prima parte - capitolo ii

Un oscuro scrutare1
ovvero del complesso di Edipo

Freud non si è fermato alla sola scoperta della sessualità infantile, ma ha ulteriormente elaborato la sua teoria sullo sviluppo del bambino. Ha infatti coniato il ben noto concetto di “complesso di Edipo2: ogni bambino intorno ai tre anni sviluppa inevitabilmente un fortissimo desiderio di possedere la madre, in quanto prima figura femminile della sua vita. La percezione però del fatto che la madre appartiene al padre scatena in lui parallelamente anche il desiderio di uccidere quest’ultimo, così da poter essere l’unico uomo della madre.


Così nelle sue parole riferendosi al mito di Edipo:

Il suo destino ci commuove soltanto perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l’oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza contro il padre: i nostri sogni ce ne danno la convinzione. Il re Edipo, che ha ucciso suo padre Laio e sposato sua madre Giocasta, è soltanto l’appagamento di un desiderio della nostra infanzia. Ma, più fortunati di lui, siamo riusciti in seguito – nella misura in cui non siamo diventati psiconevrotici – a staccare i nostri impulsi sessuali da nostra madre, a dimenticare la nostra gelosia nei confronti di nostro padre.

Questo è un passaggio tratto da L’interpretazione dei sogni3, l’opera in cui Freud abbozza per la prima volta il tema dell’Edipo, che lascia solamente trapelare in I tre saggi sulla teoria sessuale4 per poi elaborarlo approfonditamente in Contributi alla psicologia della vita amorosa5 e in Totem e tabù6.


Con questa nuova scoperta lo scrittore austriaco aggiunge una tappa fondamentale del processo evolutivo del bambino, che è tanto problematica quanto inevitabile: anche se il bambino supererà le precedenti fasi critiche dello sviluppo (orale, anale…), in realtà ad un certo punto dovrà vedersela con il complesso di Edipo. In realtà, è una scoperta sui generis, dal momento che è stata raggiunta solo tramite l’auto-analisi di Freud il quale, con tutta l’ingenuità di questo mondo, sostiene:

In me stesso ho trovato l’innamoramento per la madre e la gelosia verso il padre, e ora ritengo che questo sia un evento generale della prima infanzia7.

Davvero un “metodo scientifico”. Davvero.

Ogni caso clinico, ogni sogno analizzato da Freud sarà letto e spiegato in questa chiave. La Psicoanalisi riconduce sostanzialmente la psicopatologia infantile e adulta proprio alla non risoluzione di questa fase coniando il termine di “Edipo non risolto” tanto in voga nella comunità degli psicoanalisti ortodossi. Non di rado mi è capitato di sentirmi dare da colleghi freudiani, discutendo di un caso clinico, la tragicomica risposta “è un evidente caso di Edipo non risolto” e con questa perla di saggezza chiudere lì il discorso, tralasciando tutta la complessità e unicità che ogni individuo e ogni storia di vita racchiude in sé. Una volta parlavo con una psicologa freudiana di una paziente che seguivo in psicoterapia. Le racconto che una volta, a seduta finita, esco dallo studio e vedo questa donna che passeggia nella stradina di campagna vicino allo studio, insieme al fratello che l’aveva accompagnata (era una bellissima giornata di primavera). La collega mi dice subito, in un crescendo di euforia e determinata consapevolezza: “È chiaro no? Quella è l’immagine dell’incesto. Dovresti saperlo!”. In realtà io non sapevo proprio nulla; l’incesto in questo caso non era chiamato in causa. Il fratello della signora si dimostrò anzi un “testimone soccorrevole”8, una valida risorsa utilizzata nella terapia stessa.


Per Freud dunque il bambino è anche “incestuoso” per sua natura. Da una prima iniziale e rudimentale forma di sessualità autoerotica, il bambino passa in seguito a una ricerca di una sessualità alloerotica e nello specifico “la prima scelta oggettuale del bambino è dunque incestuosa”9. Nell’opera Le bugie di due bambine10, Freud analizza il caso di due bambine piccole che dicono una piccola bugia e fa una premessa in cui ci avverte che spesso, dietro delle presunte innocenti bugie, si nasconde “l’amore incestuoso tenuto celato”.


Le precoci pulsioni sessuali del bambino lo spingono a sostituirsi al genitore dello stesso sesso; infatti “il desiderio di fare un bambino con la madre non manca mai nel maschietto, il desiderio di avere un bambino dal padre è costante nella bimba”11. L’educazione, la società e la cultura giocano allora in quest’ottica un importante ruolo di regolatori di questa perversa pulsione, bloccandone per quanto possibile l’insorgere.


Anche i sogni, in una prospettiva freudiana, sono essenzialmente letti in chiave sessuale/edipica: il sognatore non può sognare qualcosa che sia più lungo di qualche centimetro, che ecco è rappresentato simbolicamente il pene!; non può sognare qualcosa che sia più profondo di qualche centimetro, che ecco il simbolismo con la vagina!


Voglio riportare un sogno analizzato da Freud12 che credo riassuma benissimo questo approccio (tra parentesi il simbolismo rilevato dall’autore): “[…] Poi qualcuno è penetrato nell’abitazione e lei ha chiamato angosciosamente una guardia. Ma questa, d’accordo con due vagabondi, si era recata in una chiesa (vagina), cui si giungeva salendo diversi gradini (coito); dietro la chiesa c’era una montagna (monte di Venere) e in alto una fitta foresta (peluria pubica). La guardia portava un elmetto, una gorgiera e un mantello (pene). Aveva una lunga barba scura. I due vagabondi che si accompagnavano pacificamente alla guardia avevano intorno ai fianchi grembiuli rialzati a sacco (ebbene sì, avete indovinato… lo scroto!) […]”.


Perdonate l’ineleganza, ma mi domando, se uno di noi ha necessità di fare un sogno erotico, come talora accade, è necessario che il nostro inconscio crei tutto questo ambaradàn, invece di una semplice e chiara visualizzazione degli organi sessuali o di altre zone erogene? Comprendo le difese della persona e forse anche il pudore dell’epoca, ma mi sembra comunque un’interpretazione surreale.


Il complesso di Edipo rappresenta a tutti gli effetti il fiore all’occhiello della teoria psicoanalitica; sono dello stesso Freud le parole “Oso dire che, seppure la psicoanalisi non potesse vantare nessun altro risultato oltre alla scoperta del complesso edipico rimosso, questa scoperta sola le darebbe comunque il diritto di essere annoverata tra le preziose nuove acquisizioni dell’umanità”13. Lo stesso Ernest Jones14, suo intimo amico e collaboratore, nonché il suo più grande biografo, sostiene che l’universalità del complesso di Edipo rappresenta senz’altro la maggiore tra le originali scoperte di Freud.

In realtà, da molto tempo ormai sappiamo che la questione si pone in termini esattamente contrari a quelli proposti da Freud:
l’essere umano infatti per sua natura tende a non avere desideri sessuali nei confronti dei propri consanguinei e questo ha semplicemente una base biologica: i nostri geni riconoscono le persone che si sono prese cura di noi e quelle con cui siamo cresciuti e automaticamente ci “programmano” a non considerarli desiderabili sessualmente.
Questo infatti comporterebbe l’elevato rischio di mettere al mondo una progenie portatrice di gravi handicap, deforme, non in grado di sopravvivere, in quanto verrebbe a mancare quel rimescolamento genetico (dato dall’unione di due individui non imparentati tra loro) necessario per procreare una prole sana e a sua volta in grado di riprodursi. È perciò la nostra stessa natura che in modo automatico ci protegge, non spingendoci all’incesto, ma anzi creando in noi una profonda avversione sessuale per le persone che ci hanno accudito e per quelle con cui siamo cresciuti.
Questo fenomeno prende il nome di “effetto Westermarck”, dal nome dell’autore che già nel lontano 1891 spiegava così il tabù dell’incesto. Autore dunque coevo di Freud, da questi conosciuto e citato in Totem e Tabù, ma rapidamente liquidato. I suoi studi sono stati ripresi e approfonditi successivamente nei kibbutz israeliani, dove centinaia di bambini di genitori diversi crescono insieme: i risultati hanno dimostrato che nessun matrimonio nasce tra un uomo e una donna cresciuti insieme, nonostante non siano biologicamente fratello e sorella15. Wolf16 ci descrive come a Taiwan si pratichi il matrimonio “shim-pua”, una forma particolare di matrimonio concordato dai genitori, in cui la bambina destinata a diventare moglie è allevata da subito nella casa del bambino suo futuro marito. La coppia dunque vive insieme sin dall’infanzia. Da adulti, una volta sposati, il loro matrimonio resterà “bianco” perché sarà assente l’attrazione sessuale tra loro. E questo avviene nonostante i genitori e la società facciano pressione affinché i due generino dei figli. Più di recente gli approfonditi studi condotti dalla psicologa Debra Lieberman e dai suoi collaboratori17 confermano pienamente questa tesi.

Quando l’incesto avviene è sempre perché voluto e agito da un “adulto consapevole” nei confronti di un “bambino vittima inconsapevole”. È dunque sempre un’attrazione “fortemente contro natura”, non assolutamente normale, come vorrebbe Freud.

Sarò forse troppo romantico, ma mi piace pensare che ciò che invece desidera realmente il bambino dagli adulti si possa riassumere nel termine “meraviglia”, che nella traduzione francese “merveille” suona come “mèreveille”, cioè “veglia della madre”: la madre esiste unicamente per vegliarlo e il fatto che la madre vegli su di lui è l’unico dei suoi interessi, l’unica vera meraviglia della sua vita di bambino.

Meravigliosa infanzia
Meravigliosa infanzia
Alessandro Costantini
Dalle menzogne di Freud alle verità sul bambino.Da una visione adultocentrica del bambino a una nuova cultura dell’infanzia, che vede nel bambino una ricchezza da proteggere e tutelare. Meravigliosa infanzia rappresenta una pietra miliare per tutte quelle persone (genitori, educatori, avvocati, psicologi, formatori) che a vario titolo si occupano di questa fase della vita, un libro che si impegna a demolire la pedagogia nera creata ad hoc “contro il bambino” per creare e diffondere una nuova cultura dell’infanzia, che vede nel bambino una ricchezza da proteggere e tutelare. La motivazione a scrivere questo libro parte infatti dalla necessità di far luce sul modo errato, superficiale e deleterio con cui si parla di bambini. È diffusa infatti una non-cultura dell’infanzia: il bambino è cattivo, il bambino mente, il bambino non va coccolato troppo…Una sorta di visione adultocentrica, basata sulla considerazione dell’infanzia non con gli occhi di un bambino, ma con il filtro distorcente dell’adulto stesso. Nella prima parte del libro, l’autore Alessandro Costantini, elabora una durissima critica a Freud e al suo perverso modello di comprensione dello sviluppo del bambino, ancora oggi molto diffuso, basato su “menzogne” senza alcuna validità scientifica e per questo estremamente dannoso per i bambini e per chi si occupa di loro. Freud avrebbe creato una cultura del bambino estremamente negativa, che si ritrova anche nell’educazione dei figli, nelle scuole, nei tribunali. L’intento è quindi quello di smantellare la clinica freudiana e il suo approccio contro il bambino. La seconda parte si focalizza invece su quelle “meravigliose verità”, scientificamente validate, che sottolineano la più completa innocenza e purezza del bambino e il suo primario bisogno di amore, protezione e adeguate cure genitoriali.Non viene spiegato “come” si fa il genitore, ma “chi” sia e quali siano le principali funzioni da svolgere per un sereno sviluppo infantile. Un piccolo mattone nella costruzione di una cultura bambino-centrica, che possa garantire ai bambini maggiore rispetto e comprensione dei loro bisogni e fragilità, ma anche delle loro numerose risorse e potenzialità. Conosci l’autore Alessandro Costantini, psicoterapeuta, è responsabile per il Lazio del Movimento per l’Infanzia. Da anni lavora come consulente tecnico di parte nei procedimenti per l’affidamento dei figli e nei casi di presunto abuso sessuale o maltrattamenti nei confronti dei minori. Si occupa di genitorialità e temi legati al maltrattamento infantile.