prima parte - capitolo v

Una nuova gravidanza:
quando e come?

Dopo un aborto spontaneo è necessario attendere un certo periodo di tempo prima di cercare una nuova gravidanza? Si devono eseguire esami o indagini particolari? I dubbi e gli interrogativi quando si vive un’esperienza di perdita sono sempre numerosi: ci si chiede perché è accaduto e, soprattutto, se succederà di nuovo.


Di sicuro una gravidanza successiva a un aborto spontaneo non è una gravidanza del tutto normale, perché le aspettative e le paure della donna sono differenti, condizionate dall’esperienza vissuta.

A livello fisico, via libera in tempi brevi

Per quanto riguarda l’aspetto fisico, gli esperti sono incoraggianti: dopo un unico episodio di aborto spontaneo non è necessario eseguire alcuna indagine e neppure attendere un periodo di tempo definito.


Il mese successivo a quello in cui si è verificata la perdita, infatti, il ciclo mestruale si ripresenta normalmente e la coppia, volendo, può cercare una nuova gravidanza.


In genere, se la donna ha subìto un intervento di revisione della cavità uterina, si attende l’esito del referto istologico (di norma viene analizzato il materiale asportato durante il raschiamento), mentre una visita ginecologica a distanza di 30-40 giorni permette di verificare il benessere della donna ed escludere eventuali complicanze.

Esami e controlli soltanto se l’aborto è ripetuto

Perdere un bimbo nelle prime settimane è, purtroppo, un evento possibile e piuttosto frequente. Si tratta però di situazioni isolate, dovute in più della metà dei casi a una fatalità, ovvero a un’anomalia genetica o cromosomica che impedisce lo sviluppo dell’embrione e il buon proseguimento della gravidanza1. Una situazione imprevedibile e irrimediabile, ma che non compromette la possibilità di diventare madre. In presenza di un singolo episodio abortivo, gli esperti sono concordi nell’affermare che non sono necessari percorsi diagnostici ed esami strumentali.


Diverso è il discorso in caso di aborti ripetuti: di recente la definizione di abortività ripetuta o ricorrente è stata modificata e si suggerisce di intraprendere un iter diagnostico a partire dal secondo aborto spontaneo consecutivo e non più dal terzo come era consuetudine fino a qualche anno fa.

Se la gravidanza si è interrotta nel secondo trimestre

Se la gravidanza si è interrotta nel secondo trimestre, eventuali trattamenti terapeutici nell’attesa successiva dipendono dalle cause e dalla dinamica con cui si è verificato l’aborto. Per questo, prima di pianificare una nuova gravidanza si suggerisce di sottoporsi a una visita ginecologica per diagnosticare eventuali fattori che potrebbero esporre a una ulteriore perdita, e nell’ipotesi mettere in atto una strategia di prevenzione mirata.


Nei casi in cui un problema di incontinenza cervicale abbia causato la nascita del piccolo, il medico valuterà l’opportunità di eseguire un intervento di cerchiaggio del collo dell’utero2. L’utilità del cerchiaggio profilattico (cioè in caso di storia ostetrica di aborti ripetuti del secondo trimestre) è stata recentemente messa in discussione, per cui alcuni medici propongono un trattamento di attesa sotto stretto controllo medico (tramite ecografie e analisi biochimiche da effettuare sul sangue e sulla cervice uterina)3.


L’utilità del cerchiaggio è, inoltre, dubbia nei casi in cui la dilatazione (che ha causato la perdita del bambino nella gravidanza precedente) sia avvenuta in seguito a un’attività contrattile uterina o alla rottura delle membrane e in presenza di specifici fattori di rischio (anomalie uterine, pregressi interventi di raschiamento, ecc.).


Se invece il piccino si è spento nel grembo materno a causa di un’anomalia genetica o per una malformazione, può essere indicata una consulenza genetica.


In generale, ricordiamo che l’assunzione preconcezionale di acido folico riduce il rischio di malformazioni del Sistema Nervoso Centrale (e, seppur in misura minore, riduce il rischio anche di altre malformazioni).


Se il bimbo non aveva alcuna anomalia, prima di cercare una nuova gravidanza può essere opportuno procedere con alcune indagini per verificare lo stato di salute della futura mamma (per escludere patologie non riconosciute o patologie croniche mal controllate, infezioni, malformazioni uterine, ecc.). In generale, gli esperti suggeriscono di migliorare le abitudini alimentari e, se necessario, modificare lo stile di vita (riducendo il peso corporeo in caso di sovrappeso materno, abolendo il fumo, il consumo di alcol e/o sostanze stupefacenti)4.

Se la perdita è avvenuta nel terzo trimestre

Se il piccolo è nato con un parto spontaneo, a livello fisico, è necessario attendere qualche mese; se invece la nascita è avvenuta con un cesareo in genere si suggerisce circa un anno di pausa prima di una nuova gravidanza.


In ogni caso quando il bimbo si è spento nel grembo materno al termine dell’attesa è necessario indagare e valutare le cause dell’evento prima di pianificare l’arrivo di un altro bambino.

Prendersi il tempo necessario

Uno dei suggerimenti che spesso viene dato a una coppia che ha perso un bimbo è di ‘riprovarci’ al più presto. In realtà, dato che le reazioni di fronte a una gravidanza che si interrompe possono essere molto intense, gli esperti sottolineano la necessità di prendersi tempo: tempo per elaborare la perdita, per salutare il bimbo non nato e prepararsi ad accogliere una nuova vita con serenità. Il rischio, infatti, se non si ha avuto modo di elaborare l’esperienza vissuta, è di investire la nuova attesa di un eccessivo carico di ansia e aspettative.


A seconda dell’investimento emotivo con cui la coppia aveva accolto la gravidanza che si è interrotta, dell’epoca gestazionale in cui è avvenuta la perdita e quindi dell’intensità del disagio avvertito dai futuri genitori, la psicologa Carole Méhan suggerisce di attendere indicativamente da sei a dodici mesi5 perché: “le speranze deluse in precedenza e la mancanza di ricordi possono provocare l’idealizzazione del bambino perso, portando a confrontare il nuovo bambino con un’immagine di perfezione”, o a considerare il secondo piccino come “una reincarnazione del bimbo precedente, un elemento di sostituzione o un doppione.6


Riguardo ai tempi di elaborazione del lutto le posizioni degli esperti variano da alcune settimane a diversi mesi e sono collegati a vari fattori: dalla modalità con cui si è verificata la perdita, alla presenza o meno di altri legami affettivi, all’esistenza di una rete di supporto sociale7.


In generale, credo che ogni donna che ha perso un bimbo, in qualunque epoca dell’attesa, debba trovare il suo tempo (e quantificare questo tempo, naturalmente, non è possibile)8. Il suggerimento è quindi quello di fidarsi delle proprie sensazioni e ascoltarsi, perché soltanto lei sa se è emotivamente pronta per affrontare una gravidanza.

L’attesa dopo un aborto: come viverla serenamente

Ora sto aspettando che di nuovo un piccolo angelo mi scelga come mamma: non so come andrà a finire, ho molta paura.

Elena

Appena la ginecologa ci ha dato il via libera abbiamo riprovato, ma io ho vissuto la nuova gravidanza in preda al panico, avevo sempre paura che potesse succedere qualcosa.

Natascia

La gravidanza è, per definizione, il tempo dell’attesa, un’attesa gioiosa carica di aspettative e di progetti di vita. Quando però la gravidanza arriva dopo uno o più aborti spontanei inevitabilmente le emozioni della donna sono diverse, c’è paura, ansia, timore di restare di nuovo delusa. Per proteggersi dalla possibile sofferenza di una nuova perdita, la futura mamma in genere cerca di mantenere un certo distacco, non si arrischia a godere a pieno del momento che sta vivendo, sente che non può lasciarsi andare. Vorrebbe gioire, poiché il nuovo bimbo in arrivo la rende felice, ma ha paura. La dottoressa Denise Côté-Arsenault, professore associato alla University at Buffalo School of Nursing, che ha compiuto numerosi studi in questo campo, si riferisce a questa condizione della donna con una definizione assai azzeccata “un piede dentro, un piede fuori”9: i risultati delle sue ricerche hanno infatti evidenziato una sorta di “pietrificazione emotiva” da parte della futura madre che si sente insicura e vuole difendersi da una nuova (temuta) delusione10. Ansia e stress sono il risultato dell’altalena di emozioni che caratterizzano soprattutto i primi mesi dell’attesa, dalla speranza al timore, dallo scetticismo al bisogno di essere ottimisti.


In questa situazione non resta che… avere pazienza. Credo che una certa dose di incertezza e preoccupazione sia fisiologica, quando si ha subìto una perdita. Con il trascorrere dei mesi, vedendo che tutto procede bene, a poco a poco l’ansia si attenua fino a scomparire del tutto.


Può essere d’aiuto cercare di concentrarsi su pensieri positivi e non tenersi dentro le emozioni: parliamo della nostra paura con chi ci è vicino, il futuro papà, i parenti, le amiche. Confidarsi con il partner potrebbe essere l’occasione per scoprire che anche lui sta vivendo questa nuova attesa con delle preoccupazioni: condividere le proprie sensazioni è un modo per sentirsi più vicini.


Sempre utile è, in questi casi, confrontarsi con altre donne (o coppie) che hanno già vissuto questa esperienza11: sentirsi compresi e accolti favorisce il benessere e aiuta a recuperare la serenità.

Ad oggi in Italia non sono previsti protocolli di intervento per sostenere le coppie che stanno vivendo un’attesa successiva a una perdita.


Alcune donne si sono trovate bene ricorrendo all’assistenza di un’ostetrica che le ha seguite nei nove mesi: la possibilità di esprimere le proprie sensazioni e confrontarsi con una persona che ‘conosce tutta la storia’ e con cui, grazie agli appuntamenti periodici, si crea un rapporto basato sulla fiducia e l’empatia, favorisce il benessere emotivo della futura mamma.


Infine, se ci si accorge che lo stress non diminuisce con il trascorrere delle settimane, se l’incertezza e la paura impediscono di gioire della nuova gravidanza può essere utile il supporto psicologico di una figura esperta (psicologo, psicoterapeuta, ecc.).


Il papà e la nuova gravidanza

Spesso si tende a non considerare le emozioni maschili e ci si concentra di più sulle paure della donna. In realtà, uno studio condotto nel 2005 presso l’Università del Minnesota e pubblicato sul “Journal of Obstetric, Gynecologic and Neonatal Nursing” ha sottolineato il fatto che anche gli uomini vivono con preoccupazione una gravidanza successiva a una perdita perinatale. Secondo l’indagine, condotta su un gruppo di padri che nei dodici mesi precedenti aveva perso un figlio in epoca perinatale, la vita quotidiana, sociale e lavorativa di questi uomini risultava “significativamente alterata dal pensiero e dalla preoccupazione costanti per la nuova gravidanza.”12


È inoltre emerso il bisogno dei padri di veder riconosciuto il loro lutto, ma anche il loro tentativo di nascondere le proprie ansie alla compagna.


Confrontarsi all’interno della coppia, esprimere le proprie emozioni e condividere le proprie paure è quindi d’aiuto per entrambi i futuri genitori.


Quando l'attesa si interrompe
Quando l'attesa si interrompe
Giorgia Cozza
Riflessioni e testimonianze sulla perdita prenatale.La perdita di un bambino durante la gravidanza è sempre una tragedia, vissuta spesso da sole e senza l’adeguata vicinanza emotiva. Ma si può superare. Quando si perde un bambino non si può dimenticare lo smarrimento, la solitudine e l’angoscia che una donna prova. Un aborto spontaneo è un dolore grande, è una promessa di gioia senza fine che si infrange all’improvviso, lasciando nel cuore amarezza, delusione, incredulità. I dati clinici sono allarmanti: il 15-25% circa delle gravidanze si interrompe spontaneamente nel primo trimestre, e ogni anno in Italia circa 2 gravidanze su 100 si concludono con una morte perinatale. Perché mai è successo?Capiterà ancora?Ce la farò a diventare madre?Dovrei fare ulteriori controlli e accertamenti?Perché gli altri non capiscono questo dolore?E il futuro padre? Cosa prova un uomo che perde un figlio?Molte domande, poche risposte. Esistono centinaia di titoli su gravidanza, nascita, accudimento dei figli, ma mancava un libro che parlasse dell’aborto spontaneo, un’esperienza che, purtroppo, riguarda tante donne.Perché parlarne è un modo di riconoscerne l’importanza. Raccontare la propria storia, rivivere certi momenti per alcune donne è difficile e doloroso, mentre per altre è un’opportunità per comprendere meglio le proprie emozioni e riconciliarsi col passato. Quando l’attesa si interrompe si propone di offrire una risposta agli interrogativi più comuni quando si perde un bimbo nell’attesa o subito dopo la nascita. È difficile parlare di questo dolore, perché al dispiacere si aggiunge anche la devastante consapevolezza di non essere comprese. Uscire dal silenzio che molto spesso avvolge questi argomenti, rendendoli quasi dei tabù, può essere di grande aiuto non solo per la donna, ma anche per chi le sta accanto (partner, familiari, amici, operatori sanitari) e vorrebbe offrirle il proprio sostegno emotivo. Grazie ai contributi di numerosi esperti (ostetriche, psicologi, ginecologi, neonatologi) l’autrice Giorgia Cozza offre una chiave di lettura delle reazioni fisiche ed emotive della donna (e della coppia), riflettendo sulle tappe e sui tempi di elaborazione del lutto.Le testimonianze, intense e commoventi, di tanti genitori che hanno perso il proprio figlio vogliono essere una mano tesa verso ogni donna che sta soffrendo e ha bisogno di sapere che non è sola. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.