Una pappa infatti non è solo l’occasione per dare da mangiare e fare crescere il nostro piccolo. Per il bambino il momento del pasto rappresenta una delle prime occasioni di relazione: tra un assaggio e l’altro si realizza uno scambio di parole e di sguardi, uno scambio affettivo. Accompagnare, ad esempio, l’apertura della bocca del bambino con un vocalizzo o un gesto (il famoso “aaaahhhhmmm”), serve a creare reciprocità e accordo: partecipiamo alla sua esperienza e lo aiutiamo ad apprezzare l’alimento che gli offriamo. Mettendoci in sintonia con lui riusciamo a percepire le sue sensazioni e i suoi stati d’animo, a comprendere i segnali di fame o sazietà e a rimandarli al nostro piccolo attraverso lo sguardo, la voce o i gesti. Lo aiutiamo così a percepire quello che sta provando. Se diciamo “stai piangendo perché hai fame!” o “adesso basta, perché sei sazio”, riconosciamo le sue sensazioni e lo aiutiamo a interpretare ciò che sperimenta. Quando si crea armonia tra segnali, richieste e risposte, si crea un ritmo che ci rende addirittura capaci di anticipare i tempi e i bisogni del nostro bambino. Se ha fame, piange, si agita, ci sorride o “tuba” mentre mangia. Crescendo, indica il cibo, afferra il cucchiaio e si eccita quando vede il piatto pronto. Se viceversa gira la testa dall’altra parte, spinge il cibo lontano, chiude la bocca o agita la testa e inizia a essere distratto dall’ambiente, ci sta dicendo che è sazio.
Il tradizionale assaggio della pappa da parte della mamma, prima di iniziare il pasto, ha il significato di incoraggiarlo. Vedere mamma e papà mangiare, serve a rafforzare l’accettazione dell’alimento.
Allo stesso modo, se accompagniamo l’offerta di cibo con espressioni o vocalizzi che trasmettono disgusto o poca fiducia, priviamo quell’offerta di positività. Sarà difficile, a questo punto, che il bambino apprezzi.
Se usiamo il cibo per calmarlo, confondiamo la percezione delle sue sensazioni e favoriamo la tendenza futura a rispondere con la richiesta di cibo ad ogni occasione di disagio o difficoltà.
Se durante il pasto la nostra preoccupazione sarà volta esclusivamente a verificare che il nostro bambino finisca tutto quello che ha nel piatto, rischiamo di non cogliere quei segnali e quelle espressioni che costituiscono la relazione di cui abbiamo parlato. C’è perfino la possibilità che il pasto diventi troppo carico di aspettative, se non un momento di scontro.
Dall’atteggiamento dei genitori nei confronti del cibo a quest’età dipenderanno infatti l’atteggiamento del bambino e il suo vissuto in relazione ai pasti nelle età successive. Questo vale non solo per la scelta degli alimenti, ma anche per quello che riguarda il comportamento alimentare. Dobbiamo mettere in atto strategie e atteggiamenti volti a instaurare e sviluppare un buon rapporto con il pasto, consapevoli di non nutrire solo il corpo, ma anche di strutturare e formare il gusto e le abitudini alimentari successive. Mettetevi nei panni del bambino: se durante il pranzo la mamma diventa cupa e preoccupata e il suo volto si irrigidisce mentre scruta con attenzione come vi comportate o il papà si trasforma in un generale che vi obbliga a finire tutto, sicuramente preferireste evitare tali momenti, girereste la testa dall’altra parte, alzereste la mano per bloccare l’arrivo del cucchiaio o non dimostrereste neppure di avere appetito, per evitare di dovervi sedere a tavola.
Se riusciamo a trasformare il pasto in un momento positivo, creeremo, alla sola vista della cucina, del seggiolone e del piattino, l’aspettativa per un momento piacevole da condividere con mamma e papà.