Quando un adulto pensa al lavoro, immagina di fare qualcosa che sia un mezzo per un fine – trascorrere i giorni in ufficio per ottenere uno stipendio – ma il lavoro del bambino si fonda sul fare le cose per se stesse. Vi è uno scopo verso cui lo sta portando il suo lavoro: attraverso di esso egli costruisce l’uomo che diventerà. Ma il bambino non lo sa, sa solo che prova piacere nel fare certe cose. Questo è il suo lavoro.
Quando una bambina piccola è indaffarata a vestire e svestire la sua bambola, la madre non teme di interrompere il suo gioco per motivi anche banali. Ma osservate quanto è assorta nel suo lavoro, un lavoro che non dovrebbe essere interrotto, le piccole dita che diventano sempre più abili, la giovane mente che impara il significato dell’ordine, perché i vestiti della bambola vanno infilati nel modo giusto.
Siamo su una strada del tutto sbagliata quando crediamo che i giocattoli costosi debbano rendere felice un bambino, o che il bambino la cui tata faccia tutto per lui sia molto fortunato. In realtà, è il bambino della madre indaffarata, lasciato ai suoi tentativi di fare da solo, lasciato ai giocattoli improvvisati fatti con cose semplici e all’esercizio della propria ingegnosità, ad essere fortunato. È libero di lavorare a suo modo e di trasformare il gioco in lavoro proficuo adatto ai suoi bisogni, mentre il bambino ricco è spesso lasciato a giocare nei modi che gli adulti immaginano debbano piacergli di più. Ecco perché i bambini con gli armadi pieni di giocattoli sono spesso annoiati e dispettosi, mentre il bambino lasciato tranquillo trae piacere dalle cose più semplici ed è felicemente assorto, per ore di fila, in attività di sua scelta.