capitolo 8

Gli ammiratori della Casa dei Bambini

L’interesse suscitato dai risultati ottenuti nelle Case dei Bambini fa affluire un’ondata crescente di visitatori tra cui, già nel 1907, molte signore dell’aristocrazia romana e la stessa regina Margherita170.


Di tutti questi ammiratori, la prima a comprendere gli aspetti innovativi di tale esperienza è Alice Hallgarten. Nata a New York nel 1874, ma di origini tedesche, donna colta, raffinata, parla diverse lingue.


Cresciuta in un ambiente cosmopolita, condivide con il marito Leopoldo Franchetti vivo interesse per la giustizia sociale e come lui è pronta a mettere le proprie ricchezze a vantaggio dei meno abbienti. Forti esigenze spirituali l’avvicinano ai modernisti, tra i quali annovera amici come don Brizio Casciola o il pastore evangelico Paul Sabatier171, autore di una straordinaria Vita di San Francesco, allora conosciutissima. Il barone Franchetti è toscano, senatore, tra i primi a occuparsi della questione meridionale. Nel 1910 – due anni dopo il terremoto di Messina e di Reggio Calabria, 27 dicembre 1908, che aveva messo ulteriormente a nudo la gravissima situazione del Sud – Franchetti fonda a Roma con Umberto Zanotti Bianco, Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Giustino Fortunato e altri l’ANIMI, la cui sede centrale era a Roma, a Palazzo Taverna, via Montegiordano 36172.


Eletto presidente, si adoperò per l’alfabetizzazione di bambini e di adulti e, soprattutto in Calabria, una delle regioni più depresse, per la costruzione di piccole scuole nei vari paesi. Intanto sua moglie Alice organizzava a Rovigliano in Umbria per i figli dei loro contadini scuole per i bambini improntate a nuovi principi educativi. A “La Montesca”, la loro villa a Città di Castello, che nel 1909 ospiterà Maria Montessori per il suo primo corso del 1909, vuole aprire un’insolita “Scuola di Preparazione alla Vita” per giovani donne, con corsi di agraria, economia domestica, igiene, scienze sociali, storia sacra, lingue moderne. Alice intende anche valorizzare l’abilità di tessitrici delle contadine umbre, in particolare quelle che vivono nelle sue terre e che creano la bellissima tela umbra in cotone per i ricami di Assisi, e anche quella, molto più fine, in lino. Organizzerà quindi una rete attraverso le sue amiche, per far conoscere e vendere i manufatti173 a vantaggio delle tessitrici. Per la Scuola la più importante collaboratrice è Felicita Bruchner, colta e intelligente – grande amica di Antonio Fogazzaro – ottima organizzatrice ed esperta di questioni giuridiche. (Tra le insegnanti inviteranno – su proposta di don Casciola – Adele Costa Gnocchi, appena diplomata che qui conoscerà Montessori e ne frequenterà il primo corso).


Tra le novità pedagogiche del momento c’è quella delle “scuole all’aperto”174, avviata a Roma sul Gianicolo dal 1907, con l’appoggio del sindaco Nathan, basata su l’azione «salutifera, morbicida, vivificatrice del sole» per proteggere dalla tubercolosi bambini di famiglie a rischio. Per loro si inventa un banco-zaino pieghevole, molto leggero, che permette con facilità di uscire dalle classi per esplorare il parco e compiere varie attività all’aperto, senza tuttavia modificare l’abituale condizione di ascolto passivo degli allievi. È invece questo l’aspetto che sta maggiormente a cuore alla Montessori, pur essendo interessata, come la Latter, alla vita nella natura, all’aria aperta. Quando incontra la baronessa Franchetti, si stabilisce tra loro un’intesa profonda: entrambe hanno idee chiare e sono egualmente decise a ricercare nuove forme di cura dell’infanzia.

L’aiuto concreto dei Franchetti

Alice darà alla nuova amica un sostegno decisivo parlando dell’esperienza di San Lorenzo a una giornalista sua conterranea, che comincerà a scriverne su riviste pedagogiche inglesi e americane e scrivendo lei stessa. Anna Maria Maccheroni racconta che Alice agli inizi, nel suo entusiasmo, aveva condotto il marito in via dei Marsi a visitare la scuola e che lui, nella sua concretezza, dopo aver osservato a lungo, avrebbe detto: «Ma lei deve scrivere le cose che ha visto! Potrebbe morire e tutto andrebbe perduto!»175. È la primavera del 1909: i Franchetti la invitano nella quiete della loro casa romana – villa Wolkonsky – perché scriva del metodo educativo adottato nelle Case dei Bambini. Maria prepara il manoscritto in venti giorni, aiutata anche da Elisabetta Ballerini, detta Bettina, un’allieva conosciuta durante il lavoro con i frenastenici. Quando il testo è pronto, lo consegna avvolto in carta velina bianca e legato da un candido nastro a Franchetti che inizialmente si propone di presentarlo all’editore Loescher, poi ci ripensa e ne affida la stampa alla Tipografia Lapi a Città di Castello, un’impresa artigiana che conosce e che certo eseguirà alla lettera le sue richieste. La raccomandazione è di non cambiare nemmeno una parola. A maggio il volume è pronto con il titolo Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini: scritto con entusiasmo e lievità, è quasi un racconto epico. Il libro uscirà con la dedica ai Franchetti.


Nell’agosto la invitano a “La Montesca”, assieme ad alcune delle giovani donne che iniziano ad affiancarla nel lavoro, perché possa tenere lezioni a persone interessate alle sue esperienze. A questo primo corso estivo del 1909, al termine del quale è previsto un esame, partecipano, oltre i padroni di casa spesso presenti alle lezioni, nove uditrici e sessantuno iscritte. Fra le allieve c’è chi continuerà il lavoro con impegno diretto come Bettina, che purtroppo morirà presto di tisi; Maccheroni; Teresina Bontempi, ispettrice degli asili nella Svizzera italiana176; le sorelle Giovanna e Maria Fancello, che apriranno una Casa a Roma (zona Monteverde) accogliendo anche piccoli con difficoltà; Lola Condulmari, che lavorerà fino agli anni Trenta nel settore pubblico a Milano; Adele Costa Gnocchi, che avvierà in seguito lo studio del neonato.


Dal 1909 in avanti il successo dell’esperienza montessoriana sembrerà non avere limiti: in appunti segnati su due pagine di quaderno, Maria annota alcuni visitatori illustri: «Gennaio 6-7, 1910: Trionfi: Sindaco, Chiaraviglio [della famiglia di Giolitti] e poi (il 7) la Regina M.». Nel 1912 cominciano ad apparire le prime traduzioni de Il Metodo in Inghilterra e negli Stati Uniti. L’esploratore americano Robert Peary, il primo ad aver raggiunto nel 1909 il Polo Nord, afferma in quei giorni che bisogna parlare non di «nuovo metodo di educazione», ma di «scoperta dell’anima umana». Altre traduzioni seguono a ruota: nel 1913 in russo, tedesco e giapponese, mentre in Italia esce la seconda edizione; nel 1914 in Romania, nel 1915 in Spagna e in Olanda. Case dei Bambini vengono aperte un po’ ovunque nel mondo: nel 1910 in Francia; nel 1911 in Germania, Belgio, Australia; nel 1912 in Inghilterra, Scozia, nel 1913 in Russia. Negli Stati Uniti, dove si comincia quasi subito a costruire e a produrre in serie il materiale sensoriale, entro il 1915 le Case sono già un centinaio.


tatto con la Montessori. «Tra il 1909 e il ’14 ben duecento studi tra articoli e libri furono pubblicati sul “fenomeno Montessori” in Inghilterra e soprattutto negli Stati Uniti»177.

Anche in Italia le Case dei Bambini sono notevolmente aumentate: non più soltanto le piccole, modeste ma decorose scuole dei quartieri popolari (San Lorenzo, Testaccio, Trionfale). Altre imprese immobiliari hanno nel frattempo adottato l’esemplare progetto di Talamo. Il Comune ne ha aperta una al Portico d’Ottavia, nell’antico quartiere ebraico, in via Sant’Angelo in Pescheria e in via della Catena, oggi non più esistenti, dove risiedevano famiglie poverissime. Nelle nuove indicazioni date da Maria Montessori, con il suo tono semplice e autorevole insieme, si intravede la strada per un insospettato benessere dei bambini e tutti vogliono usufruirne. Così vengono aperte Case dei Bambini anche nei quartieri della ricca borghesia romana, mantenendo comunque, nel mobilio e negli oggetti, quello stile sobrio ed essenziale che permette ai piccoli la piena partecipazione alla cura dell’ambiente. (Grandi e piccoli insieme come a San Lorenzo, ma l’idea di affiancare bambini di diversa estrazione sociale è ancora lontana).

Primi passi a Milano

Intanto a Milano la Società Umanitaria178 apre alcune Case dei Bambini nei suoi fabbricati popolari di recente costruzione: la prima nel 1908, in via Andrea Solari 54, diretta da Anna Maria Maccheroni per due anni179; la seconda nella zona delle Rottole (oggi viale Lombardia) da Anna Fedeli180. In principio i materiali sensoriali non ci sono ancora, ma con il clima di libertà e le attività di vita pratica – lavare, spazzare, spolverare, riordinare le stoviglie, disegnare, ritagliare – senza trascurare il movimento ritmico con cui Mac abitua i piccoli a “sentire” la musica – i fenomeni di attenzione e di socievolezza si ripetono. Alla mancanza degli oggetti costruiti scientificamente, che fin dalle prime esperienze sembrano attrarre particolarmente i bambini, pone rimedio negli anni Dieci o poco più la Società Umanitaria che, interessata a dar lavoro a operai e artigiani, mette a disposizione i propri laboratori per la produzione dei materiali necessari a Milano e altrove.


In Italia un forte polo di propulsione al movimento Montessori è stato il contributo giunto da un’altra aristocratica, Maria Guerrieri Gonzaga (sposata all’on. Clemente Maraini), chiamata da tutti Donna Maria, che ebbe con la dottoressa speciali vincoli di amicizia e di vero affetto e l’aiutò in molti modi nel corso della loro lunga vita. Le due Marie e Alice Franchetti si erano conosciute al Congresso femminile del 1908. Dopo la collaborazione con l’Umanitaria, era stata la Maraini a trovare i primi fabbricanti italiani dei materiali, i Bàssoli di Gonzaga, in provincia di Mantova, che realizzarono i campioni prima di produrli in serie, sotto la guida diretta della Montessori: lei li voleva perfetti, costruiti con esattezza scientifica quanto a misure, colori, formati perché fossero davvero eloquenti e funzionali per i bambini. A Palidano, nei pressi di Gonzaga, dove possedeva alcune tenute, la Maraini aveva avviato fin dal 1907 una Casa dei Bambini per i figli dei contadini (vi insegnò agli inizi la bravissima Eda Margonari) e un’altra ne aprì a Roma, dove viveva gran parte dell’anno, per i suoi stessi figli e altri bambini181.

Generosa e ospitale, nel 1917, in uno dei momenti più tragici della Prima Guerra Mondiale, accolse per molti mesi a Palidano centocinquanta bambini sfollati da Caporetto, organizzando per loro (finché gli accadimenti non ne permisero il ritorno in famiglia) un rifugio accogliente e una scuola basata sui princìpi montessoriani.


Queste scarne notizie possono dare un’idea della pronta affermazione e diffusione che ebbero le Case dei Bambini, grazie anche all’instancabile opera di formazione degli adulti, che Maria sentì ben presto di importanza prioritaria e che intraprese con entusiasmo, non dimenticando mai il debito morale che aveva nei confronti di Edoardo Talamo. Questi, nominato senatore per i suoi meriti, sembra che lamentasse dopo qualche anno il fatto che la fama di lei aveva in definitiva oscurato l’importanza sociale del suo progetto: forse per questo l’intesa tra loro si concluse intorno al Natale del 1910, anche se la dottoressa non trascurò mai di ricordarne i meriti. Una lapide ancora visibile nel complesso di via Amerigo Vespucci 41 nel quartiere Testaccio, posta, dopo la morte del senatore nel 1916, all’ingresso dell’antica Casa dei Bambini, lo ricorda con queste parole:

«Eduardo Talamo / che queste case dotava / di istituzioni benefiche / gli inquilini del Testaccio / riconoscenti / augurano che l’opera Sua / di saggezza di bontà / sia continuata».

Lapide simile contrassegna tuttora il plesso di via Giordano Bruno 47 al Trionfale.


Accanto alle tante conferme e ai crescenti successi Maria vive perdite dolorose: prima Bettina, poi Alice che nell’11 muore anche lei di tisi in un sanatorio svizzero, Franchetti stesso, certo depresso dopo la perdita della moglie, si ucciderà nel ’17, all’indomani della disfatta di Caporetto, per l’insostenibile senso di disonore provato, lasciando per testamento tutte le sue terre ai contadini che vi lavoravano.

Maria Montessori, una storia attuale
Maria Montessori, una storia attuale
Grazia Honegger Fresco
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