CAPITOLO II

Prepararsi per l'educazione al vasino

Il bambino si costruisce un modello interno di se stesso in base a come ci si è preso cura di lui.
J. Bowlby


Quando i bambini apprendono una nuova abilità, di rado la imparano da un giorno all’altro; basti pensare a come il vostro bambino ha imparato a correre: dapprima ha iniziato ad appoggiarsi ai mobili per alzarsi in piedi, poi ha mosso i primi passi sostenendosi a una sedia, e solo più tardi è riuscito a camminare senza il bisogno di alcun appoggio. I primi passi erano ciondolanti e con molte cadute, poi, un po’ alla volta, è diventato sempre più indipendentemente e ora è una vera gioia vederlo sgambettare in mezzo al prato.

Per iniziare: identificare azioni e parole

Ogni volta che cambiate il pannolino al bambino avete l’opportunità di parlargli dei termini che hanno a che fare con cacca o pipì. Ogni tanto fare dei commenti descrivendogli quello che sta avvenendo potrebbe essere molto utile: per esempio potreste spiegargli che ha appena fatto la cacca nel pannolino e che per questo deve essere cambiato; quando andate in bagno potreste farlo entrare con voi e informarlo su cosa sta facendo la mamma sul water e che quando sarà grande potrà fare anche lui la stessa cosa.


Nella vita di tutti i giorni insegnate al bambino come usare i termini legati al bagno: mostrategli il significato di termini opposti come “bagnato” e “asciutto”, “pulito” e “sporco”, “su” e “giù”, “adesso” e “più tardi”, e per quanto possibile cercate di usare un linguaggio univoco per tutte le funzioni: poco alla volta questi termini entreranno nella routine quotidiana. Tenete presente poi che il bambino userà questo linguaggio anche al di fuori delle mura domestiche, quindi il consiglio è quello di usare dei termini che siano socialmente accettati.

Sporco e pulito dal punto di vista del bambino e dell’adulto

“Attento a non sporcarti!” dicono gli adulti. L’educazione al vasino e alla pulizia sono un terreno fertile di nuove regole, di nuove imposizioni e per questo un campo aperto a continue trasgressioni, come se tutto ciò che sporca o imbratta attirasse il piccolo come una calamita. In realtà per il bambino lo sporco, prima di diventare un divieto, è un piacere, un aspetto che si dimentica completamente da adulti, tanto forte è stata la proibizione nell’ambito familiare e culturale: il ribrezzo per gli escrementi non è affatto un sentimento innato, ma il bambino inizia a manifestarlo verso i due anni di età per via delle pressioni culturali. Per un bambino di quell’età giocare e sporcarsi sono la stessa cosa: la terra esercita su di lui un’attrazione irresistibile, vorrebbe manipolare la sabbia e l’acqua per poter scoprire e conoscere questi elementi naturali; se lo si lasciasse fare, spinto da un’insaziabile curiosità, giocherebbe anche con la sua cacca, ma i genitori mettono subito un veto a questo tipo di manifestazioni.


Il modo in cui noi stessi trattiamo le feci è assai ambiguo e contraddittorio, e lo sono anche i messaggi che trasmettiamo al bambino; se le tocca, ci gioca, o le esibisce nei momenti meno opportuni, sono qualcosa di cattivo, di sporco. E il divieto che gli imponiamo non è solo di carattere igienico, ma contiene già un profondo significato morale. Tuttavia, se da un lato priviamo le feci di qualsiasi accezione positiva, dall’altro esortiamo con insistenza il bambino a produrle; e questo perché dal punto di vista fisiologico la regolarità delle feci, la loro consistenza e il loro colore sono un segnale di salute e acquistano un valore importante. Quindi da una parte le feci generano ribrezzo negli adulti poiché vengono trattate come qualcosa di sporco (e questo il bambino lo percepisce anche dal tatto dell’adulto che lo cambia e lo lava per ripulirlo), dall’altro vengono intese come un dono che il bambino fa all’adulto, in quanto riflettono il suo stato di salute e il fatto di essere stato bravo o meno a farle nel posto giusto. Inoltre i bambini provano un senso di possesso per ciò che esce dal loro corpo, mentre gli adulti ne provano disgusto1. Si tratta di un oggetto contraddittorio in quanto nelle stesso tempo appare buono e cattivo, adeguato e inadeguato, degno di attenzione e di interesse e ripugnante: per un verso qualcosa da donare, da esibire e da ammirare e dall’altro un corpo da non toccare, da respingere da sé, da nascondere. È inevitabile quindi che il piacere che il bambino provava all’inizio nell’espellere le feci, in seguito non sia più così spontaneo e naturale, ma si connoti di negatività (è sporco, puzza e così via). A questo punto può capitare che il piccolo non riesca più a capire che cosa si voglia da lui, e questo può interferire con il ritmo spontaneo, fisiologico dell’impulso sfinterico, rischiando di alterarne la regolarità.


Per queste ragioni nell’educazione al controllo sfinterico è richiesta una buona dose di tatto, molta dolcezza e sensibilità, in modo da intuire il ritmo fisiologico del bambino e metterlo sul vasino quando prova lo stimolo, senza anticipare, né posticipare troppo questo momento. Non occorre insistere o rimproverarlo in caso di stitichezza, obbligandolo a stare sul vasino, e neppure sgridarlo e farlo sentire in colpa in caso di incontinenza2.

Educazione al vasino: tra autostima e senso del pudore

Talvolta le mamme lamentano il fatto che a una certa età, verso i due anni, il bambino tragga particolare beneficio dal fatto di stare nudo; questo di solito capita tra le mura domestiche: il bambino non appena arriva a casa non vede l’ora di togliersi scarpe, pantaloni, maglia e mutande e rimanere “come mamma lo ha fatto”. A volte i genitori interpretano questo comportamento pensando che forse il piccolo ha caldo, ma molto spesso in questa esibizione il bambino vuole mostrare l’orgoglio per il proprio corpo e lo fa, appunto, mettendosi in mostra e richiamando l’attenzione su di sé.


Per questo, nel limite delle regole di buona convivenza, il bambino non andrebbe ostacolato nei suoi gesti di tenero esibizionismo: egli sta imparando a conoscere il proprio corpo e a volergli bene e questa sua esibizione attiva va accolta senza troppi rimproveri o censure, perché non fa che aumentare la sua autostima. Naturalmente non va favorita in modo eccessivo, ma nemmeno denigrata o canzonata: è sufficiente assecondare l’orgoglio del bambino per il suo corpo, dicendo per esempio: “Ma sei veramente bello, sai?”. A poco a poco il gusto per queste manifestazioni passerà da sé, mentre si farà più forte il senso del pudore3.


È importante anche accettare in modo giocoso le sue prime esibizioni delle feci: queste sue dimostrazioni di orgoglio vanno assecondate e non punite. Altre volte invece, nel curare l’igiene del bambino, non sempre ci si preoccupa di salvaguardare la sua nudità dagli occhi degli estranei; quando, in pubblico, lo si lava, gli si cambia il pannolino o lo si invita ad andare sul vasino: “è così piccolo, non ha il senso del pudore!”, si pensa. In realtà l’esibizione “passiva” (non voluta direttamente dal bambino) delle parti intime del corpo viene vissuta come una vera e propria offesa alla sua dignità di persona. Essere esibito ed esposto agli sguardi degli altri senza che il piccolo sia d’accordo, e quindi senza il suo “permesso”, rappresenta sempre una violenza alla sua intimità. Come l’adulto, anche il bambino viene ferito nel suo orgoglio se esponiamo le sue parti intime in pubblico, proprio come succede a noi quando dobbiamo spogliarci durante una visita medica.


Bisogna avere molta indulgenza, molta tolleranza con il bambino nella fase in cui lo si educa al controllo sfinterico e alla pulizia; occorre lasciarlo il più possibile tranquillo, soprattutto quando è sul vasino, senza inutili interferenze ed esortazioni. L’età che corrisponde all’abbandono del pannolino è un periodo della vita in cui la sua personalità è ancora fragile, sensibile, in lenta costruzione; egli è quindi molto vulnerabile e qualsiasi ferita al suo narcisismo tende a lasciare dei segni profondi4.

VOCI DI MAMME E DI PAPÀ

L’abbandono del pannolino è un momento in cui al genitore crollano delle certezze. (…) Qualsiasi sia l’età del bambino lo si introduce al vasino, spiegandogli che lì dentro si fa la cacca/pupù/popò/pipì, perché è così che fanno i bimbi grandi. Si prende il bimbo e si procede con il discorsetto, cercando di essere il più possibile chiari ed espliciti. La cosa peggiore di tutte è che si inizia a parlarne con qualsiasi persona si incontri per strada, soprattutto se il bimbo è a tiro di orecchie: la fornaia, il fruttivendolo, la signora Pina; si fa di tutto per non dimenticare nessuno. “Sa, abbiamo tolto il pannolino! E sì, stiamo diventando grandi!” (…)


Vi sentite stressati? Con molta probabilità lo è anche vostro figlio. Che forse si chiede perché improvvisamente vi siete messi a parlare di cacca e pipì come degli ossessi, che gli chiedete se deve farla in continuazione, che lo invitate a sedere su quell’affare scomodo venti volte al giorno. E poi soprattutto, cosa estremamente imbarazzante, ne discutete di continuo con degli estranei. Tutti all’improvviso parlano delle faccende più intime di vostro figlio, di fronte a lui5.

Togliere il pannolino: chiamiamo le cose con il loro nome

Spesso quando il bambino è piccolino e inizia a dire le prime parole i genitori tendono a usare con lui un linguaggio semplificato. Gli psicologi lo hanno chiamato “motherese”, cioè “mammese”, un comportamento spontaneo che aiuta genitore e bambino a stabilire un’intesa e a preparare le basi e i prerequisiti per uno sviluppo autonomo del linguaggio. A volte però, mano a mano che il tempo passa, certe parole rischiano di rimanere “congelate” nel vocabolario infantile del bimbo, non più consone alle sue capacità linguistiche che ormai si sono evolute. Quasi tutti i genitori sanno che sarebbe preferibile usare la parola completa, seppur all’inizio di difficile pronuncia, piuttosto che la sua traduzione in “mammese”. Un esempio: possiamo pur indugiare con la presentazione della “ciccia” piuttosto che della “carne”, ma questo rappresenta un inutile passaggio intermedio perché poi il bambino dovrà imparare comunque a usare il termine corretto del mondo degli adulti.


A volte può capitare di usare un linguaggio semplificato anche per insegnare al bambino cosa è lecito fare e cosa no. Spesso si sentono gli adulti usare l’espressione “cacca” per avvertire il bambino della sporcizia di un determinato oggetto; la classica situazione è al parco quando il bambino fa mostra del suo istinto innato di giocare con la terra. Così gli adulti, che di solito temono che il bambino si porti le mani alla bocca oppure si sporchi i vestiti, lo avvertono con un monito: “No, cacca!”. Questa raccomandazione va evitata perché impedisce al vostro bambino di mantenere una visione ingenua dello sporco e dei suoi escrementi: con questo avvertimento si trasmette l’idea che le sue feci siano qualcosa di indecente, una cosa da allontanare in ogni modo. Lasciate invece al bambino stesso la facoltà di capire che la terra non si mette in bocca per questioni igieniche ed evitate di associare tutte le cose sporche con le sue stesse feci; non farà che confonderlo e gli trasmetterà una considerazione ambivalente e contraddittoria del suo corpo e dei suoi prodotti. Le feci sono una funzione naturale, che va trattata in termini socialmente accettabili, ma non una cosa di cui vergognarsi o da nascondere, soprattutto quando il bambino è così piccolo da avere un senso del pudore ed una personalità ancora in costruzione6.

Educazione al vasino e parolacce

Dal momento che il bambino percepisce una connotazione ambigua delle feci da parte dell’adulto, sarà portato a mostrare repulsione per tutto ciò che è sporco o puzza. L’uso di parolacce a questa età non è che la conseguenza di siffatto pensiero ambivalente: il bambino cerca in qualche modo di esorcizzare il sentimento di ribrezzo per le sue feci allontanandone l’idea. Ridere della cacca, divertirsi a ripetere questa parola, scatena un’allegria contagiosa apparentemente incomprensibile, che serve ad allontanare l’idea dello sporco, infrangendone il divieto: se è qualcosa che non si può toccare, almeno la si può nominare, giocando con le parole. Ecco allora che i bambini trovano molto divertente scherzare su detto argomento e più gli si vieta di farlo, più troveranno divertente il parlarne. Tuttavia questo non è che il riflesso della nostra cultura, del ribrezzo, ambiguità e repulsione che noi adulti proviamo nei confronti di una funzione biologica naturale7.

Imitazione e privacy

I bambini possiedono un senso dell’imitazione innato, per cui qualsiasi cosa faccia l’adulto in qualche modo verrà imitato dal bambino. Non tutti i genitori sono disponibili ad avere dei piccoli osservatori che li spiano quando sono in bagno, ma non è affatto necessario che condividiate anche questi momenti con il vostro bambino: se in famiglia si desidera rispettare la privacy, non è un problema: il vostro bambino avrà altre occasioni per imparare a essere indipendente e magari quando sarà grande vorrà mantenere anche lui la propria intimità.

Via il pannolino!
Via il pannolino!
Elena Dal Prà
Come dare l’addio al pannolino in una prospettiva educativa, etica ed ecologica.Suggerimenti e consigli pratici per togliere il pannolino, affrontando il percorso dello spannolinamento in modo sereno e senza forzature. Togliere il pannolino è una delle fasi più importanti nel percorso di crescita del bambino. Il percorso di apprendimento è duplice: non si tratta solo di imparare a usare il vasino, ma anche di abbandonare l’uso del pannolino.Via il pannolino! illustra quale sia il percorso più semplice e piacevole per togliere il pannolino , senza che vengano a generarsi forzature e conflitti, ma tenendo presente che non esistono ricette precostituite e che, anzi, molto dipende dal temperamento del bimbo e dall’effettiva disponibilità del genitore.Nel suo libro, Elena Dal Prà sfata così i miti più comuni sull’educazione all’uso del vasino, sull’enuresi e sull’età in cui dovrebbe iniziare il processo di “spannolinamento”, e prende in considerazione i diversi approcci esistenti, alla luce delle più recenti ricerche scientifiche e con la consapevolezza di come questo particolare momento della crescita rappresenti una pietra miliare nella maturazione fisica e psicologica del bambino, nonché uno dei primi passi che conducono alla sua autonomia, il tutto in un’ottica educativa, etica ed ecologica.Il volume è arricchito da numerose testimonianze di mamme e papà che hanno voluto condividere le loro esperienze per aiutare gli altri genitori che sono alla ricerca di consigli e suggerimenti e che desiderano informarsi per poter affrontare questo percorso in modo sereno, aiutando il bambino a leggere i segnali del proprio corpo. Conosci l’autore Elena Dal Prà è pedagogista e insegnante di massaggio infantile, approfondisce tematiche legate all’allattamento, alla crescita dei bambini, alla disciplina dolce e in particolare alle questioni educative e ambientali relative allo svezzamento da pannolino.Dal 2005 svolge attività di consulenza per enti pubblici e associazioni per il sostegno della donna, madre e lavoratrice. Scrive per il web aggiornando siti dedicati alla genitorialità e moderando forum di discussione.