Senza amore nessuna regolazione e nessuna connessione
Se si comprende la necessità dell’attaccamento e di esperienze sociali per uno sviluppo cerebrale ottimale, siamo anche in grado di comprendere che l’indifferenza può quanto meno provocare gli stessi danni dei maltrattamenti o di un trauma. Se i nostri figli non ricevono i giusti stimoli in alcuni momenti specifici di sviluppo cerebrale, l’attivazione e la connessione – quindi le funzionalità del loro cervello – di particolari aree risulterà deficitaria.
I bambini piccoli che non ricevono le cure parentali adeguate e i giusti stimoli nei primi anni rischiano di non raggiungere la piena funzionalità dell’emisfero destro, del sistema limbico, della corteccia orbitofrontale e di altre aree collegate. Ciò li predisporrebbe, in età adulta, a un numero preoccupante di problemi, tra cui deficit di attaccamento con ripercussioni sulle relazioni adulte; difficoltà nell’autoregolazione emotiva che aumentano il rischio di depressione e di disturbi d’ansia; assenza di empatia nei confronti del prossimo; maggiore infelicità a causa dell’incapacità di apprezzare e potenziare le emozioni gradevoli, minimizzando quelle negative; infine limitata capacità di offrire ai propri figli le cure ottimali allo sviluppo cerebrale ed emotivo58,59.
Si deve altresì considerare che la maturazione cerebrale procede in modo sequenziale: i nuovi sviluppi si innestano su basi precedenti. In questo modo l’assenza di connessione in aree dell’emisfero destro decisive, che si sviluppano precocemente, influirebbe pure sullo sviluppo successivo, compreso quello cognitivo. Ciò suggerisce come, per la crescita di un cervello sano e ben funzionante, l’“amore precoce”, che fa maturare al meglio l’emisfero destro e il sistema limbico, sarebbe forse più importante dell’“apprendimento precoce”.
L’indifferenza può essere responsabile di scarse connessioni in aree cerebrali fondamentali, e traumi e maltrattamenti subiti nei primi anni di vita rischiano di avere ripercussioni a lungo termine sulla struttura e sulla funzionalità del cervello dei nostri figli. Si noti altresì che l’assenza di regolazione risulta stressante per i bebè e i bambini piccoli, e che quindi un atteggiamento indifferente da parte dei genitori verrà quasi certamente vissuto come traumatico.
Nei bambini (come negli adulti) gli eventi traumatici provocano disagio emotivo. I piccoli che vivono tale disagio piangono, e i bambini che piangono si aspettano che noi, in quanto figure di accudimento, li aiutiamo a porre rimedio a tali esperienze di deregolazione. Se non ci rendiamo disponibili, fisicamente ed emotivamente, non soltanto verrà meno la realizzazione di circuiti cerebrali di regolazione, ma il perdurare dello stato di disagio emotivo del bambino rischierà di produrre un fiume di ormoni dello stress, tossici per il cervello e per il sistema nervoso.
Il disagio iniziale attiva la risposta di attacco o fuga del sistema nervoso simpatico (SNS), con il rilascio, nel cervello e nell’organismo, di livelli elevati di epinefrina (adrenalina) e norepinefrina (noradrenalina). Nel cervello, livelli elevati di epinefrina e di norepinefrina, accompagnati dagli ormoni dello stress CRH e cortisolo e da altre sostanze chimiche di attivazione (eccitanti), provocano uno stato sovraeccitato e ipermetabolico, nel quale le cellule cerebrali consumano un eccesso di carburante che comporta stress metabolico e, se protratto, la loro morte. Un bebè sovraeccitato si presenta fisicamente attivo, muovendosi e piangendo in modo da attirare l’attenzione di chi si occupa di lui.
Con l’aumento di questo stato di sovraeccitamento, il bambino non sarà solo stressato, ma in preda a frenesia patologica: il ricercatore Bruce Perry lo definisce stato di “paura/terrore”60.
Quando il sovraeccitamento permane a lungo, senza risposta da parte della figura di accudimento, il disagio dà luogo a uno stato dissociativo in cui il pianto si interrompe e il bambino si chiude in se stesso, emotivamente e fisiologicamente. Viene attivato il sistema nervoso parasimpatico (SNP), che rallenta il battito cardiaco e riduce la pressione sanguigna, contribuendo al risparmio di energia e calore corporeo. Tuttavia il sistema nervoso simpatico resta attivo, con livelli costantemente elevati di epinefrina e norepinefrina. Quantità massicce di oppiodi chimici nel cervello provocano insensibilità al dolore e alle emozioni e inibizione del pianto.
Lo stato di “disperazione-dissociazione” è una risposta estrema ma adattiva, connaturata nei piccoli di mammifero come meccanismo di difesa in caso di abbandono nella natura selvaggia da parte della madre. Qui il pianto continuo aumenterebbe il rischio di attacco da parte dei predatori o di spreco di energie. In questo stato il piccolo ammutolisce e conserva le energie, arrivando persino a fingere di essere morto pur di salvarsi dai predatori, sebbene il sistema dello stress permanga allertato al massimo.
Quando i bambini vivono questa condizione di dissociazione, sostanze chimiche tossiche tra cui livelli elevati di cortisolo, uniti agli altri agenti di attivazione cerebrale, possono provocare la morte delle cellule cerebrali, specie quelle del sistema limbico. Ciò può significare un cattivo funzionamento del “cervello emotivo”, determinando, secondo alcuni esperti, la vulnerabilità permanente della salute mentale61,62.
Questa sequenza – dalla paura-terrore alla disperazione-dissociazione – si realizza con una separazione prolungata o la costante assenza di risposta da parte delle figure di accudimento, vissuta dal neonato anche come separazione mortale. Si tratta di una reazione probabile anche in esperienze quali l’educazione al sonno, quando il bambino viene lasciato “piangere a oltranza”, con consolazione minima o assente, fintanto che non “si addormenti”, vale a dire cadendo, con ogni probabilità, in uno stato dissociativo che provoca l’intossicamento prolungato del cervello (per saperne di più sul “pianto a oltranza” del neonato, vai al capitolo XIII).
Studi scientifici hanno rilevato numerose anomalie cerebrali negli ani-mali e negli individui che hanno avuto esperienze ripetute o prolungate di stress o trauma precoci, presumibile frutto del danno derivante dall’intossicazione cerebrale ripetuta e prolungata.
Negli animali i ricercatori sono ricorsi alla separazione precoce dalla madre come modello di stress. Essa, nei roditori, comporta l’aumento della risposta allo stress in età adulta. Nel caso dei primati diversi dall’uomo tale separazione comporta l’aumento dei livelli a riposo del CRH, responsabile della produzione dell’ormone dello stress, minori livelli di cortisolo a riposo, anomalie delle sostanze chimiche del cervello quali la dopamina, la serotonina, e la norepinefrina; maggior timorosità in età adulta63.
Allo stesso modo, studi condotti su bambini in grave stato di abbandono hanno mostrato livelli di cortisolo più bassi, con uno schema di rilascio diurno “piatto” e anomalo, il che sarebbe segnale di futura esposizione a disturbi da stress post traumatico (DSPT)64. Uno studio su bambini adottati, provenienti da orfanotrofi rumeni – dove le prime cure prestate ai piccoli erano estremamente carenti – rilevò valori di cortisolo straordinariamente elevati durante le ore diurne, a sei anni dall’adozione65. Tuttavia i ricercatori non sono ancora certi che queste anomalie siano permanenti, e non risulta neppure chiaro se le variazioni a breve termine del cortisolo e del sistema dello stress ipotalamo-ipofisi-adrenalina (HPA), in risposta allo stress e ai traumi, producano inevitabilmente alterazioni cerebrali permanenti66 quali quelle descritte di seguito.
Teicher e colleghi hanno stilato un elenco di conseguenze sul cervello umano e animale del maltrattamento nella prima infanzia, tra cui la precoce separazione madre-figlio, ricollegandoli ai possibili effetti sulla salute in età adulta. Questi autori sottolineano che l’esposizione a stress in tenerissima età provoca mutamenti della struttura molecolare del sistema di risposta allo stress, il quale “programma e prepara il cervello dei mammiferi ad essere più timoroso e ad acquisire una maggiore reazione noradrenergica [riguardante la norepinefrina], corticosteroidea [cortisolo] e vasopressinica [AVP, ulteriore ormone cerebrale dello stress] allo stress”67.
Questi autori suggeriscono inoltre che l’aumentata morte cellulare e le dimensioni ridotte nell’ippocampo (centro della memoria a breve termine), riscontrati negli animali stressati o separati e nei bambini maltrattati, predispone all’ansia e a stati dissociativi, oltre ad aumentare l’esposizione ai disturbi da stress post traumatico in età adulta68.
Ecco ulteriori meccanismi attraverso cui i traumi precoci danneggerebbero il cervello predisponendo a problemi psichiatrici in età adulta.
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Aumento e irritabilità dell’attività cerebrale nell’amigdala, imputabile a episodi prolungati o ripetuti di paura-terrore, con probabile istinto alla violenza in età adulta.
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Minor connessione del corpo calloso (che unisce l’emisfero destro al sinistro), riscontrata nelle donne vittima di abusi sessuali, probabile causa di ansia.
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Attività anomala del verme cerebellare, riscontrata nei giovani adulti abusati sessualmente durante l’infanzia e associata a schizofrenia, autismo, depressione e ADHD.
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Emisfero destro iperattivo contro emisfero sinistro ipoattivo (riscontrati in bambini vittime di maltrattamenti in cura psichiatrica), ricollegabile a depressione in età adulta69.
Altri ricercatori hanno dimostrato che i bambini che abbiano sviluppato un attaccamento sicuro presentano un minor rilascio di cortisolo nelle situazioni di stress, mentre “lievi maltrattamenti subiti durante l’infanzia” – sculacciate o l’allontanamento della madre usati come tecniche di controllo – sono ricollegabili, rispettivamente, a un maggior rilascio di cortisolo sotto stress e a livelli più elevati di cortisolo a riposo70.
Megan Gunnar, studiosa dell’attaccamento e docente di sviluppo infantile, riassume: “Studi sulle variabili di accudimento parentale nell’uomo, comprese in un intervallo normale, indicano in maniera netta che un accudimento meno sensibile e solerte è contemporaneamente associabile a una minore regolazione dell’asse HPA durante l’infanzia. Un accudimento sensibile e solerte e un corrispondente legame di attaccamento sicuro pare fungere da efficace cuscinetto per l’asse HPA nel corso dello sviluppo precoce”71.
Tale ricerca non comporta che rari e brevi episodi di assenza materna o di leggero stress presto risolti siano dannosi per i neonati e per i bambini piccoli. Al contrario, brevi esperienze di deregolazione e riaggiustamento insegnano ai figli che “la negatività può esser tollerata e vinta”, e possono insegnare resistenza e capacità di recupero72. Si noti anche come nei prima-ti diversi dall’uomo le figure di accudimento diverse dalla madre (allogenitori) possano attutire gli effetti della separazione materna73.
È altresì probabile che persino traumi modesti possano essere sanati grazie a una regolazione e a un aggiustamento solerti (e, se necessario, continuativi). La nostra naturale tendenza al pianto, nei bambini e negli adulti, al ricordo di eventi traumatici rappresenterebbe un importante meccanismo di auto aggiustamento post traumatico. Sebbene le neuroscienze non l’abbiano indagato, sostenere i nostri figli nell’espressione delle proprie emozioni riguardo traumi passati, presenti o in corso, come sostengono esperti quali la psicologa Aletha Solter74, regalerebbe importanti opportunità di aggiustamento emotivo.
Com’è ovvio, è impossibile soddisfare tutti i bisogni dei nostri figli ed evitare loro tutti gli stress (i bambini possono persino arrabbiarsi per il tessuto degli loro vestitini!), tuttavia è determinante rendersi disponibili, offrendo la nostra sensibilità e presenza quanto più ci è possibile. L’inglese D.W. Winnicott, psichiatra infantile e pioniere della ricerca sull’attaccamento, ci rassicura che abbiamo soltanto bisogno di essere “madri sufficientemente buone” per soddisfare il bisogno dei nostri figli di attaccamento sicuro75.