capitolo 1

Lo sviluppo naturale del linguaggio:
alcuni richiami al pensiero
di Maria Montessori

All’inizio del 1900 Maria Montessori inizia il suo lavoro a fianco dei bambini. A partire dalle sue prime esperienze, ella formulò nuove profonde riflessioni sul bambino, richiamando l’attenzione su aspetti sino ad allora non considerati ed elaborando un pensiero pedagogico profondamente innovatore, incentrato su un’inedita visione del bambino.

La chiave di volta di questa nuova prospettiva sull’infanzia fu l’introduzione in ambito pedagogico dell’osservazione scientifica come criterio di indagine e comprensione del bambino e, conseguentemente, di formulazione di un pensiero educativo a lui fedele e rispondente ai suoi effettivi bisogni. Maria Montessori indicò come strumento di ricerca pedagogica l’osservazione dello scienziato, obiettiva e descrittiva della realtà, grazie alla quale è possibile rilevare i fenomeni naturali nella loro immediata manifestazione, le loro cause e i loro effetti, senza il filtro di alcun pregiudizio o griglia interpretativa di partenza.

Ella osservò come tale strumento potesse offrire una nuova prospettiva sulle manifestazioni spontanee del bambino e, di conseguenza, potesse essere la via per una nuova e più autentica riflessione sull’infanzia e sull’educazione.

Il suo metodo sperimentale consistette proprio nel partire dall’osservazione diretta del bambino e delle modalità reali e concrete attraverso le quali egli si esprime. Mediante la rilevazione di questi fenomeni, è possibile individuare le caratteristiche del bambino (diverse nelle sue varie fasi evolutive) e le esperienze che egli ricerca nell’ambiente, attraverso il proprio agire, per costruirsi.

In tal modo l’adulto può rispondere adeguatamente ai suoi bisogni reali e non da lui supposti, grazie a una corretta relazione personale e alla preparazione di un ambiente a misura1. La finalità di questo costante esercizio di osservazione è quello di rilevare effettivamente come il bambino agisce e si manifesta se non diretto o ostacolato dall’adulto e dall’ambiente, delineandone così un’immagine veritiera, che risponda al bambino reale e non a quello desiderato dall’adulto, e che possa ispirare in modo significativo il lavoro dell’educatore. L’osservazione scientifica diventa in tal senso il punto di incontro tra il bambino e la pratica educativa: attraverso essa è possibile cogliere i bisogni del bambino e offrire loro una risposta appropriata.

Per mezzo di una lunga e accurata opera scientifica, Maria Montessori colse il “segreto dell’infanzia”, come lei lo definisce, ovvero l’essenza profonda del bambino, che spesso rimane occulta agli occhi dell’adulto e che occorre saper cogliere con uno sguardo nuovo e attento.

La mente assorbente

Grazie all’osservazione dello scienziato, Maria Montessori ebbe modo di osservare come il bambino, libero di esprimersi e di agire all’interno di un contesto non ostacolante e rispondente ai suoi bisogni specifici, rivela innate capacità che può sviluppare gradualmente, interagendo in modo personale e diretto con l’ambiente circostante. Queste competenze, tra cui il linguaggio, non si limitano a essere delle nozioni che il bambino apprende passivamente dall’adulto educatore, ma sono piuttosto delle “abilità” che acquisisce e sviluppa progressivamente, dei doni, non ancora dischiusi, che egli possiede sin dalla nascita e che a mano a mano perfeziona.

Esse possono essere paragonate a degli schemi di apprendimento costitutivi della sua intelligenza che diventano operativi con l’agire individuale del bambino e sul cui sviluppo incidono in modo determinante l’ambiente circostante e le esperienze personali che in esso vengono fatte. Tali abilità si attivano attraverso l’interazione con l’ambiente grazie alla particolare forma mentale che il bambino possiede, profondamente diversa da quella dell’adulto, chiamata da Maria Montessori “mente assorbente”. La capacità “assorbente”, che la pedagogista indica come caratteristica universale della mente infantile, ovvero tipica dell’intelligenza di ogni bambino indipendentemente dalla cultura di appartenenza, gli consente di apprendere non in modo astratto, per nozioni, come accade all’adulto2, bensì mediante l’esperienza diretta, “assorbendo” tutto ciò che lo circonda. In tal senso, si può definire la mente del bambino come concreta: essa ha bisogno di sperimentare e in tal modo, attraverso graduali, successivi e ripetuti tentativi, conosce e interpreta la realtà.

Il bambino, nei suoi primi anni di vita, poiché possiede una mente concreta che apprende mediante la sperimentazione, interiorizza e comprende il suo ambiente e nello stesso tempo costruisce la propria intelligenza con l’esplorazione sensoriale e il movimento; per mezzo delle percezioni ricevute attraverso i sensi e grazie al movimento spontaneo, il bambino costruisce e sviluppa le proprie capacità mentali. In particolare, le percezioni sensoriali rappresentano le prime informazioni sul mondo che il bambino riceve, all’inizio in modo indistinto; a partire da esse egli opera poi le successive elaborazioni e interpretazioni, distinguendo via via sempre più chiaramente i vari stimoli e dando loro un più preciso significato.

L’assorbimento dell’ambiente circostante avviene quindi in modo non selettivo, ma piuttosto totale e, gradualmente, evolve in una conoscenza più precisa e puntuale3. Attraverso l’esplorazione sensoriale e il movimento, il bambino acquisisce quei contenuti che, elaborati in modo sempre più complesso e articolato nel corso del suo sviluppo e della sua esistenza, lo porteranno ad acquisire specifiche competenze e conseguentemente ad avere una visione sempre più chiara e corretta della realtà in cui vive. Ciò gli permette di agire in modo adeguato e orientato verso gli scopi da realizzare.

L’apprendimento del bambino non passa quindi attraverso la parola, ovvero l’insegnamento verbale, ma piuttosto mediante l’esperienza pratica e diretta, poiché possiede una mente concreta; in virtù di questa particolare forma mentale, egli prende parte del mondo che lo circonda, costantemente aperto a tutti gli eventi e le esperienze. Così anche il bambino, fin dai primi mesi di vita, partecipa in modo attivo, se pur silenziosamente, alla vita che scorre intorno a lui, assorbendola con tutti i suoi sensi4: egli ne ascolta i suoni, ne osserva le forme e i colori, ne percepisce gli odori e i gusti, sperimenta la compattezza, la ruvidezza, il peso degli oggetti che tocca e, gradualmente, dà ordine a queste impressioni e sviluppa le proprie abilità.

In tale processo è guidato da direttive interiori naturali, in lui innate, che lo orientano nel suo sviluppo personale spingendolo a fare esperienze di un certo tipo. Queste direttive sono caratteristiche della fase evolutiva in cui si trova e gli permettono di sviluppare in modo autonomo, senza l’esigenza di una guida esterna, competenze come il parlare o il muoversi5. Sulla base di questa guida naturale il bambino sviluppa la propria intelligenza e costruisce la propria personalità, formandosi poco a poco come individuo capace di comprendere il reale e di agire in modo sempre più autonomo nel mondo.

L’adulto non è quindi colui che deve dirigere lo sviluppo del bambino, ma piuttosto favorirlo; in questa funzione di supporto, egli non trasmette contenuti ma collabora con quella legge naturale che è presente in ogni bambino e ne orienta lo sviluppo. Poiché il bambino possiede in modo innato una propria intelligenza che sviluppa spontaneamente attraverso le proprie esperienze personali, ed è quindi soggetto attivo del suo apprendimento, l’adulto deve affiancarlo offrendogli un ambiente adatto ai suoi bisogni psicofisici, affinché egli si costruisca in modo armonico ed equilibrato6. L’adulto è dunque colui che, consapevole del proprio ruolo, aiuta la vita del bambino a svolgersi in modo naturale, guidandolo senza tuttavia dominarlo e rispettandolo nella sua individuale specificità e nei suoi tempi.

L’ambiente, preparato accuratamente dall’adulto sulla base dell’osservazione scientifica del bambino, dovrà offrirgli occasioni di azione personale che ne incontrino l’interesse e gli consentano di costruire e sviluppare in modo graduale la propria autonomia e le proprie abilità innate.

I periodi sensitivi

Le competenze del bambino, possedute sin dalla nascita in modo incompiuto, non vengono sviluppate contemporaneamente e in modo casuale, ma all’interno di periodi critici chiamati da Maria Montessori “periodi sensitivi”. Si tratta di intervalli temporali che caratterizzano la vita infantile e si manifestano naturalmente, ovvero secondo la guida della legge di natura, ognuno con una propria collocazione e una propria durata.

Durante questi periodi emerge una specifica sensibilità che orienta l’interesse del bambino verso precise esperienze, compiendo le quali egli acquisisce una determinata competenza7. Durante il periodo sensitivo del movimento, per esempio, che interessa i suoi primi anni di vita, il bambino esercita costantemente le sue capacità motorie, divenendo capace di muoversi e agire nello spazio e raggiungendo livelli di crescente autonomia e abilità. La ricerca di specifiche esperienze da parte del bambino viene indicata con chiara evidenza dalla ripetitività con la quale egli compie particolari azioni all’interno dell’ambiente: la ripetizione spontanea, indice di interesse e gratificazione personale, rivela quale competenza il bambino sta sviluppando in un preciso periodo critico della sua vita. Il bambino racconta in tal modo il proprio interesse e il proprio bisogno.

Maria Montessori indica come chiaro esempio di periodo sensitivo il linguaggio: per tutta la sua durata, che occupa i primi anni di vita, il bambino si esercita nella costruzione del linguaggio e, attraverso successivi tentativi e approssimazioni, costruisce la sua capacità di comunicare. Questo processo ha origine nel bambino e come tale avviene in modo spontaneo, senza forzature o interventi da parte dell’adulto.

Da individuo incapace di parlare quale è nei suoi primi mesi di vita, il bambino acquisisce in modo autonomo la capacità linguistica, senza che alcuno gli trasmetta questo sapere.

I periodi sensitivi così intesi sono importanti tempi di apprendimento, conclusi i quali l’acquisizione della competenza sarà più faticosa, poiché la sensibilità o l’interesse naturale che li caratterizza e che spinge il bambino a esercitarsi nell’ambiente e a costruirsi è ormai scomparsa o sostituita da altre diverse sensibilità. L’apprendimento non sarà allora più spontaneo e armonico proprio perché l’agire del bambino non sarà più guidato dall’interesse naturale, ma da direttive a lui esterne.

Questi periodi devono quindi non solo essere riconosciuti, ma anche favoriti e assecondati, rispettando l’interesse e i tempi del bambino (senza forzature ovvero anticipazioni o posticipazioni), poiché durante essi l’apprendimento, in quanto guidato dalla natura, è spontaneo e massimamente efficace. Durante questi periodi è sostanzialmente importante l’ambiente che il bambino incontra e sperimenta, poiché esso può ostacolare o facilitare il suo processo di costruzione personale.

Il bambino possiede infatti, come si è già accennato, un’intelligenza “assorbente”, ovvero capace di appropriarsi di tutto ciò che è presente nell’ambiente, senza poter discriminare tra esperienze positive o negative. Proprio perché il bambino possiede una mente ancora immatura, non è in grado di distinguere in modo selettivo ciò che percepisce e sperimenta: assorbe tutto, costruendo in tal modo il proprio intelletto poiché questa modalità di apprendimento gli è connaturale.

La mente infantile si struttura attraverso questo processo, che avviene in maniera indistinta rispetto alla qualità delle esperienze fatte: essa è massimamente aperta a tutto ciò che la circonda e con cui interagisce, e in misura ugualmente indistinta lo fa proprio.

In base a ciò che il bambino vive direttamente, dunque, sviluppa la propria intelligenza e la propria personalità per il meglio o per il peggio, in funzione delle esperienze che può fare nel corso dei suoi primi anni di vita. Questa vulnerabilità del bambino rispetto all’ambiente in cui vive mette in luce la profonda responsabilità dell’adulto nei suoi confronti: quella di offrirgli il meglio, con i tempi adeguati, affinché il suo sviluppo personale possa essere il più possibile armonico ed equilibrato, mettendo a sua disposizione gli strumenti necessari. È fondamentale che l’ambiente dia al bambino la corretta risposta ai suoi bisogni e gli sia di stimolo e supporto nell’esercizio delle sua capacità e nella costruzione di sé. Un ambiente che, nelle sue caratteristiche, nei suoi contenuti e nella sua organizzazione, risponde positivamente alle richieste del bambino, gli permette di percepire queste ultime come adeguate e positive, infondendo un senso di fiducia nell’altro (che risponde ai suoi bisogni) e di autostima (provo bisogni giusti poiché vengono soddisfatti).

Queste informazioni sono la base per la costruzione di un’incoraggiante prospettiva sul mondo e su se stessi, importante punto di partenza per navigare con sicurezza e ottimismo nel grande mare della vita.

Il periodo sensitivo del linguaggio

Uno dei periodi sensitivi più intensi e che si manifesta chiaramente sin dai primi mesi di vita è il linguaggio8. Maria Montessori parla del linguaggio come competenza che il bambino possiede sin dalla nascita e che sviluppa in modo spontaneo, partecipando alla vita quotidiana all’interno del suo ambiente9. La capacità linguistica del bambino viene da lui acquisita in modo naturale, ascoltando la lingua parlata e assorbendola gradualmente, fino all’articolazione delle prime parole e alla costruzione delle prime frasi, con un vocabolario che diviene via via sempre più ricco, complesso e astratto.

Il linguaggio rivela chiaramente come il bambino sia un individuo intelligente, capace di acquisire in modo autonomo, attraverso l’interazione con l’ambiente, determinate capacità, senza la guida direttiva ed esteriore dell’adulto. È un apprendimento spontaneo e inizialmente silenzioso, che si manifesta in modo evidente solo dopo un lungo lavoro di assorbimento ed elaborazione personale e interiore; ma affinché ciò avvenga in modo compiuto è necessario che l’adulto e l’ambiente non siano di ostacolo, ma piuttosto favoriscano questo processo.

Permettendo al bambino di partecipare alla vita di tutti i giorni, lo si espone al linguaggio parlato e gli si permette di esercitarlo al meglio: all’interno dell’ambiente quotidiano, in cui si parla la lingua che descrive concretamente ciò che il bambino sperimenta, egli può sviluppare una capacità linguistica significativa e aderente alla realtà10.

La relazione con l’adulto, unitamente al legame con la quotidianità, rappresentano quindi l’ambiente naturale più consono affinché il bambino possa vivere appieno il periodo sensitivo del linguaggio. Attraverso l’iniziale ascolto della lingua e il successivo esercizio diretto e personale, il bambino riesce ad attivare quella capacità che possiede sin dalla nascita, ma che richiede l’esercizio individuale per completarsi e poter funzionare correttamente.

Esposto al linguaggio parlato del proprio ambiente, il bambino potrà immergersi in esso e prendervi parte. Infatti, solo se partecipe della parola quotidiana, che descrive la vita che scorre attorno a lui, egli potrà costruire la propria parola e renderla sempre più personale ed esatta11.

È quindi necessario che l’ambiente si apra al bambino in tutta la sua ricchezza e che l’adulto lo accompagni con comprensione e pazienza, affinché egli possa ampliare quelle doti ricevute sin dalla nascita nei giusti tempi e con armonia.

Non occorre dunque offrire al bambino un mondo artificioso, di parole troppo complesse, che non rispondono a esperienze fatte e che quindi non hanno per lui significato o viceversa di parole semplicisticamente inventate, che spesso si pensa possano essere meglio comprese dai bambini, ma che in realtà non gli appartengono. È sufficiente accompagnarlo con semplicità nel mondo reale, utilizzando un linguaggio chiaro e che descriva in modo preciso ciò che il bambino sperimenta, affinché egli ne sia direttamente partecipe e in tal modo possa assorbirlo, comprenderlo e raccontarlo.

Attraverso l’esperienza diretta del suo ambiente quotidiano e l’ascolto della lingua parlata che lo descrive con precisione, il bambino potrà iniziare a parlare in modo significativo, a utilizzare le parole in modo adeguato e aderente alla realtà per comunicare con gli altri e per fare chiarezza dentro di sé. Il contatto con l’ambiente e la possibilità di interagire con esso vengono quindi indicati da Maria Montessori come via per attivare le capacità linguistiche innate, il cui sviluppo permette una graduale e sempre aperta conquista della propria umanità12.

Il linguaggio del bambino piccolo e il pensiero Montessori
Il linguaggio del bambino piccolo e il pensiero Montessori
Isabella Micheletti
Come favorire l’uso della parola nei primi anni di vita.Un piccolo libro che suggerisce idee pratiche per sviluppare il linguaggio, partendo dal pensiero di Maria Montessori e di altri rinomati studiosi dell’infanzia. L’apprendimento del linguaggio avviene nei primissimi anni di vita del bambino, grazie all’utilizzo di competenze innate che necessitano di essere esercitate quotidianamente. Per favorire questo ricco processo di sviluppo, è importante predisporre un ambiente che consenta esperienze di qualità, ma è altresì essenziale che l’adulto instauri una relazione di comprensione e rispetto con il bambino: imparare a parlare, infatti, non equivale solo ad apprendere parole nuove o a costruire frasi, ma significa porsi in relazione con l’altro, donando una parte di sé. È consigliabile, dunque, offrire al bambino non solo un linguaggio chiaro e corretto, ma anche la propria attenta presenza, sapendo regalargli momenti di ascolto, senza scordarsi che anche il silenzio rappresenta un prezioso tempo di raccoglimento e di costruzione personale. Isabella Micheletti nel suo libro Il linguaggio del bambino piccolo e il pensiero Montessori (ma non solo!) affronta questi temi con chiarezza e semplicità, suggerendo idee pratiche da sperimentare in famiglia. Seguire nel bambino lo sviluppo del linguaggio è studio di un immenso interesse e tutti coloro che vi si sono dedicati concordano nel riconoscere che l’uso di parole e nomi, dei primi elementi del linguaggio, cade in un determinato periodo della vita come se una precisa regola di tempo sovrintendesse a questa manifestazione dell’attività infantile. Il bambino sembra seguire fedelmente un severo programma imposto dalla natura, e con tale puntuale esattezza che nessuna scuola, per quanto sapientemente diretta, reggerebbe al confronto.Maria Montessori Conosci l’autore Isabella Micheletti è educatrice Montessori e formatrice nei corsi dell’Opera Nazionale Montessori. Specializzata nel metodo Montessori, lavora da anni in questo ambito educativo con esperienza sia in Italia che all’estero.È co-fondatrice del progetto educativo e sociale “Spazio Montessori, uno spazio per la famiglia”, rivolto ai bambini della prima infanzia e alle loro famiglie.Scrive articoli di settore ed è appassionata ricercatrice nell’ambito del pensiero pedagogico.