CAPITOLO V

Le ecografie

Motivo di preoccupazione

L’ecografia è una procedura assai comune in gravidanza, e sono molti i genitori felici di osservare l’immagine dei proprio bambino non ancora nato sullo schermo. Le nuove tecnologie ecografiche, tra cui la trasmissione di immagini in 3D e in 4D (in movimento) risultano particolarmente avvincenti. Tuttavia è bene sapere che si tratta di una tecnologia recentissima, e relativamente poco sperimentata in termini di sicurezza, la cui priorità è la rilevazione di anomalie che, per la maggior parte, non sono affrontabili prima della nascita se non con l’interruzione della gravidanza. In questo capitolo verranno fornite informazioni fondamentali per i futuri genitori, illustrando quanto a noi noto – e ignoto – riguardo la sicurezza e l’utilità delle ecografie in gravidanza.


Quando, nel 1990, ero incinta del mio primo figlio decisi di non sottopormi a ecografia. Una scelta piuttosto inaspettata, essendo io stessa, così come il mio compagno, medici che, qualche anno prima, avevano persino praticato esami ecografici – in maniera piuttosto inopportuna, ma a volte utile – durante il tirocinio ostetrico per i medici di famiglia.


Quel che più mi condizionava era il timore di perdermi qualcosa di importante, da mamma, se avessi consentito a qualcuno di sottoporre mio figlio a verifica. Sapevo che se fosse emerso un problema di minima entità, oppure dubbio – cosa che non accade di rado – sarei stata costretta a tornare più volte e, dopo un po’, mi sarei sentita come se il bambino appartenesse a un sistema, e non a me.


Negli anni a seguire ho avuto altri tre figli senza ecografie e ho letto numerosi articoli e ricerche sugli ultrasuoni. Nulla di quanto letto mi ha fatto tornare sui miei passi. Per quanto a volte, nel caso si sospetti un particolare disturbo, un’ecografia prenatale potrebbe rivelarsi utile, la mia conclusione è che, nella migliore delle ipotesi, si tratta di un esame inutile, e nella peggiore, pericoloso, quando vi si ricorre come strumento diagnostico per ogni gravida e per ogni bambino.

Storia degli ultrasuoni

Lo sviluppo degli ultrasuoni risale alla Seconda Guerra Mondiale, con lo scopo di intercettare i sottomarini nemici. Più tardi furono utilizzati nell’industria dell’acciaio. Nel luglio del 1955 Ian Donald, chirurgo di Glasgow, prese in prestito una macchina industriale con la quale, usando delle bistecche come confronto, iniziò i suoi esperimenti sui tumori addominali asportati dai pazienti. Egli scoprì che a tessuti diversi corrispondevano diversi schemi di “eco” dell’onda sonora, intuendo così che gli ultrasuoni rappresentavano un metodo rivoluzionario di indagine all’interno del misterioso mondo del bambino in formazione1. Intorno allo stesso periodo le ricerche sulle potenzialità degli ultrasuoni per la diagnosi e la terapia ebbero inizio in Germania e negli Stati Uniti2.


La nuova tecnologia si diffuse, rapida, nell’ambito dell’ostetricia clinica. Le apposite apparecchiature furono messe in commercio a partire dal 19633 e alla fine degli anni Settanta le ecografie erano diventate una routine nella pratica ostetrica4. Oggi gli ultrasuoni sono considerati sicuri ed efficaci, e l’ecografia un rito di passaggio per tutte le donne gravide in gran parte dei Paesi industrializzati. Si stima che, negli Stati Uniti, il 65-70 per cento delle gestanti si sottoponga a regolare ecografia in clinica diagnostica5,6, e che molte di più vi saranno sottoposte dal proprio medico durante le visite di controllo in gravidanza.


Tuttavia vi è una crescente preoccupazione circa la sicurezza e l’utilità di questa pratica. La britannica Beverley Beech, attivista dei diritti del consumatore, ha definito il ricorso di routine agli ultrasuoni in gravidanza “il più grande esperimento senza controllo della storia”7, e la Cochrane Collaboration – considerata autorità di spicco della medicina basata sulle evidenze scientifiche – conclude:

…per ora non è possibile individuare alcun vantaggio, in termini di valutazione di esiti importanti quali la mortalità perinatale [numero di bambini morti intorno al momento della nascita], derivante dal ricorso di routine agli ultrasuoni…Per coloro i quali ne prendono in esame l’introduzione, il beneficio derivante dai vantaggi dimostrati andrebbe valutato alla luce dell’eventualità teorica che l’utilizzo degli ultrasuoni in gravidanza potrebbe rivelarsi rischioso, e della necessità di risorse aggiuntive.8

Le risorse aggiuntive impiegate per l’uso di routine degli ultrasuoni sono ingenti. Si calcola che, ogni anno, negli Stati Uniti verrebbero stanziati 1,2 miliardi di dollari se ogni donna si sottoponesse a un’unica ecografia di routine.


Nel 1987 il radiologo britannico H.B. Meire, che per vent’anni aveva praticato ecografie in gravidanza, affermò:

Possa esser perdonato l’osservatore distratto che si chiede come mai l’odierna pratica medica si ritrovi a esaminare da cima a fondo donne gravide utilizzando macchinari che emanano potenze energetiche diversissime tra loro senza la certezza che esse siano innocue, per ottenere informazioni la cui validità clinica non è accertata, manovrati da operatori senza qualifiche né competenze specifiche allo svolgimento di tali operazioni.9

Situazione ad oggi immutata su tutti i fronti.

Cosa sono gli ultrasuoni?

Con il termine “ultrasuoni” si indicano le onde acustiche ad altissima frequenza utilizzate per le ecografie diagnostiche: esse viaggiano a una velocità compresa tra uno e venti milioni di cicli al secondo, rispetto l’unoventimila di cicli al secondo dei suoni udibili10. Le onde vengono prodotte da un transduttore (la parte dell’apparecchiatura messa in contatto con il corpo) e lo schema delle onde di eco di ritorno al transduttore delineano l’immagine dei tessuti sottostanti. Le superfici dure quali quelle ossee invieranno eco più forti rispetto a quelle dei tessuti molli o dei fluidi, per cui sullo schermo lo scheletro assume un’immagine opaca o bianca.


I normali ecografi utilizzano impulsi di ultrasuoni che durano solo una frazione di secondo; l’apparecchiatura interpreta l’eco di ritorno nell’intervallo tra un impulso e l’altro. Per contro, la tecnica Doppler – impiegata negli ecografi più sofisticati, i monitor fetali e gli stetoscopi fetali manuali (sonicaids) – fa ricorso a onde continue, con un’esposizione molto maggiore rispetto agli ultrasuoni a impulso. Molte donne non si accorgono che i piccoli apparecchi utilizzati per auscultare il battito cardiaco fetale durante la gravidanza e per il monitoraggio nel corso del travaglio, impiegano di fatto gli ultrasuoni Doppler, sebbene a livelli di esposizione abbastanza limitati.


Più di recente gli ecografisti hanno iniziato a utilizzare gli ultrasuoni vaginali, per cui il transduttore viene introdotto in profondità nella vagina della gestante, vicinissimo al feto in corso di maturazione. Vi si ricorre soprattutto nelle prime fasi della gravidanza, quando le immagini prodotte da un’ecografia addominale risulterebbero insufficienti. Tuttavia durante un’ecografia vaginale il tessuto a protezione del bambino, che si trova in uno stadio delicato di sviluppo, è ridotto; il calore rischia, quindi, di trasferirsi al feto. Per la donna una ecografia vaginale non è un’esperienza gradevole; per descrivere come tale esperienza venisse vissuta da alcune gestanti fu coniato il termine “stupro diagnostico”.


Ulteriore, e recente, applicazione degli ultrasuoni è il test della traslucenza nucale (TN), nel quale, intorno al terzo mese, viene misurato lo spessore della plica nucale (del collo), dietro la testa del bambino. Un leggero ispessimento della plica indica una maggiore probabilità, statistica, che il bimbo sia affetto dalla sindrome di Down. Nel caso in cui il rischio risulti superiore a uno su 250-300 viene consigliato un esame definitivo. Circa 19 bambini su 20 con diagnosi di rischio elevato ottenuta con il test della traslucenza nucale sono risultati non affetti dalla sindrome di Down, mentre le madri avranno trascorso settimane di inutile ansia. Una TN non individua tutti i feti colpiti dalla sindrome.


Anche le ecografie non mediche, che riproducono immagini in 3D e 4D (in movimento) sono diventate strumento diffuso per “incontrare il proprio bambino prima della nascita”. L’utilizzo degli ultrasuoni come “ricordino” è stato criticato, perché potenzialmente dannoso, dell’AIUM (American Institute of Ultrasound in Medicine)11, dal Comitato Europeo dell’ecografia medica, da Health Canada12, dalla Canadian Society of Diagnostic Medical Sonographers13, dall’American College of Obstetricians and Gynecologists14, e dalla statunitense FDA (Food and Drug Administration), che lo considera un impiego non approvato di apparecchiatura medica, invitando gli utenti a denunciare gli enti che utilizzino gli ultrasuoni non a scopo medico15.

Informazioni ottenute con gli ultrasuoni

In gravidanza si ricorre agli ultrasuoni per due ragioni principali: per indagare su un eventuale disturbo in una fase qualsiasi della gestazione, oppure per l’ecografia di routine tra la diciottesima e la ventesima settimana.


In caso di sanguinamenti nelle fasi precoci della gravidanza, ad esempio, gli ultrasuoni prevedranno se l’aborto è inevitabile. Più in là nell’attesa vi si ricorrerà se il feto non cresce, o se si sospetta che il bimbo sia podalico o che si aspettino gemelli. In queste circostanze i dati raccolti grazie agli ultrasuoni possono essere di grande utilità per le scelte che la madre e chi le presta assistenza sono chiamati a operare. Tuttavia il ricorso alla diagnosi a ultrasuoni di routine, nota anche come morfologica o ecografia standard, risulta più controverso, poiché coinvolge tutte le donne gravide, che presentino o no complicazioni, con la speranza di migliorare gli esiti di alcune madri e dei loro bambini.


La diagnosi prenatale a ultrasuoni di routine è volta al controllo delle dimensioni e dell’integrità del bambino. La cadenza dell’esame (tra la diciottesima e la ventesima settimana) viene scelta per motivi pratici: essa fornisce una data presunta del parto ragionevolmente precisa, oltre alla ragionevole possibilità di individuare gran parte delle anomalie identificabili tramite ecografia.


La data presunta del parto, valutata rispetto alle dimensioni, è definibile con maggior precisione nelle primissime fasi della gravidanza, quando le variazioni delle dimensioni dei feti sono minime. La data presunta del parto (DPP) calcolata, ad esempio, con ecografia alla settima-ottava settimana comprenderà uno scarto di tre, quattro giorni16. Tra la diciottesima e la ventesima settimana la precisione avrà uno scarto di una settimana in più o in meno, mentre alcuni studi hanno suggerito che una visita precoce, o il calcolo in base al ciclo mestruale, possono avere la medesima precisione della diagnosi a ultrasuoni di routine17,18. Si tenga presente che un’ecografia successiva non è in grado di fornire una data presunta del parto precisa a causa delle forti variazioni delle dimensioni: dopo la ventottesima settimana, ad esempio, tale accuratezza si aggira solo intorno alle tre-quattro settimane in più o in meno19.


Tra la diciottesima e la ventesima settimana il feto è abbastanza grande per individuare gran parte delle anomalie diagnosticabili tramite ultrasuoni. Essi però non sono infallibili: la diagnosi a ultrasuoni individua tra il 35 e l’80 per cento di quell’uno su cinquanta bambini affetti da gravi anomalie alla nascita.20,21,22,23 Le strutture più ampie, così come gli ecografisti con maggior esperienza, detengono tendenzialmente le percentuali più alte di individuazione; tuttavia neppure i centri più importanti non riconosceranno il 40 per cento delle anomalie, la maggior parte delle quali difficili o impossibili da diagnosticare.24,25,26 I difetti a carico del cuore e del rene, ad esempio, sono pressoché non individuabili con una diagnosi di routine, così come i marker della sindrome di Down; diverse altre principali cause di disabilità intellettiva, quali paralisi cerebrale e autismo, sono impossibili da diagnosticare tramite ecografia in gravidanza.


Quando viene registrata un’anomalia esiste altresì la ridotta eventualità che si tratti di un falso positivo, ossia che la diagnosi ottenuta con gli ultrasuoni sia sbagliata e che il feto risulti meno colpito, o che sia del tutto sano. Da un’indagine britannica emerse che per uno su duecento bambini abortiti per presunte gravi anomalie, la diagnosi postmortem risultava meno grave di quanto previsto dagli ultrasuoni, e l’interruzione, forse, ingiustificata. Secondo questa indagine il 2,4 per cento dei feti che avevano ricevuto diagnosi di gravi anomalie, ma che non erano stati abortiti, presentava condizioni la cui gravità era stata valutata nettamente in eccesso o in difetto27. Altri due studi hanno evidenziato falsi positivi in circa il 10 per cento dei bambini con diagnosi di gravi anomalie strutturali28,29, rendendo necessaria, in una situazione del genere, un’ulteriore ecografia (effettuata di preferenza da un diverso operatore). Ci sono pure condizioni che si sono risolte spontaneamente30.


Oltre ai falsi positivi esistono anche casi incerti, in cui gli esiti ecografici non si possono interpretare con facilità, e il futuro del feto resta ignoto. In uno studio su donne ad alto rischio quasi il 10 per cento delle ecografie risultava incerto31. Tale situazione può procurare enorme ansia nella donna e in famiglia, una preoccupazione che rischia di non attenuarsi con la nascita di un bimbo normale: secondo lo stesso studio le donne che avevano ricevuto diagnosi incerte continuavano a essere ansiose dopo tre mesi dalla nascita dei figli.


Tra queste incertezze figurano i cosiddetti “soft marker”: elementi che non ingenerano disturbi ma che, a volte, sono ricollegabili a diagnosi più serie, tipo la sindrome di Down. Tra essi le cisti del plesso corioideo all’interno del cervello; intestino iperecogeno e focus cardiaco; femore corto, omero corto; pielectasia renale. Circa l’un per cento dei feti presenta, ad esempio, una ciste del plesso corioideo, ma solo uno su 150 di questi bambini sarà affetto da anomalie cromosomiche quali la sindrome di Down32. Dal momento che la diagnosi di soft marker può dare ansia, e che la stragrande maggioranza dei bambini che presentano tali marker risulta normale, sono diversi gli esperti che suggeriscono di mostrare tali indicatori solo alle pazienti ad elevato rischio di anomalie33.


Nei casi sospetti di anomalie cromosomiche il dubbio si può risolvere attraverso ulteriori esami quali l’amniocentesi. In questo caso l’attesa del ritiro dell’esito potrebbe protrarsi fino a due settimane, durante le quali la madre si trova a dover decidere se interrompere la gravidanza nel caso di anomalia accertata. Anche la procedura dell’amniocentesi comporta un ulteriore rischio di abortività. Alcune delle mamme che ricevono notizie rassicuranti hanno vissuto tale procedura come un’interferenza nella relazione con il proprio bambino34.


Oltre a calcolare la data presunta del parto e a individuare le anomalie più gravi, la diagnosi a ultrasuoni di routine è in grado di individuare una placenta previa (placenta bassa) e la presenza di più di un feto a uno stadio precoce della gravidanza. Tuttavia quasi la totalità delle gestanti in cui sia stata rilevata placenta previa grazie a un’ecografia precoce si preoccuperà inutilmente: dagli studi è emerso che, nell’80-100 per cento delle donne, la placenta, in realtà, si sposterà senza causare disturbi.35,36,37,38 Alcuni ricercatori suggeriscono persino che una placenta previa diagnosticata grazie a un’ecografia precoce non richieda ulteriori esami ecografici39. Inoltre non ci sono prove che l’individuazione di placenta previa tramite diagnosi a ultrasuoni di routine comporti meno rischi che l’individuazione in corso di travaglio40. Né sono stati rilevati esiti migliori nelle gravidanze multiple: la stragrande maggioranza delle gestazioni gemellari saranno riconosciute prima del travaglio, anche senza diagnosi a ultrasuoni di routine, e senza differenze di esito per la madre e per il bambino41.


Più di recente si è ricorsi agli ultrasuoni per riconoscere marker specifici quali la lunghezza della cervice materna (che alcuni studi ricollegano al travaglio precoce) e la quantità di liquido amniotico (LA) a fine gravidanza, i cui scarsi livelli sono considerati marker di rischio. Rischio che tuttavia risulterà sopravvalutato dalla stima del volume di LA: in uno studio, ad esempio, tre su quattro bambini oltre il termine (il 72 per cento) a basso indice di LA non incontrarono maggiori problemi durante il travaglio e il parto, e solo l’11 per cento ebbe bisogno di cure particolari dopo la nascita42. Si noti come la scarsità di liquido amniotico (oligoidramnios) possa essere riflesso della disidratazione materna, correggibile semplicemente bevendo di più; il che, forse, contribuirà anche a ridurre i rischi del travaglio e del parto43.


È stato provato che una cervice corta (inferiore a 25 millimetri), come rilevato dall’ecografia di metà gravidanza, è un utile indicatore di parto prematuro soltanto nelle donne ad alto rischio (per esempio con parto prematuro pregresso), e richiede una valutazione accurata da parte di ecografisti esperti e preparati.44,45,46


Nel suo “Practice Bulletin 2004” l’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) raccomanda di sottoporsi a ecografia solo per ragioni specifiche, tra cui date presunte del parto e valutazioni fetali incerte, aggiungendo che si tratta di un esame diagnostico economicamente vantaggioso solo se eseguito da specialisti che operino in centri di prim’ordine47. Da uno studio britannico risultava che gli ultrasuoni si dimostravano vantaggiosi in un’ottica di spesa sanitaria solo qualora la maggioranza dei bambini con diagnosi ecografica di anomalie veniva abortita48.


In Canada le linee guida consigliano di sottoporre le gestanti a ecografia di routine a metà gravidanza, sottolineando la necessità di garantire l’informazione su rischi e benefici per ottenere un consenso informato49.

Effetti biologici degli ultrasuoni

È noto come le onde ultrasonore agiscano sui tessuti soprattutto in due modi: prima di tutto il fascio del sonar può provocare il surriscaldamento dei tessuti esposti. Si considera che innalzamenti di temperatura fino a 1-1,5° Celsius siano da ritenersi innocui, visto il surriscaldamento generale dell’organismo in gravidanza, che pare non comportare rischi fino a 2,5°C. Il grado di surriscaldamento prodotto dagli ultrasuoni dipenderà dal singolo tessuto; un osso si scalda di più rispetto a un tessuto molle, che a sua volta si scalda più di un fluido. Il surriscaldamento dipende altresì da come viene programmata l’apparecchiatura e dall’emissione, e risulterà maggiore con un’esposizione prolungata, specie quando il transduttore viene tenuto fermo50.


Gli ecografi Doppler che utilizzano le onde continue sono in grado di produrre un surriscaldamento ancor più forte, specie a scapito del cervello in fase di sviluppo del bambino51. Un recente modello tissutale suggerisce che il surriscaldamento dei tessuti fetali umani esposti, in tarda gravidanza, a ultrasuoni pulsati e Doppler sarebbe nettamente superiore al livello considerato di sicurezza: fino a 1,4°C e 5,8°C, rispettivamente52.


Ulteriore effetto accertato è la cavitazione, per cui le piccole sacche di gas presenti all’interno dei tessuti dei mammiferi vibrano, per poi implodere. In questa circostanza

…nei gas temperature di molte migliaia di gradi Celsius producono un’ampia gamma di composti chimici, alcuni dei quali potenzialmente tossici. Processi tanto violenti possono esser generati da impulsi di micro secondi, del tipo di quelli utilizzati per le diagnosi mediche…53.

Si ritiene che la cavitazione si verifichi soprattutto nei tessuti dotati di notevoli sacche di gas, ad esempio il polmone e l’intestino appena dopo la nascita. Una forma di cavitazione sarebbe responsabile del sanguinamento nei piccoli vasi capillari (sanguinamento capillare) riscontrato nei ratti neonati esposti a ultrasuoni a normali livelli diagnostici54. L’entità degli effetti della cavitazione sul tessuto fetale umano resta incerta, sebbene esistano evidenze secondo cui i tessuti dei mammiferi presenterebbero delle micro bolle soggette agli effetti della cavitazione55.


Oltre al surriscaldamento e alla cavitazione, le onde ultrasonore possono produrre ulteriori effetti meccanici quali lo streaming acustico, per cui un getto di fluidi prodotto dall’onda ultrasonora provoca una forza di taglio meccanica sulla superficie cellulare. Tale forza rischia di modificare pesantemente le caratteristiche della membrana cellulare, tipo la permeabilità (il grado in cui le sostanze fluiscono e defluiscono dalla cellula)56. In una recente revisione gli esperti suggeriscono che i mutamenti della permeabilità della membrana avrebbero ripercussioni negative non solo sull’embriogenesi (sviluppo precoce), ma anche anche sullo sviluppo successivo, prenatale e postnatale. Essi affermano: “Esposizioni prolungate ad alta intensità nei periodi di migrazione cellulare (secondo e terzo trimestre) potrebbero comportare alcuni rischi per il feto”57. Lo streaming acustico spiegherebbe fenomeni quali l’aumento dell’agglutinazione (viscosità) dei globuli rossi a seguito dell’esposizione a ultrasuoni a livelli diagnostici normali58.


Numerosi studi hanno indicato che gli effetti biologici di cui sopra possano destare reale preoccupazione per i tessuti viventi. Il primo a parlare di disturbi fu uno studio su una coltura di cellule in laboratorio. Si notò che le anomalie cellulari prodotte dall’esposizione a ultrasuoni pulsati permanevano per diverse generazioni59. Un’altra ricerca su ratti neonati, a uno stadio di sviluppo cerebrale simile a quello intrauterino di un feto umano di quattro-cinque mesi, suggerì che gli ultrasuoni pulsati potessero danneggiare la mielina che riveste i nervi60, il che significa che il sistema nervoso potrebbe risultare particolarmente suscettibile ai danni derivanti da tale tecnologia.


Un ulteriore studio su roditori, pubblicato nel 2001, mostrava che l’esposizione di ratti adulti ai dosaggi di ultrasuoni pulsati, normalmente usati in ostetricia, provocava una riduzione del 22 per cento del tasso di divisione cellulare, raddoppiando la percentuale di apoptosi (morte cellulare programmata) nelle cellule dell’intestino tenue61.


Altri esperti del settore hanno espresso preoccupazione riguardo il surriscaldamento del sistema nervoso centrale, i cui tessuti risultano sensibili ai danni da agenti fisici quali il calore. Barnett, fisico biomedico, sottolinea come il surriscaldamento del cervello del feto sia più probabile dopo il primo trimestre (terzo mese), dal momento che le ossa craniche, raggiunto uno sviluppo maggiore, sono in grado di riflettere e concentrare le onde ultrasonore62.


Una ricerca registrò emorragie cerebrali nei cuccioli di ratto esposti in utero a ultrasuoni pulsati a dosi simili a quelle impiegate nei piccoli umani. I ricercatori affermano che tale danno, verificatosi solo a frequenze specifiche, sarebbe addirittura imputabile a un ulteriore meccanismo, forse a una forza meccanica sul tessuto in prossimità del cranio fetale (e altre ossa)63. Altri ricercatori scoprirono che un’unica esposizione, in gravidanza, a ultrasuoni pulsati dalla durata di dieci minuti influiva sulle capacità motorie e cognitive in età adulta dei piccoli ratti, con conseguenze maggiori se le esposizioni erano più prolungate64.


In un ulteriore, recente studio, gli scienziati esaminarono il cervello di ratti di dieci giorni esposti a ultrasuoni (pulsati) standard nel periodo prenatale per sessioni di durata variabile, rilevando alterazioni nella migrazione cellulare, vale a dire il processo grazie al quale, nel corso dello sviluppo, le cellule cerebrali migrano dalla base dell’encefalo verso la zona a loro deputata (nell’uomo ciò avviene dall’undicesima alla ventiquattresima settimana circa). Le conseguenze sulla migrazione neuronale risultavano tanto maggiori quanto maggiore era l’esposizione. Nessun ratto esposto a ultrasuoni per 600 ore sopravviveva oltre i dieci giorni, il che potrebbe essere indice dello stress provocato dalla procedura unito agli effetti diretti dell’irraggiamento. I ricercatori suggeriscono che il danno neuronale potrebbe non avere origine termica né cavitazionale e aggiungono: “Esistono diversi motivi per supporre che gli ultrasuoni provocherebbero effetti simili, o persino maggiori, sulla migrazione neuronale all’interno del cervello dei feti umani”65. Le anomalie della migrazione neuronale sono riconosciute in patologie dell’uomo quali l’autismo e la dislessia.


Esistono evidenze per cui le onde a ultrasuoni sarebbero in grado di produrre veri e propri suoni all’interno dell’utero. Durante le ecografie i ricercatori ponevano un microfono vicino al sacco amniotico, registrando un suono corrispondente a 84 decibel allorquando la sonda veniva posizionata verso il microfono66. Suono di livello simile a quello di una sveglia, riconosciuto come potenzialmente dannoso (si noti che gli ultrasuoni Doppler non producono simili suoni). Altri scienziati hanno confermato un aumento dell’attività fetale nel corso dell’ecografia67, il che potrebbe essere sintomo di disagio dovuto al suono o ad altre sensazioni.


La cavitazione, responsabile anche della produzione di radicali liberi, dannosi per i tessuti, potrebbe essere notevole in relazione al liquido amniotico. Gli scienziati hanno rilevato una maggior produzione di radicali liberi in seguito a irraggiamento Doppler di campioni di liquido amniotico; gli autori suggeriscono che lo stesso effetto varrebbe pure per gli ultrasuoni pulsati68.


In uno studio su primati i feti di alcune scimmie vennero esposti a frequenti sessioni di ultrasuoni (fino a dieci minuti, cinque volte a settimana) ma a basso dosaggio, rilevando minor peso alla nascita e un numero inferiore di globuli bianchi nel sangue fino a cinque mesi di vita69,70. I ricercatori ritengono che il peso inferiore sia imputabile al danneggiamento degli ormoni della crescita. Tale dato fu riscontrato in uno studio sul Doppler condotto sull’uomo, come vedremo in seguito.


Gli scienziati hanno scoperto che gli ultrasuoni provocano anche sanguinamento del polmone in altri mammiferi, neonati e cuccioli. Di recente l’American Institute of Ultrasound in Medicine (AIUM) si espresse in questi termini:

Esistono numerose ricerche scientifiche, sottoposte a revisione e pubblicate, che documentano in maniera chiara e convincente come l’utilizzo degli ultrasuoni a livelli diagnostici commerciali sia in grado di produrre danni polmonari ed emorragie focali in una varietà di mammiferi. Il livello di rilevanza clinica di tali effetti nell’uomo non è noto71.

Ciò è, con ogni probabilità, attribuibile agli effetti della cavitazione, ed è quindi difficile che colpisca i feti in utero, quando i polmoni non sono riempiti d’aria. Si tratta comunque di scoperte scientifiche solide che aggiungono ulteriori preoccupazioni circa, ad esempio, l’esposizione di neonati a ultrasuoni.

Gli studi sull’uomo

Studi singoli o ristretti sull’esposizione umana a ultrasuoni hanno mostrato che gli eventuali effetti collaterali vanno dall’ovulazione prematura72 al travaglio pretermine o all’aborto73,74; dal basso peso alla nascita75,76 a condizioni più critiche dopo il parto77; dalla morte perinatale78, dislessia79 e ritardo del linguaggio80 al ridotto destrismo.81,82,83,84 L’assenza di destrismo (mancinismo o ambidestrismo) è un elemento ricorrente in molti studi sugli ultrasuoni, tra cui i più autorevoli studi di controllo randomizzati e, in taluni casi, un marker di lesione o di disturbo del cervello in maturazione85.


Un ampio studio britannico scoprì che madri e bambini sani randomizzati a due o più ecografie Doppler per il controllo della placenta, a partire da metà gravidanza, presentavano un rischio più che raddoppiato di morte perinatale rispetto ai feti non esposti a Doppler86. In modo analogo uno studio randomizzato sul Doppler condotto in Australia su madri e feti ad alto rischio mise in luce una maggiore sofferenza fetale durante il travaglio e un minor indice di APGAR alla nascita tra i bambini sottoposti a ecografia Doppler87.


Una seconda ricerca australiana mostrò come i bambini randomizzati a cinque o più ecografie Doppler in gravidanza avessero un 30 per cento di possibilità in più, rispetto a quelli randomizzati a ultrasuoni (pulsati) di routine, di sviluppare un ritardo di crescita intrauterino (IUGR) – un problema spesso individuato tramite ultrasuoni88. Ciò potrebbe essere riconducibile ai maggiori livelli di esposizione al Doppler, dal momento che si è riscontrato un maggior IUGR negli studi sull’elevata esposizione animale, ma non in quelli sulla ridotta esposizione umana agli ultrasuoni pulsati89.


Due studi hanno seguito soggetti coinvolti in alcuni studi clinici di controllo randomizzati svolti in Svezia e Norvegia alla fine degli anni Settanta, mettendo a confronto lo sviluppo dei bambini esposti e non esposti (o meno esposti) all’età di otto-nove anni. Nessuno dei due rilevò ripercussioni sensibili a livello uditivo, visivo, della crescita e dell’apprendimento.90,91,92,93,94,95 Tuttavia l’assenza di destrismo (mancinismo e ambidestrismo) era maggiore nei nati presi in esame in questi96,97,98 e diversi altri studi non randomizzati99,100.


Sebbene gli studi di controllo randomizzati siano il ‘riferimento’ della ricerca medica, è difficile trarne rassicurazioni, poiché, ad esempio, nella ricerca svedese il 35 per cento dei soggetti che si ritenevano non esposti in realtà era stato sottoposto a ecografia101, e nel ramo principale dello studio clinico norvegese la sessione ecografica aveva una durata di soli tre minuti102. L’intensità delle odierne ecografie è, oltretutto, molto maggiore rispetto a quelle del 1979-80: si è stimato che, solo tra il 1991 e il 1995, le emissioni siano aumentate di sei volte103.


Il seguito, di recente pubblicazione, della ricerca australiana sul Doppler, in cui si mettevano a confronto i risultati relativi ai bambini randomizzati a una singola ecografia (a ultrasuoni pulsati) o più ecografie (Doppler), produsse qualche rassicurazione in più poiché non evidenziò differenze nelle capacità motorie e cognitive nei soggetti studiati fino all’età di otto anni104. Lo studio, tuttavia, non comprendeva gruppi di bambini non esposti, il che non chiarisce se i risultati ottenuti siano effettivamente nella norma. Vale la pena notare come quasi il 45 per cento del gruppo sottoposto a un’unica ecografia ne avesse fatte due o più di due, e come le sessioni tenute nel corso di questo studio risalissero al 1989-91. I ricercatori affermano: “i risultati da noi ottenuti non fanno venir meno la necessità di intraprendere ulteriori studi sui potenziali effetti biologici delle ecografie prenatali”105. Inoltre, come sottolinea Kjell Salvesen – ricercatore veterano nel campo degli ultrasuoni, “non esistono studi epidemiologici [su un’ampia fetta di popolazione] sull’esposizione a ultrasuoni nel periodo prenatale attraverso dispositivi presenti in commercio e prodotti dopo il 1990”106.


Si tenga presente che le evidenze precedenti non provano che un’unica sessione di ultrasuoni a bassa o media esposizione provochi danni certi nel bambino in corso di maturazione. Esse ci invitano, tuttavia, in qualità di genitori e di medici, a essere cauti nell’applicazione di questa nuova tecnologia – specie con esposizioni ripetute e/o ad alto dosaggio – e a valutare sempre, per ogni singolo caso specifico, i benefici accertati alla luce dei possibili rischi.


In una revisione del 2002 sulla sicurezza degli ultrasuoni negli studi condotti sull’uomo, pubblicata sulla prestigiosa rivista statunitense “Epidemiology”, gli autori affermano:

C’è necessità di una costante ricerca per la valutazione dei potenziali effetti collaterali derivanti dall’esposizione a ultrasuoni in gravidanza. Gli studi dovrebbero valutare l’emissione acustica, il tempo di esposizione, il numero di esposizioni pro capite e il momento della gestazione in cui ha avuto luogo l’esposizione107.

E concludono: “Fintanto che gli effetti a lungo termine risulteranno stimabili di generazione in generazione, sarà bene usare prudenza nell’utilizzo di questa modalità in gravidanza”108.

Ultrasuoni: esposizione e dosi

Come lasciano intendere dagli autori, dobbiamo conoscere l’esposizione applicata in tutti gli studi sugli ultrasuoni; difficile, tuttavia, da definire poiché esiste un’amplissima gamma di emissioni, o dosi, riproducibili da un’unica apparecchiatura. I dispositivi a ultrasuoni sono in grado di creare immagini comparabili a partire da un’emissione inferiore o cinquemila volte maggiore – e a causa della complessità delle apparecchiature è stato arduo quantificare l’emissione per ciascuna esposizione109.


Inoltre i particolari incredibilmente realistici visibili oggi durante un’ecografia sono ottenibili al prezzo di un sostanziale aumento delle emissioni. Le modifiche apportate al regolamento dell’FDA statunitense a partire dal 1993 consentono agli operatori l’impiego degli ecografi ad altissima emissione, sottoponendo i nascituri a onde di intensità fino a otto volte superiore a quella consentita fino ad allora, purché l’emissione (indice termico e meccanico) sia visibile a schermo110.


Le nuove norme conferiscono agli operatori un margine di autoregolazione incredibilmente alto, e la loro capacità di tutelare i nascituri da eventuali lesioni dipende dalla valutazione, da parte di ciascun operatore, di complesse interazioni biofisiche (ancora poco chiare), oltre al rapporto rischi-benefici per ciascuna sessione111. Si tratta di aspettative forse irrealistiche: negli Stati Uniti, in Australia, nel Regno Unito e in gran parte dei Paesi del mondo il tirocinio per la pratica ecografica è facoltativo, persino per i medici ostetrici, e le competenze e l’esperienza degli operatori variano moltissimo. Pare poi che siano pochi i professionisti a conoscenza delle ricerche di cui sopra, mentre chi opera in contesti non ospedalieri potrebbe essere ancor meno consapevole delle questioni legate alla sicurezza.


Se decidete di sottoporvi a ecografia vi consiglio di copiare il modulo a pagina seguente e di richiedere al medico che vi prescrive l’esame, così come all’operatore che lo svolgerà, di compilarne le voci e di firmarlo. In questo modo avrete preso nota dell’esposizione di vostro figlio, oltre ad aver contribuito alla consapevolezza dell’operatore circa il dosaggio applicato al vostro bambino.


Nel 2000 l’American Institute of Ultrasound in Medicine affermava:

È possibile che la responsabilità di una scelta informata, riguardo i possibili effetti collaterali degli ultrasuoni rispetto all’informazione ricercata, assuma un’importanza maggiore nel giro di qualche anno112.

Le donne e gli ultrasuoni: esperienze

La donna non è stata consultata in nessuna fase di sviluppo di questa tecnologia, dando per scontato che le sue esperienze e i suoi desideri coin-cidessero, o fossero meno importanti, dei dati clinici ottenibili grazie agli ultrasuoni. Si è ritenuto, ad esempio, che essi aumentassero il legame o l’attaccamento tra madre e figlio. Le ricerche suggeriscono che gli ultrasuoni sembrerebbero incoraggiare l’attaccamento prima del quickening (percezione dei movimenti del bambini), ma non dopo113,114.


Si dice anche che le ecografie siano rassicuranti, tuttavia è dimostrato che l’ansia della donna aumenti prima di sottoporvisi, per diminuire al termine fino a tornare ai livelli precedenti115.

Scheda esposizione del bambino a ultrasuoni

Da alcuni studi risulta che le donne nutrano grandi aspettative rispetto alle ecografie, e che amino sottoporvisi (a meno che non venga rilevata qualche anomalia)116, il che rifletterebbe una crescente enfasi conferita a un’esperienza del proprio bambino più di tipo visivo che sensoriale117. Come affermava Germaine Greer parlando di ultrasuoni: “Oggi nessuno di noi pensa che una cosa sia vera se non la vede in TV”118. Una rappresentazione visiva, quale la fotografia o il video del bambino ottenuti con gli ultrasuoni, potrebbe rappresentare un indice sociale di gravidanza di importanza sempre crescente119, il che spiegherebbe il successo delle ecografie “per ricordo” in 3-D e in 4-D.


Altri studi hanno suggerito che la donna non sia adeguatamente informata dei vantaggi e dei rischi degli ultrasuoni120,121, e una ricerca canadese rivelava che il 46 per cento delle donne non si rendeva conto che l’ecografia è un esame volto a identificare eventuali anomalie, il 18,6 per cento non era convinto che fosse un esame sicuro, e il 37,2 per cento si mostrava titubante circa i limiti del test122. Commento dei ricercatori: “Soddisfare le attuali aspettative delle donne, garantendo il livello di certezza riguardo il benessere del feto da esse auspicato va ben oltre lo scopo e le competenze del programma di screening a ultrasuoni di routine”123.


I sostenitori della diagnosi prenatale a ultrasuoni di routine presumono che la diagnosi precoce e l’interruzione di gravidanza – il principale scopo delle ecografie – siano un bene per la donna interessata e per la sua famiglia. Tuttavia la scoperta di una grave anomalia attraverso tale esame diagnostico rischia di comportare grosse difficoltà decisionali.


Alcune di coloro che decidono di sottoporsi a ecografia non sono consapevoli del rischio di ricevere informazioni non desiderate sul conto del proprio bambino, dal momento che non prenderebbero in considerazione un’interruzione di gravidanza124. Altre si sentirebbero spinte ad abortire, o come minimo emotivamente distanti, dopo una diagnosi fetale di possibili anomalie125.


Per di più non v’è prova che le donne che hanno scelto di interrompere una gravidanza per una diagnosi di anomalie letali siano, nel lungo termine, in condizioni psicologiche migliori delle madri i cui figli sono morti alla nascita. Di fatto esistono elementi che fanno credere come, in certi casi, possa esser vero il contrario.126,127,128 Una volta deciso per l’interruzione, difficilmente le donne condividono la propria esperienza con altri, mentre possono sentire un forte senso di colpa e un profondo dolore dovuto alla consapevolezza di esser state loro stesse a scegliere la perdita129.


Qualora venga rilevata un’anomalia minore – che potrebbe presentarsi o non presentarsi al momento del parto, come vedremo più avanti – la donna rischia di sentirsi privata della gioia della gravidanza, e gravata da un ulteriore e considerevole stress130. L’iter della diagnosi prenatale, poi, rischia di nuocere alla madre se produce livelli di ansia – e di ormoni dello stress – molto alti, specie nelle prime fasi della gravidanza131. Le esperienze vissute dalle donne sottopostesi a ecografia, e ad altri esami per la diagnosi prenatale, sono narrate con grande sensibilità in Defiant Birth: Women Who Resist Medical Eugenics, di Melinda Tankard Reist132 e in The Tentative Pregnancy, di Barbara Katz Rothman133. Le autrici danno voce al dolore a cui possono andare incontro le donne che ricevono una diagnosi ostile; un dolore che, in alcune di loro, guarisce dopo anni.


Per come la vedo io le ecografie rappresentano l’ennesimo espediente con cui la profonda conoscenza interiore che ogni madre possiede del proprio corpo e del proprio bambino viene messa in secondo piano rispetto alle informazioni derivanti dalle tecnologie utilizzate da un esperto che ricorre a un’apparecchiatura: ecco che il culto dell’esperto si insedia già nelle primissime settimane di vita.


In più le ecografie, trattando il bambino come entità distinta, dividono artificialmente la madre dal proprio figlio ben prima che ciò diventi realtà fisiologica o psichica; il che sottolinea ulteriormente come la nostra cultura favorisca l’individualismo a scapito della condivisione, preparando il terreno a eventuali – e a mio parere artificiosi – conflitti di interesse tra la madre e il bambino durante la gravidanza, il parto e la maternità.

Conclusioni e raccomandazioni

Vorrei esortare tutte le gestanti a riflettere bene prima di decidere di sottoporsi agli ultrasuoni di routine. Non è un obbligo, al contrario di quanto affermano in molti, e ogni madre deve valutare i rischi, i benefici e le implicazioni dell’ecografia, per sé e per il bimbo, in base alla propria particolare situazione.


Se decidete di sottoporvi a ecografia siate chiare circa le informazioni che desiderate e che non desiderate ricevere. Affidatevi a un operatore con ottime competenze e con una lunga esperienza alle spalle (il che di solito corrisponde ad almeno 750 esami ecografici l’anno), chiedendo che la sessione sia più breve possibile. Invitatelo a compilare il modulo pubblicato nelle pagine precedenti – o a fornirvi tutti i dati utili alla compilazione – e a firmarlo.


Nel caso venissero rilevate anomalie, chiedete consiglio e un secondo consulto in tempo utile. E ricordate: vostro il bambino, vostro il corpo, vostra la scelta.

Partorire e accudire con dolcezza
Partorire e accudire con dolcezza
Sarah J. Buckley
La gravidanza, il parto e i primi mesi con tuo figlio, secondo natura.Un manuale rivoluzionario per le future mamme e i futuri papà che desiderano vivere gravidanza, parto e primi mesi di vita del bambino in modo naturale. Partorire e accudire con dolcezza è un manuale rivoluzionario, nel quale Sarah J. Buckley, esperta di gravidanza e parto apprezzata in tutto il mondo, fa luce sull’evento della nascita e sui primi mesi da genitori, mettendo a disposizione delle future mamme e papà conoscenze attinte sia dalla saggezza antica che dalla medicina moderna.Il libro presenta approfondimenti sulla fisiologia del parto naturale (o, come lo definisce l’autrice, “nascita indisturbata”) che mostrano quanto vada perso quando tale esperienza viene vissuta meramente come evento medico.Nella prima parte, alla scrupolosa descrizione di gravidanza e parto medicalizzati (che prevedono il ricorso a ultrasuoni, epidurale, induzione e cesareo) e delle scelte più naturali (parto in casa, rifiuto dell’epidurale o di farmaci durante la fase espulsiva) si intreccia il racconto dell’attesa e della nascita dei quattro figli dell’autrice, tutti dati alla luce tra le mura domestiche. La seconda parte prende invece in esame gli studi scientifici su attaccamento, allattamento materno e sonno infantile, ed esorta i neogenitori a operare scelte attente e amorevoli durante i primi mesi con il proprio bambino. Conosci l’autore Sara J. Buckley è medico di famiglia e autorità di fama internazionale in materia di gravidanza, parto e genitorialità. Vive a Brisbane, in Australia, con il marito e i quattro figli. Sarah Buckley è preziosa perché bilingue: sa parlare il linguaggio di una madre che ha dato alla luce i suoi quattro figli in casa, e sa parlare dadottore. Attraverso la fusione del linguaggio del cuore con quello della scienza essa impartisce alla storia del parto una direzione nuova, rivoluzionaria e illuminante.Michel Odent, medico chirurgo, autore e pioniere del parto naturale