La respirazione come campanello d’allarme
Il significato della respirazione nel PSE non si limita al fatto che possiamo influenzare in modo mirato i processi di regolazione del sistema nervoso autonomo. Essa svolge l’ulteriore, straordinaria, funzione di sensibile sistema di allarme per i genitori, che durante le sessioni di intervento nelle situazioni di crisi imparano a riconoscere con maggiore precisione i segnali del loro corpo. Già dopo un paio di incontri la respirazione diventa per i genitori una fonte importante di informazioni, grazie a cui riconoscono se il loro organismo in quel momento si trova in uno stato di chiusura o, piuttosto, di disponibilità al legame.
Conny, un’ostetrica di trent’anni, si presenta all’ambulatorio con suo figlio Leon di dodici settimane per il terzo appuntamento. Leon da alcune settimane piange più ore al giorno, senza che la madre capisca come mai la sua reazione sia tanto intensa. Nei primi colloqui la madre aveva raccontato la storia drammatica che Leon ha dietro di sé.
Durante il parto in casa maternità, il battito era improvvisamente molto diminuito e la madre era stata trasferita in ospedale per un cesareo di emergenza. Soltanto il giorno dopo aveva potuto prenderlo in braccio per la prima volta e fino a quel momento aveva temuto che potesse morire. Dopo una settimana è stata dimessa dall’ospedale assieme a Leon, che i primi giorni aveva quasi sempre dormito e nel complesso era tranquillo, ma piano piano aveva iniziato a diventare sempre più agitato e a comportarsi in modo apparentemente incomprensibile. Di giorno faceva soltanto piccoli pisolini di un quarto d’ora e piangeva forte e a lungo, in modo inconsolabile e disperato.
Ogni volta che si metteva a piangere, anche la madre scoppiava in lacrime, rimproverandosi di non essergli stata subito accanto in ospedale e, anche, di non aver scelto di partorire direttamente lì.
Durante la consulenza, Leon, in braccio alla madre, inizia ad agitarsi e inarcarsi sempre più, come faceva di solito prima di scoppiare a piangere forte. Invito Conny a restare tranquilla e a portare l’attenzione all’inspirazione, smettendo per un attimo di dedicarsi al bambino. Mentre ad occhi chiusi la madre si sintonizza con il suo corpo, io sostengo la schiena del bambino con una mano e la informo continuamente su come sta e che reazioni ha. Dopo pochi minuti l’atmosfera è già più calma e il ritmo del respiro si è fatto più regolare. La madre è in grado di raccontare con estrema precisione come, man mano che si creava un senso di connessione con Leon, aveva percepito calore nel corpo ed era tornata a sentirsi sicura a contatto lui.
Per alcuni minuti regna la calma, ma ben presto Leon riprende a inarcarsi e, come un’onda travolgente, irrequietezza e tensione prendono di nuovo il sopravvento. La madre accoglie amorevolmente i primi segnali dell’aumento di tensione, allo stesso tempo però smette di respirare: senza rendersene conto “trattiene”. Quando le chiedo cosa sta succedendo, risponde che ora sente di nuovo paura e insicurezza, esattamente come le succede sempre a casa quando Leon sta per cominciare a piangere. Se lo vede soffrire così, si ricorda immediatamente della situazione in ospedale e inizia a farsi accuse e rimproveri feroci, con commenti svalorizzanti.
Le chiedo quindi se sente ancora stress a quei pensieri debilitanti. Non appena conferma con le lacrime agli occhi, le segnalo che, quando Leon aveva iniziato a piangere, aveva smesso di respirare e la invito a riprendere la respirazione addominale come all’inizio. In pochi istanti l’atmosfera è di nuovo calma e rilassata e Leon guarda la madre meravigliato, come se fosse sorpreso. Conny racconta delle ondate di tensione e disperazione che la sommergono nella vita quotidiana. Normalmente non succede, infatti, quello che si era appena prodotto nella consulenza.
Solitamente la tensione in Leon non fa che aumentare, fino a sfociare in un pianto disperato, che termina solo quando si addormenta sfinito, spesso un’ora più tardi. Questa volta si è resa conto di come, nella morsa della paura, il respiro si era fatto molto flebile:“Proprio come se qualcuno mi spegnesse la luce dentro.” Non appena si era di nuovo concentrata sul respiro, aveva ritrovato coraggio e fiducia.
Questo è solo un esempio scelto tra le centinaia che negli anni abbiamo raccolto con il PSE. I genitori imparano a utilizzare la respirazione come strumento di aiuto: la perdita della respirazione addominale diventa sinonimo di un indebolimento della disponibilità al legame e comprendono intuitivamente che è un segnale corporeo della reazione allo stress e, di conseguenza, del fatto che diventano meno presenti e meno accessibili per il bambino.