capitolo ix

Il bambino prima della nascita:
nove mesi in Paradiso?

“Tesoro mio, eri nascosto nel mio cuore, eri il suo desiderio. Tu, piccolo del cielo, che hai per sorella gemella la luce del primo mattino, tu sei stato portato dalle onde della vita universale che ti ha infine posato sul mio cuore”

Rabindranath Tagore

“Il modo migliore di osservare le cose con successo è di vederle seguire il loro corso fin dal principio”

Aristotele

I miei colleghi medici lo chiamerebbero embrione o feto a seconda dell’epoca gestazionale, con un linguaggio tanto professionale quanto freddo e anonimo. Io preferisco chiamarlo bambino perché questo è la piccola creatura che cresce nel grembo in attesa di nascere. Un bambino che sente, che sogna, che prova emozioni, come ormai le ricerche di neurofisiologia hanno ampiamente dimostrato. Un bambino che tende le orecchie e ascolta, come sostiene Alfred Tomatis, il famoso otorinolaringoiatra francese che ha dedicato gran parte della sua vita e delle sue ricerche allo studio della percezione sonora in utero e alle implicazioni che questa ha sul vissuto fisico e psichico dell’essere umano.


Nove mesi in Paradiso è il titolo di un suo libro, dedicato alla vita prenatale.


Se tutto va bene, il bambino vive la sua esperienza nell’utero proprio come un soggiorno in Paradiso, in quel giardino dell’Eden da cui lui proviene e che conosce così bene.


Contenuto e protetto dal morbido abbraccio delle pareti uterine, cullato dalle acque del suo piccolo mare, saldamente ancorato al corpo materno attraverso il cordone ombelicale e la placenta, vive un’esperienza idilliaca.

È lì, al sicuro nella pancia della mamma, che comincia la sua grande avventura e comincia proprio con l’ascolto: secondo Tomatis il bambino è in grado di percepire i suoni molto prima di quanto si sia sempre pensato e cioè già in fase embrionale, prima ancora del quarto mese di vita intrauterina, attraverso il sistema vestibolare. “Ma l’embrione-feto non si limita ad accogliere passivamente i suoni. Acquisisce e codifica informazioni, registra messaggi, analizza situazioni, dialoga con la madre”451. Lo studioso francese ha fatto poi un’altra grande scoperta e cioè che il futuro bebè è sensibile solo alle frequenze alte (e non a quelle basse come si è sempre sostenuto): comincia a sentire a partire dai 2000 hertz. La soppressione della ricezione di suoni gravi è una misura di protezione adottata dal suo cervello per farlo sopravvivere in un ambiente sonoro altrimenti troppo aggressivo per lui. Il bambino nell’utero è immerso in un bagno acustico permanente. “L’orecchio di un adulto non potrebbe sopravvivere a lungo nell’ambiente sonoro intrauterino – scrive Tomatis – Immaginiamolo per qualche istante… Durante la digestione il feto è in prima fila. Percepisce i borbottii dell’intestino e dello stomaco come un temporale permanente. La respirazione provoca un’incessante risacca, paragonabile al flusso e riflusso del mare in un giorno di alta marea. Sotto di lui risuona il tac-tac del cuore. Vi sono poi tutti i rumori provocati dai movimenti della madre: movimenti del corpo, movimenti di sfregamento sull’utero. I rumori esterni invece non arrivano che molto attutiti dalle pareti uterine.”452 A meno che non siano troppo forti: urla, rumori oltre i 100 decibel, frequenze da concerti rock… È come se la creatura in formazione, attraverso le sue fibre nervose, andasse a prendersi i suoni che vuole. E, in primis, ciò che cerca è la voce della sua mamma.


“Se è una voce piacevole, se è portatrice di un percorso che lo guida verso un messaggio di amore, di tenerezza o di conforto, il bambino, come un cercatore d’oro, si sforza di scavare questo filone inesauribile”453.


Certo non comprende il significato delle parole che vengono rivolte a lui ma ne coglie l’intonazione e quindi la sfumatura emotiva: percepisce cioè se la voce che gli parla è affettuosa e amorevole o rabbiosa, triste, addolorata. “Il bambino assorbe tutta la sostanza affettiva di questa voce che parla, ne è impregnato”454 e dalla voce materna attinge una sensazione di sicurezza che lo aiuta a sbocciare.


La voce lo accarezza e lo culla, lo accompagna e lo sostiene come una sorta di cordone energetico-spirituale, gli fa sentire che non è solo nel suo Paradiso: “Siamo insieme, siamo in due” è come se gli dicesse la mamma quando gli parla con tenerezza.


“La madre è un microfono che permette al bambino di sentire il mondo… o che lo protegge dal mondo facendo da schermo”455. Il suo corpo funziona come un violoncello: la colonna vertebrale funge da corda d’arco e il bacino da cassa di risonanza. Il suono arriva al bambino per trasmissione ossea. È attraverso la madre che il futuro bebè scopre la comunicazione e il dialogo. “Alla base del desiderio di comunicare si trova un desiderio di contatto carnale con l’altro – quel primo altro che è la madre” scrive Tomatis 456. È li che affondano le radici dell’ascolto e del linguaggio.

Le parole sono semi e proprio come semi possono fecondare la terra: se sono pronunciate con amore portano molti frutti. In questo senso potremmo dire – come afferma Pavel Florenskij – che hanno un valore magico: sono “entità anfibie” che vivono sia nel mondo interno sia in quello esterno e intessono relazioni tra i due, facendo in qualche modo da ponte. Le parole sono potenti: quando non si sono potute pronunciare al momento giusto “bruciano e ustionano” sciogliendosi verso l’interno e lasciando dolorose ferite. Essere consapevoli del valore prezioso della parola può aiutarci a usarla con saggezza e a farne uno strumento di crescita e creatività. Sì, perché la parola crea e trasforma il pensiero in azione. La Parola di Dio ha creato il mondo e noi possiamo ri-crearlo e ri-crearci attraverso essa.

Quando le cose non vanno per il verso giusto…

Non sempre però la vita nell’utero è un soggiorno in Paradiso o perlomeno in un hotel a cinque stelle… A volte eventi imprevisti possono rendere questo periodo, così importante nella vita di un individuo, faticoso e difficile, trasformandolo in un’esperienza addirittura traumatica che lascerà il segno nelle epoche a venire.

Interventi chirurgici – necessari per la vita della madre e/o del bambino – vissuti da entrambi come indebite intrusioni nel proprio spazio sacro; situazioni emotive stressanti o eventi drammatici nella vita della mamma possono “inquinare” l’atmosfera dell’ambiente uterino. “Nulla è più ‘liquido’ e trasmettibile dell’angoscia – scrive Tomatis. – Passa nella voce della madre, nel suo modo di rivolgersi agli altri, nel suo modo di dialogare con il neonato o nel suo rifiuto di comunicare con lui”457.


“Il feto si adatta ai ritmi, alle intonazioni e agli umori della madre. È in risonanza con lei e condivide le sue difficoltà”458 dice ancora Tomatis e il loro duetto d’amore può trasformarsi in una sofferenza condivisa. Ma il bambino è troppo piccolo per reggere il carico emotivo materno e può sentirsi sopraffatto da questa esperienza. Quando sarà grande farà fatica ad accostarsi a situazioni dolorose altrui perché queste diverranno per lui fonte di indicibile ansia: “Ce la farò a sopportare il dolore?” è come se si chiedesse ogni volta.


Oggi sappiamo – come ci ricorda il neonatologo americano Frederick Wirth – che in molti casi l’ambiente in cui si sviluppa il bambino è più importante, ai fini della sua salute a lungo termine, del corredo genetico di cui è stato dotato al momento del concepimento. Soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo emotivo e intellettuale. “Lo stress cronico – egli afferma – cambia la nostra biochimica, la nostra architettura cerebrale e accende geni silenti che lasciano tracce di memoria nel nostro cervello”459. Non sono tanto gli stress in se stessi a essere dannosi quanto le modalità di reazione da parte di chi li vive (in questo caso la madre). Fenomeni come gli attacchi di panico o le forti crisi di ansia possono trovare le loro radici in esperienze prenatali traumatiche: è come se questi ricordi dolorosi riemergessero periodicamente di fronte a stimoli banali o in situazioni del tutto normali innescando reazioni spropositate. A volte occorre ricorrere a metodi terapeutici come l’EMDR (Eye Movement Desensibilization and Reprocessing), una tecnica usata per esempio con ottimi risultati nei traumi di guerra, per far emergere memorie nascoste negli angoli più reconditi dell’inconscio, portarle alla coscienza così da poterle elaborare.

Tomatis ha inventato invece un metodo terapeutico in grado di curare disturbi del linguaggio, problemi di apprendimento ma anche patologie più gravi come l’autismo, legate a esperienze intrauterine problematiche/disfunzionali. Attraverso un apparecchio, chiamato Orecchio Elettronico, vengono fatti ascoltare al paziente i suoni filtrati dell’ambiente uterino, la voce materna, musiche di Mozart e canti gregoriani. Attraverso una serie di sedute gli si fa rivivere l’ascolto “acquatico” e lo si accompagna gradualmente all’audizione in ambiente aereo effettuando una sorta di “parto sonoro”. In questo modo si dà la possibilità alla persona di recuperare e liberare vissuti emotivi legati alla vita prenatale e di riappropriarsi dell’energia bloccata per trattenerli.


Fu chiesto una volta ad Einstein quale fosse la domanda più importante che un uomo potesse porsi e lui, senza esitare, rispose: “L’universo è un buon posto dove stare?” Penso che sia la domanda che si fa ogni bambino al momento del suo ingresso nel mondo e la risposta varia a seconda dell’esperienza che ha vissuto nell’utero.


Se ha potuto sperimentare questa sua prima casa come un luogo accogliente, se ha vissuto nove mesi in Paradiso, allora è certo che si aspetterà che l’universo sia un posto benevolo e amichevole, se invece la sua esperienza è stata più travagliata e sofferta ecco che si accosterà alla nuova vita che lo aspetta con sospetto e diffidenza, se non addirittura paura. Sta a noi adulti, genitori e operatori, impedire che ciò avvenga, facendo sì che il soggiorno uterino sia per il futuro bebè piacevole e sereno quanto più è possibile.


Insegnare alle donne incinte a rilassarsi e ad ascoltare i segnali del proprio corpo; spingerle a chiedere aiuto in caso di difficoltà o stress importanti; suggerire loro di ascoltare musica classica durante la gravidanza o suoni sacri come il canto gregoriano, in quanto incomparabili fonti di energia; e soprattutto invitarle a parlare al loro bambino nel ventre, a cantare per lui, a raccontargli o leggergli storie (come fanno da sempre i nativi americani) con naturalezza, senza forzature, seguendo semplicemente il proprio istinto, sono atti importanti di “pediatria preventiva”.

Montessori e vita prenatale

Non ci sono testi specifici di Maria Montessori su questo periodo così particolare della vita di un individuo, se non qualche accenno qua e là, soprattutto per quanto riguarda l’enorme lavoro compiuto dall’embrione per costruire il corpo fisico: “Il bambino comincia sviluppando il suo corpo perché è attraverso questo corpo che può esprimere il suo spirito, la sua anima”460 scriveva Maria. La Dottoressa era però ben consapevole dell’esistenza di una vita psichica fin dall’epoca embrionale, fatto abbastanza insolito ai suoi tempi, e quindi ritengo che avrebbe gradito un capitolo sulla vita prenatale in questo testo dedicato a lei. Ecco perché ho deciso di farle omaggio di queste brevi considerazioni sul tema dell’esperienza sonora intrauterina e dell’ascolto, un argomento che mi sta molto a cuore ma che, penso, dovrebbe toccare tutti i montessoriani. Perché cos’è in fondo quella Montessori, se non una pedagogia dell’ascolto? E poi l’interesse, squisitamente montessoriano, per l’ambiente non dovrebbe partire dall’inizio, dal primo ambiente in assoluto sperimentato da ogni creatura umana e cioè quello intrauterino?


Del resto Adele Costa Gnocchi, fedele allieva di Maria Montessori, dedicò molte delle sue energie a questi temi e sia un tempo l’Istituto per Assistenti all’Infanzia, sia attualmente il Centro Nascita Montessori di Roma hanno svolto e svolgono molto lavoro in questo campo attraverso, per esempio, i corsi di preparazione alla nascita per genitori in attesa.


Ecco, attraverso le parole di Silvana Quattrocchi Montanaro, gli obiettivi che si erano poste le “montessorine” negli anni ’57-’58: “Aiutare la donna terrorizzata a riacquistare fiducia nelle proprie possibilità sia per avere un parto più rapido e meno doloroso, sia come prevenzione di interventi ostetrici violenti; attraverso un’esperienza positiva del parto favorire al massimo un buon rapporto madre-bambino con tutte le conseguenze positive che esso può avere per entrambi sul piano psicologico”461. La Montanaro si era accorta, frequentando insieme alle sue allieve i reparti maternità, come fosse sufficiente una presenza attenta e amorevole vicino alla donna in travaglio per tranquillizzarla immediatamente: bastava che una giovane assistente le tenesse la mano, l’aiutasse a trovare una posizione più comoda, abbassasse la tapparella per diminuire la luce e la invitasse a chiudere gli occhi per rilassarsi, perché l’atmosfera cambiasse del tutto. Agli urli di paura si sostituiva un pacato silenzio e i tempi del travaglio diminuivano significativamente, tanto che spesso accadeva che le donne partorivano nel loro letto sotto gli occhi increduli delle ostetriche di turno. La spiegazione di tutto ciò la dà la stessa Montanaro, dicendo che le donne riuscivano a rilassarsi perché sentivano di avere “qualche alleato nella lotta”. Cioè di non essere sole e disarmate di fronte al dolore.


Ecco di cosa ha bisogno l’essere umano nei momenti di difficoltà, sia esso un embrione di pochi centimetri o una donna nel pieno delle sue forze: una presenza amorevole, qualcuno che gli parli con gentilezza e lo ascolti, che sia lì per lui, in quel particolare momento, completamente disponibile, totalmente lì. “L’attenzione è calore e affetto, che permette alle potenzialità migliori di svilupparsi e fiorire. La disattenzione è gelo. … Niente attenzione, niente gentilezza. E anche niente calore, niente cuore, niente relazione”462 ci ricorda Piero Ferrucci.


Oggi si fanno corsi per formare “doule”, cioè donne che accompagnano altre donne durante il travaglio e il parto: sembra una grande novità ma non lo è affatto perché è esattamente quanto facevano una cinquantina di anni fa le “montessorine”. Solo che nessuno lo ricorda e lo dice…


Oggi si moltiplicano i metodi di preparazione al parto. Tomatis preconizzava l’uso dell’Orecchio Elettronico in gravidanza: sotto l’effetto di una “doccia acustica” di suoni filtrati liberi la donna mostra di aumentare il suo livello di coscienza e di conseguenza riesce a liberarsi delle sue corazze e a sciogliere i blocchi che impediscono il rilassamento. Si tratta di tecniche interessanti ma che personalmente trovo un po’ complicate e non certo alla portata di tutti. Penso che la soluzione sia più semplice di quello che crediamo.


È perfettamente vero – come afferma Tomatis – che “per aiutare le donne incinte a vivere meglio la loro gravidanza, non vi è niente di meglio che mettere madre e bambino sulla stessa lunghezza d’onda”463 ma si può farlo anche in altri modi, attraverso l’ascolto e la parola, attraverso la gentilezza e la presenza amorevole. È quello che hanno sempre fatto le Assistenti all’Infanzia Montessoriane e che tuttora fanno le operatrici del Centro Nascita Montessori di Roma quando tengono i corsi per coppie in attesa: si fanno interpreti del bambino, traducendo ai genitori le sue esigenze e le sue silenziose richieste, per far sì che nasca tra loro una sintonia. Sintonia significa in termini scientifici “condizione in cui due circuiti, il trasmettitore e il ricevitore, oscillano alla stessa frequenza”. È una condizione magica, che chi ha provato cerca disperatamente di ripetere perché è l’essenza stessa del Paradiso.

Per una pedagogia dell’ascolto

“All’inizio era il Suono e questo Suono era quello del Grande Spirito che causò la formazione e il modellarsi della Materia. Il Suono conteneva il Pensiero e il pensiero è suono silenzioso”464 così dicono i nativi americani. “All’inizio era la Parola e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio” è scritto nel Vangelo di Giovanni. Molti dei miti sulla nascita dell’universo, in popoli ed epoche diverse, riportano la genesi del mondo ad un suono primordiale: come non pensare al nostro Big Bang?


“Sono convinto che il fenomeno sonoro sia all’origine di tutto ciò che esiste nel cosmo, – scrive Tomatis – poiché quest’ultimo si manifesta in forme vibratorie, dallo stato energetico che precede la particella fino alle masse stellari più importanti, accanto alle quali il sole stesso non è che una minuscola palla di fuoco. … Il mondo allora non sembra essere altro che la storia dell’evoluzione di una composizione sonica, di una ‘sinfonia fantastica’, certamente inudibile, ma pur sempre una sinfonia, poiché è sonica per essenza.”465


A questo “brano per orchestra su scala cosmica” ogni creatura è chiamata a partecipare. L’uomo è per sua natura un “essere ascoltante”, un’antenna, un orecchio proteso all’ascolto del canto dell’universo: “La finalità dell’uomo, se ve ne è una, è proprio quella di saper ascoltare, cioè di immedesimarsi completamente nel ruolo che gli è stato assegnato. … Essere uomo è essere terra all’ascolto della Vita”466.


Abbiamo avuto modo di vedere che l’ascolto, “questa facoltà essenziale si instaura fin dal principio nel più profondo della notte uterina”. “Il bambino ci dice quello che desidera, quello che aspetta, quello che spera. Ma sapremo ascoltarlo? E, ancora di più, sapremo ascoltarlo in utero?”467. Giacché sentire non significa implicitamente ascoltare: l’ascolto va imparato, per ascoltare bisogna aver voglia di tendere l’orecchio…

I desideri del bambino nella pancia della mamma

  1. Parlami! Non sono troppo piccolo per non capire. Raccontami le tue gioie e le tue pene. Spiegami in ogni momento che cosa sta succedendo cosicché io non abbia paura, giacché non è il dolore che mi spaventa ma il doverlo sopportare da solo.
  2. Guardami! Io esisto già, dentro di te. Fammi spazio nel tuo cuore.
  3. Toccami! Accarezzami attraverso il tuo ventre tondo, fammi sentire che ci sei, che sei qui con me, che non sono solo.
  4. Nutrimi! Mostrami la bellezza del mondo, canta per me le più dolci canzoni, raccontami una storia perché io possa sognare…

La canzone dello Spirito

C’è una tribù in Africa Orientale in cui l’arte della relazione profonda è nutrita anche prima della nascita. In questa tribù la data di nascita di un figlio non è il giorno effettivo della sua nascita né il giorno del concepimento, come in altri villaggi. Per questa tribù la data di nascita è la prima volta che il figlio è un pensiero nella mente della mamma. Consapevole della sua intenzione di concepire un bambino con un particolare padre, la mamma va a sedere da sola sotto un albero. Lì si siede e ascolta fino a quando può sentire la canzone del bambino che spera di concepire. Una volta che l’ha sentita, torna al villaggio e la insegna al padre in modo che possano cantarla insieme mentre fanno l’amore invitando il bambino a unirsi a loro. Dopo che il bambino è stato concepito, la mamma canta la canzone per il bambino che è nel suo grembo. E poi la insegna alle donne anziane e alle ostetriche del villaggio perché, durante il travaglio e al momento miracoloso della nascita, il bambino sia accolto con la sua canzone. Dopo la nascita tutti gli abitanti del villaggio imparano la canzone del loro nuovo membro e la cantano al bambino quando lui cade o si fa male. La canzone è cantata nelle occasioni di trionfo, nei rituali e nelle iniziazioni. Diventa poi parte della cerimonia del suo matrimonio e, alla fine della vita, i suoi cari si riuniranno attorno al letto di morte e canteranno questa canzone per l’ultima volta.

J. Kornfield

da: A path with heart: A guide through the perils and

promises of spiritual life, Bantam,1996

Libertà e amore
Libertà e amore
Elena Balsamo
L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura.ll pensiero Montessori spiegato da una grande scrittrice che è anche medico pediatra: Elena Balsamo, nota esperta in tematiche perinatali e pedagogiche. Per educare un bambino occorre prima di tutto educare se stessi.In Libertà e amore, Elena Balsamo ci conduce in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo per riscoprire un nuovo approccio al bambino, dalla vita prenatale all’età evolutiva, prendendo spunto dalla visione di Maria Montessori, donna straordinaria che ha dato vita a un sistema educativo a dir poco rivoluzionario, diffuso in ogni parte del mondo.Scriveva Maria Montessori che i capricci e le disobbedienze del bambino non sono altro che aspetti di un conflitto vitale fra l’impulso creatore e l’amore verso l’adulto, che però non lo comprende.C’è quindi un grosso fraintendimento sulle aspettative dei genitori e degli insegnanti nei confronti dei bambini, che comincia dalla nascita e si manifesta con il confondere il bambino reale con il bambino ideale, esistente soltanto nella mente e nella fantasia degli adulti.Il prezzo da pagare è la perdita dell’autenticità, della libertà, della vera natura del bambino stesso.La scuola montessoriana consiste in un vero e proprio laboratorio creativo nel quale, in un ambiente ricco di amore, rispetto e autentica libertà di scelta, le capacità intellettuali e manuali sono libere di svilupparsi in tutta la loro forza e bellezza.Quello di Maria Montessori non è però solo un metodo educativo, ma molto di più: è un modo di guardare il mondo e gli esseri che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte dello stesso ecosistema.Una nuova chiave di lettura per reinventare la relazione con i nostri figli e i nostri alunni, secondo natura. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.