CAPITOLO I

Cos'è l'educazione al vasino

Prendersi cura di un bambino significa identificarsi con lui,
essere sensibili e reattivi ai suoi bisogni fisici e psicologici.
M. Klaus e J. Kennell

Passato e presente

…il bambino che cresce deve, ad ogni passaggio, ricavare un senso vitalizzante di realtà dalla consapevolezza che il suo modo individuale di padroneggiare l’esperienza (la sua sintesi dell’Io) è una variante riuscita di un’esperienza di gruppo (…) L’identità dell’Io acquista vera forza solo dal riconoscimento sincero e coerente di veri successi - cioè di realizzazioni che hanno significato nella cultura1.”


L’età in cui si toglie il pannolino al bambino è mutata molto nel corso degli ultimi cento anni. Fino agli anni Trenta l’educazione sfinterica era molto libera e i genitori permissivi da questo punto di vista. Da neonati i piccoli venivano fasciati, ma non appena iniziavano a gattonare indossavano delle vestine che arrivavano fino al ginocchio; il sedere e le gambette erano nudi, e a coloro che vivevano in campagna era permesso di liberarsi in terra: con una passata di strofinaccio tutto era di nuovo pulito2. Nelle case borghesi, invece, il bambino era vestito di tutto punto con calze, scarpe e graziosi vestitini; per questo motivo l’educazione sfinterica cominciava molto prima in modo da evitare bucati continui. E così, secondo la pedagogista Dolto3, un po’ alla volta si è cominciato a educare il bambino alla pulizia sempre più precocemente, adducendo anche la motivazione che il bimbo lasciato sporco poteva raffreddarsi e di conseguenza ammalarsi in un periodo storico in cui la mortalità infantile era davvero alta.


Prima degli anni Sessanta quindi l’educazione al controllo degli sfinteri iniziava molto presto: intorno al primo anno di età il piccolo era già indipendente dal pannolino.


Per le nostre nonne era normalissimo togliere i pannolini di stoffa in tenera età, anche prima che il bambino fosse in grado di camminare e di comunicare i suoi bisogni di evacuazione. Il bebè veniva esortato a stare sul vasino a orari fissi e per stimolare la regolarità delle sue funzioni intestinali veniva suggerito di introdurre un pezzettino di sapone nel sederino del bambino. Molto spesso per arrivare a tale precoce indipendenza non si escludevano metodi coercitivi anche fisici; tali sistemi educativi erano considerati normali nelle famiglie, che credevano di agire per il bene del bambino.


La teoria di Freud invece, supportata poi dai suoi successori, mette sotto accusa tutte quelle pratiche attribuibili a un complesso di atteggiamenti e comportamenti troppo rigidi da parte dei genitori. Le teorie psicanalitiche hanno sovvertito il significato di alcune pietre miliari dello sviluppo psicologico del bambino, in particolare il controllo delle funzioni fisiologiche: se prima il raggiungimento del controllo sfinterico veniva considerato una conquista positiva, con la teoria psicanalitica diventa un’esperienza temibile. La teoria freudiana dello sviluppo presuppone l’esistenza di istinti (le pulsioni) che si manifestano in sequenza durante l’infanzia: prima la pulsione orale, poi l’anale e infine quella genitale. Il processo di socializzazione implicherebbe quindi la repressione di queste pulsioni istintuali, attraverso le richieste dei genitori e della società più vasta; una gestione scorretta dello svezzamento e dell’educazione alla pulizia (troppo precoce o troppo tardiva, troppo severa o troppo permissiva) potrebbe avere effetti permanenti sulla personalità del bambino. La definizione di personalità anale che deriva dalle teorie freudiane (e che si attribuisce a errori nell’educazione agli sfinteri) sta pian piano scomparendo dalla letteratura psicologica e pedagogica, via via che diventa sempre più chiara la mancanza di supporto nei dati empirici; ma concetti come questi sono duri a morire e perfino un autore come Erikson, di fronte all’evidente infondatezza di tali presupposti, osserva che “l’addestramento al controllo delle funzioni intestinali e urinarie è diventato l’elemento di più evidente disturbo nell’educazione del bambino in vaste cerchie della nostra società”4. Vari studi empirici hanno dimostrato l’inconsistenza dell’applicazione delle teorie psicanalitiche allo sviluppo del bambino5; pur tuttavia la teoria freudiana si presta molto bene a rispondere alla mentalità dell’epoca.


Negli anni Sessanta, sulla scia delle teorie freudiane, la pedagogista e psicanalista francese Françoise Dolto mette in dubbio la necessità di svezzare dal pannolino in età precoce e propone un approccio molto più morbido in cui non viene messa fretta al bambino. Dal suo punto di vista il piccolo non va punito, ma di ogni bambino vanno rispettati i ritmi naturali di sviluppo neurologico e fisiologico6.


Da questo momento in avanti, e in concomitanza con l’avvento dei pannolini usa e getta, pediatri e psicologi iniziano a consigliare un approccio centrato sul bambino (child-oriented)7: è il piccolo a decidere quando togliere il pannolino ed è lui che sceglie se andare o no a fare i suoi bisognini nel water o nel vasino; egli inoltre non va forzato da chi si prende cura di lui e tanto meno punito.


In tutto questo il genitore ha il ruolo di osservatore e attende che sia il bambino a chiedere di togliere il pannolino. Si tratta di un processo che non va affrettato: ogni bambino ha i suoi tempi e l’intero percorso deve essere una sua decisione piuttosto che una forzatura da parte dell’adulto.

Anche al giorno d’oggi la maggior parte dei pediatri consiglia di cominciare a togliere il pannolino a partire dai 18-24 mesi di età; questa indicazione si fonda sulle linee guida dell’Accademia Americana di Pediatria, la quale richiama uno studio messo a punto nel 1962 dal pediatra americano T. Berry Brazelton8.


Spesso un inizio precoce dello svezzamento dal pannolino viene sconsigliato per evitare che eventuali insuccessi possano riflettersi negativamente sull’autostima del piccolo o dei genitori; per questo motivo si suggerisce di attendere che il bimbo manifesti di essere pronto a rinunciare al pannolino e che mostri la consapevolezza di voler evacuare. In realtà dimostrazioni scientifiche di effetti collaterali correlati a un inizio precoce non sono mai state fornite; stando a una serie di interviste rivolte ai genitori, alcune madri confessano addirittura di sentirsi a disagio per lo svezzamento precoce realizzato spontaneamente dal bambino, temendo che le amiche attribuiscano loro un atteggiamento rigido e antiquato9.


È curioso dare uno sguardo ai manuali di pediatria del passato per confrontare l’età in cui il bambino diventava indipendente dal pannolino. Negli anni Sessanta, il famoso pediatra Benjamin Spock10, in risposta alle abitudini imperanti dell’epoca, raccomandava di non insistere a proporre il vasino ai bambini di 8 mesi, che si sarebbero solo innervositi e i genitori demoralizzati: anche secondo lui un controllo volontario delle feci e delle urine avviene solo tra i 18 e i 24 mesi. Nei primi anni Settanta il pediatra Marcello Bernardi11 indicava la stessa fascia di età, fra i 18 e i 24 mesi.


È ben diverso da quello che troviamo scritto oggi nella maggior parte dei manuali di puericultura, secondo i quali il controllo sfinterico viene raggiunto in un’età compresa fra i 2 e i 4 anni12. Di fatto però lo svezzamento dal pannolino è ulteriormente ritardato, spesso più per comodità e praticità dei genitori che per reali esigenze del bambino. Studi clinici recenti hanno rilevato un aumento del problema della stipsi e dell’enuresi nei bambini, e diversi studiosi mettono in relazione questi problemi con l’inizio tardivo dell’educazione al vasino13.


Alcuni autori moderni come Tracy Hogg sostengono che l’educazione al vasino sia un processo che non va rimandato troppo: attendendo i classici 18 mesi per togliere il pannolino vi è il rischio di incappare proprio nel periodo dei “terrible two”, quello dei capricci e delle bizze, in cui il bambino tende a dire “no”, e nel quale sarà più facile che si sviluppino delle dinamiche oppositive perché la sua piccola personalità sta evolvendosi e maturando; a 18 mesi l’abitudine a tenere il pannolino è radicata così come la modalità di scaricarsi stando in piedi. Al contrario, l’autrice consiglia di iniziare quando il bambino non è ancora pronto dal punto di vista cognitivo, linguistico e motorio, cioè anche a partire dai 10-12 mesi. Il piccolo potrebbe non essere in grado di stare asciutto per tutto il giorno, questo però non toglie che si possa invitarlo a familiarizzare con il vasino, sfruttando la naturale collaborazione e il desiderio di imitazione degli adulti.


Proporre il vasino o il water con il riduttore non vuol dire togliere del tutto il pannolino, ma semplicemente rendere l’utilizzo del vaso un gesto quotidiano e normale, che si inserisce con naturalezza nelle abitudini di tutti i giorni: ci si veste, si mangia, si dorme e a volte ci si siede sul vasino. Il tutto è facilitato se si mantiene uno schema regolare, una routine, come per esempio andare in bagno dopo il risveglio mattutino o pomeridiano, dopo i pasti, prima di uscire o quando si rientra in casa.


A questa età il bambino è molto recettivo e disponibile a intrattenersi sul vasino e così imparerà a prestare attenzione a quei segnali del proprio corpo che precedono cacca e pipì. E nel momento in cui lo sfintere sarà pronto, lo sarà anche per togliere il pannolino14.


Anche l’autrice americana Elizabeth Pantley afferma che possa esistere una sorta di preparazione all’educazione al vasino che si può tranquillamente iniziare a 12 mesi facendo familiarizzare il bambino con i concetti di asciutto e bagnato, raccontandogli i processi che stanno alla base dell’eliminazione e proponendo il vasino senza insistenza, inserendolo nelle attività quotidiane senza aspettarsi risultati immediati15.

Il ruolo del genitore

I vecchi ciripà sono stati una liberazione per le mamme del mondo che hanno visto sfumare l’obbligo di lavare i vecchi pannolini di stoffa con lacci e laccioli che si annodavano e che non si asciugavano mai. Per questo diventava importante far abbandonare il pannolino al bambino il prima possibile. Tuttavia negli ultimi tempi l’età del vasino si è innalzata considerevolmente e il gran numero di pannolini in commercio (di tutte le fogge e misure, con elevati gradi di assorbenza destinati anche ai bambini più grandi) ha liberalizzato l’idea che sia consentito fare la pipì nel pannolino fino ai quattro anni. L’idea comune è che il piccolo non vada disturbato su questo aspetto e così lo svezzamento dal pannolino avviene in concomitanza con l’iscrizione alla scuola d’infanzia, in cui di solito (più per esigenze della struttura che del bambino) si raccomanda che sia già senza pannolino16.


Da una ricerca scientifica recente è emerso che lo status sociale delle madri e la loro istruzione è direttamente proporzionale a una maggiore età di spannolinamento: più i genitori sono istruiti e dispongono di una certa sicurezza economica più tendono a ritardare questa tappa, nonostante ci siano i segnali di prontezza del bambino17. D’altro canto sappiamo che un’acquisizione tardiva del controllo della vescica e degli sfinteri può essere in relazione con l’aumento di disturbi come stitichezza, ritenzione delle feci, encopresi ed enuresi18.


Cercare una soluzione dolce e senza insistenze da parte dei genitori è sicuramente la strada giusta, ma in questa direzione il loro ruolo di guida è quasi del tutto passivo o assente; al contrario il genitore riveste un ruolo attivo nell’educazione del bambino e ha il compito di facilitare i suoi progressi e il suo cammino verso l’indipendenza.


Di sicuro è importante tenere conto dei suoi tempi e assecondare i suoi ritmi naturali, ma spesso in questo modo si arriva a dare troppa responsabilità al piccolo in tale ambito, trascurando il fatto che per sviluppare la propria autonomia abbia bisogno di consigli, suggerimenti e incoraggiamenti.


Proviamo però a guardare con un’altra ottica lo svezzamento e l’educazione degli sfinteri. Invece di essere le esperienze frustranti previste dalle teorie delle pulsioni istintuali orale e anale, lo svezzamento e l’apprendimento delle abitudini di pulizia si possono considerare una conquista, fonte di soddisfazione e di migliori rapporti sociali. L’educazione alla pulizia può essere rapida e facile o richiedere più tempo e pazienza a seconda del temperamento del bambino, ma se è condotta in tranquillità, senza minacce o scenate, diventa per lui una conquista positiva, un altro passo avanti nella padronanza delle sue funzioni e una risposta riuscita alle aspettative del mondo esterno; come tale, rappresenta un passaggio importante nello sviluppo dell’autostima e della fiducia in se stesso19. Il fatto di essere in grado di controllare l’aspetto dell’evacuazione, quasi in ogni circostanza, permetterà al bambino di rafforzare la fiducia in se stesso e, come individuo, si sentirà capace di cose importanti20.

VOCI DI MAMME E PAPÀ

La maggiore difficoltà che ho incontrato nel togliere il pannolino a mio figlio è stata di ordine psicologico. Mio. Tutte le mie amiche mamme hanno fatto le splendide: “Ah sì, io ho tolto il pannolino in tre giorni!” E io che per una settimana di fila ho pulito incidenti mi sentivo incapace di comunicare con mio figlio, incapace di cogliere i segnali e per di più mi stava venendo il tarlo di aver anticipato troppo il divezzamento dal pannolino…


E qui è intervenuta la mia amica che con molta empatia mi ha raccontato che lei ha provato le stesse sensazioni e lo stesso senso di inadeguatezza. Mi sono sentita una mamma normale, che stava provando sentimenti normali. E ho continuato col cuore leggero e il sorriso sulle labbra ad asciugare pipì, fino a quando mio figlio mi ha stupito raggiungendo in pieno il nostro obiettivo.

Elena, mamma di Riccardo (25 mesi)

Il ruolo dell’adulto è quello di allargare lo spazio psicologico di libero movimento21 del bambino e di partecipare attivamente alla sua crescita, dandogli stimoli per la sua maturazione fisica e psichica.


È pur vero che i genitori di oggi sono molto occupati e che la donna è spesso obbligata a lavorare per contribuire all’economia domestica; quindi è comprensibile che, oberati da troppi compiti e impegni, vogliano evitare di forzare il loro bambino a una precoce educazione al vasino che comporterebbe tempo e dedizione. Bisogna però considerare che i pericoli di anticipare troppo questa tappa non sono connessi tanto a un inizio in tenera età quanto piuttosto ai metodi utilizzati nel passato, quali punizioni, minacce e vergogna. L’addio al pannolino non va rimandato troppo e con alcuni semplici suggerimenti è possibile iniziare il bambino al vasino con un approccio dolce, senza usare metodi coercitivi e aspettando i suoi tempi.


Riporto a questo proposito l’opinione di un famoso pediatra, Vincenzo Calia, da molti anni impegnato con le famiglie nella cura dei loro piccoli e sempre alla ricerca della via migliore per la loro educazione e crescita:


Faccio il pediatra da molti anni (ahimè!) e ho visto sfilare davanti a me migliaia di genitori e bambini: tutti i genitori hanno insegnato ai loro figli a depositare feci e urine al posto giusto (il gabinetto) e tutti i bambini hanno imparato a farlo.


Ma tutto questo non è successo sempre allo stesso modo e con gli stessi tempi: passano gli anni e aumenta sempre più l’età in cui si abbandona il fatidico pannolino. Quando non esistevano i pannolini usa e getta (e, ve lo assicuro, non è passato moltissimo tempo), non c’era nessun bambino che a due anni non usasse già tranquillamente il vasino; oggi si fabbricano (e si vendono in gran quantità) pannolini di misura king size. (…)


E quel che è peggio è che mi rendo conto che, anno dopo anno, via via che il periodo del pannolino si allunga a dismisura, aumentano sempre più i bambini che hanno problemi ad andare sul vasino o al gabinetto: si rifiutano di farlo, trattengono volontariamente le feci, inventano mille storie. Allora mi è sorto un dubbio: forse la cosa migliore non è sempre aspettare che maturino gli eventi, dare fiducia ai bambini, rispettare un (ipotetico) sviluppo naturale. Perché poi chi lo sa veramente qual è lo “sviluppo naturale”? Quello dei bambini di 18 mesi che fino a ieri sedevano allegri sul vasino o quello dei bambini di tre anni e passa che oggi trotterellano all’asilo con il culetto bello gonfio dal pannolino (e del suo non proprio piacevole contenuto)?


E se invece la cosa più naturale fosse l’insegnamento precoce, quando il bambino è ancora troppo piccolo per fare tante storie e opporsi a depositare le proprie feci e urine nel posto giusto? (…) E se questa attesa del momento giusto (che poi a me sembra nient’altro che la rinuncia dei genitori a prendere l’iniziativa) altro non fosse che il primo passo verso la trasformazione dei bambini in… “bamboccioni”?22

Cenni di fisiologia

Sia la digestione che l’assorbimento del cibo avvengono per stadi e cominciano nello stomaco: qui viene assorbita molta parte dell’acqua. Il contenuto dello stomaco poi, un po’ per volta, passa nell’intestino tenue dove continua la digestione. Fin qui il tutto si svolge in poche ore. Nell’ultima parte dell’intestino, il colon, il processo si rallenta. L’assorbimento si è concluso, solo un po’ d’acqua deve ancora essere riassorbita e proliferano i germi, che finiscono per costituire la parte maggiore della massa fecale; sono i nostri principali compagni di viaggio che producono per noi vitamine indispensabili, sono in contatto diretto con il nostro sistema immunitario e lo “educano” a rispondere agli stimoli esterni. Le feci si raccolgono e si compattano nell’ultima parte dell’intestino, il sigma. Quando scendono nel retto contribuiscono a innescare un riflesso che fa aprire l’ano; si tratta di un riflesso che la volontà e il subcosciente possono bloccare.


L’urina invece si forma nel rene, un organo molto complicato e finemente controllato dagli ormoni e dall’attività del sistema nervoso autonomo. Tutto il sangue dell’organismo attraversa dei corpuscoli collocati nella periferia del rene. La parte acquosa del sangue (con il suo contenuto di sali, zuccheri, residui proteici, acidi e basi) viene filtrata e passa dai singoli glomeruli in lunghissimi alambicchi dai quali il sangue recupera tutti gli elementi cominciando dall’acqua e gli zuccheri. Di alcune componenti dell’urina l’organismo riassorbe soltanto quello che gli serve: se, per esempio, ha bevuto molto riassorbe relativamente poca acqua; se è assetato, la riassorbe quasi tutta; se ha ingerito troppo sale o troppo calcio o fosforo li elimina con le urine in base al principio dell’omeostasi cioè la capacità dell’organismo di mantenere i suoi liquidi sempre identici a loro stessi. È per questo che ai soggetti enuretici si consiglia di non mangiare cibi troppo salati e con troppo calcio o fosforo prima di andare a dormire: questi alimenti stimolano la produzione di urina.


Da questo momento in poi il controllo delle urine assomiglia al controllo delle feci: così come le feci si raccolgono nel sigma, così le urine si raccolgono nella vescica; così come il riempimento del retto produce un segnale fisiologicamente seguito dall’apertura dell’ano, così il riempimento della vescica genera un segnale la cui risposta fisiologica è l’apertura dell’orifizio uretrale e lo svuotamento del sacchetto. Ma anche qui è possibile neutralizzare questo riflesso e rimandare fino al momento “giusto” questo svuotamento23.


La capacità fisica di controllare i movimenti intestinali e della vescica è associata psicologicamente alle emozioni legate al trattenersi o al lasciarsi andare; per essere sano e mantenersi tale un bambino ha bisogno di sviluppare un equilibrio fisico ed emotivo fra queste due polarità, e il passaggio dal pannolino al vaso prepara la strada per questa futura armonia. Il collegamento tra mente e corpo è molto potente quando si tratta della salute intestinale e lo stress emotivo potrebbe influire sull’attività dei neurotrasmettitori che regolano le funzioni degli sfinteri: cambiamenti nella dieta, nell’ambiente, nel livello di attività, nonché nei rapporti interpersonali influiscono sui livelli dei neurotrasmettitori, così come sul funzionamento dell’intestino.


Per spiegare questa dinamica è necessario analizzare il funzionamento del sistema nervoso autonomo. Esso è composto da due parti: il sistema nervoso simpatico (SNS), che contrae i muscoli e i vasi sanguigni in risposta a un impulso o a un pericolo percepito, e il sistema nervoso parasimpatico (SNP), che rilassa i muscoli e i vasi sanguigni quando sappiamo di essere al sicuro. Il SNS si può pensare come il pedale del gas, mentre il SNP come il freno: tutti gli organi del corpo dipendono dall’equilibrio e dal coordinamento di questi due sistemi e dalle sostanze chimiche che producono. Quando un bambino non si sente al sicuro o è poco tranquillo i movimenti della peristalsi intestinale possono aumentare, causando diarrea, o rallentare, causando stipsi24; per questo motivo l’educazione al vasino va vissuta senza imposizioni e senza vergogna, in caso contrario potrebbe causare nel bambino difficoltà a rilassarsi e lasciarsi andare dal punto di vista sfinterico.


Un atteggiamento troppo opprimente da parte del genitore, che chiede in modo asfissiante al bambino di sedersi sul vasino o gli domanda di continuo se sente scappare la pipì, induce il piccolo a credere che il proprio corpo non sia in grado di regolarsi da solo.


Riceviamo messaggi consapevoli e inconsapevoli sull’opportunità di lasciarsi andare in un dato momento o luogo: più ci sentiamo rilassati e sicuri, più l’evacuazione avrà esito felice. Ina May Gaskin, nota ostetrica, definisce questo principio come la “legge dello sfintere” (anche la cervice è uno sfintere): non si può costringere lo sfintere di un bambino o di un adulto a rilassarsi quando non ci si sente sicuro e a proprio agio25. A riprova di questo accade comunemente, sia ai bambini sia agli adulti, di avere difficoltà ad andare in bagno durante i primi giorni di viaggio; alcune persone poi trovano difficile usare un bagno pubblico, mentre non hanno problemi se sono a casa loro.

Comunicare con il bambino

Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione.Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.Ora avete torto.Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.Per non ferirli.
Janusz Korczak

L’abbandono del pannolino è innanzitutto una questione di comunicazione con il bambino: quanto più forte è la comunicazione che si è instaurata con lui, tanto più facile e veloce sarà renderlo indipendente dal pannolino.


Ma come possiamo far sì che il nostro rapporto con lui funzioni e sia efficace? La risposta non è né univoca né facile e non ci sono ricette precostituite o regole magiche da applicare, ma se c’è una cosa che si può consigliare a tutti i genitori è quella di mettersi in ascolto dei propri bambini: “abbassarsi” al loro livello, anche fisicamente, e ascoltarli. Ma come è possibile mettersi in loro ascolto quando molte volte, per questioni lavorative, si è costretti a trascorrere tanto tempo lontano da casa?


I bambini sono innanzitutto i nostri naturali imitatori e collaboratori; e questo lo possiamo vedere nei piccoli gesti della vita quotidiana. Nell’educazione al vasino quanto più daremo loro il “buon esempio” tanto più saranno disponibili a imparare e a imitare gli adulti. Dal momento che i bambini piccoli osservano il comportamento dei genitori così attentamente da assimilarlo e imitarlo, non sarà necessario esercitare una pressione esplicita perché usino il vasino o il gabinetto26; quindi se noi per primi mostriamo un rapporto equilibrato con il nostro corpo, questo verrà percepito e fatto proprio dai figli.


Ogni bambino inoltre ha bisogni ed esigenze ma non è ancora in grado di esprimere a parole il suo disagio, per cui a volte il suo modo di comunicare risulta “primitivo” agli occhi di un adulto e può risolversi anche in comportamenti quali piangere, battere i pugni, buttarsi per terra; tutti quegli atteggiamenti che noi adulti chiamiamo bizze o capricci.


Dietro al capriccio ci sono sempre dei motivi che vanno ricercati ed ascoltati; forse per noi adulti non sono abbastanza validi da giustificare tali comportamenti da parte dei nostri figli, ma agli occhi di un bambino, che adotta scale di valore diverse da quelle di un adulto, l’oggetto della protesta in quel momento risulta di vitale importanza. Forse il piccolo è stanco, oppure ha fame, oppure vuole semplicemente sentire la presenza del genitore che si è recato al lavoro per tutta la giornata.


A volte chiediamo degli sforzi grandissimi ai nostri figli e pretendiamo che in base ai nostri parametri essi si comportino come piccoli adulti che sanno attendere, controllarsi emotivamente, procrastinare un bisogno di quel momento. Il bambino invece non è ancora in grado di controllare i sentimenti come un adulto e per questo i suoi comportamenti vanno tradotti e adattati alla sua età e al suo grado di maturità. Questo non significa sottrarsi a porre dei limiti di comportamento ai nostri bimbi: essi devono percepire che è l’adulto che si prende cura di loro e li protegge, difendendoli da eventuali pericoli che in quel momento potrebbero ignorare.


Alcune famiglie si rendono completamente disponibili verso i bambini, ponendosi in loro ascolto, ma, come sottolinea il famoso psicologo danese Jespers Jull, di recente questa tendenza ha creato un numero crescente di genitori manipolati dai figli, genitori che si mettono in tutto e per tutto al loro servizio, pensando che ogni loro richiesta debba essere esaudita. Questo succede quando i genitori temono di essere troppo autoritari e hanno difficoltà a individuare e stabilire i limiti della loro autorità personale. In realtà queste famiglie danno ai figli molto di ciò che essi chiedono e molto poco di ciò di cui hanno bisogno27; così troppo spesso si finisce con il ricoprirli di beni materiali e ci si esime dal dare loro ciò di cui veramente necessitano: il nostro tempo, il nostro affetto, il gioco insieme, le giornate di festa trascorse in compagnia.


Sovente poi alcuni consigli che sentiamo non ci vengono in aiuto: l’importante non è tanto la quantità di tempo che trascorriamo con i nostri bambini, ci dicono, quanto piuttosto la qualità. Ma come scrive Penelope Leach: “La brillante espressione ‘qualità del tempo’ coniata dagli americani suggerisce ai genitori che è possibile concentrare tutti gli scambi che si vorrebbero avere con i figli in un’ora sola al giorno, per ogni giorno lavorativo, purché sia un’ora ben spesa. Naturalmente un’ora è meglio di niente e se il tempo scarseggia è certo preferibile non sprecarlo nelle faccende domestiche. Tuttavia il concetto di ‘qualità del tempo’ rimane assurdo”28. La maggior parte dei bambini ha desiderio e bisogno della presenza fisica di un genitore per buona parte della giornata.


Molte volte si consiglia di stare con il bambino quando si sono terminate tutte le faccende lavorative e domestiche (la spesa, le commissioni, gli impegni di lavoro…), ma in realtà il bambino ha bisogno innanzitutto di una madre e di un padre presenti, anche quando sono indaffarati; di solito preferisce stare con loro il più tempo possibile e non solo quando sono rilassati e liberi da qualsiasi incombenza da sbrigare.


Cerchiamo di trascorrere molto tempo con i nostri bambini, non soltanto quando siamo liberi da impegni e appuntamenti. Inoltre, se possibile, coinvolgiamoli nei nostri compiti quotidiani: andare a fare la spesa o svolgere le pulizie di casa sono tutte azioni a cui anche il bambino può prendere parte; in questo modo si sentirà attivo e partecipe nella vita quotidiana.


Per far questo possiamo cercare di rendere l’ambiente domestico il più possibile a misura di bambino scegliendo per lui dei luoghi accessibili e sicuri dove svolgere i suoi giochi e le sue attività29.


“Il segreto dell’essere genitori non risiede tanto in ciò che un genitore fa, quanto in ciò che un genitore è per il proprio figlio. La ricerca di contatto e vicinanza da parte del bambino è proprio quella che ci consente di essere per lui una fonte di cure e di conforto, di essere una guida e un esempio. (…) Tutte le abilità genitoriali di questo mondo non potranno mai compensare la mancanza di una relazione di attaccamento”30.

L’unicità della coppia genitore-bambino

Prima di iniziare l’educazione al vasino dovremmo chiederci quale sia il carattere di nostro figlio, perché sulla base di questo potremo decidere anche il nostro approccio.


Molti autori parlano di temperamento del bambino31: in particolare gli studiosi Thomas e Chess, nei primi anni Cinquanta, individuarono nove caratteristiche32, ognuna delle quali (da sola o in relazione con le altre) influenza il comportamento infantile.


Valutando l’interazione di queste nove caratteristiche trovarono che il temperamento di molti bambini poteva ricadere in tre categorie principali: il bambino facile, il bambino lento a scaldarsi, il bambino difficile. Gli studiosi stimarono che il 65% ricade in almeno una categoria, di questo il 40% è facile, il 10% è difficile e il 15% è lento a scaldarsi. Ogni categoria ha i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza, ma non si tratta di una classificazione qualitativa; anche se i termini usati possono portare a un giudizio di valore sulla maggiore o minore “bontà” del bambino, in realtà questa suddivisione è utile per capire le modalità con cui il bambino reagisce all’ambiente circostante e a decidere le strategie di interazione con lui.


In estrema sintesi il bambino facile si adatta velocemente alle nuove esperienze, in genere si dimostra di buon umore e ha abitudini regolari per quanto riguarda i pasti, il sonno e le evacuazioni. I bambini lenti a scaldarsi tendono ad avere un basso livello di attività e ad evitare nuove persone e nuove situazioni (per esempio la presentazione di un nuovo oggetto come il vasino), si adattano ai nuovi contesti con calma, preferibilmente dopo vari tentativi di approccio, sono abbastanza regolari nelle abitudini e nella routine di ogni giorno. Il bambino difficile tende invece ad adattarsi con meno facilità all’ambiente, a piangere spesso e a essere irritabile; i suoi ritmi alimentari, di sonno-veglia e di eliminazione non sono prevedibili nel corso della giornata.


Per evitare connotazioni negative, in seguito il termine “difficile” è stato sostituito da altri autori con il termine “spirited33, cioè vivace, brioso, coraggioso, con reazioni emotive marcate.


Molti esperti sono concordi nell’affermare che il temperamento abbia basi genetiche, anche se i fattori ambientali modificano le sue modalità di espressione. Un genitore può definire il bambino come difficile in relazione alla propria cultura o al proprio temperamento; per esempio in alcuni paesi il sonno irregolare del neonato può essere considerato indice di temperamento difficile; presso altre culture, che presentano una diversa scala di priorità, un bambino che si sveglia spesso di notte può non disturbare il genitore ed essere considerato di temperamento facile.


La compatibilità tra il temperamento del bambino e quello del genitore può influenzare la vita familiare: un genitore lento nelle reazioni può essere infastidito da un bambino molto attivo. Tuttavia questa consapevolezza può aiutare i genitori a relazionarsi con i figli: quello che potrebbe apparire come un problema comportamentale non sarebbe altro che una discrepanza tra il temperamento del piccolo e quello dell’adulto.

Temperamento ed educazione al vasino

Un bambino piuttosto sensibile, secondo le definizioni di Thomas e Chess, potrebbe essere infastidito da un ambiente molto rumoroso e in tali condizioni rifiutare un nuovo cibo o una nuova abitudine come quella di sedersi sul vasino; inoltre potrebbe piangere quando sente il contatto con il cerchio freddo del WC, situazione in cui invece un bambino facile non avverte nessun fastidio e si adatta senza problemi; ancora, la sua serenità potrebbe essere disturbata dalla ruvidezza di un vestito o da una semplice etichetta. D’altra parte, se condotto in un percorso di spannolinamento senza forzature, minacce o punizioni, può rivelarsi molto veloce nell’apprendimento del controllo sfinterico, in quanto avverte subito il contatto con il pannolino bagnato ed è portato ad avvisare subito il genitore.


Alcuni studi hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione tra i problemi causati dalle difficoltà con lo svezzamento dal pannolino (enuresi, encopresi, costipazione) e il tratto temperamentale difficile; al contrario, se un bambino ha un temperamento facile lo svezzamento da pannolino sarà più semplice e veloce34.


Un bambino con funzioni biologiche molto regolari può presentare un movimento intestinale tutti i giorni alla stessa ora; se poi si tratta anche di un bimbo con un temperamento con un basso livello di attività, se ne starà tranquillo sul vasino anche cinque o dieci minuti. Con un soggetto di questo tipo l’educazione degli sfinteri può essere una faccenda rapida e facilissima, che volendo si può completare prima dei due anni. Un altro invece può avere un alto livello di attività e funzioni biologiche molto irregolari, cosicché l’orario dei suoi bisogni fisiologici è imprevedibile da un giorno all’altro; per lui restare seduto sul vasino diventa un supplizio, perché dopo qualche minuto comincia ad agitarsi e a lamentarsi, per quanto i genitori si sforzino di distrarlo o di tenerlo seduto con rimproveri e minacce. Se i genitori insistono con questa strategia rigida, non possono che fallire nel loro obiettivo: c’è incompatibilità fra le loro richieste e le capacità del bambino; di certo il piccolo prima o poi imparerà a usare il vasino, ma nel frattempo avrà subìto la disapprovazione dei suoi genitori.


Per quanto riguarda l’educazione degli sfinteri vi sono diversi modi per realizzare una soddisfacente compatibilità di richieste e risposte. Se i genitori si rendono conto presto che il metodo che ha funzionato così bene con la sorella maggiore, una bambina calma, non serve a nulla con il secondogenito, a causa della sua irregolarità e del suo alto livello di attività, possono decidere di cambiare metodo. Per prima cosa potrebbero insegnare al bambino ad avvertirli appena se l’è “fatta addosso”, in modo da poterlo pulire subito e insegnargli i concetti di asciutto e bagnato, di sporco e di pulito; una volta acquisito questo primo passo, possono chiedergli di avvertirli in anticipo, appena ne sente il bisogno, cosicché possa essere invitato a mettersi sul vasino. Alla fine di questo percorso graduale il bambino sarà capace di riconoscere da solo la sensazione di un bisogno imminente e di andare sul vaso da sé; a seconda del temperamento, il piccolo potrà avvertire di avere realizzato qualcosa e di essersi guadagnato l’approvazione dei genitori. Questo apprendimento è un’esperienza positiva per il bambino, un altro traguardo raggiunto nel lungo percorso di conoscenza e controllo delle proprie funzioni e un’ulteriore riuscita nel soddisfare le richieste di socializzazione che gli vengono dal mondo esterno35.

Un percorso lento e graduale

Nello stesso modo in cui si insegna al bambino ad avvicinarsi al cibo solido oppure a vestirsi da solo quando ancora non è in grado di farlo in modo indipendente, così dovremmo accompagnarlo verso l’indipendenza nel controllo sfinterico; la maturazione è un processo graduale che ha bisogno di tempo.


Spesso lo svezzamento da pannolino crea veri e propri momenti di sofferenza che coinvolgono genitori e figli. D’altra parte siamo stati noi ad avere messo il pannolino al neonato, che non lo ha chiesto di sua spontanea volontà. Quindi per prima cosa mettiamoci nei suoi panni: finora è sempre stato abituato a fare i suoi bisogni in santa pace senza che quasi nessuno se ne accorgesse (non doveva avvisare nessuno, li faceva e basta); da un momento all’altro il genitore, se pur con infinita pazienza, inizia a spiegargli che è ora di togliere il pannolino. Ma come si convince il bambino, che fino a quel momento era abituato a fare la i suoi bisogni in piedi, a sedersi su una cosa di plastica come il vasino?


Probabilmente senza il pannolino il bambino starebbe molto meglio: sarebbe più libero nei movimenti e non dovrebbe rimanere a contatto con il bagnato e con lo sporco nei casi in cui non vi sia nessuno disponibile per lavarlo e cambiarlo. Con il passare del tempo, però, si abitua al pannolino, considerandolo un modo in cui i genitori si prendono cura di lui, ed è possibile che nel momento in cui glielo si toglie, egli senta venir meno quell’attenzione in più che aveva prima.


A volte bambini abituati al pannolino fanno fatica a staccarsene e potrebbero trasformarlo in una sorta di copertina di Linus di cui hanno bisogno, un oggetto transizionale che ricordi le cure di mamma e papà. Nel momento dello svezzamento dal pannolino bisognerà tenere conto di questo fattore: staccarsi dal pannolino è come dare un piccolo addio a un oggetto a cui ci si è affezionati.


Per questo il percorso verso l’indipendenza deve essere lento e graduale e va affrontato con calma e serenità, rispettando i tempi del bimbo, ascoltando i suoi bisogni ed evitando di trasmettere sentimenti di ansia o di vergogna.

VOCI DI MAMME E PAPÀ

Io e mia moglie abbiamo iniziato lo svezzamento con Letizia già da qualche mese; adesso lei ha 20 mesi e durante il giorno quando è in casa il pannolino non lo usa più e quando siamo fuori, magari a casa di parenti, avvisa sempre quando deve fare la cacca. Io e mia moglie abbiamo trovato la chiave di lettura della bambina: abbiamo fatto diventare quel momento un momento di gioco. In pratica quando fa i suoi bisognini o nel vasino o nel water con il riduttore, poi li salutiamo e gli auguriamo buon viaggio verso il mare. Trova ancora difficoltà a gestire la pipì ma lentamente con questo giochino sta riuscendo a farla più spesso nel vasino. Piano piano a piccoli passi.

Mauro, papà di Letizia

…Senza fretta

Di solito si tende a individuare un’età specifica in cui il bambino può essere avviato verso l’educazione al vasino, situandola tra il secondo e il terzo compleanno; in realtà il momento per togliere il pannolino non va valutato solo considerando l’età anagrafica.


Vi sono una serie di segnali che possono indicarci il momento sensibile in cui il bambino è pronto per fare questo passo.


Affinché il bambino sia in grado di andare in bagno da solo deve aver sviluppato una serie di competenze e deve essere capace di svolgere un insieme di azioni abbastanza complesse: conoscere la differenza tra asciutto e bagnato e tra sporco e pulito, fare proprio un certo controllo della vescica per trattenere fisiologicamente la pipì, maturare la capacità motoria per raggiungere il bagno e comunicare agli altri il suo bisogno.


Quindi le capacità che il bambino deve possedere sono di tipo cognitivo, motorio, emotivo e linguistico: un percorso non semplice per il nostro piccolo. È questo che rende lo svezzamento da pannolino un momento delicato, nel quale il bambino non va forzato, né tanto meno punito; è un percorso per cui sia il genitore che il bambino dovranno essere pronti e preparati, e solo interagendo, parlando e osservando il nostro bambino potremmo capire insieme a lui il suo grado di prontezza.


All’inizio molti genitori si chiederanno se raggiungeranno mai il loro obiettivo; per rassicurarli diremo che il bambino riesce a essere indipendente, in media, verso l’età di tre anni, tre anni e mezzo.


Prendetevi un momento per pensare a come trasmettere al bambino delle nuove abilità, come disegnare, allacciarsi le scarpe, indossare i pantaloni: è probabile che non pensiate di trascorrere tutto un giorno a insegnargli la teoria per poi fargli un test a fine giornata, e di certo non vi aspettate che da un giorno all’altro il bambino non commetta nessun errore; agendo in questo modo non otterrete altro che un bambino frustrato o in lacrime.


Il modo in cui abitualmente insegniamo ai bambini nuove abilità e competenze è graduale, e il periodo di apprendimento può durare dei mesi, scandito dalla celebrazione di ogni piccola “vittoria” intermedia. Questo non è un approccio che si attua solo con i più piccoli, ma è una strategia che verrà adottata per parecchi anni a seguire.


Soffermatevi sul vostro ruolo nei momenti di apprendimento del bambino: preferite essere direttivi e intervenire ogni volta che sbaglia o piuttosto osservarlo, lodare i suoi successi e incoraggiarlo in caso di errore?


Valutate inoltre le aspettative: pretendete che appena presa in mano la penna sia subito in grado di abbozzare dei ritratti oppure guardate con tenerezza i suoi primi scarabocchi e li appendete sullo sportello del frigorifero?


Anche l’educazione al vasino può essere vista come una nuova abilità da apprendere in modo graduale, con gioia e pazienza.


Non c’è nessun motivo per accelerare il processo, poiché affrettare le tappe potrebbe non essere positivo: metterebbe sotto pressione voi e il bambino, trasformando questa fase in un momento stressante invece che un processo di apprendimento come gli altri; inoltre in una situazione di stress potrebbero insorgere resistenze, capricci, costipazione, incidenti eccessivi e regressioni. Ci sono ricerche che dimostrano come l’indipendenza dal pannolino sia totalmente indipendente da altri fattori del suo sviluppo: quale che sia l’età in cui riuscirà a raggiungere il controllo sfinterico, il suo sviluppo nelle altre aree non subirà alcuna conseguenza, è solo una questione di tempo.

Quando cominciare

Si può avviare l’educazione al vasino a ogni età: si può addirittura mettere un neonato sul vasino36; tuttavia la questione più importante è quando questa finirà: un bambino completerà la sua educazione al vasino nel momento in cui la sua fisiologia, le sue abilità e il suo sviluppo saranno maturi ed egli sarà in grado di comunicare i suoi bisogni di eliminazione. Avrà raggiunto la maturazione sfinterica quando potrà fermare il gioco, andare in bagno e ritornare alle sue attività.


L’arco di tempo in cui il bambino riuscirà a stare asciutto dipende dall’età in cui inizia e dall’età in cui egli stesso sarà maturo dal punto di vista fisiologico e psicologico. Alcuni studi dimostrano che il bambino raggiunge la maturità sfinterica intorno ai due anni e quasi tutti i bambini riescono a stare asciutti tra i due e i quattro anni. Questi sono i dati statistici e, come sempre, sono da interpretare; ogni soggetto infatti ha il suo grado di sviluppo: alcuni bambini sono molto precoci nello sviluppo cognitivo, motorio ed emotivo e altri meno, per cui ogni singolo bimbo manifesterà le proprie esigenze riguardo all’indipendenza da pannolino in modo diverso. Molto dipende anche dal tipo di relazione che il bambino instaura con i genitori: alcune volte, bambini dal temperamento facile e con un buon grado di comunicazione con il genitore possono raggiungere la maturità sfinterica anche prima dei due anni.

L’educazione al vasino può essere una decisione del bambino?

Decidere di svezzare un bambino dal pannolino significa attendere che egli stesso sia pronto e interessato a questa nuova fase. Se però vi aspettate che sia lui a chiedere di togliere il pannolino potreste attendere veramente molto tempo, poichè egli non comprende ancora i vantaggi dello stare senza pannolino e di essere indipendente nel controllo sfinterico. Un bambino non ha l’esperienza, la conoscenza o la saggezza per prendere questa decisione da solo.


Riflettiamo… lasciamo decidere al nostro bambino l’orario in cui deve andare a dormire o siamo noi a stabilirlo? Lasciamo che sia lui a decidere come vestirsi oppure gli prepariamo i vestiti? Gli permettiamo di decidere da solo il momento in cui iniziare la scuola dell’infanzia o lo iscriviamo noi quando lo riteniamo opportuno?


Il nostro bambino conta su di noi per tante decisioni che lo riguardano. Anche se vorrebbe andare a letto alle 11, noi crediamo che sia meglio per lui coricarsi verso le 9, o prima, perché lo vediamo stanco, il che è una scelta molto più ragionevole.


Un importante ruolo del genitore è quello di prendere le decisioni per il bambino finché egli non sarà in grado di prenderle da solo. Per quanto riguarda l’educazione al vasino, il bambino ha bisogno che si giudichi il suo grado di prontezza e che lo si accompagni nel percorso verso l’indipendenza quando pensiamo che sia in grado di comprenderlo. E il genitore è la persona più qualificata per prendere questa decisione, perché conosce suo figlio meglio di chiunque altro37.

Quanto tempo impiega un bambino a essere indipendente?

Quando l’educazione al vasino inizia all’età di due anni possono trascorrere dai tre ai dodici mesi prima che il bambino sia indipendente. Di regola, più il bambino è piccolo meno prerequisiti ha per cominciare e più tempo un genitore impiegherà per concludere il percorso di svezzamento da pannolino38.


Al di là del momento in cui si comincia, bisogna tenere presente che il 98% dei bambini è indipendente all’età di quattro anni. Secondo uno studio, più tardi si avvia l’educazione al vasino più probabili sono il rifiuto del vasino, la stipsi e l’età di completamento del percorso39.


Molti genitori iniziano presto perché preferiscono cambiare il pantaloncino dopo qualche incidente piuttosto che il pannolino; altri invece iniziano solo quando ritengono che il bambino sia pronto del tutto poiché non intendono pulire troppi incidenti per casa. Ci sono insomma vari approcci e ogni famiglia dovrebbe chiedersi quali sono i suoi obiettivi e comportarsi di conseguenza.

Quanto costa l’educazione al vasino?

In Italia esiste un ampio mercato collegato all’educazione al vasino: vasetti che suonano e che si illuminano, con schienale, senza schienale, bamboline che bevono e fanno la pipì, riduttori con o senza imbottitura, pannolini mutandina e così via.


Non serve spendere una grossa cifra per svezzare dal pannolino: un vasino semplice (che può davvero costare pochi euro), un riduttore (va bene anche se non è imbottito) e 10-12 mutandine e pantaloncini di ricambio potrebbero essere le uniche spese da sostenere40.


Per il vasino è meglio scegliere un vasino di forma semplice da alternare a un riduttore; anche quest’ultimo non costa molto (esistono riduttori imbottiti, ma costano un po’ di più), l’importante è che sia sicuro ed ergonomico, per questo bisogna assicurarsi che coprano la circonferenza del water, che siano stabili e che il bambino non rischi di cadere.


Oltre ai vasini e ai riduttori vi è la possibilità di usare degli appositi pannolini per bambini grandi, detti pannolino-mutandina, in quanto non hanno adesivi come i classici pannolini e sono più facili da indossare quando il bambino sta in piedi.


In commercio poi esistono le mutandine cosiddette “trainer” di tipo lavabile; sono meno imbottite di un pannolino normale però hanno uno strato impermeabile che trattiene la pipì in caso di incidenti. Il vantaggio è che il bambino non sente l’ingombro del pannolino e i genitori possono stare tranquilli se, in fase di allenamento, si dovesse bagnare o sporcare fuori casa.


Sono tutti oggetti utili ma non indispensabili per l’educazione al vasino, e ogni genitore dovrà valutare cosa acquistare in base alle proprie necessità ed esigenze.

VOCI DI MAMME E PAPÀ

Io ho trovato un’ottima idea quella di passare subito alle mutandine di cotone; ho fatto una scorta di queste e di pantaloncini tipo tuta (più economici). Se si bagnava, cambiavo subito mutandine e pantaloncini. Dopo qualche giorno la mia bambina ha capito che si bagnava e un po’ alla volta ha imparato ad avvisare quando le scappava.

Gloria mamma di Ester (19 mesi)


Io dal pannolino sono passata subito alle mutande di cotone.

Lara all’inizio ha usato il vasino, perché permette di poggiare i piedi per terra e fare forza.

Ora però lei preferisce fare i bisognini nel WC tenendosi senza riduttore, credo per sentirsi grande.

Elena, mamma di Lara

Come valutare quando il bambino è pronto?

Vi sono tre aree in base alle quali valutare quando un bambino è pronto: l’area fisica (percepire lo stimolo), cognitiva (stabilire la connessione tra lo stimolo e l’atto) ed emotiva (decidere di andare in bagno)41.


Per quanto riguarda l’area dello sviluppo fisico, un buon modo per capire se il bambino possiede i prerequisiti per compiere i primi passi verso l’educazione al vasino è quello di osservare la frequenza con cui fa la pipì: quando l’orinazione si fa più sporadica potrebbe essere arrivato il momento giusto. Mentre i neonati bagnano il pannolino molto spesso, quando crescono diradano sempre di più la frequenza: secondo le ricerche mediche il feto di tre mesi urina circa 30 volte nelle 24 ore, il bambino di un anno 12 volte, mentre il bambino di tre anni in media sette volte al giorno, dato che rimane stabile negli anni a venire42. Se di solito cambiate il pannolino al bambino ogni due o tre ore e a volte vi accorgete che non sarebbe necessario, questo è di sicuro un segnale di prontezza. Un altro consiglio che si può seguire è quello di osservare se il piccolo si risveglia asciutto dai sonnellini pomeridiani; in questo caso abbiamo una chiara evidenza di un primo segnale fisiologico: la vescica ha raggiunto una capacità sufficiente per contenere una discreta quantità di urina43.


Dal punto di vista cognitivo valuterete la prontezza del bambino osservando la sua proprietà di linguaggio; per esempio se formula già delle frasi vere e proprie e capisce il significato di bagnato, asciutto, pulito, lavarsi, sedersi, alzarsi, è molto probabile che sia preparato per l’educazione al vasino. Il bambino è pronto quando è in grado di verbalizzare la presenza di un pannolino sporco o bagnato e si ferma durante il gioco mentre sta urinando o defecando44.


La prontezza va valutata anche a livello emotivo-motivazionale, osservando se il bambino si presta a eseguire semplici istruzioni, come riporre un giocattolo nella scatola su richiesta di un adulto, oppure togliersi e infilarsi i pantaloncini; o, più in generale, dal desiderio più o meno forte del bambino di “arrangiarsi” da solo o, ancora, di farsi leggere un libro, dimostrando di apprezzare la storia45. Poiché a questa età i bambini osservano il comportamento dei genitori così attentamente da assimilarlo e imitarlo, non è necessario esercitare una pressione esplicita affinché usino il vasino o il gabinetto46. Un ulteriore fattore da tenere a mente quando si valuta l’opportunità di un’educazione al vasino è il grado di empatia raggiunto tra genitore e bambino, nonché il tipo di ambiente che essi hanno a disposizione per trascorrere le giornate. Se la comunicazione tra voi funziona, e siete in grado di leggere i segnali del bambino quando è in procinto di evacuare o urinare e magari siete liberi di avere uno spazio quotidiano per incoraggiare lo svuotamento regolare nel vasetto47, avete a disposizione dei buoni prerequisiti per togliere il pannolino.


Se valutate positivamente tutti questi aspetti, allora il vostro bambino è pronto per iniziare; ma se per taluni vi sembra che sia ancora troppo presto, niente panico: potete comunque incoraggiarlo a familiarizzare con il vasino, senza pressioni o forzature. Tuttavia è bene non rimandare troppo questo momento; un percorso affrontato con gioia e pazienza da parte dei genitori può essere molto soddisfacente anche se il bambino è piuttosto piccolo: gli donerà fiducia in se stesso, lo renderà più libero nei movimenti e beneficerà da subito del nuovo canale di comunicazione che si instaurerà con gli adulti che si prendono cura di lui.

Alcune ricerche scientifiche si sono occupate di fornire un’età media nella quale i bambini raggiungono determinati prerequisiti per iniziare l’educazione al controllo sfinterico. Riportiamo qui sotto una tabella48 che vuole essere di solo orientamento per il genitore: sappiamo infatti che ogni bambino è unico, così come il genitore che lo accompagna nelle sue tappe di crescita. Pertanto i dati non vanno interpretati in maniera statica e rigida, ma sono utili per dare un’idea indicativa sul percorso che di solito i bimbi seguono:


Competenza Femmine (età media in mesi) Maschi (età media in mesi)
Controllo feci notturno 22,1 24,7
Movimenti intestinali regolari 24,9 26,2
Sta asciutto per più di due ore 26,0 28,9
Si lava le mani da solo 24,9 31,7
Sta asciutto durante il giorno 32,5 35,0
Sta asciutto durante la notte 34,1 35,8


Osservando la tabella salta all’occhio quanto siano lunghi i tempi per lo svezzamento da pannolino per i bambini di oggi; i dati relativi a cinquant’anni fa erano sicuramente diversi. Inoltre possiamo notare che l’età in cui di solito viene consigliato di iniziare a togliere il pannolino (tra i 18 e i 24 mesi) è qui disattesa dai dati stessi: in realtà solo il controllo diurno delle feci viene raggiunto prima dei 24 mesi.

Un altro dato che cattura l’attenzione è la differenza tra maschi e femmine: gli autori della ricerca motivano questa tendenza sostenendo che le femmine raggiungono alcune competenze fisiche e di padronanza del linguaggio prima dei maschi. Un’altra motivazione potrebbe essere che le madri iniziano il percorso di spannolinamento prima con le femmine che con i maschi49, forse perché si sentono più a loro agio con lo stesso sesso50.

Via il pannolino!
Via il pannolino!
Elena Dal Prà
Come dare l’addio al pannolino in una prospettiva educativa, etica ed ecologica.Suggerimenti e consigli pratici per togliere il pannolino, affrontando il percorso dello spannolinamento in modo sereno e senza forzature. Togliere il pannolino è una delle fasi più importanti nel percorso di crescita del bambino. Il percorso di apprendimento è duplice: non si tratta solo di imparare a usare il vasino, ma anche di abbandonare l’uso del pannolino.Via il pannolino! illustra quale sia il percorso più semplice e piacevole per togliere il pannolino , senza che vengano a generarsi forzature e conflitti, ma tenendo presente che non esistono ricette precostituite e che, anzi, molto dipende dal temperamento del bimbo e dall’effettiva disponibilità del genitore.Nel suo libro, Elena Dal Prà sfata così i miti più comuni sull’educazione all’uso del vasino, sull’enuresi e sull’età in cui dovrebbe iniziare il processo di “spannolinamento”, e prende in considerazione i diversi approcci esistenti, alla luce delle più recenti ricerche scientifiche e con la consapevolezza di come questo particolare momento della crescita rappresenti una pietra miliare nella maturazione fisica e psicologica del bambino, nonché uno dei primi passi che conducono alla sua autonomia, il tutto in un’ottica educativa, etica ed ecologica.Il volume è arricchito da numerose testimonianze di mamme e papà che hanno voluto condividere le loro esperienze per aiutare gli altri genitori che sono alla ricerca di consigli e suggerimenti e che desiderano informarsi per poter affrontare questo percorso in modo sereno, aiutando il bambino a leggere i segnali del proprio corpo. Conosci l’autore Elena Dal Prà è pedagogista e insegnante di massaggio infantile, approfondisce tematiche legate all’allattamento, alla crescita dei bambini, alla disciplina dolce e in particolare alle questioni educative e ambientali relative allo svezzamento da pannolino.Dal 2005 svolge attività di consulenza per enti pubblici e associazioni per il sostegno della donna, madre e lavoratrice. Scrive per il web aggiornando siti dedicati alla genitorialità e moderando forum di discussione.