Una delle figlie di Tolstoj, Tat’jana, la giovane donna fasciata nell’elegante abito nero ritratta nel dipinto di Il’ja Repin del 1893, si interesserà a sua volta al lavoro educativo della Dottoressa riconoscendovi un profondo legame con quello svolto dal padre, e nel ’14 si recherà fino a Roma per incontrarla. Scriverà dopo l’incontro:
Il cammino percorso dalla Montessori è il cammino della libertà. Gli strumenti che impiega sono la conoscenza, ovvero la scienza. E la luce sotto la quale lavora è la luce dell’amore. Sebbene ella non ne abbia mai letto le opere pedagogiche e non lo abbia conosciuto, molte delle sue conclusioni coincidono con quelle di mio padre182.
Riporterà in patria con sé tutti gli scritti della Montessori alla cui pedagogia dedicherà il volume Maria Montessori e la nuova educazione stampate nelle edizioni Posrednik, la stessa casa editrice con la quale il padre aveva assiduamente collaborato. Più volte in seguito i due pensatori saranno posti a confronto183.
Dai tempi di “Pensiero e Azione” Maria conosceva l’attività di Francesc Ferrer i Guàrdia, fondatore a Barcellona nel 1901 di Escuela Moderna, con un programma laico e antimilitarista che metteva insieme nella stessa classe bambini e bambine, poveri e ricchi: una scuola “razionale” senza premi né punizioni, in cui gli allievi potevano accedere a libere attività e dove si insegnava anche l’igiene personale, all’epoca ignorata184. Come libro di lettura per loro Ferrer – che nulla aveva lasciato all’improvvisazione scegliendo accuratamente i testi e non esitando a compiere un viaggio in Gran Bretagna per procurarsi novità editoriali che lo informassero sulle ultime acquisizioni della pedagogia moderna – aveva adottato la traduzione del volume dell’anarchico francese Jean Grave, Les Aventures de Nono185 realizzata da Anselmo Lorenzo Asperilla, definito «el abuelo del anarquismo español» e chiamato da Ferrer a collaborare nella casa editrice annessa all’Escuela Moderna. Cinque anni più tardi, nella sola Spagna, erano già settanta le scuole ispirate ai suoi principi educativi (una anche a Milano, aperta da Luigi Molinari, noto esponente di quella corrente anarchica ostile al cosiddetto «socialismo alla tedesca»186). Perseguitato dal governo, inviso alla borghesia e alla Chiesa, venne imprigionato con false accuse a seguito delle agitazioni della cosiddetta “Settimana Tragica” e fucilato nel 1909. In occasione dell’arresto dell’esponente anarchico le donne di “Pensiero e Azione” avevano lanciato un appello chiedendo la sua liberazione, «indignate per la persecuzione contro Francisco Ferrer e dalla guerra dei gesuiti contro ogni luce di progresso […] contro l’opera del governo spagnolo e le mene clericali»187.
Le iniziative di Tolstoj e di Ferrer ebbero allora enorme eco in tutta Europa – non foss’altro per la profonda avversione che suscitarono in una larga fascia dei ceti borghesi ed ecclesiastici – ed è assai probabile che abbiano influenzato Maria, contraria a qualsiasi atteggiamento costrittivo verso i bambini, sani o svantaggiati che fossero, come verso qualsiasi forma di mistificazione del reale in campo pedagogico. Deve aver apprezzato la loro lotta all’ipocrisia che permeava le istituzioni scolastiche, ancora troppo distanti dall’essere ciò che avrebbero dovuto, e cioè, una vera palestra di uguaglianza sociale e di convivenza delle diversità. Per questo, più ancora che a Rousseau a cui è stata continuamente ricondotta, verrebbe da avvicinarla a Vittorino da Feltre, maestro di grande spessore culturale e spirituale vissuto a cavallo tra il XIV e il XV sec., che creò alla corte dei Gonzaga la nota scuola di Ca’ Giocosa. Il suo metodo educativo che prescriveva l’attenzione amorevole e paziente del maestro verso l’individualità del fanciullo e il rifiuto del ricorso alle pene corporali, fu considerato già ai suoi tempi un deciso cambiamento di paradigma nella prassi pedagogica, tanto da giustificare l’affermazione secondo cui egli «sia stato il più efficace e coerente protagonista di una svolta decisiva nella storia dell’educazione europea, colui che ha creato non solo dei metodi pedagogici del tutto originali per il suo tempo, ma ha addirittura aperto un nuovo orizzonte alla scuola in Occidente»188. Proprio nell’insopprimibile aspirazione all’equità verso tutti, fossero figli di nobili o ragazzi poverissimi, grandi o piccoli, maschi o femmine si ravvisa il tratto costitutivo dell’umanesimo di Vittorino189. Caratteristica, questa, che accosta due figure così distanti nel tempo quali Vittorino e Maria insieme alla fiducia da entrambi nutrita nella innata bontà del genere umano. E ancora il religioso rispetto verso ciascuna creatura e la costante sospensione del giudizio, soprattutto verso i più giovani.
Protesa verso il futuro, Maria Montessori è attentissima e recettiva nei riguardi a tutti i fermenti di rinnovamento a lei contemporanei: li assimila, li esprime e li rielabora. Le sue scelte in campo educativo prescindono da qualunque orientamento ideologico, da qualsiasi concezione precostituita per privilegiare l’unica verità che scaturisce dall’osservazione delle manifestazioni spontanee dei bambini.
Qualcuno ha sostenuto che, al di là della matrice positivista che impronta la sua formazione al pari di quella di tutti gli intellettuali del suo tempo, negli scritti della Montessori i suoi referenti intellettuali restino spesso volutamente occultati o comunque sfumati. Eppure da Il Metodo a La mente del bambino non mancano richiami frequenti ad altri autori. Sicuramente in altre opere questo riscontro è meno evidente, ma ciò può essere spiegato con il fatto che esse non sono scritti sistematici, bensì, in gran parte, il risultato della rielaborazione di conferenze occasionali. Ne Il Metodo – riedito nel 1950 con il titolo di La scoperta del bambino e completamente rivisto dalla stessa Maria – ricorda Sergi, Wundt, Binet, senza dimenticare, com’è ovvio, Itard e Séguin e, tra i pedagogisti, Rousseau, del quale, dice, si parla vanamente di libertà senza mai realizzarla davvero.
Sarebbe interessante approfondire la sua formazione personale, sapere, ad esempio, quali fossero le sue letture preferite. È probabile che, molte delle citazioni che si ritrovano nei suoi scritti fossero di seconda mano. A parte una certa familiarità con il francese, di nessun’altra lingua straniera avesse raggiunto un possesso sufficiente sicuro per leggere testi specialistici. Ma la questione delle reali fonti dell’ispirazione di Maria è secondaria, dato che esse non sono comunque da ricercare specificamente da ricercare in questo o in quell’autore del passato o contemporaneo. La Montessori non è una scienziata appartenente a una scuola nel senso accademico del termine e un passaggio de Il Metodo aiuta a mettere a fuoco il senso di questa affermazione:
Lo scienziato non è il maneggiatore d’istrumenti – è il religioso della natura […]. Dobbiamo preparare nei maestri più lo spirito che il meccanismo dello scienziato, far nascere [in loro] l’interesse alla manifestazione dei fenomeni naturali, renderli interpreti dello spirito, colti dello spirito della natura, similmente a colui che, pur avendo un giorno imparato a compitare, giunge a leggere attraverso i segni grafici il pensiero di Shakespeare o di Goethe o di Dante.190