quarta parte - cpitolo xv

I fantasmi nella cameretta113

La presenza del neonato, che esprime quello che prova in modo diretto e intenso, facilmente mette in subbuglio i genitori e risveglia in loro emozioni rimosse e esperienze dolorose. In questi momenti, che beninteso si presentano anche quando la relazione di legame è ben regolata, c’è il rischio che i genitori proiettino sul bambino le loro emozioni rimosse, e quindi non accessibili, di cui non sono coscienti. Tutto d’un tratto cambia la loro percezione del bambino, che diventa pericoloso, ingrato o aggressivo. Spesso non sono consapevoli del fatto che nell’interazione con il neonato rivivono le loro vecchie esperienze di legame, in cui hanno avuto molta paura e si sono sentiti sopraffatti. In tal caso, a livello inconscio, il bambino diventa il sostituito di uno specifico partner di relazione (spesso la madre o il padre), che nella loro storia ha avuto a suo tempo un ruolo importante nelle esperienze traumatiche vissute, per esempio, al momento della nascita, in occasione di una separazione prematura o di conflitti familiari.
Una seconda variante di questi “fantasmi” è la proiezione sul bambino da parte dell’adulto di aspetti positivi o negativi di se stesso, le cosiddette rappresentazioni del Sé. Partendo dalle proprie esperienze traumatiche di legame, profondamente rimosse, una parte anch’essa rimossa del proprio Sé viene proiettata sul bambino e porta a un’interpretazione della situazione slegata dal contesto attuale, per esempio “si sente tutto solo”. Attraverso questi processi nell’immaginario dei genitori, il bambino reale viene sostituito da un bambino immaginario e, pertanto, in psicanalisi si parla di fantasmi nella cameretta. Inconsciamente i genitori attribuiscono al figlio emozioni, idee e caratteristiche proprie, che dipendono originariamente dal contatto che hanno avuto loro stessi con il partner di legame114.

L’emergere di fantasmi è sempre legato a una perdita, più o meno accentuata, di contatto con la realtà. Come procediamo nel Pronto Soccorso Emozionale in caso vi siano fantasmi nella cameretta? Come facciamo per acchiapparli e renderli inoffensivi, dopo che si sono già intrufolati nella relazione tra genitori e bambino? In questo capitolo chiariremo fino a che punto sono necessarie un’analisi e un’interpretazione delle dinamiche di difesa e proiezione, e in quali casi il rafforzamento dell’autolegame basta a eliminare l’effetto distruttivo dei fantasmi sulla relazione. In linea di massima, nel PSE partiamo dal presupposto che le messe in scena inconsce dei genitori siano più frequenti se la relazione di legame con il bambino si indebolisce, ovvero che sia innanzitutto una mancanza di sintonizzazione e connessione a creare il terreno psicodinamico ed energetico favorevole all’apparizione dei fantasmi in tutta la loro forza.


Quando la relazione di legame tra genitori e bambini si rompe, o si indebolisce in modo duraturo, parte dell’energia di legame viene usata per riattivare emozioni inconsce e dinamiche di conflitto. Inoltre, partiamo dal presupposto che i fantasmi possono fare danni solo se il partner di legame adulto perde il contatto con il proprio corpo. In altre parole, i fantasmi possono spargere terrore, rendendo il bambino un partner di relazione assente, ingordo e prepotente, solo se la persona adulta di riferimento non ha più accesso al proprio corpo.


Nel corso di una sessione, Annelie racconta di essere spaventata, anzi proprio terrorizzata, dal pianto di suo figlio Henry di sei settimane, nato cinque anni dopo i fratelli gemelli Jan e Philip. Nonostante i primi tempi con i gemelli fossero stati molto difficili per Annelie, non aveva mai provato simili emozioni di paura e panico con loro. Il giorno prima di venire a cercare aiuto da noi, il pianto di Henry le era stato particolarmente insopportabile: “All’improvviso mi è parso che fosse totalmente fuori di sé. Nel giro di un istante era diventato nient’altro che un pacchetto che piangeva, rabbioso e aggressivo. Ho provato a parlargli, gli ho gridato addosso, perché volevo semplicemente che smettesse di gridare lui addosso a me.”


Già con questa breve condivisione Annelie diventa molto agitata e tesa. Anche se Henry dorme ancora placido nelle sue braccia, mi accorgo degli occhi impauriti e del leggero tremore alle mani. La invito a connettersi al suo corpo e descrivere cosa percepisce. “Sento agitazione nel torace, le spalle e le braccia sono tese. È come se volessi trattenermi.” Si sente in pericolo, come se da un momento all’altro potesse succedere qualcosa di grave. Dopo aver individuato la base di sicurezza nella parte alta della schiena, inizia a praticare la respirazione addominale e, piano piano, ritrova la sicurezza e la calma. Dopo un bel po’ apre gli occhi, si sofferma a guardare il viso del bambino e gli accarezza delicatamente le mani.


“Adesso posso di nuovo vedere quanto è meraviglioso mio figlio. È come se, negli ultimi minuti, fosse ritornato l’amore nel mio corpo.” Avendo ritrovato il suo corpo, ora può aprirsi e connettersi con il bambino reale. Improvvisamente si rende conto di quanto è fragile e bisognoso, e riemergono sentimenti positivi verso di lui, che nei momenti di stress aveva “dimenticato”. Successivamente le chiedo di ritornare agli attacchi di pianto spaventosi con la fantasia. Mentre osserva le immagini interiori da una distanza sicura deve però continuare con la respirazione addominale, che funge da corda di salvataggio e le evita di precipitare nell’agitazione. Deve inoltre fare particolare attenzione all’aspetto e all’atteggiamento che ha nelle immagini che visualizza. “Adesso posso vedere chiaramente quanto la madre sia piccola, timida e spaventata.


Sembra quasi che qualcuno le stia facendo del male.” La invito a prestare attenzione alle urla del bambino: che cosa sembrano dire, o che cosa ti ricordano? La madre, grazie al ripristino dell’autolegame, ha ritrovato sicurezza e adesso è in grado di esplorare tutto in dettaglio. “Sì, conosco queste urla arrabbiate. Sono le grida di mio padre, quando tornava a casa dal bar e terrorizzava tutta la famiglia. Lo sentivo gridare addosso a mia madre, inveire contro di lei e lasciare libero sfogo alla sua ira, e restavo nel letto nascosta sotto le coperte, tutta tesa e impaurita.” Mentre racconta, per la prima volta riesce ad accorgersi del fantasma che si era intrufolato nella relazione tra lei e Henry, e si rende conto che in quei momenti difficili Henry si trasformava nel padre arrabbiato e furioso di quando era bambina. Finalmente riesce a comprendere e accogliere le sue emozioni, e a riconoscere che la sua paura di fronte al figlio non è che la ripetizione del suo trauma d’infanzia. Infine le chiedo - mentre Henry continua a dormire pacifico nelle sue braccia - di tornare con l’immaginazione a quella scena della sua infanzia e la invito a lasciar emergere anche questa volta le immagini come se arrivassero da un occhio interiore. Anche in questo frangente l’utilizzo combinato della base di sicurezza e dell’attenzione al respiro contengono un’eccessiva attivazione.


A questo punto la invito a lasciar entrare un’aiutante interiore, che resti accanto alla bambina spaventata e la rafforzi. Annelie vede apparire di colpo nella stanza una figura maschile imponente in piedi, che si mette a sedere sul bordo del letto e se ne sta semplicemente lì con lo sguardo rivolto verso la porta. Già mentre descrive la scena, sente diffondersi dentro di lei la calma e un senso di calore. “È come se alla bambina non potesse più succedere nulla. Come un mantello su di lei che la protegge.” Per concludere, la invito a visualizzare di nuovo gli attacchi di pianto del figlio, ma adesso deve immaginare che l’aiutante interiore - ovvero quell’imponente figura maschile - sia al suo fianco e la protegga. Annelie descrive con precisione l’immagine di lei nella cucina del suo appartamento, con il bambino in braccio che piange, ma stavolta emana forza e fiducia. Sembra che il pianto non le faccia più paura, e che sia sicura del fatto che presto Henry si calmerà. Alla fine della sessione, quando se ne va, porta con sé la sicurezza di poter chiamare al suo fianco anche nella vita di tutti i giorni il suo aiutante interiore. Nel riepilogo conclusivo parla del sollievo che prova per aver finalmente compreso come mai si sentisse così agitata con Henry.

Questo esempio ben illustra il tipico modo di procedere nel Pronto Soccorso Emozionale in caso di dinamiche relazionali e proiezioni inconsce dei genitori. Per limitare l’effetto negativo degli “ospiti indesiderati, provenienti dalla storia rimossa dei genitori”115, ci occupiamo innanzitutto di uno stabile autolegame nella madre. Unicamente partendo dalla sicurezza che ne risulta, spesso del tutto spontaneamente e per iniziativa dei genitori, si avvia un processo di delimitazione e consapevolezza. Di colpo riconoscono quando il bambino diventa il sostituto di un partner di legame della propria vita passata (in questo caso, il padre furioso). Il ricorso all’aiutante interiore aiuta ad accogliere il proprio bambino interiore, che grazie a questa modalità diventa visibile e tangibile. Non appena la madre si rende conto del tipo di sostegno emozionale che le sarebbe servito quando era bambina, e non appena si lascia commuovere dal dolore che lei stessa ha provato a suo tempo, può finalmente prendersi cura di sé e proteggersi nei momenti di crisi che vive attualmente assieme al figlio.


Con questo approccio i genitori iniziano a relazionarsi in modo amorevole con se stessi, cosa che prima non era possibile a causa delle ombre del passato. Non in tutte le sessioni di PSE si presenta l’intera sequenza di ghostbusting, ovvero di caccia al fantasma, che abbiamo appena presentato. Spesso basta limitarsi a ripristinare l’autolegame e, di conseguenza, la disponibilità al legame dei genitori. Quando possono di nuovo avvicinarsi al bambino reale, più sensibili verso le sue necessità, e vivono in modo positivo la relazione con lui, viene meno il terreno fertile per l’emergere di paure irrazionali all’interno della relazione di legame. Inoltre, se le esperienze traumatiche hanno compromesso troppo nell’adulto la capacità di relazione e il contatto con la realtà, è sempre da valutare se proporre sessioni individuali aggiuntive di psicoterapia, per affrontare in modo mirato i disturbi della personalità e quelli da stress post traumatico.

La forza del legame
La forza del legame
Thomas Harms
Il pronto soccorso emozionale nelle situazioni di crisi con i bambini.Un prontuario per genitori, psicoterapeuti e professionisti della salute del periodo perinatale per conoscere e gestire i momenti di crisi del bambino. Il Pronto Soccorso Emozionale offre ai genitori che si trovano in difficoltà con i propri figli l’opportunità, fin dai primi momenti dopo la nascita, di (ri)trovare e rafforzare il filo emozionale che li unisce. La descrizione del Pronto Soccorso Emozionale che Thomas Harms svolge nel libro La forza del legame è rivolta agli psicoterapeuti, ai genitori e a tutti i professionisti della nascita, della prevenzione, dello sviluppo o della consulenza nel periodo primale. Conosci l’autore Thomas Harms, psicologo, offre da più di 25 anni consulenza e psicoterapia corporea orientata al legame a neonati, bambini e adulti.Dal 1997 è direttore del Zentrum für Primäre Prävention und Körperpsychotherapie (Centro per la Prevenzione Primaria e la Psicoterapia Corporea) a Brema.