seconda parte - accudire con dolcezza - capitolo xi

Amore, attaccamento e cervello del bambino

Come le prime cure parentali dolci favoriscono una vita di benessere

Il concetto di sviluppo infantile è cambiato in maniera radicale negli ultimi decenni. Prima i bambini venivano considerati tabula rasa. Oggi sappiamo che i piccoli d’uomo possiedono, già alla nascita una programmazione connaturata, e che necessitano di un accudimento specifico per uno sviluppo ottimale, specie quello del cervello. In questo capitolo le neuroscienze incentrate sullo sviluppo cerebrale infantile si accompagnano a indicazioni pratiche rivolte ai neogenitori, fornendo sostegno e consigli per uno stile parentale istintivo e basato sull’attaccamento dal quale i nostri figli trarranno beneficio per tutta la vita.


I cuccioli d’uomo, come i piccoli di tutte le specie di mammiferi, vengono al mondo a uno stadio di grande immaturità; di fatto un’immaturità superiore rispetto a quella degli altri mammiferi. Tuttavia ciò non significa che i nostri bambini siano stupidi e incapaci, come forse si è ritenuto fino a poco tempo fa. Le capacità dei neonati sono idonee all’ambiente che occuperanno – il corpo della madre – e all’apprendimento e alla crescita che, successivamente, li farà adattare in maniera perfetta all’ambiente adulto1,2.


Il neonato, ad esempio, ha una messa a fuoco di circa 25-30 centimetri: perfetta per visualizzare, in braccio o al seno, il vostro volto. La prima volta che vostro figlio vi guarda, le cellule cerebrali (neuroni) si attivano, accendendo elettricamente le aree del cervello deputate alla visione e al riconoscimento dei volti. L’attivazione ripetuta a ogni sguardo comporta la creazione di reti – connessioni tra l’area deputata alla visione e al riconoscimento del volto: il bambino inizierà pian piano a riconoscere il vostro viso.


Attivazione e connessione in risposta all’esperienza, specie quella legata alle interazioni sociali, sono determinanti per un precoce sviluppo cerebrale. I nostri figli nascono con un patrimonio di neuroni enorme – circa duecento milioni – ma un numero assai esiguo di connessioni (sinapsi) tra neuroni. Queste sinapsi si creano in base alle esperienze del neonato in quanto, secondo i princìpi delle neuroscienze, “le cellule che si attivano insieme, si connettono tra loro”. Ciò rende il cervello dei bambini assai duttile, concepito in modo da essere scolpito dalle prime esperienze:3 secondo il commento del neuropsicologo Allan Schore: “le prime esperienze con l’ambiente sociale sono determinanti per la maturazione del tessuto cerebrale.”4


Le esperienze che per prime attivano e generano connessioni nel cervello del vostro bambino hanno inizio nel ventre materno, grazie alle sensazioni fisiche responsabili delle primissime acquisizioni. Tra esse il sostegno fisico dell’utero e del liquido amniotico, il calore mantenuto dal calore corporeo della madre, il dolce dondolio prodotto dai passi, l’esposizione ai diversi gusti dell’alimentazione materna trasmessi dal liquido amniotico5, l’ascolto della voce della madre e degli altri membri della famiglia, la calma e la quiete percepite quando la mamma è calma e quieta. Al contrario, livelli elevati di stress in gravidanza rischiano di attivare e connettere il cervello del vostro bambino verso disfunzioni dell’apprendimento e iperreattività allo stress. Si tratta di scoperte umane di enorme portata che sottolineano la necessità, in gravidanza, di riposo e di accudimento6.


Dopo la nascita saranno le varie esperienze ad attivare e connettere altre aree del cervello del vostro bambino. Tali esperienze, che, in primo luogo, riguardano sempre le interazioni fisiche tra voi e il bebè, consistono nel calore e nella stimolazione tattile e olfattiva derivanti dal contatto con il vostro corpo, in particolare la pelle; il sostegno fisico e il movimento derivanti dall’essere tenuti in braccio; le sensazioni e i sapori trasmessi dal latte materno, compresi quelli derivanti dai cibi da voi assunti; l’ascolto della voce della mamma; infine l’ascolto, mentre tenete il piccolo stretto a voi, del battito del vostro cuore, subito ricollegato (attivato e connesso) alle sensazioni gradevoli e tranquillizzanti della vita intrauterina.

Regolazione reciproca

Gli input fisici derivanti dal vostro corpo rappresentano esperienze ottimali per lo sviluppo cerebrale del vostro bambino anche per altri versi. Le interazioni fisiche tra voi e il bambino contribuiscono alla stabilità fisiologica – nota anche come omeostasi – di entrambi grazie a un processo definito regolazione reciproca. Essa consiste nello scambio di informazioni tra voi e vostro figlio, scambio che influisce sui processi fisici di entrambi, garantendo benessere duraturo e sviluppo ottimale.


La regolazione reciproca è fondamentale per il neonato, che è meno in grado di controllare i propri processi fisiologici. I piccoli, ad esempio, hanno difficoltà a mantenere il calore corporeo, ma saranno riscaldati alla perfezione se a contatto di pelle sul petto della madre. In realtà, come evidenziato al capitolo XIII, quando il neonato viene posto sul petto nudo, la temperatura della pelle registra un immediato innalzamento per riscaldare il bambino7, facendo sì che il calore acquisito da un neonato a contatto di pelle sia maggiore di quello di un neonato vestito e posto in culla8.


Il contatto pelle a pelle con il vostro corpo regola il vostro piccolo anche attraverso la riduzione degli ormoni dello stress. Livelli inferiori di stress e di ormoni da esso generati ridurranno il fabbisogno energetico del bambino, migliorandone – tra gli altri effetti positivi – la glicemia, e stabilizzandone la temperatura9.


La capacità del vostro corpo di regolare la temperatura di vostro figlio, abbassando i valori degli ormoni dello stress grazie al contatto fisico, continua a produrre effetti benefici a vantaggio del bambino per tutta l’infanzia. Il contatto con la madre, specie quello pelle a pelle, attiva il sistema nervoso simpatico (SNS) del neonato, il programma di “riposo e digestione” dell’organismo che disattiva lo stress, favorisce la digestione, la crescita e la cicatrizzazione, oltre a imprimere calma e connessione grazie all’ossitocina, ormone di cui abbiamo discusso ampiamente nella prima parte del libro.


Per quanto riguarda la madre, il contatto con il bambino favorisce gli ormoni della maternità, tra cui ossitocina e prolattina, contribuendo a regolare l’istinto e il comportamento materni. Allo stesso modo la suzione del seno da parte del neonato, specie se frequente sia di giorno sia di notte, migliora la salute della mamma (oltre a quella del bambino e di eventuali altri figli), regolandone la fertilità e aumentando l’intervallo tra una gravidanza e l’altra.


La comprensione sempre più approfondita della regolazione reciproca dimostra come, in molte significative manifestazioni, la madre e il bambino siano un solo organismo – madrefiglio – fisiologicamente unico, sottolineando l’importanza della presenza costante della mamma per far funzionare e maturare al meglio l’organismo del neonato.


La regolazione reciproca è vantaggiosa per i genitori e i figli in crescita in molti ambiti: le madri e i bambini che condividono il letto, ad esempio, sperimentano cicli di sonno regolati in modo reciproco, per cui entrambi attraversano fasi di sonno leggero in contemporanea, il che facilita le poppate notturne e le rende più gradevoli (per saperne di più sulla scienza del sonno si veda il capitolo XIV).


Durante la crescita, il nostro contributo e la nostra regolazione continuano a produrre benefici sullo sviluppo emotivo – e sul cervello emotivo – dei nostri figli. Grazie alla presenza e al sostegno costanti, specie nei momenti di tristezza o di rabbia, li aiutiamo a regolare il proprio stato emotivo, competenza imputabile alle connessioni neuronali all’interno di alcune aree del cervello limbico (emotivo)10,11.

Un ambiente ideale

Una delle funzioni principali del genitore è creare un ambiente ideale per i figli. In una cultura improntata al consumismo è facile presumere che ciò sia possibile grazie agli oggetti che acquistiamo.


Forse possiamo rammentare che, per oltre un centinaio di migliaia di generazioni, le nostre antenate si sono occupate dei propri piccini nella natura: senza culle, senza carrozzina e passeggino, senza pannolini o altri accessori, e forse scarso vestiario. Eppure i nostri antenati minimalisti crescevano bene perché il corpo della madre era provvisto di tutto quello di cui necessitavano, e la sua presenza era ovviamente insostituibile per la sopravvivenza della prole.


Ai nostri giorni i neonati continuano a essere programmati su un’aspettativa di soddifazione dei propri bisogni basata sull’accudimento materno costante e sulla regolazione reciproca. E in quanto madri moderne siamo tutt’ora programmate a garantire tale accudimento insostituibile e necessario alla sopravvivenza, rafforzato dagli ormoni della maternità e dell’allattamento, oltre che dal comportamento del neonato.


Questi elementi – ormoni e comportamento del neonato – attivano entrambi il circuito materno compreso nel sistema limbico, l’area del cervello deputata alla stimolazione del comportamento materno di tutti i mammiferi. Il circuito materno comprende un potente sistema gratificatorio: il sistema dopaminergico meso-cortico-limbico, che, nei mammiferi, spinge la madre a fornire le cure necessarie alla prole, gratificandola.


Durante l’allattamento, ad esempio, l’ipofisi materna rilascia ossitocina a impulsi, che stimola il comportamento materno, riducendo lo stress e gli ormoni da esso prodotti12. La sensazione di calma e di unione stimolata dall’ossitocina13 aiuta la madre che allatta a consolare e accudire il proprio bambino.


Il rilascio di ossitocina collegato all’allattamento al seno attiva poi il sistema gratificatorio dopaminergico meso-cortico-limbico14, così come le beta endorfine, anch’esse rilasciate, nei mammiferi, dalle madri e dai bambini allattati e tenuti a stretto contatto corporeo.


Quando allattiamo, a ogni poppata rilasciamo anche prolattina, la quale viene prodotta dalle madri (e da altre persone, tra cui i padri15) quando si prendono cura del bambino, specie quando lo portano16,17. Elevati livelli di prolattina prodotta allattando e portando il neonato possono aiutarci a essere buone madri (e buoni padri) rendendoci più “tolleranti alla monotonia”18, riducendo il bisogno di stimoli esterni e sostenendo la “normale preoccupazione materna”19 necessaria ai nostri bimbi. Sebbene la prolattina riduca il nostro livello di stress, essa aumenta pure la “desiderabilità sociale”, rendendoci più propensi a sottomettere i nostri bisogni a quelli dei nostri vulnerabili figli20.


Tali vantaggi furono accertati da uno studio sull’uomo in cui alcune neomamme venivano (oppure non venivano) selezionate all’utilizzo di morbide fasce porta bebè. I ricercatori scoprirono che i bambini portati in fascia durante l’infanzia a tredici mesi mostravano maggior sicurezza, il che potrebbe in parte riflettere i benefici della prolattina sul comportamento materno21.


Portare un bambino significa creare in modo alternativo un ambiente ideale. Nelle scimmie e in altri primati (dei quali facciamo parte), il movimento durante l’infanzia è determinante per la maturazione cerebrale22. Esso stimola l’apparato vestibolare (l’equilibrio) e il cervelletto, alla base del cervello, contribuendo a stabilire sinapsi di vitale importanza per il successivo sviluppo cerebrale. Oggi si ritiene, ad esempio, che l’area nominata verme cerebellare sia determinante per la salute mentale in età adulta. Si ritiene che alcune delle conseguenze negative dello stress e dell’abbandono precoci producano il malfunzionamento del verme cerebellare23.


James Prescott, psicologo dell’età evolutiva, scoprì che nelle varie culture portare (o non portare) un bambino può determinare una previsione, precisa all’80 per cento, sull’indole pacifica o aggressiva di una civiltà24.


Egli concluse che non essere portati provoca, nei cuccioli di mammifero, deprivazione affettiva somato sensoriale (SDASS), che si accompagna a ipereccitabilità e aggressività in età adulta. Le sue ricerche transculturali ricollegano l’elevata diffusione del portage, l’affetto fisico nei confronti dei bambini e lo svezzamento a un’età superiore ai due anni e mezzo a tassi ridotti di suicidio e di violenza in età adulta. Lui stesso sottolinea con impeto “soltanto un legame più intenso tra madre e figlio è in grado di prevenire cicli di violenza”25.


L’importanza della fase dell’“in braccio” è evidenziata anche dall’antropologa Jean Leidloff nel suo libro Il concetto del Continuum26. La studiosa fece più volte visita alla tribù venezuelana dei Yequana, osservandone le pratiche parentali, e notando, nei bambini, il “morbido tono muscolare dell’ancestrale benessere”, da essa ricollegato al fatto di essere costantemente tenuti in braccio o portati.


Si noti inoltre come per gran parte della preistoria dell’uomo l’abitudine di portare fosse fondamentale per proteggere i bambini dai predatori. È quindi logico che l’urgenza di essere portati fosse connaturata nel cervello dei nostri piccoli come misura di sicurezza (il che spiega perché essi piangano per essere presi in braccio) e che essa fosse rafforzata e premiata come elemento integrante del comportamento materno.


Un ambiente ideale per il bambino comprende altresì l’accesso al seno materno durante il giorno e la notte (vedi capitolo XII); la sicurezza notturna garantita dal sonno condiviso (vedi capitolo XIII); la tutela da episodi traumatici e dolorosi, quali la circoncisione; la generosità e liberalità del contatto fisico (preferibilmente pelle a pelle) e le interazioni sociali con adulti amorevoli.

Costruire un cervello di attaccamento

Il cervello del neonato, così come accade nei mammiferi, si sviluppa rispettando una sequenza specifica che corrisponde esattamente alle esperienze che il bambino dovrebbe vivere nelle varie fasi della vita.


Nel primo anno ci si aspetta che i nostri piccoli stiano a stretto contatto fisico con la madre, come figura di attaccamento primaria e che, nel tempo, si inseriscano in un contesto sociale sempre più complesso e allargato che comprenda il padre, i fratelli, il resto della famiglia e gli amici.


Esperienze sociali precoci e positive rendono possibile l’apprendimento sociale ed emotivo, ma soprattutto creano circuiti, grazie all’attivazione e alla connessione delle aree cerebrali deputate all’affiliazione, riguardanti le relazioni. Esperienze sociali e di interazione adeguate durante l’infanzia programmeranno il cervello dei nostri figli verso future relazioni sociali improntate al benessere e alla gradevolezza.


Per i nostri figli ciò va oltre una buona vita di relazione: rapporti sociali gradevoli assicurano grandi vantaggi a lungo termine. Studi condotti su adulti mostrano benefici per la salute, derivanti da rapporti sociali soddisfacenti e duraturi, che si manifestano lungo l’intero arco della vita, e, al contrario, maggiori patologie e una vita più breve tra coloro che lamentano un “capitale sociale” esiguo27.


Nei primi tre anni di vita l’emisfero destro del cervello del bambino è dominante rispetto a quello sinistro, con una rapida crescita del primo a partire dagli ultimi mesi di gravidanza fino al termine del secondo anno28. L’emisfero destro è responsabile del legame e dell’attaccamento29, direttamente connesso al sistema limbico – il cervello emotivo – anch’esso interessato da una crescita esponenziale nei primi due anni di vita30.


Stabilire un “legame di attaccamento di comunicazione emotiva” tra madre e figlio gioverà alla maturazione di un emisfero destro e di un sistema limbico sani, e rappresenta un compito evolutivo cruciale per i primi due-tre anni del bambino31. Questo legame sicuro si costruisce attraverso interazioni ripetute, positive e in sintonia con la madre (e più in là con gli altri), tra cui momenti di condivisione di sguardi e di sorrisi, attimi emotivamente esaltanti quali l’ilarità e la gioia, e la separazione temporanea (allontanandosi) quando gli stimoli si fanno troppo intensi per il bambino.


È stato provato che queste interazioni madre-figlio, considerate in passato alla stregua di giochi bonari, coinvolgono comportamenti complessi e altamente sincronizzati: espressioni facciali, movimenti corporei e attività cerebrali sincrone. Dal punto di vista dell’attività cerebrale tali fenomeni potrebbero essere intesi come riproduzione, ed effettiva acquisizione, dei comportamenti e schemi cerebrali materni, incorporati nel cervello del bambino e nei suoi comportamenti futuri32.


Le interazioni emotive dolci o “sincronia affettiva” tra la madre e figlio costruiranno circuiti cerebrali che connetteranno al meglio il cervello del bebè. Al contrario quando la madre risulta costantemente indisponibile da un punto di vista emotivo, o quando le sue reazioni sono il più delle volte inattese o non sincroniche, l’attivazione e la connessione saranno tutt’altro che ottimali, con il pericolo di generare potenziali problemi di attaccamento che rischiano di ripercuotersi sull’individuo per tutta la vita33.


Secondo Schore: “Negli ultimi dieci anni molti studi hanno documentato gli effetti persistenti degli stimoli visivi, vocali e tattili della madre sullo sviluppo cerebrale del bambino e sulle conseguenti competenze emotive, sociali, cognitive e regolatrici degli anni a seguire”34.


Le interazioni precoci con i nostri figli quindi non soltanto ne scolpiscono il cervello in maturazione, ma agiscono pure da modello per le relazioni future. Per loro i programmi cerebrali acquisiti in questo periodo risulteranno disponibili e probabilmente impressi nelle interazioni con i loro stessi figli – i nostri nipoti. Si tratta di una modalità attraverso cui la genitorialità, le esperienze e i comportamenti si trasmettono di generazione in generazione (tale fenomeno spiega anche la sorprendente abitudine di ripetere ai nostri figli le esatte parole che venivano dette a noi durante l’infanzia).


La sintonia comprende il ruolo del genitore di regolare le esperienze e le reazioni dei figli. Così come per la regolazione dei processi fisici, essi hanno bisogno di aiuto per mettere a punto le proprie emozioni e reazioni emotive, specie con le esperienze nuove e stressanti. Quando reagiamo con calma elaboriamo e creiamo un programma cerebrale che verrà acquisito dal bambino e integrato come modello per le future situazioni stressanti.


La regolazione emotiva fornita da figure di accudimento in sintonia è fondamentale dal momento che i bambini piccoli non sono in grado di regolare da sé le proprie emozioni, restando quindi facilmente travolti da sentimenti quali tristezza, paura, finanche entusiasmo. La nostra costante presenza e disponibilità soddisferà il loro bisogno di apprendere l’auto regolazione emotiva. Al contrario quando le figure di accudimento si rendono costantemente assenti o inaccessibili emotivamente a sostenere la regolazione, il bambino rischia di venir sopraffatto e colpito da grave stress, provocando la produzione di agenti chimici tossici per il cervello, come vedremo più in là, con probabili conseguenze a lungo termine.


L’impatto duraturo delle esperienze precoci si instaura attraverso mutamenti dei sistemi ormonali cerebrali, che ruotano anch’essi intorno al sistema limbico. Ad esempio, i topi femmina che ricevono cure materne di qualità durante l’infanzia forniranno alla prole accudimento dello stesso livello, anche se programmate geneticamente a prestare cure materne di basso livello35. Queste madri, che hanno avuto una buona madre, presentano un’accresciuta sensibilità all’ossitocina nel sistema limbico36, che le rende più calme, centrate, e soddisfatte dell’accudimento dei piccoli.


In modo simile, gli studi sull’uomo ricollegano sempre più l’attaccamento sicuro e le adeguate cure parentali durante l’infanzia a una funzione ossitocinica ottimale, che assicura all’individuo sotto stress37,38 una risposta di “calma e connessione” efficace39 determinata dall’ossitocina.


Un attaccamento sicuro, basato su cure materne ottimali, sarebbe persino più importante nella prole geneticamente vulnerabile. Alcuni studiosi di primati osservarono scimmie rhesus “ad elevata reattività”: individui timidi e iperreattivi allo stress in gioventù e, in età adulta, generalmente relegati nelle posizioni inferiori del branco. Tuttavia quando essi venivano adottati da madri esperte e straordinariamente amorevoli, acquisivano molto presto sicurezza, raggiungendo spesso le gerarchie più alte all’interno del gruppo, con femmine a elevata reattività adottate che diventavano a loro volta madri sorprendentemente amorevoli40.


L’emisfero destro e i circuiti del sistema limbico sono anch’essi collegati al sistema nervoso autonomo (SNA), sistema che mantiene l’organismo in equilibrio (omeostasi) regolando lo stato interiore in base ai mutamenti esterni. Esperienze di unione e di attaccamento positive attiveranno e connetteranno questi sistemi in maniera ottimale, facendo acquisire ai nostri figli la capacità di adattarsi fisicamente e psicologicamente ai cambiamenti e allo stress, e quindi costruendo la resilienza dell’età adulta.41,42,43

Controllo, compassione e tatto

Tra i dieci mesi e i due anni i nostri figli attraversano un importante scatto di crescita, che riguarda un’altra rilevante struttura cerebrale. La corteccia orbitofrontale (COF), situata dietro la fronte nei pressi delle cavità orbitali, agisce da controllore esecutivo del cervello e del corpo a molteplici livelli. Per esempio, essa è collegata all’amigdala – centro della paura – in modo da modificare le nostre reazioni istintive alla paura, permettendoci di essere meno timorosi, più socievoli e più curiosi qualora riteniamo di trovarci in un ambiente sicuro44.


La corteccia orbitofrontale è anche coinvolta nell’autoregolazione emotiva, conferendoci la capacità di amplificare le emozioni piacevoli, smorzando al minimo le sensazioni sgradevoli. Nell’adulto una COF ben funzionante è in grado di contribuire alla riduzione della paura e dell’ansia, mentre ne sono state riscontrate disfunzioni in caso di disturbi d’ansia, stati ossessivi45 e depressione grave46. La corteccia orbitofrontale destra è strettamente connessa all’emisfero destro e al sistema limbico e perché si sviluppi in maniera ottimale richiede anche interazioni sintoniche precoci.


Emisfero destro e COF ci permettono di interpretare le espressioni facciali, donandoci consapevolezza – e possibilmente empatia – rispetto allo stato emotivo del prossimo. L’attaccamento sicuro e precoce con una figura di accudimento sensibile che abbia contribuito alla nostra regolazione emotiva realizzerà le connessioni cerebrali idonee all’acquisizione di quest’importante competenza umana47. Queste intuizioni scientifiche confermano l’insegnamento del Dalai Lama: “Impariamo la compassione soprattutto da nostra madre”48.


Le recenti ricerche sull’attaccamento si sono concentrate sull’analisi delle interazioni facciali tra una madre sintonica e il suo bambino, come affrontato nella paragrafo precedente, forse perché si tratta di situazioni facilmente osservabili in laboratorio. Tuttavia esistono molte altre esperienze precoci in grado di attivare e connettere il cervello del neonato, modellandone così la maturazione cerebrale.


Nelle prime settimane, ad esempio, prima dei sorrisi e di altre interazioni sociali, i circuiti evolutivamente pronti all’attivazione e a alla connessione sono quelli che vanno dall’amigdala all’ipotalamo, deputati al controllo del sistema nervoso autonomo e alla produzione di molti ormoni determinanti. L’amigdala, per di più, elabora le informazioni di tipo olfattivo, cosicché anche la stimolazione derivante dagli odori, attraverso lo stretto contatto con la madre, risulterebbe fondamentale per il precoce sviluppo cerebrale49.


A questo stadio attivazione e connessione hanno luogo grazie al tatto e all’odorato, che contribuiranno alla regolazione del sistema ormonale ossitocinico e vasopressinico (AVP)50. Il contatto fisico generoso tra madre e bambino imprime calma e connessione (ossitocina), oltre a ridurre lo stress (vasopressine) nel corso delle interazioni, dando il buon inizio alla fase di preattaccamento51.


Durante questa fase anche il tatto riveste una certa importanza, poiché regola il futuro funzionamento del sistema dello stress attraverso l’ormone CRH52. Nei topi i livelli ottimali di stimolazione tattile garantiti dalla madre durante l’infanzia in età adulta migliorano l’apprendimento e il comportamento sociale, oltre a conferire resistenza allo stress53. È probabile che ciò valga anche per l’uomo, come suggeriscono i miglioramenti nella crescita, nella vigilanza54, e nel successivo sviluppo55 dei bambini prematuri dopo aver beneficiato di un maggior contatto pelle a pelle in ospedale.


Esistono molti altri aspetti delle cure parentali precoci sintoniche che, sebbene non siano ancora stati approfonditi, contribuiscono con ogni probabilità alla maturazione cerebrale. Ad esempio situazioni in cui il neonato viene portato in modo passivo, mentre osserva le attività svolte da altri, così come interazioni e attività che stimolano più apparati e sistemi sensoriali, quali l’allattamento al seno e la condivisione del letto.


Gli esperti fanno notare che tanto nell’uomo, quanto negli animali, sono richieste cure parentali di alto livello affinché lo sviluppo cerebrale della prole sia forgiato in maniera ottimale, e per garantirne la resistenza allo stress56. Tuttavia le gratifiche sono proporzionali: secondo quanto commentato da Teicher e colleghi “cure adeguate e assenza di stress intensi consentono al cervello dei mammiferi di svilupparsi in maniera meno aggressiva ed emotivamente più stabile, sociale, empatica, monogama, e con una maggiore integrazione emisferica [tra emisfero destro e sinistro]. Riteniamo che ciò favorisca, negli animali sociali, la capacità di costruire strutture sociali più elaborate, permettendo all’uomo di realizzare al meglio il proprio potenziale creativo”57.

Senza amore nessuna regolazione e nessuna connessione

Se si comprende la necessità dell’attaccamento e di esperienze sociali per uno sviluppo cerebrale ottimale, siamo anche in grado di comprendere che l’indifferenza può quanto meno provocare gli stessi danni dei maltrattamenti o di un trauma. Se i nostri figli non ricevono i giusti stimoli in alcuni momenti specifici di sviluppo cerebrale, l’attivazione e la connessione – quindi le funzionalità del loro cervello – di particolari aree risulterà deficitaria.


I bambini piccoli che non ricevono le cure parentali adeguate e i giusti stimoli nei primi anni rischiano di non raggiungere la piena funzionalità dell’emisfero destro, del sistema limbico, della corteccia orbitofrontale e di altre aree collegate. Ciò li predisporrebbe, in età adulta, a un numero preoccupante di problemi, tra cui deficit di attaccamento con ripercussioni sulle relazioni adulte; difficoltà nell’autoregolazione emotiva che aumentano il rischio di depressione e di disturbi d’ansia; assenza di empatia nei confronti del prossimo; maggiore infelicità a causa dell’incapacità di apprezzare e potenziare le emozioni gradevoli, minimizzando quelle negative; infine limitata capacità di offrire ai propri figli le cure ottimali allo sviluppo cerebrale ed emotivo58,59.


Si deve altresì considerare che la maturazione cerebrale procede in modo sequenziale: i nuovi sviluppi si innestano su basi precedenti. In questo modo l’assenza di connessione in aree dell’emisfero destro decisive, che si sviluppano precocemente, influirebbe pure sullo sviluppo successivo, compreso quello cognitivo. Ciò suggerisce come, per la crescita di un cervello sano e ben funzionante, l’“amore precoce”, che fa maturare al meglio l’emisfero destro e il sistema limbico, sarebbe forse più importante dell’“apprendimento precoce”.


L’indifferenza può essere responsabile di scarse connessioni in aree cerebrali fondamentali, e traumi e maltrattamenti subiti nei primi anni di vita rischiano di avere ripercussioni a lungo termine sulla struttura e sulla funzionalità del cervello dei nostri figli. Si noti altresì che l’assenza di regolazione risulta stressante per i bebè e i bambini piccoli, e che quindi un atteggiamento indifferente da parte dei genitori verrà quasi certamente vissuto come traumatico.


Nei bambini (come negli adulti) gli eventi traumatici provocano disagio emotivo. I piccoli che vivono tale disagio piangono, e i bambini che piangono si aspettano che noi, in quanto figure di accudimento, li aiutiamo a porre rimedio a tali esperienze di deregolazione. Se non ci rendiamo disponibili, fisicamente ed emotivamente, non soltanto verrà meno la realizzazione di circuiti cerebrali di regolazione, ma il perdurare dello stato di disagio emotivo del bambino rischierà di produrre un fiume di ormoni dello stress, tossici per il cervello e per il sistema nervoso.


Il disagio iniziale attiva la risposta di attacco o fuga del sistema nervoso simpatico (SNS), con il rilascio, nel cervello e nell’organismo, di livelli elevati di epinefrina (adrenalina) e norepinefrina (noradrenalina). Nel cervello, livelli elevati di epinefrina e di norepinefrina, accompagnati dagli ormoni dello stress CRH e cortisolo e da altre sostanze chimiche di attivazione (eccitanti), provocano uno stato sovraeccitato e ipermetabolico, nel quale le cellule cerebrali consumano un eccesso di carburante che comporta stress metabolico e, se protratto, la loro morte. Un bebè sovraeccitato si presenta fisicamente attivo, muovendosi e piangendo in modo da attirare l’attenzione di chi si occupa di lui.


Con l’aumento di questo stato di sovraeccitamento, il bambino non sarà solo stressato, ma in preda a frenesia patologica: il ricercatore Bruce Perry lo definisce stato di “paura/terrore”60.


Quando il sovraeccitamento permane a lungo, senza risposta da parte della figura di accudimento, il disagio dà luogo a uno stato dissociativo in cui il pianto si interrompe e il bambino si chiude in se stesso, emotivamente e fisiologicamente. Viene attivato il sistema nervoso parasimpatico (SNP), che rallenta il battito cardiaco e riduce la pressione sanguigna, contribuendo al risparmio di energia e calore corporeo. Tuttavia il sistema nervoso simpatico resta attivo, con livelli costantemente elevati di epinefrina e norepinefrina. Quantità massicce di oppiodi chimici nel cervello provocano insensibilità al dolore e alle emozioni e inibizione del pianto.


Lo stato di “disperazione-dissociazione” è una risposta estrema ma adattiva, connaturata nei piccoli di mammifero come meccanismo di difesa in caso di abbandono nella natura selvaggia da parte della madre. Qui il pianto continuo aumenterebbe il rischio di attacco da parte dei predatori o di spreco di energie. In questo stato il piccolo ammutolisce e conserva le energie, arrivando persino a fingere di essere morto pur di salvarsi dai predatori, sebbene il sistema dello stress permanga allertato al massimo.


Quando i bambini vivono questa condizione di dissociazione, sostanze chimiche tossiche tra cui livelli elevati di cortisolo, uniti agli altri agenti di attivazione cerebrale, possono provocare la morte delle cellule cerebrali, specie quelle del sistema limbico. Ciò può significare un cattivo funzionamento del “cervello emotivo”, determinando, secondo alcuni esperti, la vulnerabilità permanente della salute mentale61,62.


Questa sequenza – dalla paura-terrore alla disperazione-dissociazione – si realizza con una separazione prolungata o la costante assenza di risposta da parte delle figure di accudimento, vissuta dal neonato anche come separazione mortale. Si tratta di una reazione probabile anche in esperienze quali l’educazione al sonno, quando il bambino viene lasciato “piangere a oltranza”, con consolazione minima o assente, fintanto che non “si addormenti”, vale a dire cadendo, con ogni probabilità, in uno stato dissociativo che provoca l’intossicamento prolungato del cervello (per saperne di più sul “pianto a oltranza” del neonato, vai al capitolo XIII).


Studi scientifici hanno rilevato numerose anomalie cerebrali negli ani-mali e negli individui che hanno avuto esperienze ripetute o prolungate di stress o trauma precoci, presumibile frutto del danno derivante dall’intossicazione cerebrale ripetuta e prolungata.


Negli animali i ricercatori sono ricorsi alla separazione precoce dalla madre come modello di stress. Essa, nei roditori, comporta l’aumento della risposta allo stress in età adulta. Nel caso dei primati diversi dall’uomo tale separazione comporta l’aumento dei livelli a riposo del CRH, responsabile della produzione dell’ormone dello stress, minori livelli di cortisolo a riposo, anomalie delle sostanze chimiche del cervello quali la dopamina, la serotonina, e la norepinefrina; maggior timorosità in età adulta63.


Allo stesso modo, studi condotti su bambini in grave stato di abbandono hanno mostrato livelli di cortisolo più bassi, con uno schema di rilascio diurno “piatto” e anomalo, il che sarebbe segnale di futura esposizione a disturbi da stress post traumatico (DSPT)64. Uno studio su bambini adottati, provenienti da orfanotrofi rumeni – dove le prime cure prestate ai piccoli erano estremamente carenti – rilevò valori di cortisolo straordinariamente elevati durante le ore diurne, a sei anni dall’adozione65. Tuttavia i ricercatori non sono ancora certi che queste anomalie siano permanenti, e non risulta neppure chiaro se le variazioni a breve termine del cortisolo e del sistema dello stress ipotalamo-ipofisi-adrenalina (HPA), in risposta allo stress e ai traumi, producano inevitabilmente alterazioni cerebrali permanenti66 quali quelle descritte di seguito.


Teicher e colleghi hanno stilato un elenco di conseguenze sul cervello umano e animale del maltrattamento nella prima infanzia, tra cui la precoce separazione madre-figlio, ricollegandoli ai possibili effetti sulla salute in età adulta. Questi autori sottolineano che l’esposizione a stress in tenerissima età provoca mutamenti della struttura molecolare del sistema di risposta allo stress, il quale “programma e prepara il cervello dei mammiferi ad essere più timoroso e ad acquisire una maggiore reazione noradrenergica [riguardante la norepinefrina], corticosteroidea [cortisolo] e vasopressinica [AVP, ulteriore ormone cerebrale dello stress] allo stress”67.


Questi autori suggeriscono inoltre che l’aumentata morte cellulare e le dimensioni ridotte nell’ippocampo (centro della memoria a breve termine), riscontrati negli animali stressati o separati e nei bambini maltrattati, predispone all’ansia e a stati dissociativi, oltre ad aumentare l’esposizione ai disturbi da stress post traumatico in età adulta68.


Ecco ulteriori meccanismi attraverso cui i traumi precoci danneggerebbero il cervello predisponendo a problemi psichiatrici in età adulta.

  • Aumento e irritabilità dell’attività cerebrale nell’amigdala, imputabile a episodi prolungati o ripetuti di paura-terrore, con probabile istinto alla violenza in età adulta.

  • Minor connessione del corpo calloso (che unisce l’emisfero destro al sinistro), riscontrata nelle donne vittima di abusi sessuali, probabile causa di ansia.

  • Attività anomala del verme cerebellare, riscontrata nei giovani adulti abusati sessualmente durante l’infanzia e associata a schizofrenia, autismo, depressione e ADHD.

  • Emisfero destro iperattivo contro emisfero sinistro ipoattivo (riscontrati in bambini vittime di maltrattamenti in cura psichiatrica), ricollegabile a depressione in età adulta69.


Altri ricercatori hanno dimostrato che i bambini che abbiano sviluppato un attaccamento sicuro presentano un minor rilascio di cortisolo nelle situazioni di stress, mentre “lievi maltrattamenti subiti durante l’infanzia” – sculacciate o l’allontanamento della madre usati come tecniche di controllo – sono ricollegabili, rispettivamente, a un maggior rilascio di cortisolo sotto stress e a livelli più elevati di cortisolo a riposo70.


Megan Gunnar, studiosa dell’attaccamento e docente di sviluppo infantile, riassume: “Studi sulle variabili di accudimento parentale nell’uomo, comprese in un intervallo normale, indicano in maniera netta che un accudimento meno sensibile e solerte è contemporaneamente associabile a una minore regolazione dell’asse HPA durante l’infanzia. Un accudimento sensibile e solerte e un corrispondente legame di attaccamento sicuro pare fungere da efficace cuscinetto per l’asse HPA nel corso dello sviluppo precoce”71.


Tale ricerca non comporta che rari e brevi episodi di assenza materna o di leggero stress presto risolti siano dannosi per i neonati e per i bambini piccoli. Al contrario, brevi esperienze di deregolazione e riaggiustamento insegnano ai figli che “la negatività può esser tollerata e vinta”, e possono insegnare resistenza e capacità di recupero72. Si noti anche come nei prima-ti diversi dall’uomo le figure di accudimento diverse dalla madre (allogenitori) possano attutire gli effetti della separazione materna73.


È altresì probabile che persino traumi modesti possano essere sanati grazie a una regolazione e a un aggiustamento solerti (e, se necessario, continuativi). La nostra naturale tendenza al pianto, nei bambini e negli adulti, al ricordo di eventi traumatici rappresenterebbe un importante meccanismo di auto aggiustamento post traumatico. Sebbene le neuroscienze non l’abbiano indagato, sostenere i nostri figli nell’espressione delle proprie emozioni riguardo traumi passati, presenti o in corso, come sostengono esperti quali la psicologa Aletha Solter74, regalerebbe importanti opportunità di aggiustamento emotivo.


Com’è ovvio, è impossibile soddisfare tutti i bisogni dei nostri figli ed evitare loro tutti gli stress (i bambini possono persino arrabbiarsi per il tessuto degli loro vestitini!), tuttavia è determinante rendersi disponibili, offrendo la nostra sensibilità e presenza quanto più ci è possibile. L’inglese D.W. Winnicott, psichiatra infantile e pioniere della ricerca sull’attaccamento, ci rassicura che abbiamo soltanto bisogno di essere “madri sufficientemente buone” per soddisfare il bisogno dei nostri figli di attaccamento sicuro75.

Costruire l’attaccamento: sintesi e raccomandazioni

La crescente disponibilità di ricerche scientifiche e neuroscientifiche, a convalida dell’importanza dell’attaccamento per tutto il corso della vita dei nostri figli, contraddice violentemente con l’odierna letteratura sulla genitorialità e i suggerimenti elargiti che – tra l’altro – incoraggiano a non tenere in braccio i bambini e a “lasciarli piangere” da soli, in difficoltà.


Quelle di seguito sono raccomandazioni coerenti con la nostra lettura dello sviluppo cerebrale infantile, che forse renderanno la maternità più leggera e gradevole, valorizzando il benessere emotivo e relazionale dei nostri bambini per il resto della loro vita:

  • Ridurre lo stress in gravidanza. In questo modo verranno limitati gli effetti negativi degli ormoni dello stress, prodotti dalla madre, sulla maturazione cerebrale del feto. Fate esercizio fisico blando e regolare, adottate una dieta equilibrata, riposate in modo adeguato (fate sonnellini diurni se necessario), praticate yoga o altre attività meditative, sottoponetevi a massaggi regolari, considerate di entrare in maternità facoltativa e di creare gruppi di sostegno per i primi tempi dopo il parto (per ulteriori suggerimenti sulla gravidanza e il parto vedi anche il capitolo VI).

  • Pianificare una riposante “luna di miele con il neonato”. Dare la priorità al riposo e al recupero regalerà un avvio tranquillo (e forse persino trascendente) alla vita familiare. L’ideale sarebbero sei settimane di premuroso sostegno alla neomamma, senza altri obblighi. In questo periodo sarà di particolare sollievo il massaggio regolare, così come praticato in alcune culture.

  • Assicurare il contatto ininterrotto madre-bambino, di preferenza pelle a pelle, nelle prime ore e nei primi giorni dopo il parto. In questo modo si ridurrà lo stress del neonato, ottimizzandone la regolazione termica, favorendo l’avvio immediato dell’allattamento al seno e regolando in maniera positiva i sistemi dello stress del bambino.

  • Promuovere il contatto continuo o semi-continuo con il corpo della madre, tenendo in braccio o portando il bambino, nei giorni e nelle settimane dopo il parto. In questo modo i circuiti amigdalo-ipotalamici, vestibolari e cerebellari saranno connessi in modo ottimale, con probabili vantaggi psicologici a lungo termine.

  • Adottare il contatto fisico e l’allattamento materno liberi e a richiesta, sia di giorno che di notte. In questo modo madre e bambino si regoleranno a vicenda, ottimizzando i sistemi ormonali della tranquillità, del piacere e del benessere duraturi e riducendo lo stress da separazione del neonato.

  • Portare o assecondare il contatto fisico continuativo con il bambino nei primi anni di vita. Questo calmerà e regolarizzerà il neonato e il bimbo piccolo, specie nei momenti di stress e di disagio.

  • Creare numerose occasioni per stabilire buone interazioni sociali con figure di accudimento sintoniche, attente e disponibili. In questo modo prenderà avvio la perfetta connessione dell’emisfero destro e della corteccia orbitofrontale, responsabili della regolazione emotiva, con la possibilità di garantire una protezione a lungo termine da ansia e depressione.

  • Dare la precedenza alla disponibilità continua e solerte di una figura di accudimento primaria – preferibilmente la madre – dal primo anno di vita fino ai tre anni. In questo modo l’attaccamento risulterà ottimale e verrà garantito il progressivo sviluppo delle capacità di auto regolazione fisica ed emotiva.

  • Applicare in maniera costante e libera l’allattamento al seno e la condivisione del sonno nel primo anno di vita e oltre. In questo modo i sistemi ormonali deputati all’accudimento e alla gratificazione (ossitocina, prolattina, beta-endorfine) saranno al massimo dell’efficienza, sarà favorita la regolazione reciproca madre-bambino e la produzione di latte materno per nutrire il neonato risulterà ottimale, con vantaggi a lungo termine sulla salute di mamma e bebè.

  • Evitare stress eccessivi (tra cui la circoncisione), laddove possibile, specie nei primi due anni di vita. In questo modo si ridurrà l’esposizione alle sostanze chimiche tossiche di ipereccitazione/dissociazione, responsabile della morte delle cellule del cervello limbico e di un’eventuale, e permanente, precarietà della salute mentale.

  • Impegnarsi a mantenere la calma e a restare fisicamente vicini al bambino nel corso di inevitabili episodi di stress, disagio e rabbia (propri o di altri) in modo da garantire una rapida regolazione (consolazione).

  • Continuare a offrire aiuto durante i momenti di difficoltà emotiva, il che contribuirà ad attivare e connettere i circuiti di auto consolazione cerebrali e, infine, a raggiungere l’auto regolazione in queste aree.

  • Dare la precedenza all’attaccamento sicuro nei primi mesi e anni seguendo i consigli proposti in questo elenco. Così facendo si raggiungerà il pieno sviluppo dell’emisfero destro, del sistema limbico e del sistema nervoso autonomo, il che potrebbe incrementare la resistenza allo stress per tutta la vita.

  • Creare il più possibile una rete di supporto – familiare, sociale e di vicinato – a questo tipo di scelte, in modo da ridurre lo stress dei genitori e favorire la sostenibilità di ognuna di queste importanti pratiche parentali.

Partorire e accudire con dolcezza
Partorire e accudire con dolcezza
Sarah J. Buckley
La gravidanza, il parto e i primi mesi con tuo figlio, secondo natura.Un manuale rivoluzionario per le future mamme e i futuri papà che desiderano vivere gravidanza, parto e primi mesi di vita del bambino in modo naturale. Partorire e accudire con dolcezza è un manuale rivoluzionario, nel quale Sarah J. Buckley, esperta di gravidanza e parto apprezzata in tutto il mondo, fa luce sull’evento della nascita e sui primi mesi da genitori, mettendo a disposizione delle future mamme e papà conoscenze attinte sia dalla saggezza antica che dalla medicina moderna.Il libro presenta approfondimenti sulla fisiologia del parto naturale (o, come lo definisce l’autrice, “nascita indisturbata”) che mostrano quanto vada perso quando tale esperienza viene vissuta meramente come evento medico.Nella prima parte, alla scrupolosa descrizione di gravidanza e parto medicalizzati (che prevedono il ricorso a ultrasuoni, epidurale, induzione e cesareo) e delle scelte più naturali (parto in casa, rifiuto dell’epidurale o di farmaci durante la fase espulsiva) si intreccia il racconto dell’attesa e della nascita dei quattro figli dell’autrice, tutti dati alla luce tra le mura domestiche. La seconda parte prende invece in esame gli studi scientifici su attaccamento, allattamento materno e sonno infantile, ed esorta i neogenitori a operare scelte attente e amorevoli durante i primi mesi con il proprio bambino. Conosci l’autore Sara J. Buckley è medico di famiglia e autorità di fama internazionale in materia di gravidanza, parto e genitorialità. Vive a Brisbane, in Australia, con il marito e i quattro figli. Sarah Buckley è preziosa perché bilingue: sa parlare il linguaggio di una madre che ha dato alla luce i suoi quattro figli in casa, e sa parlare dadottore. Attraverso la fusione del linguaggio del cuore con quello della scienza essa impartisce alla storia del parto una direzione nuova, rivoluzionaria e illuminante.Michel Odent, medico chirurgo, autore e pioniere del parto naturale