capitolo 3

Lo sviluppo linguistico nel bambino:
alcuni richiami alla scienza

Il bambino riesce a padroneggiare e riprodurre il complessissimo sistema dei simboli linguistici nei suoi primi anni di vita, a una rapidità e con una facilità non eguagliabili da un adulto. Il lavoro che egli compie è caratterizzato da un’energia e una complessità incredibili, strettamente legati allo sviluppo del cervello.

Il processo di maturazione delle cellule del cervello inizia lentamente già in età fetale e prosegue dopo la nascita con maggiore intensità. Inizialmente il neonato possiede un’attività cerebrale minima, che gli rende accessibile una percezione del mondo ancora imprecisa e lo svolgimento di funzioni basilari come la suzione, il pianto e il sonno.

Poco a poco iniziano a maturare le aree del cervello che presiedono alla percezione sensoriale e che permettono al bambino di decodificare e quindi di dare un significato alle informazioni che riceve attraverso i sensi. Per esempio, a mano a mano che matura l’area che presiede alla funzione visiva, il bambino riesce a distinguere sempre meglio le forme e i colori, fino a raggiungere il pieno accomodamento focale.
Le connessioni tra le cellule del cervello o sinapsi diventano sempre più efficienti, permettendo un efficace scambio di informazioni e consentendo in tal modo al bambino di perfezionare gradualmente la sua capacità di esplorare e comprendere il reale attraverso i suoi organi sensoriali. Quelle che all’inizio sono forme indistinte e sfocate o rumori ancora non chiaramente decifrati, diventano progressivamente informazioni più nitide e significative.

Il graduale e crescente funzionamento delle singole aree del cervello prevede una fase successiva in cui le diverse aree iniziano a scambiarsi informazioni, offrendo al bambino una visione del reale più chiara e complessa e consentendogli di agire all’interno dell’ambiente in modo sempre più adeguato ed efficace. Questo meccanismo fisiologico permette al bambino di esercitare e sviluppare una serie di capacità, tra cui quella linguistica.

Si è già indicato precedentemente come il bambino dimostri di possedere una forte sensibilità per i suoni ancor prima della nascita e come, sin dai primissimi mesi di vita, riveli l’innata capacità di distinguere il materiale linguistico dagli altri suoni. Questo indica come l’essere umano, e quindi anche il neonato, sia un individuo capace di linguaggio.
Lo sviluppo di questa abilità è il frutto della combinazione tra eredità genetica e incidenza dell’ambiente circostante. Il bambino, grazie alla maturazione del cervello e alle esperienze che compie nel suo contesto quotidiano, sviluppa gradualmente la sua innata competenza linguistica.

Ma quando esattamente il bambino inizia a possedere il significato delle parole che ascolta, ovvero quando entra nella fase linguistica? In quale tempo diventa quel soggetto linguistico che riesce a comprendere il discorso dell’altro? Recenti ricerche condotte su bambini di circa 7-8 mesi indicano come sia proprio a questa età che il bambino inizia a comprendere il significato delle parole. Se pronunciamo il nome di un oggetto di cui il bambino ha fatto più volte esperienza e quindi da lui conosciuto, egli ne comprenderà il significato e sarà in grado di mettere in relazione l’oggetto in questione (per esempio una mela) con la parola che lo nomina (la parola “mela”)1.

Questa straordinaria rivelazione dimostra come il bambino sia un individuo precocemente capace di linguaggio e come tale capacità si manifesti in modo spontaneo e naturale, in risposta agli stimoli ricevuti dall’ambiente circostante. Se il bambino può sperimentare la realtà che lo circonda (per esempio vedere la mela, assaggiare e toccare la mela), riesce a cogliere il significato della parola “mela”. Questo perché, come indicato in precedenza, la sua mente si struttura attraverso l’esperienza diretta e non grazie all’elaborazione di concetti astratti.

A circa 7 mesi quindi il bambino entra nella fase linguistica ovvero inizia a comprendere quello che gli diciamo, ovviamente se il linguaggio che utilizziamo si riferisce in modo chiaro a un mondo da lui sperimentato e quindi a lui noto. Quando pronunciamo la parola “mela”, egli capisce che questa parola si riferisce alla mela che lui ha sperimentato e contemporaneamente sentito più volte nominare. Sulla base della sua esperienza personale e diretta, inizia a essere in grado di interpretare il sistema simbolico del linguaggio, associandolo alla realtà esperita.

L’apprendimento del linguaggio possiede dunque un fondamentale legame con l’esperienza concreta e individuale.
Il bambino è quindi soggetto linguistico già verso i 7 mesi poiché inizia a comprendere il significato delle varie parole collegandolo alle esperienze fatte. È stato inoltre riscontrato come l’apprendimento linguistico è favorito non solo dall’esperienza del reale, ma anche dalla relazione con l’interlocutore che partecipa insieme al bambino allo scambio linguistico. Ovvero un bambino apprende meglio una lingua interagendo con un’altra persona, piuttosto che attraverso supporti di vario tipo (televisione, radio), limitandosi ad ascoltare messaggi audio o audio-visivi2.

Lo scambio interpersonale, con tutto il suo ricco apporto di emozioni e sensazioni che lo contraddistinguono e che sono tipiche della relazione umana fatta di sguardi, di gestualità, di toni di voce, di posture, favorisce l’apprendimento linguistico poiché risponde alla varietà e alla ricchezza di ognuno. La relazione linguistica, come ogni altra relazione umana, esercita un forte richiamo verso l’interiorità dell’individuo; rivolge al singolo un appello personale a cui spontaneamente si risponde in virtù dell’umanità che ognuno custodisce dentro di sé e che tende a mettere in gioco e impegnare nel rivolgersi all’altro.

Anche il bambino, nelle sue prime esperienze comunicative, ascolta e segue spontaneamente questa tensione verso l’altro che lo richiama con maggiore intensità e vigore rispetto a un qualsiasi altro tipo di invito (videogiochi, televisione, radio). L’esperienza dell’ambiente, sia fisico che umano, è quindi il punto di partenza del linguaggio. Il primo grande insegnamento che il bambino riceve parte dalla sua personale percezione del mondo e dell’altro. Osservando, toccando, manipolando, esplorando, muovendosi liberamente nello spazio, il bambino coglie la realtà e progressivamente, grazie allo sviluppo cerebrale, riesce a decifrarla e a dargli un preciso significato.

Insieme a questo concreto processo di sviluppo cognitivo e di conoscenza del reale, egli attiva anche la sua capacità linguistica, attraverso l’ascolto e l’esercizio di un linguaggio che descrive ciò che lui conosce. Intorno ai 9-10 mesi la corteccia frontale matura rapidamente, permettendo alle aree che presiedono alla decifrazione dei suoni, delle percezioni tattili e della produzione di movimenti di comunicare tra loro3. Grazie a questo interscambio di informazioni il bambino inizia a capire, per esempio, che se muove i muscoli dell’apparato fonatorio (laringe, lingua, bocca) vengono prodotti dei suoni che hanno un significato specifico4.
Il bambino inizia gradualmente a comunicare in modo intenzionale, ovvero tenta di trasmettere un preciso messaggio a un altro individuo.

Egli cerca di attivare una relazione per formulare richieste o per esprimere un bisogno. All’inizio questa ricerca di comunicazione avviene, soprattutto e prevalentemente, attraverso il linguaggio corporeo: quando il bambino allunga le braccia per essere sollevato o indica un oggetto che desidera affinché gli venga dato, sta comunicando.

Inizia in tal modo a sperimentare l’intenzionalità comunicativa attraverso il corpo e in virtù del coordinamento motorio che via via acquisisce. Egli manifesta la sua volontà di comunicare all’altro con un determinato scopo ovvero per trasmettere un messaggio preciso che corrisponde a una sua richiesta o un suo interesse personale.

Mentre prima il bambino comunicava prevalentemente con il pianto per esprimere bisogni primari come sonno, fame o dolore, adesso lo fa in modo più complesso, più ordinato e volontario, in risposta all’ambiente che lo circonda e alle esperienze che può fare al suo interno.

La prima modalità comunicativa del bambino possiede una dimensione fortemente concreta ovvero motoria: il bambino molto piccolo non ha ancora raggiunto la capacità di comunicare con le parole, ma poiché in lui si manifesta con forza il desiderio di comunicare, lo fa attraverso il proprio corpo.

Col progredire delle proprie competenze verbali, alla modalità corporea si affianca quella linguistica, ovvero il bambino non ci pone richieste solo con il proprio movimento (indica, tocca, allunga le braccia, osserva), ma anche con le sue prime parole che diventeranno sempre più numerose e precise, finché, quando il bambino sarà in grado di comunicare in modo compiuto attraverso il linguaggio, prevarranno sulla modalità motoria.

Lo sviluppo linguistico non avviene quindi isolatamente, ma è caratterizzato dall’interazione fra dimensione locutoria e motoria. L’apprendimento linguistico avviene in continuità con lo sviluppo intellettuale, sensoriale e motorio dell’individuo. A partire dalla maturazione del cervello (che funziona in modo sempre più efficiente), dal conseguente sviluppo e perfezionamento degli organi sensoriali (che gli consentono di decifrare sempre meglio la realtà) e dal graduale coordinamento motorio (che gli permette di agire con efficacia nello spazio), egli perfeziona gradualmente la sua capacità di comprendere il reale, di cogliere il significato delle parole che al reale si riferiscono e impara a utilizzare queste parole per comunicare in modo adeguato con l’altro.

La possibilità di sperimentare e di comprendere l’ambiente che lo circonda e la libertà di costruire il proprio movimento e di agire attivamente, rappresentano quindi il presupposto per riuscire a comunicare, cioè ad attivare una relazione linguistica con l’altro, che sia sempre più ricca ed efficace.

Lo sviluppo linguistico parte proprio da queste iniziali modalità comunicative, che sono prima corporee e successivamente linguistiche e che è importante riconoscere come desiderio e intenzione del bambino di entrare in relazione con noi. Occorre quindi rivolgere al bambino profonda attenzione per poter dare una risposta significativa alle sue richieste e offerte di comunicazione, primo abbozzo della futura e più completa comunicazione linguistica.

Con la gestualità egli esprime quel linguaggio silenzioso che, per quanto semplice e ancora imperfetto, già possiede e deve essergli riconosciuto come manifestazione della sua individualità e desiderio di apertura verso l’altro. Questa ricerca di comunicazione è parimenti importante e preziosa quanto la cosiddetta “prima parola”; essa dovrebbe essere accolta e custodita con rispetto, ascoltata e favorita con pazienza, perché non è che l’inizio della futura e piena parola di persona adulta.

Verso il compimento del primo anno di vita compaiono le prime parole del bambino. Esse si riferiscono generalmente a realtà che il bambino può sperimentare attraverso la percezione sensoriale, ovvero sono nomi di persone e oggetti conosciuti: mamma e papà, persone di famiglia, giocattoli, cibi. Egli ne conosce già il significato, grazie all’esperienza che ne ha fatto, ma ora, a seguito della maturazione di quella parte del cervello che presiede all’articolazione del linguaggio, riesce a pronunciare in modo corretto i suoni unendoli in parole. Entra quindi nella fase locutoria ovvero quella del linguaggio parlato.
Dall’anno fino ai due anni, il cervello umano vive un intenso periodo, unico nella vita dell’individuo, caratterizzato dalla formazione di una grande quantità di sinapsi5, che gli servono per affrontare la fatica di importanti acquisizioni come, per quanto riguarda il linguaggio, l’apprendimento di nuovi vocaboli e delle regole grammaticali funzionali alla costruzione delle prime frasi6.

Verso i due anni avviene la cosiddetta esplosione linguistica, caratterizzata da un forte interesse per parole nuove e complesse e dalla graduale capacità di costruire frasi compiute. Il bambino è fortemente attratto da parole nuove e, come un esploratore appassionato del linguaggio, le ricerca, le ripete e le apprende con incredibile immediatezza e facilità.

Quando il bambino impara a dare un nome a ogni oggetto e ogni informazione, compie il grande passaggio dal concreto all’astratto: il linguaggio trasforma la realtà da lui vissuta in simboli, permettendogli di effettuare un salto di qualità nello sviluppo della propria intelligenza.

Con il linguaggio parlato i bambini hanno a loro disposizione uno strumento per acquisire una conoscenza del reale sempre più estesa, che permetterà loro di progredire nella costruzione della propria umanità e di diventare individui attivi all’interno della comunità, diffusori di idee e interlocutori nella grande narrazione del mondo.

Il linguaggio del bambino piccolo e il pensiero Montessori
Il linguaggio del bambino piccolo e il pensiero Montessori
Isabella Micheletti
Come favorire l’uso della parola nei primi anni di vita.Un piccolo libro che suggerisce idee pratiche per sviluppare il linguaggio, partendo dal pensiero di Maria Montessori e di altri rinomati studiosi dell’infanzia. L’apprendimento del linguaggio avviene nei primissimi anni di vita del bambino, grazie all’utilizzo di competenze innate che necessitano di essere esercitate quotidianamente. Per favorire questo ricco processo di sviluppo, è importante predisporre un ambiente che consenta esperienze di qualità, ma è altresì essenziale che l’adulto instauri una relazione di comprensione e rispetto con il bambino: imparare a parlare, infatti, non equivale solo ad apprendere parole nuove o a costruire frasi, ma significa porsi in relazione con l’altro, donando una parte di sé. È consigliabile, dunque, offrire al bambino non solo un linguaggio chiaro e corretto, ma anche la propria attenta presenza, sapendo regalargli momenti di ascolto, senza scordarsi che anche il silenzio rappresenta un prezioso tempo di raccoglimento e di costruzione personale. Isabella Micheletti nel suo libro Il linguaggio del bambino piccolo e il pensiero Montessori (ma non solo!) affronta questi temi con chiarezza e semplicità, suggerendo idee pratiche da sperimentare in famiglia. Seguire nel bambino lo sviluppo del linguaggio è studio di un immenso interesse e tutti coloro che vi si sono dedicati concordano nel riconoscere che l’uso di parole e nomi, dei primi elementi del linguaggio, cade in un determinato periodo della vita come se una precisa regola di tempo sovrintendesse a questa manifestazione dell’attività infantile. Il bambino sembra seguire fedelmente un severo programma imposto dalla natura, e con tale puntuale esattezza che nessuna scuola, per quanto sapientemente diretta, reggerebbe al confronto.Maria Montessori Conosci l’autore Isabella Micheletti è educatrice Montessori e formatrice nei corsi dell’Opera Nazionale Montessori. Specializzata nel metodo Montessori, lavora da anni in questo ambito educativo con esperienza sia in Italia che all’estero.È co-fondatrice del progetto educativo e sociale “Spazio Montessori, uno spazio per la famiglia”, rivolto ai bambini della prima infanzia e alle loro famiglie.Scrive articoli di settore ed è appassionata ricercatrice nell’ambito del pensiero pedagogico.