CAPITOLO XII

Allattamento al seno

Il dono di una vita

Ormai è riconosciuto che l’allattamento materno fornisce nutrimento e accudimento ottimali al neonato. I bambini allattati al seno ricevono enormi vantaggi per la salute nel breve, medio e lungo termine. Per contro quelli non allattati al seno rischiano di incontrare numerosi svantaggi per la salute e il benessere presenti e a lungo termine. In questo capitolo troverete informazioni a sostegno delle madri che optano per questa scelta determinante, oltre a particolari evidenze mediche a supporto di coloro che desiderino allattare oltre i primi due anni.


L’allattamento al seno è uno dei doni più preziosi che possiate fare al vostro bambino. Esso ne favorisce la salute e lo sviluppo nel corso del decisivo primo anno di vita e, se si vuole, negli anni a seguire. L’allattamento al seno è, oltre al resto, una risorsa straordinaria per la maternità, facendo sì che la madre che allatta si senta connessa al proprio bambino, e innamorata di lui. I vantaggi sostanziali di tale pratica valgono sia per l’allattamento di breve durata che per quello prolungato, e alcuni di essi durano per l’intera vita del bambino.


L’allattamento al seno è più che una trasmissione di latte materno dalla madre al bambino: è un atto di nutrimento totale, che coinvolge l’abbraccio, lo sguardo, il contatto fisico. L’allattamento al seno stimola il rilascio degli ormoni dell’amore e del piacere che producono sensazioni di amore e di piacere in entrambi i soggetti. Tali ormoni gratificano e rinforzano l’allattamento e favoriscono, al contempo, la maturazione cerebrale del bambino e l’istinto e il comportamento materni.


L’allattamento materno oltre il primo anno è sempre più accettato nella nostra cultura e garantisce vantaggi aggiuntivi alla madre e al bambino.

Latte materno: perfetto per il bambino nella sua interezza

Allattare è comune a tutti i mammiferi – animali con la capacità di sostentare i propri piccoli attraverso il latte materno prodotto dalle ghiandole mammarie. Il latte cambia da specie a specie, ma è prodotto in modo specifico per quel cucciolo e per il particolare stadio di sviluppo in cui esso si trova. Se, ad esempio, il parto avviene prematuramente il latte sarà adattato al bambino prematuro e la sua composizione varierà con la crescita.


Per gran parte della storia dell’uomo l’allattamento al seno è stato fondamentale per la sopravvivenza della prole. Persino nei periodi e nei luoghi in cui i piccoli sono stati nutriti con alimenti diversi, quelli allattati al seno sono stati riconosciuti come più sani e con la maggior probabilità di sopravvivenza. Tale vantaggio persiste ancora oggi e riguarda gli individui nati in Paesi che vantano una mortalità infantile relativamente bassa, quali gli Stati Uniti, dove, secondo uno studio, i bambini nutriti con latti formulati hanno il 25 per cento in più di probabilità, rispetto a quelli allattati al seno, di morire entro il primo anno di vita1.


L’allattamento al seno fa parte di un complesso sistema immunologico a protezione del bambino in crescita da patologie a cui madre e figlio risultano esposti. Quando la madre che allatta incontra agenti infettivi presenti nell’intestino e nei polmoni – principali vie di infezione nell’uomo – gli anticorpi da lei formati arriveranno al seno per essere trasferiti al bambino attraverso il latte materno, fornendo specifica protezione dalle infezioni a cui il neonato è, o sarà presto esposto. Un bambino allattato al seno riceve una quota relativamente alta di anticorpi materni: fino a un grammo al giorno attraverso il latte materno rispetto a un totale di 2,5 grammi prodotti quotidianamente dall’organismo di un adulto medio2.


Si tratta di elementi particolarmente importanti per il neonato, il cui sistema immunitario immaturo lo rende assai vulnerabile alle infezioni. Il primo latte, noto anche come colostro, è ricco di anticorpi; garantisce anche protezione, attraverso “linfociti della memoria”, contro le malattie incontrate dalla madre nel corso della vita3.


Il sistema immunitario del bambino matura con la colonizzazione dell’intestino da parte di batteri materni benefici (flora intestinale). Essi vengono trasmessi durante il processo del parto e influiranno sull’intestino e sulla salute immunitaria del bambino per il resto della vita. Esistono anche elementi, presenti nel latte materno, che favoriscono l’impianto e la crescita di una flora intestinale sana, e “gli effetti sulla microflora intestinale rappresenterebbero la principale capacità protettiva dell’allattamento materno contro le infezioni neonatali”4 (per saperne di più sulla flora intestinale andare ai capitoli IV e IX).


L’atto di allattare produce la secrezione di ormoni intestinali importanti per la madre e per il bambino. Essi, tra cui colecistochinina e gastrina, stimolano la crescita all’interno dell’intestino rendendo, nel lungo termine, la digestione più efficace per entrambi5.


Tutti questi elementi contribuiscono a spiegare i rischi ridotti di infezione tra i bambini allattati al seno, tra cui minori rischi di setticemia, di infezioni enteriche gravi quali enterocolite necrotizzante, di dissenteria e vomito nel primo anno di vita, di patologie respiratorie tra cui infezioni dell’orecchio, di infezioni urinarie, di meningiti batteriche e, secondo alcuni studi, di morte improvvisa del lattante (SIDS)6,7.


Un sistema immunitario maturo non soltanto è importante per combattere le infezioni, ma anche per aiutare il soggetto a distinguere tra il sé e l’altro da sé. Si tratta di una componente decisiva delle competenze immunologiche oltre che di un fattore protettivo contro le patologie autoimmuni, nelle quali l’organismo produce anticorpi contro se stesso. Di conseguenza i bambini allattati al seno durante l’infanzia risultano meno esposti, più in là nel tempo, a contrarre patologie autoimmuni tra cui allergie, asma, celiachia, diabete insulino-dipendente (di tipo 1) e artrite reumatoide giovanile8,9.


I bambini allattati al seno sono anche meno esposti a ernia inguinale, linfomi (tumori) infantili, carie dentali e malocclusione; parlano meglio, hanno uno sviluppo sociale e motorio avanzati, un QI maggiore e migliori risultati scolastici rispetto ai pari non allattati al seno. Crescendo e diventando adulti, i soggetti allattati al seno presentano altresì un rischio ridotto di patologie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn e colite ulcerosa), sclerosi multipla, obesità e malattie cardiovascolari. Le femmine allattate al seno hanno un probabilità ridotta di sviluppare, in età adulta, carcinomi mammari, ovarici e dell’endometrio (parete dell’utero)10,11.


In un ampio studio di coorte gli adolescenti allattati per almeno sette mesi avevano il 20 per cento in meno di probabilità di diventare obesi rispetto ai coetanei non allattati, una differenza che aumentava dell’8 per cento ogni tre mesi in più di allattamento12. Il dato sarebbe imputabile alla miglior flora intestinale dei soggetti allattati al seno13. Altri studi hanno mostrato risultati migliori sotto il profilo del colesterolo e della pressione sanguigna nei soggetti che erano sempre stati allattati al seno14,15.


Un ampio studio prospettico demoscopico rilevò che i bambini allattati al seno presentavano una migliore capacità di resistenza e recupero psicologico all’età di dieci anni, rispetto alla separazione o al divorzio dei genitori, di quelli non allattati al seno16. Una recente ricerca ha confermato precedenti dati che mostravano un miglior QI tra i bambini allattati al seno, con un aumento totale di 5,9 punti, e voti scolastici più alti all’età di 6 anni e mezzo rispetto ai coetanei non allattati al seno (si tratta del primo studio randomizzato su QI e allattamento materno, che coinvolse oltre tredicimila bambini nati da madri randomizzate a partorire in strutture ospedaliere amiche o non amiche dei bambini17).


Oggi il latte materno è riconosciuto come l’alimento perfetto e più completo per i bambini fino a sei mesi, periodo in cui si raccomanda l’allattamento al seno esclusivo18,19,20. Si è stimato che l’allattamento al seno esclusivo fino a sei mesi, e protratto almeno fino a un anno, preverrebbe il 13 per cento delle morti infantili prima dei cinque anni che si verificano nel mondo, salvando, ogni anno, la vita a 1,3 milioni di bambini21.

I vantaggi per le madri che allattano

L’allattamento al seno garantisce importanti vantaggi anche alla madre. Il rischio di cancro al seno, ad esempio, è ridotto dell’8 per cento per ogni dodici mesi di allattamento nell’arco della vita22. Perfino il cancro dell’utero e delle ovaie risulta meno diffuso, forse grazie all’effetto soppressore dell’allattamento sul ciclo mestruale della madre23. Da uno studio cinese risultò che nelle madri il rischio di frattura del femore in età avanzata era ridotto del 13 per cento per ogni sei mesi di allattamento. Secondo tale ricerca le donne che avevano allattato oltre i due anni presentavano un rischio di frattura del bacino dopo la menopausa ridotto del 70 per cento, rispetto a quelle che avevano allattato per sei mesi o meno24.


La ricerca ha mostrato ulteriori vantaggi per la salute della madre. Tra le donne che hanno allattato oltre i tre mesi, essi comprendono una maggiore perdita di peso dopo il parto accompagnata da variazioni favorevoli del colesterolo HDL, presenti anche dopo lo svezzamento, il che farebbe pensare a un rischio ridotto di ictus e infarto in età più avanzata25. Altri ricercatori hanno scoperto un miglioramento nella funzione immunologica, forse in ragione del minor stress, tra le madri che allattano rispetto a quelle che ricorrono al latte formulato26. Ulteriori studi, poi, hanno seguito le madri che allattavano negli anni successivi, scoprendo un rischio ridotto di incorrere nel diabete di tipo 227 e nella “sindrome metabolica” che comporta esposizione al diabete, obesità, ipertensione e lipidi nocivi nel sangue, tra cui il colesterolo28, con maggiori vantaggi, ricollegati in entrambi gli studi, al prolungamento dell’allattamento.


Ulteriori benefici dell’allattamento riguardano il ritardo nella ripresa della fertilità. Ciò significa migliori livelli di ferro grazie alla tarda ricomparsa delle mestruazioni, oltre a minori probabilità di concepimento. Una donna, ad esempio, che allatta e che non è mestruata, il cui bambino è di età inferiore ai sei mesi ed è nutrito esclusivamente al seno, ha una probabilità di concepimento molto bassa (1-2 per cento annuo), equivalente all’efficacia della pillola contraccettiva. Tale effetto contraccettivo è noto come metodo dell’amenorrea da lattazione (LAM), il sistema per aumentare l’intervallo tra un figlio e l’altro più diffuso e più efficace al mondo29. L’allattamento materno ecologico si rifà a criteri più rigidi e vanta un effetto contraccettivo ancor più efficace30,31. L’allattamento quindi allunga l’intervallo tra un figlio e l’altro, favorendo la sopravvivenza e il benessere della madre e dei bambini venturi.

Picchi ormonali nella madre e nel bambino

Oltre ai vantaggi per la salute finora descritti, l’allattamento al seno offre ulteriori, implicite gratifiche sia alla madre sia al suo bambino. In tutti i mammiferi esse consistono negli effetti degli ormoni dell’allattamento: l’ossitocina, ormone dell’amore; le endorfine, ormoni del piacere; la prolattina, ormone della maternità. Questi ormoni, prodotti nella parte più interna del cervello ad ogni poppata, mantengono la madre tranquilla, rilassata e amorevolmente concentrata sul suo bimbo. Anche il neonato riceve l’ossitocina e le endorfine presenti nel latte materno, il che spiega la distensione e l’appagamento che lattanti e bambini traggono dall’allattamento.


L’aumento dei livelli di beta-endorfine, presenti nel latte materno e rilasciate anche nel cervello del piccolo allattato, contribuirebbe a uno sviluppo cerebrale ottimale poiché favorisce la crescita delle cellule cerebrali della corteccia orbitofrontale32 (per saperne di più si veda al capitolo XI).


Sia l’ossitocina sia le endorfine attivano poi i circuiti dopaminergici mesocorticolimbici nel cervello di madre e bambino. Il coinvolgimento di un sistema di gratificazione tanto potente, altresì associato a comportamenti di dipendenza e assuefazione, riflette l’importanza dell’allattamento al seno prolungato per il benessere della madre e del suo bambino, oltre a suggerire che l’allattamento è concepito in modo da creare reciproca dipendenza – che potremmo definire assuefazione positiva – tra mamma e bebè, la quale ottimizzerà il benessere e la sopravvivenza a lungo termine della coppia.

Allattamento oltre i primi mesi

Sebbene l’allattamento al seno oltre i primi mesi resti una pratica rara in gran parte dei Paesi occidentali, negli ultimi anni ha iniziato a diffondersi. A volte definito “prolungato”, “a lungo termine” o “a termine”, l’allattamento materno oltre il primo anno, se non oltre il secondo, riceve il sostegno di importanti organizzazioni.


Attualmente l’Accademia Americana di Pediatria, ad esempio, raccomanda di allattare al seno per almeno dodici mesi33, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia, per crescita, sviluppo e salute ottimali, di protrarre l’allattamento al seno fino ai due anni e oltre34. L’Accademia americana dei medici di famiglia (AAFP) afferma: “Allattare al seno oltre il primo anno comporta considerevoli vantaggi sia per la madre sia per il bambino, e dovrebbe proseguire fintanto che lo desiderano entrambi”35.


L’allattamento a termine oltretutto è avvalorato da un forte sostegno storico e transculturale. In gran parte delle culture tradizionali la madre allatta almeno fino al secondo anno del bambino, così come la maggioranza delle madri dell’Europa occidentale fino al secolo scorso36. Persino nel Medioevo si comprendevano i rischi dello svezzamento precoce e i piccoli più gracili, i gemelli e i maschi venivano allattati più a lungo dei soliti dodiciventiquattro mesi37.


L’allattamento prolungato continua a garantire vantaggi significativi alle madri e ai bambini moderni. I piccoli allattati nel corso dei primi dodici mesi di vita contraggono meno malattie, sia lievi che gravi38,39, oltre a registrare un minor rischio di morte40 e di patologie gravi – benefica protezione che si estende almeno fino al terzo anno di vita41. L’AAFP afferma: “Se il bambino ha età inferiore ai due anni e viene svezzato risulta a maggior rischio di patologie”42.


Allattare fino al secondo anno presenta altresì enormi vantaggi in ter-mini di nutrizione. Una ricerca condotta in Kenia, dove l’alimentazione delle madri che allattano veniva considerata marginale, ha rilevato che il latte materno è in grado di fornire fino a un terzo del fabbisogno energetico giornaliero di un bambino di 12-24 mesi, così come due terzi del fabbisogno lipidico, il 58 per cento del fabbisogno di vitamina A, infine quasi un terzo del fabbisogno di calcio43. Uno studio statunitense mostra che l’allattamento nel corso del primo anno presenta vantaggi nutrizionali duraturi, con una migliore assunzione degli alimenti e una minor necessità, da parte della madre, di convincere il bambino a nutrirsi bene durante il secondo anno di vita44.


Il latte materno presenta benefici nutrizionali anche per i bambini più grandicelli. Dopo circa un anno la composizione del latte cambia, con una maggior quantità di importanti acidi grassi a catena lunga (LCFA), quali il DHA, fondamentali per la maturazione e il funzionamento del cervello e del sistema nervoso. Le ricerche dimostrano che, per quanto i bambini di età superiore all’anno allattati al seno ingeriscano un volume inferiore di latte, la maggior concentrazione di LCFA fa sì che l’assunzione totale, attraverso il latte materno, di grassi utili al cervello risulti invariata. Il continuo apporto di LCFA è ottimale in quanto, nell’uomo, la maturazione cerebrale prosegue per tutta la prima infanzia.


Il ricco contenuto di grassi, accompagnato dalla presenza di lattosio – zucchero del latte – spiega il motivo per cui i bimbi più grandicelli allattati al seno abbiano descritto il sapore del latte di mamma “buono come il cioccolato” e “meglio del gelato”45.


Studi più recenti, concentrati sui vantaggi dell’allattamento rispetto alla durata, hanno rilevato che ulteriori effetti protettivi, quali la prevenzione dell’obesità e di altre patologie, aumentano anch’essi con la durata dell’allattamento al seno46. I ricercatori hanno scoperto che i vantaggi di natura immunitaria dell’allattamento di fatto aumentano con l’avvicinarsi dello svezzamento. Alcuni hanno definito questo incremento di anticorpi, al volgere dell’allattamento, un “dono d’addio” al bambino, che gli assicura salute e resistenza immunitaria durature47,48.


L’allattamento a termine continua a garantire vantaggi fisici alla madre attraverso il rilascio, a ogni poppata, di ormoni tranquillizzanti e rilassanti nell’organismo, come abbiamo visto in precedenza. Oltre a questi benefici immediati, la madre che allatta riceve protezione a lungo termine dal cancro della mammella premenopausa (ancor di più con l’allattamento prolungato)49 e delle ovaie nonché dall’osteoporosi50. Uno studio stimò che gli alti tassi di cancro al seno registrati attualmente nei Paesi occidentali si ridurrebbero di quasi la metà se nella nostra vita aumentassimo la durata dell’allattamento51.

Allattamento e amore

In qualità di medico di famiglia sono colpita da tutti questi vantaggi, ma, da madre che ha allattato, il miglior aspetto dell’allattamento è stata la relazione con i miei piccini. Allattarli mi ha aiutato a sentirmi unita, innamorata, tranquilla e aperta, ricordandomi che, per quanto potessero apparire grandi, i miei cuccioli in realtà erano ancora piccoli e tanto bisognosi di attenzioni.


Grazie all’allattamento al seno possiamo promuovere salute e felicità nelle nostre famiglie, offrendo ai nostri figli un dono per tutta la vita.



Tetta, ciuccia, puppa: la mia carriera d'allattatrice

Tetta, ciuccia, puppa: ecco i termini utilizzati dai miei quattro figli per il mio seno e per la loro esperienza di allattamento. Appaganti, abbondanti, intensi, assuefacenti. Ecco alcuni aggettivi per definire i miei sedici anni di allattamento. Sano, olistico, curativo. Ecco alcune proprietà del fluido prodotto con generosità, di giorno in giorno, dai miei seni, per i miei cuccioli, amato da ogni madre e da ogni bimbo in allattamento.


La mia prima figlia, Emma, nacque nel 1990 e mentre scrivo la mia ultimogenita, Maia, si è da poco svezzata. In questo arco di tempo - la mia “carriera d’allattatrice” - ho scoperto molte cose sull’allattamento, apprendendo che tale pratica è stata concepita per essere appagante e assuefacente, per gratificare la madre e il figlio ad ogni poppata, grazie al flusso degli ormoni dell’amore, del piacere e della tenerezza materna.


  • Il primo allattamento

La mia storia di allattamento ha inizio con la mia nascita: Nuova Zelanda, 1960. Si trattava di un’epoca in cui l’allattamento era ai minimi storici, quindi nessuno dei miei tre fratelli, me compresa, fummo allattati. A mia madre fu detto che i suoi grossi seni non erano in grado di produrre latte a sufficienza, sebbene io sia convinta che, con il giusto sostegno, avrebbe potuto allattare con la stessa facilità di sua madre - mia nonna - che nutrì al seno tutti e tre i suoi figli per nove mesi.


Poi restai incinta per la prima volta (allora vivevo a Melbourne, Australia) ed ebbi pochi timori sull’allattamento: davo semplicemente per scontato che mi sarebbe risultato semplice e dolce. A gravidanza avanzata feci un sogno assai vivido di mia figlia, emaciata, nel mio ventre, presto rimpolpata al mio seno. Si trattava di una precisa premonizione: Emma nacque in casa dopo un travaglio rapido e senza difficoltà, un mese in anticipo e con un peso di soli 2 chili e 25 grammi (si veda il racconto “La nascita di Emma: dolce e oceanica” al capitolo II). La sua prematurità e lo scarso peso alla nascita diedero a me e al mio compagno Nicholas una magnifica occasione per dedicarci al suo benessere, cosicché, in poche settimane, la bimba si riempì proprio come sognato.


Allattare Emma fu per me un piacere inatteso: la stringevo a me di giorno, coccolandola nelle lunghe notti di latte. Ripresi a lavorare mezza giornata per i suoi quattro mesi, affidandola alle cure di Nicholas. Appresi l’arte di spremermi il latte, facendolo aumentare perché risultasse più semplice. Per esempio allattando da un seno solo per tutta la notte, per spremere l’altro la mattina. Dopo pochi mesi Emma decise che preferiva aspettare il mio rientro, ed io me ne compiacqui, essendo piena di latte dopo cinque ore di lontananza. Spremermi il latte mi parve un vero e proprio lavoro ingrato, e per fortuna riuscii a evitarlo per gli altri figli, che portavo al lavoro con me.


Venne il primo compleanno di Emma, e passò. Le altre mamme iniziavano a svezzare i loro bimbi. Io mi iscrissi a un corso di salute femminile e il mio interesse iniziò a spostarsi altrove; al contempo iniziai pian piano a ridurre l’allattamento di Emma. All’epoca la prospettiva di allattare un bimbo di due anni mi pareva strana, e Nicholas pensò (nonostante che sua madre lo avesse nutrito al seno fino a diciotto mesi, nel 1958!) che non fosse una cattiva idea.


Tuttavia stava per arrivarmi la rivelazione. Quando Emma aveva quattordici mesi mi capitò tra le mani un libro dal titolo Mothering Your Nursing Toddler52 presso il gruppo di zona a sostegno dell’allattamento. Vi trovai espresso nel modo più chiaro quanto desiderassi per mia figlia: un senso di sicurezza interiore, rapporti improntati all’amore, buona salute. Semplice come proseguire con l’allattamento. Tornai ad aprirmi con entusiasmo a Emma, nutrendola al seno fino alla successiva gravidanza. Dopo la nascita di Zoe allattai in tandem, e infine svezzai Emma verso i quattro anni - su per giù nel momento in cui concepii il mio terzo figlio.



  • Secondo e terzo allattamento

Allattare Emma durante la mia seconda gravidanza non fu sempre facile. I capezzoli erano sensibilissimi, sebbene trovai sollievo intorno alla ventesima settimana. Fu duro, ma necessario, ridurre le poppate di Emma, ma notai quanti più alimenti solidi prese a magiare. Di certo continuava a ricevere abbondante nutrimento dalle sue cinque o sei poppate giornaliere.


La nascita di Zoe fu assai più ardua. Come Emma, nacque posteriore (faccia in su) e io, al termine del travaglio, trascorsi alcune ore di difficoltà (per conoscere la storia di Zoe si veda al capitolo III). Zoe era una bimba placida e assai tranquilla che visse in fascia - il suo utero esterno - per diversi mesi. Anche con lei l’allattamento non presentò problemi: Emma, due anni e dieci mesi, era grande abbastanza da attendere il proprio turno, e ne apprezzai l’aiuto vista la sovrabbondanza di latte dei primi giorni. Notai con sorpresa che la maggiore poppava con più delicatezza dell’ingorda sorellina.


Quando Zoe aveva solo quattordici mesi, restai di nuovo - e inaspettatamente - incinta, durante una vacanza in Tasmania con tutta la famiglia. Ci misi un po’ a capire di essere in stato interessante - ero convinta che il ritardo del ciclo fosse dovuto all’allattamento intenso di Zoe, la quale non era stata bene per tutta la vacanza tra otiti, febbre e vomito.


Continuai a nutrirla al seno durante la terza gravidanza, sostenendo il mio organismo con la medicina tradizionale cinese e una buona alimentazione. Verso il termine della gestazione, quando avvertii seriamente il bisogno di spazio, cessai di allattare Zoe di notte, trasferendola a dormire in un altro letto con Nicholas e Emma. La mia secondogenita aveva appena festeggiato il suo secondo compleanno, Emma non aveva ancora cinque anni quando, entrambe, assistettero al meraviglioso parto in acqua del fratello, illuminato dalla luce del retro di casa nostra, davanti al giardino (si veda il racconto di Jacob al capitolo X).


Avere tre figli a distanza tanto ravvicinata, allattati così intensamente, fu un grosso carico per il mio organismo, e grazie a questa esperienza imparai molto sul prendermi cura di me. Una delle abitudini più rinvigorenti fu quella di riposare il pomeriggio. Quest’ora o due a letto (o almeno a gambe sollevate) donava ristoro, e qualche volta anche sonno, al corpo, e silenzio in casa. I miei bambini, troppo grandi per dormire, potevano intrattenersi con giocattoli speciali, ascoltare cassette, o leggere libri a letto con me. Il riposo pomeridiano mi semplificò la vita, sapendo che le incombenze maggiori restavano confinate al mattino, oltre a garantirmi l’energia necessaria per arrivare a sera.


Anche i massaggi regolari divennero una consuetudine, e uno splendido strumento per ringraziare il mio corpo dell’intensità e della solerzia delle cure materne offerte ai miei bambini.


Jacob fu, pure lui, un bimbo docile e tranquillo, adorato dalle sorelle maggiori. Nutrirlo era gradevole, ma siccome ero sfibrata dal contemporaneo allattamento di Zoe, mi vedevo spesso costretta a rifiutarle la “puppa”. Intorno ai cinque mesi di Jacob, Zoe smise di chiedermi di essere allattata con regolarità, sebbene continuai a farlo in modo saltuario finché ebbe su per giù quattro anni. Allora me ne dolsi, ma avevo davvero bisogno di prendermi cura di me.


Avevo un bel lavoro al quale tornare: la collaborazione con un medico di famiglia specializzato in parti a domicilio e con la moglie. Potevo scegliere i miei orari, portare Jacob con me, contare sulla fortuna di una magnifica tata per Zoe. Tuttavia la mia attività si fece sempre meno interessante, a causa dell’organizzazione e della presa di coscienza necessaria a diventare un bravo medico. Alla fine, per i nove mesi di Jacob, tornai a lavorare una mezza giornata ogni due settimane, portando il bimbo con me, rallegrandomi del fatto che il nostro progetto di trasferirci in un’altra regione mi consentì, quando il bimbo aveva venti mesi, di smettere di lavorare.


  • Transizione

Ci trasferimmo da Melbourne a Brisbane appena prima dei due anni di Jacob, facendo nel frattempo un mese di vacanza in campeggio. Trascorsi gran parte di questa transizione allattandolo e portandolo e appena entrammo nella nuova casa riuscii a staccarlo dal seno. A quel punto interruppi pure l’allattamento notturno (quando capì “niente puppa fino a domattina”), dopo di che andò a dormire in un letto a due piazze con le sorelle.


L’anno successivo fu tra i più duri della mia vita di madre. Ci eravamo stabiliti alla periferia di Brisbane, dove non avevo amici, né conoscenze e mi sentivo fisicamente a terra, dopo otto anni di allattamento ininterrotto e tre gravidanze. Ebbi la fortuna di trovare alcuni naturopati molto bravi, che mi aiutarono, con un’alimentazione corretta e i giusti rimedi, a ricostituirmi nel corpo (assunsi molta sepia, rimedio omeopatico per gli organismi esausti!). Pian piano trovai un gruppo di mamme e famiglie con la mia stessa sensibilità e ritrovai la vitalità.


La fine dei due anni di Jacob fu piena di trattative sulla “puppa”, e la regola da me imposta era “puppa al mattino, puppa per il pisolino, puppa per la nanna” - ritornello ripetuto più tardi con Maia. Nel mio caso il seno è stato abbandonato con naturalezza man mano che i miei bambini crescevano, in parte per l’interesse sempre maggiore verso il mondo esterno e in parte per il mio bisogno di riprendermi spazio (e seni).


Mi dedicai all’allattamento di Jacob fintanto che non ebbe quattro anni, continuando con gioia a nutrirlo al seno più o meno due volte al giorno. Andare via per uno o due giorni non presentava difficoltà poiché eravamo entrambi flessibili sulla questione.


Pochi mesi prima del suo quarto compleanno Jacob annunciò: “Ora puoi smettere di darmi la puppa, mamma”.


“Va bene”, risposi, “Ma che succede se cambi idea?”.


“Dimmi di no e basta”, precisò.


La volta successiva feci quindi come mi aveva detto, al che lui protestò: “Non intendevo questo, mamma!”.


Il suo quarto compleanno fu il limite che mi diedi, sebbene seguirono forse una o due poppate. Inoltre stavo concentrandomi sull’eventualità di un altro figlio. Un mese dopo lo svezzamento di Jacob concepii Maia Rose: fu una gioia per i bambini, specie per Jacob, che mi confessò: “Bello mamma che fai un altro bambino”.


  • Quarto allattamento

Quella di Maia fu una gravidanza molto bella. Ci sentivamo tutti in uno stato di grazia: le uniche tensioni scaturivano dalle trattative tra me e Nicholas circa il mio desiderio di avere un parto non assistito (si veda “La nascita di Maia: una festa in famiglia”, capitolo VI). Fui felice della pausa dall’allattamento e presi a chiedermi se davvero desiderassi tornarvi. Tuttavia dopo il parto estatico di una bambina meravigliosa fui grata di ogni istante.


Anche le prime settimane con Maia furono piene di gioia; riposai molto, e per sottolineare quest’importante tregua restai in pigiama per due settimane, mentre Nicholas, tutti i giorni, mi portava il pranzo a letto. Sapevo per esperienza che accudimento e riposo mi avrebbero garantito l’equilibrio per tutto l’anno a seguire. La prima uscita fu quella per portare Maia a “far vedere” alla scuola di Jacob.


In quel periodo ebbi diverse difficoltà con la piccola Maia, che a tratti, e in modo irregolare, si mostrava inquieta. Grazie all’aiuto di un’amica - consulente in allattamento materno nonché madre di cinque figli - alla fine compresi che avevo un problema di iperproduzione: il mio latte, cioè, fuoriusciva troppo violentemente e in quantità troppo abbondante per il sistema digestivo da neonata di Maia. Una volta modificata la tecnica di allattamento - nutrirla in posizione verticale risultò particolarmente efficace - le cose si misero a posto.


A quel punto allattarla diventò semplice e piacevole. Avviai la pratica dell’elimination communication (non utilizzo dei pannolini) che aggiunse un’ulteriore dimensione al rapporto con Maia, migliorando il legame intuitivo con lei (per saperne di più su questa meravigliosa pratica educativa si veda l’articolo all’indirizzo www.sarahjbuckley.com). Mia figlia era una bimba sempre “in braccio” che di rado, nei primi sei mesi, misi giù. Di giorno la portavo nel tradizionale marsupio asiatico, mentre mi sdraiavo accanto a lei durante i pisolini diurni e il sonno notturno.


Smisi di allattarla di notte intorno ai due anni, così come per Jacob, iniziando a ridurre a tre-quattro le poppate diurne. I riposini pomeridiani non presentavano difficoltà dal momento che, in genere, dopo pranzo Maia non vedeva l’ora di “prendere la puppa e andare a nanna”. Anche il sonno notturno non creava problemi, dal momento che tutta la famiglia si coricava intorno alle 20,30.


A quattro anni - età in cui gli altri figli si erano svezzati - Maia continuava, di tanto in tanto, ad attaccarsi al seno, in genere all’ora della nanna. Continuammo a dormire insieme, e la bambina mostrava un’acuta consapevolezza della mia presenza (o assenza), proprio come da lattante. Con il tempo il bisogno di succhiare diminuì e, verso i cinque anni, poppava una volta ogni tanto. L’ultima poppata risale a poche settimane dopo il suo settimo compleanno.


Per me l’allattamento è stata un’esperienza di meditazione e di piacere, che ha contribuito enormemente a una maternità consapevole. Esso mi ha regalato dolcezza, presenza, abbandono; a ogni poppata ho avuto consapevole esperienza della dissoluzione del mio io: “il cuore si scioglie e fluisce nel mio bambino attraverso il mio latte”, secondo le eloquenti parole di Jeannine Parvati Baker.


I miei seni, negli anni, hanno assunto ogni forma e dimensione, e oggi, al volgere della mia carriera d’allattatrice, essi si presentano ancora diversi: più morbidi ed elastici, più rilassati, come notò garbatamente Emma, specie gli amati capezzoli. I miei seni sono stati fonte di piacere e nutrimento per i miei bambini, da cui io stessa ho tratto piacere e nutrimento.


L’allattamento al seno ci ricorda la verità universale dell’abbondanza: più diamo, più ci riempiamo, e il nutrimento divino - fonte a cui tutti ci abbeveriamo - è, come il seno di una madre, sempre pieno, e sgorga sempre abbondante.


Partorire e accudire con dolcezza
Partorire e accudire con dolcezza
Sarah J. Buckley
La gravidanza, il parto e i primi mesi con tuo figlio, secondo natura.Un manuale rivoluzionario per le future mamme e i futuri papà che desiderano vivere gravidanza, parto e primi mesi di vita del bambino in modo naturale. Partorire e accudire con dolcezza è un manuale rivoluzionario, nel quale Sarah J. Buckley, esperta di gravidanza e parto apprezzata in tutto il mondo, fa luce sull’evento della nascita e sui primi mesi da genitori, mettendo a disposizione delle future mamme e papà conoscenze attinte sia dalla saggezza antica che dalla medicina moderna.Il libro presenta approfondimenti sulla fisiologia del parto naturale (o, come lo definisce l’autrice, “nascita indisturbata”) che mostrano quanto vada perso quando tale esperienza viene vissuta meramente come evento medico.Nella prima parte, alla scrupolosa descrizione di gravidanza e parto medicalizzati (che prevedono il ricorso a ultrasuoni, epidurale, induzione e cesareo) e delle scelte più naturali (parto in casa, rifiuto dell’epidurale o di farmaci durante la fase espulsiva) si intreccia il racconto dell’attesa e della nascita dei quattro figli dell’autrice, tutti dati alla luce tra le mura domestiche. La seconda parte prende invece in esame gli studi scientifici su attaccamento, allattamento materno e sonno infantile, ed esorta i neogenitori a operare scelte attente e amorevoli durante i primi mesi con il proprio bambino. Conosci l’autore Sara J. Buckley è medico di famiglia e autorità di fama internazionale in materia di gravidanza, parto e genitorialità. Vive a Brisbane, in Australia, con il marito e i quattro figli. Sarah Buckley è preziosa perché bilingue: sa parlare il linguaggio di una madre che ha dato alla luce i suoi quattro figli in casa, e sa parlare dadottore. Attraverso la fusione del linguaggio del cuore con quello della scienza essa impartisce alla storia del parto una direzione nuova, rivoluzionaria e illuminante.Michel Odent, medico chirurgo, autore e pioniere del parto naturale