Svezzamento guidato
Alcune madri a un certo punto provano un forte desiderio di svezzamento. O meglio, più che un desiderio, a volte è come una sorta di ripugnanza fisica, che può andare contro il desiderio di allattare. Razionalmente la madre vuole offrire il seno, ma farlo le risulta sgradevole. Questa sensazione è stata chiamata “agitazione dell’allattamento”. Forse è più diffusa quando la madre è di nuovo incinta. È una sensazione del tutto naturale e normale, non si tratta di un problema mentale, non significa che non volete bene a vostro figlio o che siete una cattiva madre: semplicemente, il vostro corpo vi sta dicendo che è giunta l’ora di svezzare. Perché in natura sono le madri a svezzare i propri figli. Non è obbligatorio continuare ad allattare fino a che il cucciolo lasci spontaneamente il seno. Spesso è la madre la prima a negarglielo. Perché un animale lo fa? Non pensa, non sa contare, non ha un calendario, quindi non può dire: “Il mio cucciolo è ormai grande abbastanza da lasciare la tetta”, perché di fatto non sa quanti anni ha il suo cucciolo. È una reazione fisica: la stessa femmina che fino al giorno prima si sdraiava tranquilla per lasciare che i suoi piccoli poppassero, adesso non vuole più farlo, perché le provoca fastidio. Beh, pare che alcune (o forse molte?) donne provino la stessa identica sensazione.
Qualunque sia il motivo, se volete svezzare vostro figlio, è meglio che lo facciate poco a poco, riducendo il numero di poppate nell’arco di varie settimane, o come minimo in più giorni. Lo svezzamento brusco è molto duro per il bambino, per la madre e per tutta la famiglia (che deve subire i pianti del bambino).
Ricordate che il seno non è solo cibo, ma anche affetto, contatto, conforto, rapporto umano… Proprio per questo motivo devo scrivere un capitolo sul modo di svezzare. Se l’allattamento fosse solo cibo, la domanda: “Come posso svezzarlo?” avrebbe una risposta ovviamente ridicola: “Beh, ogni volta che chiede il seno, invece del seno dategli un bicchiere di latte, o un panino al prosciutto”. Ma non è così facile.
Per svezzare un bambino bisogna dargli tutte queste cose, affetto, contatto, conforto… attraverso altri mezzi. Non pensate neanche per un momento che svezzare significhi riposare. Molte mamme scoprono che il seno è, in realtà, una delle maniere più comode per soddisfare i bisogni del bambino. Per svezzarlo bisogna giocare di più con lui, leggergli più favole, insegnargli più canzoni, guardare di più i suoi disegni, ascoltare con più pazienza i suoi ragionamenti, fargli più coccole, dargli più baci… Un bambino non rinuncia al seno se non ottiene niente in cambio. Certamente tutto questo, a differenza che allattare, può farlo anche il padre; ma anche così la madre dovrà fare più cose di prima.
E tutte queste cose bisognerà dargliele prima che chieda il seno. Bisogna prendere l’iniziativa e prestargli attenzione anche se è impegnato e non dà fastidio. Perché nel momento in cui si stancherà e chiederà attenzioni, probabilmente non vorrà che voi giochiate con lui o che gli raccontiate una favola; chiederà il seno, che è quello che è abituato a chiedere. Per esempio, se papà porta il bambino al parco, e sta giocando con lui (non semplicemente leggendo il giornale mentre il bambino si annoia), è molto difficile che il bimbo chieda: “Andiamo a casa papà, che voglio la tetta”. Ma se il bambino si annoia a casa mentre i genitori sono occupati a fare altro, e chiede il seno, la cosa migliore da fare è darglielo subito. Troppo tardi per: “Mario, porta il bimbo al parco, che sta chiedendo ancora il seno”; il bambino se ne renderebbe subito conto e chiederebbe il seno con maggior entusiasmo. Quando chiede il seno, è meglio darglielo senza discutere.
So di madri con bambini un po’ più grandi che hanno negoziato una data, per esempio “fino ai tre anni”, e mi hanno raccontato di un bambino che il giorno del suo compleanno ha chiesto: “Un’ultima volta, mamma”, poi ha poppato, ha dato un bacino alla tetta, le ha detto addio e non l’ha mai più cercata. Mi hanno raccontato anche di un altro che ha detto: “Va bene, ancora un anno e poi basta”, e invece ha continuato. Tutti noi che abbiamo promesso di iscriverci in palestra a gennaio capiamo benissimo che anche un bambino di tre anni può fare fatica a mantenere la parola data.
Altre madri patteggiano per continuare l’allattamento, ma solo in determinati luoghi e momenti, o per un dato numero di volte al giorno.
Il bimbo svezzato prima dell’anno dovrebbe prendere il latte apposito per bambini (latte artificiale). Dopo l’anno, può bere latte vaccino intero. Il latte materno contiene più grasso del latte vaccino intero, per questo non ha senso dare latte scremato o parzialmente scremato a un bambino piccolo.
Lo svezzamento graduale, cioè quando non si offre, ma nemmeno si nega il seno, può durare settimane o addirittura mesi. In certi casi è necessario svezzare in maniera più rapida, a volte persino con urgenza a causa di problemi medici. E quando si ha fretta, per quanto si cerchi di dissimularlo, si finisce col dire: “No!” al bambino che chiede la tetta. Penso che in un caso del genere sia meglio usare il metodo delle nostre bisnonne che cospargevano il capezzolo con un po’ di pepe. L’equivalente moderno sarebbe quel liquido che vendono in farmacia per smettere di mordersi le unghie, che è progettato apposta per avere un sapore disgustoso senza essere tossico. Ovvio, al bambino non piacerà affatto, ma questo è un male minore. Perché nel primo caso è la madre stessa a dire di no, a negare il seno quando il bambino è ancora troppo piccolo per capirne i motivi. Nell’altro caso, invece, la madre non nega niente, è il bambino che dice: “Bleah, la tetta ha un sapore orribile”. “Un sapore orribile, tesoro? Che strano! Vuoi l’altra?”. Altre mamme sono arrivate a mettersi dei cerotti sul capezzolo per far credere al bambino che avessero una ferita e che non era più possibile poppare; no, non si tratta di ingannare il bambino, ma di spiegargli attraverso un simbolo concreto, che il bambino è in grado di comprendere, un problema più complesso. Un bambino può capire “ho la bua al seno” molto più facilmente di “provo un senso di angoscia quando ti allatto”.