Portiamo pazienza. Il piccolo camminerà quando il suo corpo si sarà sviluppato abbastanza per farlo.

Sviluppo fino-motorio

La presa del bambino sta diventando più precisa. Il pollice si muove in opposizione alle altre dita e il piccolo comincia a capire come lasciare la presa volontariamente e come fare movimenti che richiedono una coordinazione occhio-mano. È in grado di andare a prendere un oggetto che era nascosto e inizia a capire il rapporto di causa ed effetto.


I bambini di questa età amano materiali come le scatole che permettono di sperimentare la nozione di permanenza dell’oggetto: di solito hanno un buco in cui si inserisce qualcosa (ad esempio una pallina) e si aspetta che rotoli fuori. Oppure adorano i giochi che prevedono di infilare in un foro un piolo, o amano mettere una cannuccia dentro a una bottiglia. All’inizio di tratta di fori dal diametro ampio, ma diventano gradualmente sempre più piccoli man mano che il bambino migliora la propria coordinazione e le proprie abilità fino-motorie. Crescendo riuscirà a infilare un gettone all’interno di una fessura.


Continuiamo a offrirgli una vasta gamma di palline, sonaglini, cucchiai e altri oggetti (di dimensioni, materiali e consistenze diverse) che gli diano la possibilità di esplorare tutto quello che può fare usando le mani. In questa fase possiamo anche introdurre la plastilina, della carta velina da strappare, paperelle di gomma e altri materiali malleabili che lo incoraggino a usare il pollice. Le sue mani diventeranno sempre più forti e potrà usarle per tagliare con le forbici o tenere in mano una matita. Se il piccolo sembra interessato a mangiare la plastilina possiamo dirgli “Guarda!” e mostrargli come appiattirla sul tavolo usando le mani o schiacciarla chiudendo il pugno. Se continua a metterla in bocca, desistiamo e riproviamoci fra qualche settimana.


Continuiamo a offrire al bambino attività che gli permettano di usare le mani in modi diversi, rafforzare la coordinazione occhio-mano, migliorare le proprie abilità intellettive e la propria capacità di risolvere problemi. Man mano che il piccolo migliora il proprio controllo sui movimenti della mano, avrà voglia di:

  • cimentarsi in attività nelle quali un oggetto rientra in uno spazio preciso: l’oggetto può avere una forma ovale o di piolo. I giochi da impilare danno al bambino la possibilità di posizionare qualcosa in uno spazio preciso e lo esortano a migliorare presa e stretta;
  • infilare qualcosa su un supporto: a questa età al bambino piace giocare con un labirinto di perline, esplorare un braccialetto o sistemare delle tazzine in un porta tazze. Quando inizia a svolgere questa attività con buona padronanza, proponiamogli degli anelli dal diametro più ristretto. Gli piacerà giocare con una piramide di anelli da impilare, prima togliendoli tutti dal supporto e poi rimettendoli l’uno sull’altro (all’inizio mettiamogli a disposizione solo pochi anelli e aggiungiamone altri quando vediamo che il bambino svolge il compito senza difficoltà);
  • giochi a incastro con solo un paio di pezzi. Fra i 9 e i 12 mesi, il bambino si dedicherà soprattutto a togliere i pezzi dal gioco, esercitandosi nella presa a pinza ed esplorando con la propria bocca. Sistemiamo le sagome di legno nel gioco perché il piccolo possa tirarle fuori di nuovo;
  • anelli da impilare su tre pioli colorati: questa attività gli insegnerà come infilare un oggetto in un altro e ordinare in base al colore;
  • aprire cassetti: a mano a mano che il bambino diventa più stabile sui propri piedi, amerà sempre di più aprire cassetti e svuotarli del loro contenuto. Questa attività rientra nelle abilità grosso-motorie e in quelle fino-motorie. Scegliamo un cassetto che sia abbastanza basso per il piccolo e mettiamoci dentro degli oggetti che non si rompano dopo essere stati fatti cadere per terra. In commercio esistono anche dei giochi che fanno sì che il bambino infili un oggetto in un buco e lo recuperi aprendo un cassettino: attività come queste consentono al bambino di usare entrambe le mani contemporaneamente, impiegandole per compiere due diverse attività (ad esempio, aprire un cassetto con una mano e prendere l’oggetto con l’altra).

Lo svezzamento è un’altra opportunità perché il bambino sviluppi le proprie abilità fino-motorie. Nel capitolo 7 (si veda p. 173) ne parleremo ancora, introducendo anche forchetta e bicchiere.

Ricordiamoci che è grazie alla ripetizione che il bambino impara a padroneggiare e perfezionare un movimento.

COSA OSSERVARE DA 9 A 12 MESI

  • In che modo preferisce spostarsi il bambino? Preferisce gattonare o camminare tenendosi a qualcosa? Quando vuole muoversi più in fretta, cambia modalità?
  • Quando sta in piedi, sta sulle punte o appoggia tutta la pianta del piede? I suoi piedi puntano in avanti o all’esterno? Facciamo attenzione a eventuali cambiamenti.
  • Il bambino si muove in modo diverso quando è a piedi nudi e non indossa dei calzini? E quando ha le ginocchia scoperte?
  • Come reagisce quando cade?
  • Si mette mai in posizione accovacciata? E come?
  • Quando cerca di mantenersi in equilibrio e non ha niente in mano, quanto alza le braccia e quanto distanza i piedi?
  • Come è cambiato il suo modo di usare le mani? Quando prende un oggetto, come usa il pollice?
  • Attraversa la linea mediana?
  • Muove il polso?
  • Se è in piedi si lascia cadere per terra o si abbassa lentamente?
  • Quando ha in mano qualcosa, gattona, cammina senza aiuti o si tiene da qualche parte? Tiene l’oggetto con una sola mano o con due?
  • Come tiene in mano un oggetto sottile?

Da queste osservazioni ci sembra di aver imparato qualcosa? Possiamo attuare delle modifiche o aiutare il bambino in qualche modo? Ci sono ostacoli che possiamo rimuovere, incluso il nostro intervento? Divertiti a osservare!

QUARTA PARTE - ALTRE ATTIVITÀ

LA MUSICA

La musica può aiutare lo sviluppo del linguaggio e delle abilità fino- e grosso-motorie.


Quando il bambino ascolta della musica ne sente il ritmo, che è importante per comprendere il linguaggio orale. Spesso il piccolo reagisce muovendo la testa, le mani o i piedi. Possiamo stringerlo a noi e ballare, così che la musica gli offra un’esperienza sensomotoria quando non è ancora in grado di muoversi.


Offriamola al bambino come attività indipendente. Quando i suoi figli avevano circa 8-9 mesi, Junnifa aveva attaccato un adesivo sul tasto PLAY di un piccolo lettore CD che aveva messo alla loro altezza, così i bambini potevano gattonare fino al lettore, far partire una canzone, tirarsi su e muoversi a ritmo. In questo modo li stava aiutando a sviluppare la propria coordinazione. Quando erano stanchi non avevano che da premere lo stesso tasto per far fermare la musica. Per i neonati esistono anche dei lettori CD che funzionano tirando un filo.


Strumenti da esplorare: i bambini adorano le maracas e altri oggetti da scuotere perché li aiutano a esercitare la propria presa. Dopo aver imparato come stare seduti e come inginocchiarsi, i figli di Junnifa amavano suonare il tamburo e l’armonica a bocca: strumenti che potevano essere usati da soli o come accompagnamento alla musica che stavano ascoltando. Quando suo figlio compì 9 mesi, Simone iniziò a mettere su della musica per lui: il piccolo subito gattonava fuori dalla stanza, mosso da un intento ben preciso, e tornava con due maracas da suonare sopra alla canzone.


Vi sconsigliamo però di tenere radio o lettori CD accesi per tutta la giornata: una musica costante non soltanto offrirà al bambino troppi stimoli, ma alla lunga potrebbe anche spingerlo a adattarsi alle circostanze del mondo che lo circonda facendogli considerare ogni melodia come un rumore di sottofondo da ignorare, e non da apprezzare.

ALL’ARIA APERTA

Trascorrere del tempo all’aria aperta, fin dal primo mese, aiuta il bambino a sviluppare le abilità connesse al movimento e al linguaggio, oltre a donargli aria fresca e altri benefici.


Alberi, foglie e fiori sono le giostrine della natura. Nelle prime settimane mettiamo il piccolo in una cestina (cesto di Mosè) e facciamolo stare sotto a un albero: potrà osservare foglie, insetti e uccellini.


Disponiamo una coperta sul prato e facciamolo sdraiare, a pancia in su o in giù. Se possibile, assicuriamoci che l’erba non sia stata cosparsa di pesticidi.

Nella fase in cui allunga le braccia e cerca di afferrare le cose, il bambino proverà ad afferrare foglie, fili d’erba, rametti e sassolini: la natura gli offrirà tanti materiali con cui esercitare la propria presa.


L’erba è un ottimo cuscinetto per un bambino che sta imparando a stare in piedi o camminare ed è quindi abituato a cadere spesso. Un prato inoltre gli darà una sensazione diversa da quella delle piastrelle, del parquet e dei tappeti.


Se il bambino si sta esercitando a camminare, la grande varietà di superfici presenti all’aperto potrebbe tornargli utile: strade lastricate, sconnesse e rocciose, asfaltate. Portiamo un carrello primi passi in giardino o al mercato per far esercitare il bambino a camminare su superfici diverse.


L’aria aperta dà inoltre al piccolo l’opportunità di imparare tante parole nuove: il nome degli alberi, degli uccelli, delle razze di cani, dei veicoli, dei vari negozi, degli alimentari venduti al mercato ecc.


IN PRATICA

  • Riusciamo a fare una conversazione con il bambino?
  • Riusciamo a inserire nella sua routine quotidiana dei momenti da fargli trascorrere nell’area per il movimento? Riusciamo a osservarlo ogni giorno per capire quale capacità sta cercando di acquisire?
  • Quali attività gli possiamo proporre per aiutarlo?
  • Possiamo eliminare degli ostacoli, come degli abiti che gli impediscono di muoversi liberamente o degli oggetti pericolosi?
  • Ci fidiamo delle sue capacità, dandogli la libertà di esplorare e fare scoperte?
IL MOVIMENTO NEL PRIMO ANNO DI VITA
  • Allestire per il piccolo un’area per il movimento– renderla uno spazio “sì”
  • Allargare questa area quando il bambino inizierà a strisciare e gattonare
  • Dargli l’opportunità e la libertà di muoversi
  • Rimuovere eventuali ostacoli al movimento (non fasciarlo, non farlo stare seduto prima del tempo)
  • Non metterlo nel recinto né in altre soluzioni che limitano la sua libertà. Ridurre il tempo sul seggiolino
  • Vestirlo con degli abiti che gli permettano di muoversi comodamente
  • Osservarlo e fornirgli delle attività che sviluppino le sue abilità motorie
  • Dargli dei giochi semplici
  • Non interrompere e non interferire con la sua attività
  • Non mettergli fretta e non incoraggiare nessun tipo di movimento che non compia spontaneamente
  • Assicurarsi che lo spazio sia sicuro per lui
  • Dargli il tempo

APPENA NATO

  • Abilità grosso-motorie
    • Tiene braccia e gambe piegate, di solito in modo simmetrico
    • Riflesso di Moro, riflesso tonico asimmetrico del collo, riflesso di marcia automatica
  • Abilità fino-motorie
    • Riflesso di prensione palmare
    • Tiene la mano chiusa a pugno

A 2 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Inizia ad acquisire il controllo della testa: può girare il collo a destra e a sinistra
    • Gli occhi iniziano a seguire gli oggetti che dondolano
    • Può inclinare la testa per osservare qualcosa che si trova sopra di lui
    • Quando si trova a pancia in giù alza la testa
  • Abilità fino-motorie
    • Quando non sta usando la mano, la tiene con il palmo leggermente aperto
    • Ha ancora il riflesso di prensione palmare
    • Può spostare le mani sulla linea di mediana
    • Non riesce ancora ad afferrare le cose

A 3 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Quando si trova a pancia in giù (e quando si trova sulla schiena ma tirato su) tiene in alto la testa e la parte superiore del petto
  • Abilità fino-motorie
    • Quando non sta usando la mano, la tiene con il palmo leggermente aperto
    • Inizia a sparire il riflesso di prensione palmare
    • Può spostare le mani sulla linea di mediana
    • Si osserva le mani

A 4 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Quando si trova a pancia in giù (e quando si trova sulla schiena ma tirato su) tiene in alto la testa e la parte superiore del petto
    • Rotolando si sposta dalla posizione supina alla posizione prona
    • Striscia lentamente
  • Abilità fino-motorie
    • Riesce ad afferrare le cose
    • Prensione palmare senza utilizzo del pollice

A 5 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Rotolando si sposta dalla posizione supina alla posizione prona
    • Striscia lentamente
    • Scompare il riflesso di marcia automatica quando il bambino è tenuto in piedi
  • Abilità fino-motorie
    • Riesce ad afferrare le cose
    • Presa a rastrello con le sole dita

A 6 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Usa le mani per strisciare più in fretta
    • Inizia a reggersi sulle gambe
    • Riesce a sedersi con un po’ di aiuto
  • Abilità fino-motorie
    • Riesce ad afferrare le cose
    • Presa a pinza molto precisa senza usare il pollice
    • Occhi e mani iniziano a collaborare

A 7 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Inizia a gattonare
    • Riesce ad alzarsi in piedi tenendosi a qualcosa
    • Inizia a piegarsi
  • Abilità fino-motorie
    • Presa con tutta la mano
    • Può passarsi un oggetto da una mano all’altra
    • Sa fare “ciao ciao” con la mano

A 8 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Cammina tenendosi ai mobili
    • Sparisce il riflesso di marcia automatica
    • Inizia a reggersi sulle gambe
  • Abilità fino-motorie
    • Presa con tutta la mano e poi presa con pollice, indice e medio, ma ancora non opposte l’una all’altra

A 9 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Sta in piedi davanti a un ripiano
    • È sparito il riflesso di marcia automatica
    • Inizia a reggersi sulle gambe
  • Abilità fino-motorie
    • Presa a pinza inferiore con pollice e indice
    • Usa l’indice per indicare
    • Inizia a lasciare la presa volontariamente

A 10 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Si alza in piedi (anche senza tenersi)
  • Abilità fino-motorie
    • Presa a pinza molto precisa usando la punta del pollice e dell’indice
    • Sa lanciare

A 11 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Cammina in modo irregolare
  • Abilità fino-motorie
    • Presa a pinza molto precisa
    • Sa lanciare.

A 12 MESI

  • Abilità grosso-motorie
    • Cammina
  • Abilità fino-motorie
    • Lascia la presa anche quando si tratta di oggetti di grandi dimensioni

ATTIVITÀ LEGATE AL MOVIMENTO

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Il bebè Montessori
Il bebè Montessori
Simone Davies, Junnifa Uzodike
Crescere il bambino nel primo anno di vita con amore, rispetto ed empatia.Una guida scritta a quattro mani in cui teoria e pratica si uniscono in un libro prezioso per tutti i genitori per applicare i principi Montessori nel primo anno di vita del bambino. Dall’autrice Simone Davies del bestseller Il bambino piccolo Montessori, tradotto in più di 25 paesi, arriva Il bebè Montessori, una guida scritta a quattro mani con la collega educatrice Junnifa Uzodike per applicare i principi Montessori nel primo anno di vita del bambino.Teoria e pratica si uniscono in un libro prezioso per tutti i genitori, ricco di suggerimenti per crescere il bebè con amore, rispetto ed empatia, mantenendo un sorprendente senso di calma e pace interiore.Nel libro si troveranno utili consigli per: sviluppare un sicuro senso di attaccamento stabilire confini chiari favorire lo sviluppo motorio e linguistico del bambino scegliere i giocattoli organizzare la casa, ricreando un ambiente calmo, tranquillo e funzionale per tutta la famiglia Un libro non finisce con l’ultima pagina!Questo titolo si arricchisce di contenuti “extra” digitali. Per consultarli è sufficiente utilizzare il QR code sul retro di copertina. Tanti consigli per mettere in pratica quell’approccio profondamente rispettoso di crescere il bambino, che è il metodo Montessori.Angeline S. Lillard Conosci l’autore Simone Davies è un’insegnante Montessori dell’AMI (Association Montessori Internationale), ed è anche autrice di The Montessori Notebook, il popolare blog e profilo Instagram in cui offre consigli, risponde a domande e organizza laboratori online per i genitori di tutto il mondo.Nata in Australia, vive ad Amsterdam con la sua famiglia, dove organizza corsi genitori-figli nella sua scuola Montessori, la Jacaranda Tree. Junnifa Uzodike è un’insegnante Montessori dell’AMI.Vive in Nigeria con la sua famiglia, dove ha fondato la scuola Fruitful Orchard Montessori, ed è autrice del blog Nduoma, a good life.