CAPITOLO X

La scelta del parto in casa

Nei tempi moderni il parto in casa è stato rappresentato come scelta radicale e, forse, persino rischiosa. Tuttavia molti studi condotti nel corso di anni in numerosi Paesi confermano che per le famiglie moderne il parto in casa è una scelta sicura. Le donne che decidono di partorire a casa hanno la minor probabilità di dover assumere farmaci o subire interventi e la maggior probabilità di avere un parto normale rispetto a tutte le modalità di parto odierne. In questo capitolo daremo indicazioni mediche e sostegno a coloro che scelgono la massima dolcezza del parto dando alla luce il proprio bambino a casa.


Nel corso della storia la donna ha sempre partorito in luoghi conosciuti, con compagni familiari e di fiducia. Nel mondo la maggior parte dei bambini nasce ancora a casa e persino nei Paesi occidentali il parto in casa era la norma fino a circa cinquant’anni fa. Molti dei nostri nonni sono nati tra le mura domestiche, forse anche alcuni dei nostri genitori – tra cui mia madre e mio padre.

Breve storia dell’ospedalizzazione del parto

Il trasferimento da casa all’ospedale prese avvio nel XVIII secolo, quando ostetrici uomini – l’equivalente dei ginecologi di oggi – avevano bisogno di pazienti passive sulle quali esercitare le proprie competenze in fatto di parto, iniziando così a prestare cure ospedaliere gratuite a donne povere (e spesso senza dimora). Il primo ospedale con degenza fu istituito a Dublino nel 1745, e di seguito furono costruiti ricoveri in altre regioni europee e degli Stati Uniti.


Il parto in ospedale sotto la guida di ostetrici maschi dapprincipio era troppo rischioso. Come descrive de Costa


…l’affollamento dei pazienti, le frequenti ispezioni vaginali e l’utilizzo di strumenti, medicazioni e biancheria da letto contaminati erano veicolo di infezioni in un’epoca in cui non vi erano nozioni di disinfezione.1


Questa nuova patologia – la “febbre puerperale” – nel 1846 uccise, ad esempio, il 13 per cento delle pazienti sotto controllo medico nell’ospedale di Vienna, rispetto al 2 per cento delle donne prese in carico dalle levatrici2. La sua natura contagiosa fu identificata da Ingaz Semmelweis a Vienna, da Thomas Watson a Londra e da Oliver Wendell Holmes a Boston, tuttavia l’idea che la febbre puerperale fosse dovuta alla negligenza delle norme igieniche da parte dei medici destava forti resistenze. La necessità di prestare attenzione alla disinfezione di base fu presa in considerazione, diventando parte della normale prassi, non prima della fine del XIX secolo3.


Sebbene oggi la mortalità delle donne che partoriscono in ospedale sia la medesima di quella del parto in casa, per le madri e i bambini nati in ospedale persiste l’aumento del rischio di infezioni – specie quelle antibiotico resistenti. In ospedale esistono, oltretutto, ulteriori gravi rischi iatrogenici (di natura medica) che fanno del parto in casa una scelta idonea.

Gli interventi durante il parto e la sicurezza del parto in casa

Il rischio principale del parto ospedalizzato è forse quello di interventi superflui. Come descritto al capitolo VI “Nascita indisturbata”, è provato che gli interventi medici interferiscono con il delicato cocktail ormonale del parto, comune a madre e figlio, con effetti ignoti a lungo termine. Il taglio cesareo, assai più probabile per le donne che scelgono di partorire in ospedale, aumenta il rischio di morte materna, persino tra i soggetti in buona salute (vedi capitolo IX). Un parto traumatico può rendere il passaggio alla maternità più arduo e doloroso sia per la madre, sia per il bambino, con possibili implicazioni serie sul compagno, la famiglia e gli amici.


Le indagini statunitensi Listening to Mothers, condotte dalla Childbirth Connection (ex Maternity Center Association) nel 2002 e nel 2006 non rilevarono “virtualmente nessun parto naturale” in nessuno dei due studi, rivolti a un totale di oltre tremila donne4,5. Nell’indagine del 2006 circa metà delle donne aveva subìto l’induzione; quasi tre quarti aveva ricevuto l’epidurale e un terzo aveva partorito con un cesareo.


In confronto le donne che pianificano un parto in casa hanno, secondo gli studi più noti, una possibilità pari al 70-80 per cento di partorire senza interventi. Il tasso di cesarei per le madri che decidono di partorire a casa è in genere del 5-10 per cento6,7,8,9. In ragione dell’uso contenuto di farmaci (gran parte dei professionisti del parto in casa non porta con sé analgesici) i bambini nati in casa risultano più vigili e in condizioni migliori rispetto a quelli venuti al mondo in ospedale. I dati ufficiali statunitensi attestano che la percentuale di parti non ospedalieri (nascite in casa o in centri nascita autonomi) è dell’1 per cento10.


In termini di esiti per la madre e per il bambino, gran parte degli studi sui parti programmati in casa mostrano dati di mortalità perinatale (numero dei bambini che decedono alla nascita) positivi almeno quanto quelli ospedalieri, con un minor tasso di complicanze e di interventi. Lo studio di riferimento di Johnson e Daviss, condotto nel 2005 su un campione di cinquemila donne statunitensi e canadesi che intendevano partorire a casa, assistite da ostetriche professioniste certificate (CPM), evidenziò la medesima mortalità perinatale, con tassi di intervento fino a dieci volte inferiori rispetto a quelli delle donne a basso rischio che partorivano in ospedale. La percentuale di induzioni e accelerazioni, cateteri endovenosi (IV), rottura delle membrane, monitoraggi fetali, epidurali, episiotomie e uso del forcipe erano tutte inferiori al 10 per cento, e le donne a richiedere il cesareo erano il 3,7 per cento11.


In uno studio revisionato sulla sicurezza del parto in casa, condotto dall’autorevole Cochrane Collaboration, Olsen afferma:


Nelle gestanti a basso rischio selezionate non esistono grosse evidenze a favore del parto in casa piuttosto che di quello in ospedale. Nei Paesi in cui sia possibile istituire un servizio di parto a domicilio supportato da un moderno sistema ospedaliero, ogni donna a basso rischio dovrebbe poter avere la possibilità di prendere in considerazione il parto in casa programmato…12


Nei Paesi Bassi, dove circa un terzo dei bambini nasce in casa con l’assistenza di un’ostetrica, i risultati riguardanti i primogeniti si sono dimostrati equivalenti a quelli dei nati da madri a basso rischio in ospedale, mentre i dati relativi ai secondi nati e a quelli successivi sono risultati migliori13.


La studiosa di statistica statunitense Marjory Tew ha preso in esame alcune delle raccolte dati più ampie sulla nascita in casa e in ospedale dei Paesi Bassi14 e del Regno Unito (prima dell’avvento dell’ospedalizzazione)15. La conclusione da lei tratta, accettata dai politici britannici, è che nascere in casa o in piccoli ambulatori gestiti da medici di famiglia sia più sicuro, per le madri e i bambini appartenenti a ogni categoria di rischio, che partorire nei reparti ospedalieri di ginecologia e ostetricia16. Tew conclude che i moderni interventi ostetrici, applicati all’intera popolazione di partorienti, hanno reso la nascita più rischiosa, non più sicura17. Il suo libro, Safer Childbirth? A Critical History of Maternity Care, menziona le false informazioni utilizzate per promuovere il passaggio dal parto in casa a quello ospedaliero, avvenuto in Gran Bretagna tra gli anni Cinquanta e Ottanta18.

Perché partorire in casa?

Spesso quella del parto in casa è una scelta istintiva per le coppie in attesa, sebbene tale istinto possa essere pure sostenuto da informazioni e ricerche attendibili. Alcuni preferiscono questa opzione a causa di una precedente esperienza negativa in ospedale o perché hanno assistito a brutti episodi (o sono stati loro raccontati).


Altri arrivano al parto in casa perché ne hanno sentito parlare in maniera positiva o addirittura, come me e il mio compagno, hanno avuto il privilegio di assistere amici che hanno partorito a domicilio. Altri ancora potrebbero desiderare di operare scelte piuttosto difficili da applicare in ospedale – quali un parto per via vaginale dopo un cesareo – mentre alcune famiglie auspicano che i propri figli, o altri membri del nucleo familiare, siano coinvolti più di quanto non sia possibile in una sala parto. Alcune delle donne che scelgono di partorire a casa sono state a loro volta partorite in casa.


Le gestanti che scelgono questo tipo di parto tendono ad essere più mature e ad avere un’istruzione superiore rispetto alla media; molte di esse sono operatori sanitari – ostetriche e qualche medico – proprio come me e il mio compagno.


Queste donne sono, in genere, più fiduciose verso il proprio corpo e i naturali processi del parto, con la tendenza a essere più autonome e responsabili in altri aspetti della vita. Di più, l’esperienza di partorire secondo i propri tempi, e nel proprio spazio, rafforza tali atteggiamenti, donando alla madre una profonda fiducia nelle proprie capacità e in quelle del suo bambino, oltre a posare solide basi per una maternità felice.


Per il padre di un bimbo nato in casa la presenza a tutto tondo e il coin-volgimento totale nella venuta al mondo di suo figlio può rappresentare un’esperienza epocale. Il vissuto dei padri di solito è molto diverso in ospedale, dove il personale sanitario li tratterà al pari di un’appendice, magari imponendo loro di raccomandare alla moglie eventuali interventi.

Una scelta insolita

Nei Paesi occidentali il parto in casa resta una scelta minoritaria. Le coppie che decidano in questo senso incontreranno la resistenza di amici, parenti, medici, media, molti dei quali all’oscuro degli esiti positivi di questo genere di scelta. Per loro sarà persino difficile trovare chi li assista, specie fuori dalle aree metropolitane, mentre in alcuni contesti – tra cui quello dove vivo io, l’Australia – partorire tra le mura domestiche risulterà una scelta costosa, i cui oneri saranno interamente a carico della famiglia.


Tuttavia l’assistenza ostetrica personalizzata ricevuta dalla maggior parte delle donne che partoriscono in casa rappresenta, come afferma il responsabile sanitario di Brisbane, la “Rolls Royce” dell’assistenza alla maternità, la quale sortisce, come è stato provato, esiti pari a quelli derivanti dall’assistenza medica e ostetrica – se non migliori – oltre a una maggior soddisfazione19. Da uno studio sono risultati anche esiti migliori, in particolare una mortalità neonatale inferiore del 33 per cento e il 31 per cento di rischi in meno di basso peso alla nascita nei bambini nati con l’assistenza di levatrici20.


La professionista che presta questo tipo di assistenza entra in intimità e confidenza con la donna, il suo compagno e la sua famiglia, costruendo un legame di fiducia che garantirà vero sostegno nel corso del travaglio, del parto e all’inizio della maternità e della paternità. Il livello di sostegno contribuirà a ridurre, nella gestante, lo stress e gli ormoni da esso prodotti, contribuendo agli esiti più favorevoli di cui sopra. Molte levatrici danno vita, in modo formale o informale, a comunità di partorienti in cui gestanti, neomamme e famiglie possano incontrarsi e socializzare.


Al di fuori di questi gruppi di sostegno, tuttavia, le donne che scelgano il parto in casa rischiano di non trovare sostegno alle scelte informate che le riguardano. Sarebbe utile ricordare che si tratta di ansie spesso espresse da individui animati da un interesse genuino nei riguardi della famiglia, ad esempio i futuri nonni. A volte si sceglierà di impegnarsi nel dialogo e nelle spiegazioni per contrastare timori altrui, altre volte si serberanno le energie, restando internamente fiduciosi. A volte tenere i propri piani per sé sarà la scelta migliore, specie se esiste l’eventualità che chi ci circonda voglia condividere con noi l’orrore delle sue esperienze di parto.

Il parto in casa in altri Paesi

I Paesi Bassi detengono il tasso più alto di nascite in casa del mondo occidentale, coerentemente con la filosofia della tutela delle donne a basso rischio da interventi superflui21. Qui l’assistenza ginecologica specialistica è a carico dello Stato solo per le donne che ne abbiano necessità, mentre le ostetriche (per il parto ospedaliero o a domicilio) offrono servizio gratuito a tutte le gestanti. I Paesi Bassi hanno uno dei tassi più contenuti di interventi (tra cui una percentuale ridotta di cesarei e di epidurali) dei Paesi occidentali, con esiti positivi per le madri e per i loro bambini.


Anche il Regno Unito offre un servizio domiciliare di assistenza ostetrica gratuito, sebbene nella sanità pubblica le donne non possano scegliere la propria assistente, rischiando di non essere seguite dalla stessa professionista nel corso della gravidanza e del parto. Alcune madri riferiscono di pregiudizi, all’interno del sistema, nei confronti del parto in casa, per quanto esso sia stato riconosciuto a livello governativo (attraverso il Rapporto Changing Childbirth) e i legislatori britannici si siano mossi in direzione del parto in casa come scelta per tutte le donne. Le linee guida del britannico NICE (National Institute for Clinical Excellence) in materia di parto cesareo raccomandano il sostegno al parto in casa come contributo alla riduzione del tasso di cesarei22, mentre un’indagine condotta nel Regno Unito rivelò che, potendo scegliere, il 22 per cento delle donne partorirebbe in casa23.


Negli ultimi vent’anni la Nuova Zelanda ha conosciuto una rinascita dell’assistenza ostetrica, il che ha determinato un aumento del tasso di nascite in casa stimato del 7 per cento24 – sebbene le cifre varino enormemente da regione a regione. Le donne possono scegliere la propria ostetrica, che si occuperà di loro a domicilio o in ospedale, a carico dello Stato. A livello nazionale questo tipo di assistenza ha contribuito a migliorare gli esiti per le madri e i loro bambini.


Anche in Canada si è assistito a una ripresa dell’assistenza ostetrica e del parto in casa, con il primo corso di formazione per ostetriche e il loro riconoscimento nel 1999, in alcune province dove, in passato, tale pratica risultava illegale. L’assistenza ostetrica è in crescita pure negli Stati Uniti, con un numero di parti condotti da ostetriche (soprattutto in ospedale) passato dall’1 per cento del 1975 al 7,9 per cento del 200525.

Organizzare un parto in casa

Da dove iniziare per organizzare un parto in casa? Le cose cambiano da Paese a Paese, tuttavia il primo passo da compiere è, in genere, quello di cercare un’ostetrica.


Negli Stati Uniti le ostetriche diplomate (CNM), con formazione infer-mieristica e ostetrica, possono operare con ginecologi e medici di famiglia, prestando servizio pure per i parti in ospedale. Le ostetriche “non diplomate” si sono formate attraverso la pratica e l’acquisizione di nozioni specifiche, e verranno definite ostetriche professionali (CPM). La disponibilità del servizio di parto in casa e i titoli (oltre che la legalità) professionali delle ostetriche variano da Stato a Stato.


Alcune province del Canada, tra cui Alberta, British Columbia, Manitoba, Ontario e Quebec, dispongono di un servizio ostetrico regolamentato a livello statale, e di ostetriche libere professioniste operanti in gran parte delle regioni elencate. Le ostetriche assistono al parto in ospedale, a domicilio, e/o nei centri maternità in base alle province.


In Gran Bretagna quasi tutte le ostetriche che prestano assistenza nei parti a domicilio dipendono dal sistema sanitario nazionale. Chi opera questo tipo di scelta dovrà reperire un nominativo attraverso il proprio medico o il responsabile del corpo ostetriche. L’accesso dovrebbe essere favorito dal recente provvedimento del governo britannico che rende il parto in casa opzione disponibile a ogni donna. La disponibilità di ostetriche libere professioniste che operino al di fuori del Sevizio Sanitario Nazionale è limitata ed è una scelta, in genere, onerosa.


Per reperire una ostetrica che presti servizio di parto a domicilio è sufficiente cercare sull’elenco telefonico alla voce medici specialisti, servizi ostetrici e assistenza al parto. Oppure lanciare una ricerca on-line per il termine “ostetrica” nella zona di interesse. È pure possibile consultare i link e le risorse all’indirizzo www.sarahjbuckley.com. Meglio ancora chiedere referenze in giro o cercare gruppi di preparazione al parto nella propria zona per ottenere ulteriori consigli e un elenco di nominativi.


Persino nelle zone dove il parto in casa e/o l’assistenza ostetrica al parto domiciliare non sono legali né regolamentati, forse sono presenti ostetriche (sebbene non potrebbero utilizzare tale titolo) disposte ad assistervi a casa. Chiedete tra i gruppi pro parto naturale o di genitori, oppure rivolgete le vostre domande a forum quali quello di www.mothering.com.


Identificata una possibile ostetrica – o, ancora meglio, un elenco di possibili ostetriche – prendete in considerazione le domande che seguono, da porre al telefono o, se possibile, di persona. La sensazione a pelle trasmessa dalla professionista a cui vi rivolgerete sarà determinante tanto quanto le informazioni che vi fornirà.

Domande da porre all’ostetrica

  • Qual è la sua formazione e che esperienze ha avuto?

  • Qual è la sua filosofia di base sull’assistenza al parto?

  • Quali cure prenatali presta?

  • Collabora con altre ostetriche? È possibile incontrarle o ricevere la loro assistenza durante il travaglio?

  • Di quali strumenti di supporto si avvale?

  • Quali cure e controlli applica nel corso del travaglio?

  • Esistono leggi o regolamenti che possano influire sulle prestazioni da lei svolte?

  • Quali strumenti utilizza?

  • Che tipo di assistenza è in grado di prestare in caso di travaglio difficoltoso o prolungato?

  • Ha preparazione o esperienza di rianimazione materno-infantile?

  • È in grado di suturare eventuali lacerazioni in un contesto domestico?

  • E se dovessi essere trasferita in ospedale?

  • Quali sono le cure postnatali che presta di solito?

  • Quali sono le sue percentuali di trasferimento in ospedale, intervento e complicanze quali lacerazioni del perineo ed emorragie post partum?

  • Ha avuto figli? Se sì, com’è stata la sua esperienza di parto?

  • Offre cure alternative quali fitoterapia, omeopatia o agopuntura?


Tenete anche conto della flessibilità e disponibilità mostrate dall’intervistata: la vostra situazione potrebbe mutare, oppure potreste cambiare avviso sui vari aspetti dell’assistenza a voi prestata a gravidanza avanzata, quindi è bene che, in qualsiasi piano del parto, le possibilità da voi contemplate restino il più possibile aperte.


Potete intuire il grado di calma, sicurezza e di assenza di giudizio dell’ostetrica, quanto le sue risposte si avvicinino a voi e ai vostri bisogni. Questi elementi vi suggeriranno la posizione da lei assunta durante il travaglio: se permetterà, restando beninteso in osservazione e prestandovi le cure necessarie, a voi e al travaglio di ricoprire un ruolo centrale. Alcune delle migliori professioniste potrebbero sembrare, al primo incontro, umili e tranquille.

Un gruppo di sostegno al parto in casa

Uno dei modi migliori per preparare un parto in casa è frequentare un gruppo di sostegno al parto a domicilio, oppure incontrare poche mamme che abbiano vissuto quest’esperienza, con cui condividere storie di parto, a cui porre domande e, soprattutto, stare insieme a mamme e bambini, abitudine tristemente desueta nella nostra cultura.


Se non esistono gruppi di sostegno al parto in casa nella vostra zona potreste pensare di costituirne uno voi, scegliendo un giorno al mese comodo per voi e invitando le ostetriche di zona a passare parola. Il mio gruppo di zona (Brisbane) è solito iniziare gli incontri con una breve introduzione ai partecipanti, dopo di che viene chiesto a una mamma di condividere la propria storia di parto. A quel punto si discute insieme, soprattutto invitando i nuovi arrivati a porre domande, per finire poi con un breve commento da parte di ognuno. Al termine dell’incontro si cena tutti insieme, con tanto tempo per chiacchierare e far scorrazzare i bambini!

Il parto in casa e il ciclo sacro

Il parto non è un evento isolato della vita, piuttosto un elemento del ciclo sessuale femminile. Come madri passiamo dalle mestruazioni al concepimento, la gravidanza, il parto, il dopo parto e l’allattamento, per poi tornare alle mestruazioni. Quando tale ciclo viene onorato come un continuum generatore di vita, ciascuna di queste esperienze riesce a essere profonda e gratificante26.


Il parto in casa fa sì che questi sacri eventi restino all’interno del nostro spazio, mantenendo il ciclo integro e inviolato. Nascere in casa riesce, di volta in volta, a benedire la nostra dimora e la nostra famiglia, generando un’atmosfera luminosa nelle prime settimane e durante i primi mesi, donandoci ricordi ed esperienze che possano essere di sostegno – a noi madri, padri, lattanti e bambini – per tutta la vita.


Il parto in acqua di jacob: tempismo perfetto

La mia terza gravidanza fu inattesa e mi insegnò fiducia e tempismo, sviluppando la mia capacità di abbandono. Il parto in casa e nell’acqua di Jacob fu un’esperienza dolcissima, sebbene non priva di asperità, che donò alla nostra famiglia un inizio pieno di beatitudine come nucleo a cinque.


Lo ricordo come fosse ieri. Eravamo in macchina sulla Hoddle Street, a Melbourne, per andare a prendere il traghetto che ci avrebbe portato a sud, in Tasmania, per trascorrere il Natale in famiglia. Legate ai seggiolini posteriori Emma, che aveva appena compiuto quattro anni, e Zoe, quattordici mesi.


Mi voltai verso Nicholas e gli dissi: “Beh, fin’ora non ho voluto altri figli, ma adesso sento che sarebbe bello se succedesse”.


“Sì”, convenne, e da medico aggiunse: “Sarei proprio felice se tu avessi un altro figlio prima di superare i trentacinque anni”.


A ripensarci riesco quasi a percepire una scintilla nell’aria, una sorta di materializzazione dello spirito di quello che sarebbe diventato nostro figlio Jacob, che in quel momento aveva trovato l’infinitesimo spiraglio di una porta fino ad allora chiusa, precipitandosi sulla terra - da noi, la sua nuova famiglia - alla velocità della luce.


Fui davvero stupita, in realtà piuttosto spaventata, quando lo concepii. Mi ci vollero diverse settimane per rendermi conto di essere incinta e diversi mesi per aver fiducia nel tempismo di Jacob. In particolare temevo i due anni di differenza con Zoe, l’esatta differenza di età tra me e la mia sorella minore.


Il mio fisico, tuttavia, era in ottima forma e mi mantenni attiva e in salute per l’intera gravidanza. Scegliemmo di nuovo di partorire in casa con la squadra composta da ostetrica e medico di famiglia che ci aveva sostenuto in maniera superba per la nascita di Emma e di Zoe.


Durante questa gravidanza avvertii un impellente desiderio d’acqua, quindi trascorsi molto tempo a nuotare. Tutti insieme ci godemmo le lezioni di nuoto settimanali di gruppo tenute da Cookie Harkin, l’insegnante di acquaticità di Zoe. Io seguii pure gli incontri preparto da lei tenuti, durante i quali galleggiavamo a pancia in giù in piscina, con boccaglio e braccioli, luci soffuse e musica rilassante. Condividere l’esperienza del mio bambino, dolcemente sospeso nel tepore dell’acqua tra suoni rassicuranti, mi infuse un senso di pace.


Più avanti nella gravidanza presi a utilizzare una monopinna, una pinna più grossa che comprende ambedue i piedi, consentendo di nuotare a delfino sott’acqua. Così facendo riuscivo a percepire l’entusiasmo del mio bambino, insieme al mio, e mi domandai, ripensandoci, se mio figlio avesse scelto di restare nel mio ventre qualche settimana in più per saziarsi di tanto piacere.


Per quel travaglio decisi di affidarmi a una vasca per il parto, con la possibilità di partorire in acqua. Immaginavo che l’acqua mi avrebbe donato spazio e riservatezza in quella che sarebbe stata una casa affollata: Emma e Zoe, una buona amica ad occuparsi di loro, il mio medico, la mia ostetrica e Nicholas. Ero anche curiosa di sperimentare il parto in acqua, di cui alcune amiche mi avevano parlato con entusiasmo.


La vasca che avevo affittato dalla mia ostetrica era stata appositamente realizzata con tubi metallici cavi (per l’esattezza tubi di scappamento) assemblati, e un rivestimento fissato al telaio. Era veloce da montare e non troppo alta, così da permettermi di entrare senza difficoltà. Facemmo una prova per valutare quante taniche d’acqua calda ci volessero a riempirla e quanto ci avremmo impiegato, compreso il tempo necessario a scaldare di nuovo l’acqua (tre taniche e circa quattro ore). Durante il collaudo riuscii a bruciare la stufetta per il materasso ad acqua, che manteneva al caldo la vasca su un pezzo di gommapiuma, quindi dovetti comprare una stufa nuova!


La vasca, montata e pronta a essere riempita, vegliava sul retro mentre io andavo oltre il termine originariamente previsto di una, due, tre settimane. Avevo la fortuna di contare su professionisti felici di rivedere queste date (piuttosto incerte), così riuscii a godermi l’attesa senza inutili pressioni. La mia unica preoccupazione era far corrispondere il termine con le date dei miei genitori: sarebbero arrivati per darmi una mano dopo il parto, quindi dovettero riprenotare il volo dalla Nuova Zelanda diverse volte.


Il mio travaglio prese avvio all’una di notte, quindi svegliai Nicholas per riempire la vasca intorno alle due e mezzo. Fu un travaglio molto lento e dolce sin dal principio, durante il quale trascorsi il tempo sia dentro che fuori dall’acqua. Mi accorsi che riuscivo a oscillare il bacino anche in vasca - non senza produrre, come minimo, mareggiate - ma di certo trassi giovamento dall’acqua durante il riposo tra una contrazione e l’altra. Zoe, che si era svegliata prima dell’alba ed era già nuda da prima, trascorse gran parte delle prime fasi del travaglio a cercare di entrare con me, accontentandosi, quindi, di far galleggiare le sue bambole in acqua.


Sistemammo la vasca in soggiorno, e Nicholas aveva avuto la saggia idea di piantare, nel giardino contiguo, alcune splendide cinerarie, che io potevo ammirare dalla finestra. Il mio compito durante questo travaglio era rallentare e mantenere quel ritmo dolce. Uscire e camminare non mi accelerò il travaglio, come accade a molte donne dopo qualche ora in vasca.


Quando, in mattinata, le contrazioni si fecero più dure trovai sollievo e sostegno nell’acqua. Avevo la sensazione che questo bambino sarebbe nato in acqua, ma mi sembrava importante non fissarmi su quell’idea. Ricordai quanto fosse stato decisivo tenere i piedi aderenti a terra per permettere alla gravità di aiutarmi a dare alla luce la mia secondogenita Zoe, nata posteriore (a faccia in su).


Nel momento di transizione, prima di avvertire un forte desiderio di spingere, sentii la realtà di questo bambino, che presto avrei tenuto tra le braccia. Fui attraversata da un’ondata di paura, seguita da una forte connessione e determinazione. E mentre la testa di mio figlio scendeva, vidi una massa bianca nell’acqua: la soffice vernice caseosa che gli copriva la pelle si diffondeva a ogni spinta.


In ginocchio, poggiata a una sponda della vasca, diedi alla luce mio figlio. Jacob, 3 chili e 75 grammi, era il più grosso dei miei bambini, e mentre usciva ero riuscita a sentire le ossa del mio bacino aprirsi. Chris, la mia ostetrica, lo prese dall’acqua per passarmelo. A differenza di alcuni bambini nati in acqua, lui pianse subito e con vigore. Nell’entusiasmo del momento non pensammo a controllare di che sesso fosse, quindi provammo un nuovo impeto di gioia nello scoprire, alcuni minuti dopo, che era un maschio.


Mi misi in piedi fuori dall’acqua per espellere la placenta di Jacob, e scegliemmo di non tagliare il cordone (per conoscere meglio la pratica detta “nascita lotus” leggi il racconto “La placenta di Jacob” al capitolo IX). Il mio medico raccolse un piccolo campione del sangue cordonale del bambino (per identificarne il fattore Rh e il gruppo sanguigno) quindi lasciammo galleggiare la placenta in una scatola di gelato fintanto che non fui pronta ad uscire, circa un’ora dopo il parto. Prima di allora Emma e Zoe saltarono dentro per salutare il fratellino. Dopo la nascita versammo l’acqua in giardino, il che rese la pulizia assai veloce.


Il cordone ombelicale di Jacob si staccò il giorno prima dell’arrivo dei miei genitori: tempismo perfetto! Mio padre e mia madre ci diedero un enorme aiuto con le faccende di casa, permettendomi di riposare e di stabilizzarmi con la nuova maternità, oltre a essere nonni meravigliosi per le mie bimbe più grandi. La nostra casa emanava calma e perfezione, allietata dall’ennesima straordinaria Nascita, un albero di candide camelie in fiore alla finestra.


L’attesa e la nascita di Jacob mi insegnarono la fiducia nel tempismo dei miei figli, la fiducia nel sostegno che la vita ci offre, l’abbandono, e l’accettazione dell’amore e dell’aiuto esterno. La nascita di Jacob mi dette l’ispirazione a scrivere e a parlare pubblicamente del parto, a condividere le mie esperienze e conoscenze per dare aiuto agli altri, affinché le madri, i bambini, i padri e le famiglie possano vivere un avvio perfetto.


Partorire e accudire con dolcezza
Partorire e accudire con dolcezza
Sarah J. Buckley
La gravidanza, il parto e i primi mesi con tuo figlio, secondo natura.Un manuale rivoluzionario per le future mamme e i futuri papà che desiderano vivere gravidanza, parto e primi mesi di vita del bambino in modo naturale. Partorire e accudire con dolcezza è un manuale rivoluzionario, nel quale Sarah J. Buckley, esperta di gravidanza e parto apprezzata in tutto il mondo, fa luce sull’evento della nascita e sui primi mesi da genitori, mettendo a disposizione delle future mamme e papà conoscenze attinte sia dalla saggezza antica che dalla medicina moderna.Il libro presenta approfondimenti sulla fisiologia del parto naturale (o, come lo definisce l’autrice, “nascita indisturbata”) che mostrano quanto vada perso quando tale esperienza viene vissuta meramente come evento medico.Nella prima parte, alla scrupolosa descrizione di gravidanza e parto medicalizzati (che prevedono il ricorso a ultrasuoni, epidurale, induzione e cesareo) e delle scelte più naturali (parto in casa, rifiuto dell’epidurale o di farmaci durante la fase espulsiva) si intreccia il racconto dell’attesa e della nascita dei quattro figli dell’autrice, tutti dati alla luce tra le mura domestiche. La seconda parte prende invece in esame gli studi scientifici su attaccamento, allattamento materno e sonno infantile, ed esorta i neogenitori a operare scelte attente e amorevoli durante i primi mesi con il proprio bambino. Conosci l’autore Sara J. Buckley è medico di famiglia e autorità di fama internazionale in materia di gravidanza, parto e genitorialità. Vive a Brisbane, in Australia, con il marito e i quattro figli. Sarah Buckley è preziosa perché bilingue: sa parlare il linguaggio di una madre che ha dato alla luce i suoi quattro figli in casa, e sa parlare dadottore. Attraverso la fusione del linguaggio del cuore con quello della scienza essa impartisce alla storia del parto una direzione nuova, rivoluzionaria e illuminante.Michel Odent, medico chirurgo, autore e pioniere del parto naturale