Quando avrà assimilato questo e vorrà sapere altro, lo chiederà di sua spontanea volontà. Ma se la madre gli chiedesse: “Perché vuoi conoscere il nome del fiore?”, “Perché d’improvviso ti interessano i colori?”, il bambino non saprebbe rispondere. Ci proverebbe e si confonderebbe. Lei sta tentando di sondare il suo segreto. La prossima volta che vorrà sapere qualcosa lo chiederà alla maestra, che non gli fa domande complicate – certo, a patto che sia una delle nostre maestre.
Quando, per esempio, la piccola Joan dal temperamento impossibile arrivò in una delle nostre scuole, il primo giorno non seppe come comportarsi perché nessuno interferiva o le faceva domande. Guardò tutti i materiali con cui i bambini lavoravano, prese le perline per contare e quando la maestra le ebbe mostrato cosa farne, fu lasciata da sola finché non prese alcune lettere smerigliate e non pose lei stessa delle domande.
Alle 11, tirò un grande sospiro e disse: “Quante cose ho fatto!”; e in effetti aveva cercato di fare un po’ di ogni cosa. Il giorno successivo andò nello stesso modo, passando da un materiale all’altro ma soffermandosi su ciascuno per un tempo appena più lungo, e il terzo giorno fu assorbita molto da una collezione di figure geometriche: stette seduta per un’intera ora del tutto indisturbata, intenta a tracciare con le dita il profilo di angoli e curve, per poi tracciare con cura il contorno sulla lavagna.
Da quel giorno in poi divenne una bambina diversa, rapida nel suo lavoro e con una grande capacità di concentrazione – e, visto che nessuno interferiva, a scuola non ebbe mai crisi di rabbia. È naturale che a casa non fosse tanto facile cambiare le cose, ma chiedemmo alla madre di venire a vedere i bambini al lavoro e le spiegammo quanto fosse importante non condividere le occupazioni del bambino a meno che non fosse lui a chiedere aiuto. Fintanto che un bambino è interessato attivamente in quello che sta facendo e non ci sono pericoli, non v’è dubbio che stia lavorando al proprio sviluppo. Oltre a tutte le nuove idee che può essere in grado di cogliere, sta sviluppando concentrazione e autodisciplina.
Il bambino non sa perché è interessato a un particolare oggetto o movimento in quel momento – la cosa importante è che è interessato, e per la sua mente è naturale crescere, così come per il suo corpo, pertanto ciò che lo interessa al momento è appropriato ai suoi bisogni.
Le nostre scuole si chiamano Case dei Bambini, e lì i bambini sono i padroni di casa. Quando arrivano visitatori non consentiamo loro di comportarsi come se i bambini fossero oggetti in mostra a cui fare domande. I visitatori vengono in qualità di ospiti alla Casa dei Bambini, e ci aspettiamo che rispettino i bambini come farebbe un ospite con chi lo accoglie in casa sua. Gli ospiti non fanno domande: “Cosa stai facendo?”, “Perché lo hai fatto?”, “E questo cosa significa?”. Per noi non ha senso sondare, in quanto il bambino non è in grado di fornire un resoconto del lavorìo della sua mente più di quanto non riesca a darne uno sulla sua crescita fisica – tuttavia, rischiamo di distorcere il suo sviluppo se non facciamo attenzione, di distruggere il suo senso di indipendenza ponendo domande scriteriate.