capitolo 10

Dopo il 1907:
libri, conferenze, viaggi, corsi…
la scuola elementare

Non è facile descrivere sinteticamente la rete di eventi che si dipanò dopo l’esperienza di San Lorenzo. L’anno seguente, a causa del terremoto che tra Messina e Reggio Calabria aveva provocato oltre centomila morti, migliaia di piccoli orfani vennero ospitati in istituti religiosi di diverse città, tra cui quello delle suore Francescane Missionarie di Maria a Roma. Qui, grazie all’aiuto della regina Margherita, era stata impiantata una Casa dei Bambini. Maria nel ’51 ricorderà:

In quel tempo già m’ero ritirata dal mio primo esperimento nelle Case dei Beni Stabili al Quartiere di San Lorenzo […]. Dinanzi allo stato di depressione psichica di quei poveri piccini, senza più famiglia né nome […] con le Suore decidemmo di tentare altri mezzi da quelli usati per i bambini di S. Lorenzo e ricorremmo alle attrattive del magnifico giardino, dove le Suore avevano operato una coltivazione speciale di fiori, e a una ricostruzione di famiglia, mettendo esercizi di vita pratica. Questi ebbero un tale successo nella maturazione delle piccole anime oppresse nello smarrimento della desolazione, che portò serenità e allegria e interesse alla vita. E così potemmo in seguito coltivare anche l’intelligenza coi mezzi usati prima nelle Case dei Bambini di S. Lorenzo.191

I rapporti con Talamo, come si evince dal brano riportato, non erano durati a lungo. Tuttavia l’estrema duttilità intellettuale di Maria la rendeva sempre pronta ad adattare le sue proposte formative alle esigenze concrete dei bambini dovunque si trovassero.


A proposito delle attività avviate in via Giusti va ricordata l’interessante ipotesi di chi ritiene che gli «esercizi di vita pratica» non vi siano stati adottati come puro mezzo pedagogico, ma piuttosto come incentivo psicologico per la ricomposizione di elementi della dimensione familiare perduta. Dunque saremmo in presenza di qualcosa di molto diverso dagli «esercizi» impiegati a San Lorenzo e descritti nel Il Metodo come mera attività di igiene personale, utile ai bambini provenienti da famiglie poverissime, per acquisire in modo naturale e piacevole i rudimenti della pulizia.

“Aiutami a fare da solo!”

In via dei Marsi, dopo le pulizie personali, i piccoli indossavano un grembiulino. Per favorire l’indipendenza Maria li aveva voluti con i bottoni davanti, così che, appena ne fossero stati capaci, avrebbero potuto indossarli e abbottonarli da soli. Guidati dalle maestre, curavano l’ordine in ogni ambiente, in modo che tutto fosse pulito e al suo posto, riparando loro stessi al disordine ove necessario. Acquisivano, così, con naturalezza un comportamento composto e, con gli esercizi «di grazia e cortesia», imparavano come salutare, camminare nella stanza, porgere oggetti e così via.


Oggi ovviamente tali attività hanno perso l’iniziale finalità igienica, ma continuano a essere proposte, dato che, soprattutto tra i due e i quattro anni, i bambini mostrano forte interesse a curare sé stessi e l’ambiente, soprattutto se hanno a che fare con l’acqua, il cui uso per gioco è spesso proibito in famiglia. Nella Casa dei Bambini è invece favorito al massimo, perché fonte di abilità e di autocontrollo: tranquillizza gli inquieti, stimola gli incerti e i timidi, aiuta la concentrazione e l’indipendenza. È una grande scuola indiretta che nutre la mente e prepara la mano ad attività più complesse che richiederanno in seguito maggiore precisione dei movimenti, scrittura compresa192.

Nel convento di via Giusti è per lo più Anna Maria Maccheroni a lavorare con i piccoli e a guidare le suore.


L’ospitalità offerta gli orfani – circa quaranta tra maschi e femmine di età compresa tra i tre e i cinque anni cui si aggiungono anche bambini esterni le cui famiglie possono permettersi di pagare una retta di dieci lire a settimana – fornisce a Maria l’occasione di svolgere nello stesso istituto un affollatissimo «Corso di studio teorico-pratico per l’educazione infantile, tenuto per desiderio e sotto l’alto patronato di S.M. la Regina Madre»193.


Vi partecipano suore appartenenti a varie congregazioni, tra cui dodici Francescane Missionarie di Maria, un centinaio tra signore borghesi e aristocratiche, oltre a centocinquanta iscritti venuti dagli Stati Uniti. La Montessori fa lezione tre volte la settimana parlando anche di antropologia infantile e di pedagogia scientifica. Avviato il 10 aprile del 1910, il corso prevede, dopo un primo mese di lezioni teoriche, i tirocini di osservazione che hanno luogo sotto lo sguardo attento di due tra le prime allieve della dottoressa: Maria Fancello e Anna Fedeli. Alcuni mesi dopo le allieve affrontano gli esami: si diplomano in trecento194.


Dal 1900 al 1904 Maria aveva tenuto lezioni di antropologia anche all’università di Roma. Proprio nel ’10, «diligentemente raccolte dallo studente Sig. Franceschetti», esse erano confluite in un ponderoso volume di quasi cinquecento pagine edito da Vallardi con il titolo Antropologia Pedagogica e già annunciato ne Il Metodo195. Nella prefazione l’Autrice scriveva:

Ringrazio il Prof. Giuseppe Sergi, mio Maestro, che dopo avermi esortata a rivolgere sulla scuola i miei studii di Antropologia, mi designò come specialista della materia, quando il mio libero insegnamento universitario alla facoltà di Scienze Naturali e Medicina venne assunto dietro suo consiglio dalla Scuola Pedagogica dell’Università di Roma.196

Il nuovo testo è dedicato ai suoi genitori «in occasione del 45° del loro sereno matrimonio» ed è «frutto dell’amore e del bene ch’Essi m’hanno ispirato». Vi espone le sue indagini più recenti, corredandole di dati molto accurati, schede, grafici, documenti e immagini. Vi descrive anche osservazioni relative al comportamento dei piccoli nelle “Case dei Bambini” divenute ormai numerose. Ora, però, è talmente assorbita dal desiderio di approfondire le scoperte fatte con i piccoli e dall’impegno formativo degli adulti, che finisce per abbandonare le ricerche precedentemente intraprese. Ben presto superata – al pari dei primi scritti scientifici della Montessori – l’Antropologia pedagogica finirà con il tempo per assumere puro valore storico e non sarà più ristampata (lo stesso avverrà per le edizioni in spagnolo e in inglese), anche se tuttora conserva pagine di notevole interesse. Alcune delle considerazioni che vi sono espresse contribuiscono, però, a chiarire alcuni punti chiave del pensiero della pedagogista:

Ciò che determina l’Antropologia è ciò che determina tutta la scienza sperimentale: è il metodo. Un metodo ben definito nelle scienze naturali, applicato allo studio dell’uomo vivente, offre un contenuto scientifico del quale andiamo in cerca. Il contenuto scaturisce come una sorpresa per noi dall’applicazione del metodo, col quale ci avanziamo nella indagine della verità. Allorquando una scienza non si prefigge un contenuto, ma un metodo di esperimento, si chiama appunto scienza sperimentale.197

A poco a poco Maria si distacca anche dall’università. Già nel 1909 aveva chiesto al ministro dell’Istruzione, Luigi Rava, un periodo di riposo che le era stato accordato. Nel 1910 non riprende le lezioni e presenta una certificazione medica che giustifica la sua richiesta di esonero. Afferma anche di essere molto affaticata a causa del grosso carico di lavoro cui la costringe l’esiguità dello stipendio e il nuovo ministro della Pubblica Istruzione, Edoardo Dàneo, in considerazione dei suoi meriti scientifici, le concede un congedo straordinario e un sussidio di duecentocinquanta lire per un soggiorno in una località climatica adatta. Nel 1911 scrive nei suoi appunti: «Corso al Magistero trascurato». Chissà, forse Maria guarda già più lontano.


Nel 1912 chiede una nuova aspettativa sempre motivata da ragioni di salute. Maria sa di dover riprendere le lezioni all’università e Credaro, nel frattempo subentrato alla guida del palazzo di viale Trastevere, che la conosce bene, la sollecita in tal senso. Infine, perché il beneficio richiesto le sia prolungato in via del tutto eccezionale, interviene personalmente il deputato Piero Bertolini, già ministro e cognato di donna Maria. Tuttavia la Montessori sembra ormai decisa a rinunciare a quella cattedra di Igiene e Antropologia per cui in precedenza si era tanto battuta. In un’altra circostanza aveva scritto: «Queste porte che si chiudono sono provvidenziali perché portano sempre a qualche progresso». Parole in qualche modo profetiche che descrivono la sua indole ottimista e incline al cambiamento. Ancora una volta la sua esistenza imbocca una direzione diversa per consacrarsi interamente alla formazione degli adulti su scala internazionale. Nel 1919 cesserà ogni rapporto con il Magistero.

La diffusione negli Stati Uniti

Dopo il corso del ’10 tenuto in via Giusti e un altro analogo svolto l’anno seguente, grazie anche gli articoli divulgativi di Alice Hallgarten, la fama dell’esperienza di San Lorenzo comincia a diffondersi anche all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Gran parte del merito della popolarità di cui la Dottoressa e il suo Metodo godono oltre oceano va senz’altro attribuita ad Anne E. George. La donna, già molto nota nel movimento americano per i giardini d’infanzia, aveva conseguito il diploma Montessori a Roma nel ’10 e, dopo avere visitato varie “Case dei Bambini”, era entrata a far parte della ristretta cerchia di collaboratrici che si ritrovano in casa di Maria per discutere e studiare insieme198. Una volta tornata in patria, era stata la prima, nel 1913, ad aprire a Tarrytown, New York, una Children’s House e a tradurre Il Metodo in inglese. Il volume era stato pubblicato da Stokes nell’aprile di quello stesso anno con il titolo The Montessori Method ed era stato più volte ristampato a brevissima distanza, essendosi esaurite in soli quattro giorni le cinquemila copie della prima edizione. Lo stesso era accaduto con le due successive tirature.


L’anno seguente esce a maggio sul «McClure’s Magazine» un articolo della stessa Montessori sulla «disciplina attiva» nelle Case dei Bambini. In quell’anno sorgono nuove scuole montessoriane in Inghilterra, India, Cina, Corea, Messico, Argentina, Honolulu. A San Pietroburgo una aveva aperto i battenti già nel ’13. Senza tema di smentita si poteva ormai parlare di un fenomeno esteso su scala planetaria.


Che cosa era accaduto nel frattempo nella sua vita privata?

Ancora nel settembre 1911 abitava con i suoi in corso Vittorio Emanuele 229, a pochi passi dalla Chiesa Nuova199. Alla fine di quell’anno si trasferisce in un ampio appartamento al civico n. 5 di via Principessa Clotilde che si affaccia su piazza del Popolo. Il trasferimento in una casa più spaziosa, sita in un quartiere di maggior prestigio, sembra indicare che la situazione finanziaria della Montessori sia decisamente migliorata, sicuramente anche grazie ai proventi derivanti dai numerosi corsi che tiene, dai diritti riscossi sulla stampa delle sue opere e sulle versioni nelle varie lingue straniere. Per l’inizio di gennaio 1913 è previsto l’avvio del primo corso internazionale per il quale si prevede un congruo numero di iscrizioni. È decisa a svolgerlo a casa sua, ma il sopraggiungere di un grave lutto la distoglie dai fervorosi preparativi.


Il 20 dicembre del ’12 muore la madre all’età di settantadue anni. Per Maria è una separazione molto dolorosa. È solo grazie a qualche accenno di “Mac” che riusciamo a scostare il velo e intravedere qualcosa di quella vita affettiva che per il suo estremo riserbo la scienziata ha sempre tenuto in ombra. Una fortissima intesa lega la Montessori alla madre, forse più profonda di quella stabilita con il padre che pure le era stato tanto vicino. Di questa perdita porterà a lungo il segno visibile indossando abiti neri o comunque di colori scuri. Solo in India, a settant’anni, si vestirà di bianco.

Subito dopo questo avvenimento prende con sé il figlio fino ad allora interno in collegio. Un legame tutto da scoprire e desiderato da entrambi. Mario, un adolescente robusto, tanto vivace quanto sensibile, aveva da tempo espresso il desiderio di conoscere finalmente la bella signora che ricordava fin dalla prima infanzia. Ora la famiglia è di nuovo composta da tre persone: con loro c’è Alessandro, ormai molto anziano. Non c’è tempo, però, di metabolizzare tutti i cambiamenti che si stanno succedendo a una velocità vertiginosa, di analizzare le tante emozioni che essi recano con sé. Con il corso alle porte Maria mostra di possedere una enorme capacità di recupero e tutta l’energia necessaria per affrontare quanto in così breve tempo le è capitato, riuscendo a manter fede agli impegni precedentemente assunti.


L’inizio delle lezioni è fissato per il 15 gennaio. Le partecipanti – gli uomini sono assai pochi – sono giunte dai quattro angoli del pianeta. Fin dal principio le lezioni risultano di grande interesse. A una di esse è presente anche la regina Margherita la cui visita in una casa privata è assolutamente irrituale. Il compito di traduzione è affidato ad Anne George o a Helen Parkhurst o a tutte e due in solido200.


Quando nel ’16 licenzia il suo terzo libro, L’Autoeducazione nelle scuole elementari, Maria dopo aver espresso il debito di gratitudine contratto con le sue prime allieve (Mac e Fedeli), si sofferma con evidente orgoglio su quel prodigioso carattere internazionale assunto dal suo movimento:

Il libro201 fu tradotto nelle seguenti lingue: inglese, francese, tedesca, russa, spagnuola, catalana, polacca, romena, olandese, giapponese, chinese [sic]. Furono dati in Italia i seguenti corsi per preparare maestre: Corso a Città di Castello – tenuto per conto e in casa dei baroni Franchetti, nel 1909 – ove si iscrissero più di novanta maestre; due corsi, tenuti presso le Suore Francescane Missionarie di via Giusti, in Roma [1910 e 1911], le quali offrirono la più generosa ospitalità, fondando un asilo modello. I due corsi tenuti presso di loro ebbero il patronato della Regina Madre e il sostegno morale di un gruppo di signore romane; due corsi tenuti in Roma per opera della municipalità [1911 e 1912]; due corsi internazionali tenuti in Roma, [1913 in casa sua e 1914 a Castel Sant’Angelo] sotto il patrocinio della Regina Madre e sotto l’egida del “Comitato Nazionale Montessori”202 ai quali presero parte allieve delle seguenti nazionalità estere: Stati Uniti d’America, Germania, Inghilterra, Spagna, Russia, Olanda, Polonia, India, Giappone, Transwaal, Panama, Australia, Canada, Austria.203

A partire dal ’13 a ogni allieva si richiedono ormai lunghe e silenziose ore di osservazione da condurre in una delle svariate Case dei Bambini presenti in città. La Montessori ritiene questa attività assolutamente indispensabile per l’adeguata formazione di una maestra e per questo in seguito, quando terrà un corso in Italia o all’estero, esigerà che sul posto sia già attiva una Casa affidata alla conduzione di una maestra esperta, così che agli allievi sia reso possibile osservare i bambini nelle loro attività spontanee204.


Al II Corso internazionale l’assistente è Anna Maria Maccheroni e il traduttore l’inglese Claude A. Claremont, la cui moglie, Francesca, è italiana. Si tratta di una coppia che in Gran Bretagna avrà un ruolo fondamentale nella diffusione del movimento in quel paese. Tra l’altro nei suoi ricordi questo dinamico allievo inglese richiamerà più volte la specifica sensibilità religiosa e cristiana della Montessori sulla quale lei stessa normalmente non si soffermava.


In Nord America si aprono rapidamente nuove scuole: oltre quella di Tarrytown, se ne inaugura una in Nova Scotia (Canada) e ancora un’altra a Washington. È l’inizio di un’espansione che parrà in un primo momento inarrestabile. Per iniziativa di Mabel Hubbard, moglie di Alexander Graham Bell, notissimo negli Stati Uniti per avervi introdotto il telefono, viene fondata la Montessori Educational Association205. Entrambi i coniugi nutrono un profondo interesse per l’educazione sensoriale promossa dalla Montessori e sono spinti a sostenerne la conoscenza anche dal fatto che Mabel è sorda e con il marito spera di trovare soluzione ai problemi dei bambini affetti da tale disturbo.


Altri autorevoli sostenitori del Metodo sull’altra sponda dell’Atlantico sono Thomas Edison, Helen Keller206 e Margaret Wilson, una delle figlie del Presidente allora in carica. Intanto l’americano Samuel McClure, abile imprenditore, oltre che editore, si candida ad accompagnare Maria negli Stati Uniti per un giro di conferenze. Maria esita a lungo, data la sua delicata situazione familiare. Alla fine, vinta dalle insistenze delle sue amiche che le assicurano che faranno quanto necessario per gestire in sua assenza Mario e Alessandro, accetta. Parte il 21 novembre 1913. McClure l’accompagna sul “Cincinnati”, un enorme battello a vapore capace di accogliere quasi tremila passeggeri. Costruito nel 1909 nel cantiere navale di Schichau, a Danzica allora tedesca, per una singolare beffa della storia sarà affondata nel 1918 proprio da un sommergibile della marina del Kaiser, mentre compie la stessa rotta. L’intraprendente americano circonda la sua ospite di ogni attenzione, non cessa di parlare di lei con i facoltosi e influenti connazionali che viaggiano con loro in prima classe, e si dà da fare per procurarle simpatie e appoggi concreti prima ancora di giungere a destinazione. Durante la traversata Maria annota i suoi pensieri e le sue vive impressioni, traccia anche dei rapidi schizzi, sebbene disegnare non sia il suo forte. Esprime la nostalgia per il figlio appena preso con sé e subito lasciato, manifesta l’entusiasmo per il mare anche quando è in burrasca, è affascinata dalle nuove tecnologie che permettono lo scambio dei radio-telegrammi tra le navi che solcano l’oceano, si commuove ascoltando il malinconico canto degli emigranti che in terza classe compiono un viaggio che per i più non conoscerà ritorno207.


All’arrivo l’attende una calorosissima accoglienza, preludio di una tournée di tre settimane che si rivelerà un autentico trionfo, con conferenze a New York in un’affollatissima Carnegie Hall, poi a Washington e a Boston. Sono presenti tutte le sue allieve californiane, rimaste a lei legatissime dal corso del 1911, che fanno a gara nell’offrirle ogni possibile supporto. Al padre Maria scrive cartoline affettuose dai luoghi che più la incuriosiscono. Grande è il fervore di quei giorni e sincera la speranza di tagliare nuovi traguardi che già paiono profilarsi sotto il magico cielo americano. McClure, intanto, coltiva progetti grandiosi, fa calcoli e nutre ambizioni che presto dovrà ridimensionare. Non passerà molto prima che si arrivi allo scontro con la Montessori che si oppone strenuamente a un progetto di sfruttamento commerciale delle sue esperienze208.

1915: si celebra in America l’apertura del Canale di Panama

Due anni dopo si organizza a San Francisco l’Esposizione Internazionale Panama-Pacifico che coincide con la conclusione dei lavori per il taglio del canale di Panama aperto al traffico commerciale il 15 agosto 1914. Alla città californiana, devastata dal terremoto del 1906, si offre l’occasione di celebrare la sua rinascita. Montessori è invitata a partecipare. Arriva a New York agli inizi di aprile sulla nave “Duca degli Abruzzi”. Al suo fianco non c’è questa volta McClure, ma suo figlio Mario e alcuni altri illustri invitati, fra cui il più importante è Ernesto Nathan, il sindaco di Roma, in onore del quale è previsto un banchetto a cui anche lei è invitata. Il 26 sbarcherà a San Francisco dove sono già in programma incontri e conferenze. Interviene a una grande convention di associazioni pedagogiche alla quale partecipano ben 15.000 educatrici. Trascorre maggio e parte del mese di giugno a Los Angeles, luglio a San Diego e in agosto torna a San Francisco.


Qui, in alcuni dei numerosissimi locali riservati dell’Esposizione, viene allestita una piccola Casa dei Bambini protetta da pareti di vetro, in modo che i visitatori possano osservare da ogni lato i bambini in attività guidati da Helen Parkhurst. La loro concentrazione, il loro agire tranquillo e indipendente è motivo di continua meraviglia per coloro che si soffermano. Una foto ritrae Maria, in piedi, in abito scuro all’esterno sotto le arcate del palazzo espositivo. Alla sua destra, poco distante da lei, si riconosce in bianco “Delia”, pronta a tradurre, frase per frase quanto la Dottoressa dice.


Finita l’Esposizione, si trattiene negli Stati Uniti per altri corsi. Uno, ancora una volta a San Diego, a motivo della qualità del lavoro e della varia provenienza dei numerosi partecipanti sarà considerato da molti il suo terzo corso internazionale. Poco dopo la raggiungerà Anna Fedeli.


Intanto in Europa è cominciata la guerra. Dal 24 maggio anche l’Italia è coinvolta nel conflitto che si annuncia subito durissimo. Maria come al solito si preoccupa dei bambini e nel ’17 proporrà la creazione di una Croce Bianca internazionale per proteggerli il più possibile, ma la sua proposta cadrà nella totale indifferenza dei governi.

Durante gli ultimi mesi in America lavora senza sosta, mentre il suo pensiero va di continuo al padre lontano, ultraottantenne e da tempo costretto su una sedia a rotelle. Ad accudirlo sono due uomini, l’amico Enrico, detto Enrichetto, e un certo sig. Brunelli che si incarica del disbrigo di tutte le incombenze esterne. Non manca l’occhio vigile di Donna Maria e a tutto sovrintende Maria Fancello con la quale la Montessori scambia notizie ogni volta che può. Anche di questo secondo viaggio restano le numerose lettere indirizzate al padre che raccontano aspetti inediti di una donna che il mondo conosce soprattutto come scienziata e pedagogista209.


Maria è ancora in California quando Alessandro muore il 25 novembre del ’15. Decide di tornare al più presto in Europa affrontando un viaggio lunghissimo. Attraversa l’intero Paese, da costa a costa, e poi ancora solca l’Atlantico. Nel cuore ha l’amarezza di non averlo accompagnato nei suoi ultimi giorni. A causa del conflitto in corso non può andare direttamente a Roma, ma deve necessariamente fare rotta verso la Spagna, approdo neutrale.

Comincia l’attività a Barcellona. La famiglia di Mario

La vecchia cara “Mac”, di recente trasferitasi a Barcellona ma che già ha avuto modo di seminare molto, le va incontro al porto di Algeciras in Andalusia per accoglierla. Grazie alle maestre che hanno frequentato i corsi di Roma, al favore accordato alla pedagogia montessoriana dal locale movimento autonomista, al supporto del governo regionale e alla collaborazione di un clero colto e aperto, verranno avviate moltissime Casas dels Nens private e pubbliche, laiche e di ispirazione confessionale, per bambini normali e svantaggiati210. Il terreno sarà in breve pronto per il IV Corso Internazionale celebratosi appunto a Barcellona nel 1916.


Maria non ha più legami di sangue in Italia e decide di trattenersi in Catalogna, terra che la conquista immediatamente. Forse è per l’apertura che la gente che vi abita dimostra verso la modernità o anche per il senso ancestrale di libertà che manifesta o forse, soprattutto, sta solo cercando di proteggere il figlio che, una volta rientrato dagli Stati Uniti, in Italia sarebbe chiamato alle armi per combattere una guerra assurda.


Intanto Mario, quasi diciottenne, è rimasto in America dove si tratterrà ancora un anno a fare la sua prima esperienza di maestro in una Casa dei Bambini situata nei pressi di Hollywood. Pare la frequentino figli di attori famosi quali Mary Pickford e Douglas Fairbanks211. In America incontrerà la graziosa Helen Christy, originaria dell’Ohio e la sposerà. Tornati in Europa, gli sposi si stabiliranno con Maria in Catalogna. Sarà nell’ampia e confortevole casa di Barcellona che nasceranno nel ’19 Marilena, nel ’21 Mario Jr. e Renilde nel ’29. Solo Rolando nascerà a Roma nel ’25 in un periodo in cui la famiglia è spesso in Italia.

Alla sospirata fine di una guerra disastrosa segue la terribile epidemia di spagnola. Si calcola che questi due eventi abbiano mietuto quindici milioni di vittime e che venti milioni siano coloro che hanno subito danni fisici o psichici irreparabili. Tuttavia l’Europa è attraversata da una curiosa euforia. Si ha voglia di riprendere a vivere, di coltivare la speranza e di lasciarsi definitivamente alle spalle ricordi intrisi di lacrime e di sangue.


Anche il movimento Montessori conosce una stagione di rinnovato fervore. In Francia, al termine del conflitto, una facoltosa americana, Mary R. Cromwell, fa stampare da Larousse La Mèthode da lei tradotto. Al tempo stesso, per dare lavoro ai reduci disoccupati, organizza una fabbrica di materiale Montessori che fornisce gratuitamente a numerose scuole prive di mezzi. La sua azione appassionata è all’origine del movimento in questo Paese. Ovunque vengono aperte nuove “Case dei Bambini”. Maria è invitata in diverse capitali per tenere corsi e conferenze: Londra, Vienna, Berlino, Parigi, Budapest. La sua vita diventa sempre più errabonda. È un continuo viaggiare, cambiare alberghi e abitazioni, conoscere nuova gente. Due soli punti fermi: Roma e Barcellona. Mario ormai è sempre al fianco di sua madre, l’accompagna in ogni suo spostamento, è lui a organizzare tutto il lavoro, le fa da interprete, sostiene la rete degli scambi internazionali creata dagli allievi attivi nei diversi Paesi e mantiene una fitta corrispondenza.

Le nuove Case dei Bambini e le prime elementari a Roma e a Napoli

Il 1916 era stato l’anno in cui ne L’Autoeducazione nelle scuole elementari Maria aveva fatto conoscere i primi risultati relativi alle sperimentazioni condotte con bambini dai sei ai dieci anni. Si era reso necessario, ovviamente, ampliare i materiali didattici – ora chiamati “test sistematici” – e le discipline oggetto di studio: lingua, storia, geografia, aritmetica, geometria, musica e altro ancora. Nella Prefazione all’opera esprime la sua gratitudine nei confronti di Anna Fedeli e di Anna Maria Maccheroni per i sacrifici che hanno compiuto e dà un’idea sommaria dei livelli già raggiunti dal suo lavoro sperimentale212. Le prime classi elementari erano state avviate già sul finire degli anni Dieci. A Roma la prima in assoluto era stata addirittura in casa sua, in via Principessa Clotilde, con pochi bambini tra i quali Carlo e Gemma, i due figli dell’amica Maraini. Cresciuto il numero dei piccoli allievi, la scuola viene spostata in via Monte Zebio, 35.


La Regina offrirà un generoso contributo in denaro per l’apertura anche a Roma delle prime scuole municipali organizzate secondo il Metodo Montessori, così come era avvenuto a Napoli nel ’19.

Nel capoluogo partenopeo sei Case dei Bambini funzionavano in vari punti della città, sostenute dalla “Società Amici del Metodo Montessori” e dirette da Maria Fancello213. Tra le maestre che vi operavano si segnalano Lina Egidi e Lucia Fancello, forse parente di Maria.


Un’altra scuola, la “Carducci” in zona S. Giovanni, venne appositamente costruita a Roma. Qui l’insegnante è Lina Olivero. Anche qui si ottiene un grande successo si per ciò che attiene alle nozioni apprese, sia per la maturazione osservata nei bambini. Margot Waltuch214 ha ricordato che questa scuola aveva la forma di una stella a quattro raggi in ciascuno dei quali erano situate quattro aule, tutte comunicanti tra loro. Avevano soffitti bassi, finestre ad altezza di bambino, porte che si aprivano direttamente su uno spazio verde all’esterno in modo da offrire la massima continuità tra lo spazio interno e quello esterno. Per uscire c’erano solo tre scalini bassi. Si trattava di una struttura ideale per una scuola Montessori. Fu demolita nel ’38 per lasciare spazio a un edificio scolastico in uno stile a metà tra umbertino e fascista, quello che conserva ancora oggi la scuola di via La Spezia, 29.


All’estero vari allievi già da tempo hanno cominciato a impegnarsi con fedeltà e intelligenza. Al corso di Amsterdam del 1924, per esempio, si fa notare una giovane ungherese, Erzsébet Burchard-Bélavary che la Montessori chiama affettuosamente “Elisabetta d’Ungheria”. Dopo un’esperienza di due anni nella scuola di Vienna con Lili Roubiczec, Erzsébet aprirà a Budapest una Casa dei Bambini, per poi fondare, l’anno successivo, una scuola elementare. Nel 1936 organizzerà un corso per maestri di bambini dai tre ai dieci anni e agli esami finali riuscirà addirittura o ottenere che presenzi la Dottoressa. Determinata e coraggiosa, la Burchard-Bélavary porterà avanti il suo impegno con grandi e piccoli diffondendo quanto ha appreso, malgrado le difficili condizioni politiche del suo paese dopo il secondo conflitto mondiale.


Molte sono in tutto il mondo le storie come questa. Uomini e donne che, mossi da esemplare passione, si sacrificano in difesa dei diritti dell’infanzia. Circondata da allievi volenterosi e sensibili, Maria trova sempre aiuto in quelle antiche alunne che ormai sono le amiche che le stanno vicine e che tengono a debita distanza i curiosi e gli importuni che puntualmente la assediano. «Un muro impenetrabile si ergeva contro tutti costoro», ha testimoniato Sulea Firu, «costituito in modo particolare da quella formica attivissima che era Lina Olivero».


Sono ancora gli allievi più cari – se ne trovano accenni in varie lettere – che pensano di regalarle un’auto per alleviarle in parte la fatica degli spostamenti. L’idea rallegra anche il figlio, appassionato di automobili, all’epoca un lusso, ma non sappiamo se sia mai stata attuata.


Gli anni si succedono e il passaggio tra i cinquanta e i sessant’anni è alquanto penoso per lei: in Italia farà ritorno solo tredici anni più tardi. Resta instancabile nel trasmettere ciò che ha appreso da ormai numerosissime esperienze e cioè che i bambini possono essere collaborativi, responsabili e dunque «persone di pace» se educati in una scuola nonviolenta215. Tale pensiero sembra raggiungere in lei un grado sempre maggiore di definizione e lo ripropone continuamente in quegli anni, gli anni Trenta, in cui sull’Europa incombono nuove minacce.


Mantiene un sorriso garbatamente ironico che esprime, insieme a uno sguardo intenso e luminoso, la freschezza di una mente che non si stanca di indagare, anzi di scandagliare, i fondali del mondo che ha intorno a sé. Maria ha modi semplici, familiari, ma la voce è decisa, talvolta imperiosa, a tratti inaspettatamente dura, come di persona che su certi temi non ammette repliche. Il suo tono diventa, però, musicale e suadente durante le conferenze. Le foto d’epoca immortalano la passione intellettuale che la anima e che non l’abbandonerà nemmeno nei suoi ultimi giorni. Anche chi non conosce l’italiano la segue incantato.

Secondo quell’acuto osservatore che era Ilie Sulea Firu,
la gente ne era colpita come da un magnetismo spirituale. Quando parlava, si rivolgeva al pubblico sempre al femminile perché la maggioranza era composta da donne. Nel corso del ‘31 eravamo solo tre uomini – Arturo Piga dal Cile, Lazar Popp ed io da Bucarest – e ci sentivamo come tre capre in un gregge di pecore. Lei in principio ci ha ignorato, però Mario è venuto da noi e con lui abbiamo fatto amicizia. La Dottoressa sembrava considerare le uditrici come una famiglia e questo creava un’atmosfera di coesione sociale tra maestra e allievi. Era partecipe della loro comprensione e del loro entusiasmo: una donna straordinaria, del tutto diversa dai tanti docenti dell’epoca. Del resto era la prima volta che, dopo tante voci maschili più o meno illustri, risuonava e con tanta forza: una voce femminile nel campo dell’educazione, una donna che era anche una madre, un medico, una scienziata. Prima di lei la cultura – soprattutto quella scientifica – era stata esclusivo appannaggio dei maschi.

Maria Montessori, una storia attuale
Maria Montessori, una storia attuale
Grazia Honegger Fresco
La vita, il pensiero, le testimonianze.Una biografia giunta alla terza edizione che accoglie numerosi aggiornamenti, correzioni e nuovi capitoli, grazie anche all’importante apporto della pronipote Carolina Montessori. Maria Montessori fu certo una donna straordinaria, in grado di sucitare gli entusiasmi più accesi e le condanne più ostili.Ancora oggi il suo pensiero e le sue scoperte provocano reazioni contrastanti. La biografia Maria Montessori, una storia attuale esamina tutte le fasi della sua vita: dai primi anni della formazione, contraddistinti dal fatto di essere una delle prime donne medico in Italia, alla vicenda infelice della maternità celata. Dalle battaglie femministe, che radicano in lei una nuova sensibilità di giustizia sociale, alla dedizione verso i bambini meno fortunati, fino alla sua rivoluzionaria idea pedagogica, fondata sulla promozione delle competenze e della libertà del bambino, dall’infanzia all’adolescenza. Questa terza edizione di Grazia Honegger Fresco accoglie numerosi aggiornamenti, correzioni e nuovi capitoli, grazie anche all’importante apporto della pronipote Carolina Montessori. “Maria Montessori, una storia attuale” è la migliore biografia di Maria Montessori che conosco, certo in Italia, ma forse anche nel mondo, assolutamente dello stesso valore di quella storica di Rita Kramer. Grazia Honegger Fresco è una montessoriana nel cuore e nell’anima, dotata di una profonda conoscenza della vita e dell’opera di Maria Montessori, e il suo libro non è una scialba riproposizione di notizie già note, né un’agiografia. L’Autrice ha fatto ricerche molto approfondite in Italia e all’estero, consultando documenti originali e privati di Maria Montessori e della sua famiglia, e ascoltando coloro che hanno conosciuto Maria intimamente. Il risultato è questo capolavoro del tutto originale.Carolina Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.