Insieme all’udito, anche gli altri sensi contribuiscono a offrire al bambino una conoscenza, inizialmente approssimativa e poi via via sempre più ricca e precisa, del mondo circostante. Attraverso l’attività sensoriale il bambino esplora il mondo, lo osserva, ne percepisce i diversi sapori e odori, lo tocca e infine lo ascolta, imparando sempre meglio, mentre i sensi perfezionano il loro sviluppo, a coglierne le differenze, a comprenderle e a metterle in relazione fra loro.
È come se il bambino, a mano a mano che i suoi organi sensoriali si sviluppano e funzionano con crescente precisione, costruisse progressivamente la mappa del suo ambiente, individuando quelle coordinate che gli permettono di dare un significato alle esperienze che vive e a elaborarle nella comprensione del mondo e di se stesso.
Questa capacità di percepire e comprendere il reale è strettamente collegata allo sviluppo cerebrale del bambino. La sua attività neuronale diventa gradualmente sempre più intensa ed efficiente, raggiungendo proprio nei primi due anni di vita la fase di massima attività. Durante tale periodo il bambino ha la speciale capacità di entrare in contatto particolarmente intenso con la realtà circostante, strutturando al contempo i suoi processi cognitivi e dando forma alla propria visione del mondo.
Ogni esperienza da lui vissuta genera uno scambio di informazioni tra le cellule del cervello, i neuroni, che raggiunge il suo picco all’inizio della sua esistenza. Terminato questo iniziale periodo, l’intensità dell’attività cerebrale diminuisce in modo graduale, riducendo quest’ampia apertura sulla realtà che il bambino possiede naturalmente per avviarsi invece verso un vero e proprio processo di specializzazione.
Questo processo, chiamato di “potatura sinaptica”, porta le connessioni tra le cellule cerebrali che corrispondono alle esperienze più frequenti a consolidarsi, mentre le altre connessioni, che corrispondono a esperienze più rade, si indeboliscono progressivamente. Questo significa che l’attività del cervello si specializza sulla base delle esperienze compiute.
Viene in tal modo costruita l’architettura primaria della nostra intelligenza, che andrà affinandosi e arricchendosi attraverso successive e sempre più complesse esperienze, ma che si delinea nelle sue caratteristiche generali proprio in questo iniziale periodo della nostra esistenza.
Durante questo intenso e variegato processo, che ha luogo nei suoi primi mesi di vita, il bambino costruisce e sviluppa le proprie competenze, tra cui quella linguistica.
L’individuo umano raccoglie con vivacità ed energia gli stimoli linguistici che riceve dall’ambiente e li fa propri, sviluppando la sua capacità di parola. Questo processo, proprio perché frutto della maturazione genetica, avviene attraverso tappe universali, uguali per tutti i bambini, indipendentemente dall’appartenenza a una particolare cultura.
Tuttavia, l’ambiente incide in modo significativo su tale meccanismo; esso rende possibile quella variabilità e unicità che caratterizza l’esistenza di ogni singola persona. Questo significa che ogni bambino costruisce la propria capacità di linguaggio seguendo un percorso delineato nelle sue tappe fondamentali dall’evoluzione della specie, ma al contempo non è da essa vincolato in modo esclusivo, proprio perché il suo contesto di vita e quindi le esperienze che in esso compie vi influiscono fortemente e in modo sostanziale.
Tutta la nostra esistenza è caratterizzata in parte da ciò che ci contraddistingue come esseri viventi dotati di intelletto e in quanto tale conferisce al nostro essere individui una dimensione universale. Tuttavia, proprio perché l’ambiente incide sulla nostra eredità genetica, si apre uno spazio particolare dove ha origine il nostro essere unici e irripetibili, inevitabilmente diversi l’uno dall’altro.
In tal senso, si può affermare che il linguaggio è sia competenza universale, poiché frutto dell’eredità genetica, sia competenza particolare, poiché su questa eredità genetica incidono in parte l’ambiente e l’esperienza che l’individuo compie al suo interno.
Ogni persona, e quindi ogni bambino, è protagonista di una propria storia che può costruire attraverso le esperienze che compie. Egli è soggetto di una narrazione personale e si manifesta in modo proprio anche nella costruzione e nell’espressione della propria capacità linguistica.
L’individuo nasce dotato di competenza linguistica. Essa è quindi una capacità che viene esercitata in modo spontaneo, senza dover essere travasata formalmente e meccanicamente dall’esterno, ma al contempo può essere influenzata nel suo sviluppo dall’ambiente, ovvero dalle circostanze di vita fisiche, sociali e affettive.
L’abilità linguistica viene esercitata sulla base dell’interazione tra maturazione genetica e ambiente e, di conseguenza, può essere favorita oppure ostacolata dalle esperienze fatte. L’ambiente e l’interazione con esso incidono quindi sulla modalità con cui questa competenza innata viene attuata ed esercitata.
In altre parole, il nostro vivere all’interno del paesaggio storico, culturale e sociale che incontriamo alla nascita influisce profondamente e in modo necessario sul processo di costruzione e di sviluppo della nostra persona e del linguaggio. Le diverse esperienze che ci è stato possibile vivere, le relazioni affettive attraverso le quali abbiamo costruito e sviluppato la nostra emotività e il nostro mondo interiore, e certamente la libertà che ci è stata concessa nel vivere in modo pieno, naturale e spontaneo, senza forzature, questi momenti, incidono sul nostro diventare persona e sulla nostra capacità di narrare questo cammino.
La parola è un dono concesso a tutti, ma diverso per ognuno, proprio perché solo attraverso il suo esercizio personale possiamo costruirla e renderla sempre più capace di raccontarci in modo fedele e significativo.
In tal senso, l’universalità propria della capacità linguistica viene attualizzata in modo peculiare da ciascun individuo, in riferimento alla propria storia personale, e diventa capacità particolare in ogni singola persona.
Questo significa che non esiste un’unica e univoca modalità di comunicare attraverso le parole, ma che il processo di espressione linguistica avviene in ciascun individuo in modo diverso, sempre unico e originale; ogni individuo nell’esprimersi con il linguaggio offre sempre la novità di se stesso. Il linguaggio fa parte, in modo essenziale e costitutivo, dell’essere di ogni singolo individuo, del suo realizzarsi e del suo manifestarsi a se stesso e agli altri e viene appreso ed esercitato in modo irripetibile da ciascuno, riflesso della propria storia personale.
Esso è un sistema complesso, costituito da decine di migliaia di unità che possono tra loro essere composte in un numero potenzialmente infinito di combinazioni. Le parole sono le unità del sistema, mentre le frasi sono le strutture in cui le unità sono componibili.
Ogni individuo utilizza questo sistema di simboli in modo unico e può potenzialmente comporre frasi che non sono mai state utilizzate prima. Il linguaggio possiede in tal senso una ricca e inesauribile variabilità individuale, di cui i poeti danno magistrale esempio.
Esso è lo strumento che noi abbiamo a disposizione per comprendere il mondo, per esprimere agli altri individui questa nostra comprensione e al contempo per comprendere ed esprimere noi stessi. Attraverso il linguaggio l’individuo traduce e struttura il proprio pensiero razionale, ma anche tutto ciò che rappresenta la sua dimensione personale ed emotiva: con la parola esprimiamo pensieri, stati d’animo e sensazioni, li comunichiamo agli altri e li raccontiamo a noi stessi.
Il linguaggio, in quanto strumento con cui possiamo dichiarare le nostre idee ed esprimere i nostri sentimenti, possiede una ricca capacità espressiva. Esso dà voce alla persona, è canale attraverso cui essa si esprime e non si riduce, in tal senso, a freddo sistema simbolico; è strumento per comunicare la sua vita interiore ed esprimere la sua più profonda umanità.
Nel contempo, una volta acquisito, proprio per questo profondo legame che possiede col pensiero, lo affina, rendendolo più ricco e complesso. Più parole conosciamo, meglio riusciamo a dar voce ai nostri pensieri, ai nostri sentimenti, ai nostri desideri; questa ricchezza linguistica, capace di cogliere un istante in tutte le sue più profonde e impercettibili sfumature, si traduce in ricchezza concettuale.
Un pensiero che ha a disposizione un variegato sistema linguistico per tradurre le idee, si affina a sua volta e diventa sempre più pronto e capace di leggere e parafrasare il mondo in tutta la sua ricchezza. Tra pensiero e linguaggio sussiste quindi una circolarità virtuosa, che permette all’uno di beneficiare della complessità e della finezza dell’altro.
Un linguaggio povero può essere paragonato al dipingere coi soli tre colori primari, senza sapere come ottenerne altri unendoli in misure e proporzioni diverse fra loro: il risultato sarà un lavoro poco eloquente, incapace di rappresentare il soggetto in tutta la sua ricchezza. Se invece i tre colori vengono uniti fra loro in diversa misura, sarà possibile creare un’ampia e variegata tavolozza, con la quale riprodurre la realtà nelle sue varie tonalità.
Un linguaggio ricco, preciso, attento è capace di descrivere e significare
il mondo che racconta in modo accurato e nitido, favorendo al contempo chiarezza di pensiero oltre che di espressione. Nell’osservare una mela, anziché definirla semplicemente come tale, potremo descriverla nelle sue sfumature di colore, nella sua forma, nelle sue caratteristiche, nei suoi possibili utilizzi o nelle sue proprietà nutritive. Un linguaggio chiaro e unitamente vario favorisce questa ricchezza di percezione e descrizione del reale, affinando la nostra capacità di coglierlo e comprenderlo.