capitolo iii

Il significato dell'ordine di nascita

I bambini a volte sviluppano una percezione errata di sé perché si basano sul loro ordine di nascita per stabilire la propria posizione all’interno della famiglia. Per capire questo meccanismo è utile conoscere le conseguenze dell’ordine di nascita; è un altro modo per “mettersi nei panni del bambino” e averne una comprensione migliore.


I bambini si basano sulla loro interpretazione delle esperienze vissute per prendere decisioni e formare convinzioni su se stessi, sugli altri e sul loro mondo. Il loro comportamento è basato, a sua volta, su queste decisioni, e su ciò che credono di dover fare per rimanere a galla o emergere. È molto comune che un bambino si paragoni ai fratelli o sorelle e decida che, se uno di questi ha molto successo in un determinato ambito, la sua unica scelta di sopravvivenza sia una delle seguenti:

  • sviluppare competenze in un’area completamente diversa;

  • entrare in competizione con loro e dimostrarsi migliore;

  • diventare ribelle o vendicativo;

  • gettare la spugna perché convinti di non essere all’altezza.

Fare parte di una famiglia è come recitare in uno spettacolo. Ogni posizione nell’ordine di nascita è come una parte diversa, con caratteristiche distinte e separate. Quindi se un figlio ha già preso, a esempio, la parte del bravo bambino, i suoi fratelli potrebbero pensare di dover trovare altri ruoli da interpretare, come ad esempio quello del bambino ribelle, quello dello studioso, dello sportivo, del socievole, e così via. Potremmo chiederci: «Perché? Non ha senso. Perché i bambini non capiscono che più di uno può essere bravo in qualcosa?». In primo luogo, è importante notare che ci sono sempre eccezioni alla regola. A volte, tutti i bambini di una famiglia scelgono di eccellere nello stesso ambito, specialmente quando l’atmosfera familiare è di collaborazione invece che di competizione. Tuttavia, la maggior parte dei bambini crede di doversi distinguere per provare un senso di appartenenza e di rilevanza. Non serve cercare di trovare una logica. Bisogna semplicemente capire che i bambini, in genere, arrivano a tali conclusioni basandosi sul loro ordine di nascita.


Può sembrare più logico che i bambini abbiano tratti simili perché provengono dalla stessa famiglia, anziché per la condivisione dello stesso ordine di nascita. Tuttavia è vero l’opposto. I bambini della stessa famiglia sono spesso estremamente diversi, anche se condividono gli stessi genitori, la stessa casa e lo stesso quartiere. Certo, anche nella stessa famiglia ogni bambino sperimenta le dinamiche domestiche in modo diverso, ma il fattore che contribuisce maggiormente alle differenze tra fratelli è l’interpretazione personale che ognuno di loro dà all’ambiente in cui cresce. La maggior parte di queste interpretazioni si basa sul modo in cui i bambini si confrontano con i loro fratelli.


Come già visto nel secondo capitolo, i bambini sono bravi a percepire ma non a interpretare e questo è molto evidente nello studio dell’ordine di nascita. L’effettiva realtà di una situazione non è tanto importante quanto l’interpretazione che il bambino ne dà, e su cui basa il suo comportamento. Spesso i bambini che hanno lo stesso ordine di nascita hanno interpretazioni simili di sé e di come devono comportarsi per raggiungere un senso di appartenenza e di rilevanza. È per questo che le persone con lo stesso ordine di nascita hanno spesso caratteristiche e comportamenti simili.

L’ordine di nascita non è l’unica spiegazione dello sviluppo della personalità, ma è un fattore importante. Ci sono molte altre teorie che possono aiutarci a comprendere le somiglianze e l’unicità delle persone, come la teoria dei Nove Temperamenti di Chess e Thomas1. I due studiosi hanno scoperto che i bambini nascono con caratteristiche che vengono mantenute per tutta la vita. Queste caratteristiche e la loro importanza per la Disciplina Positiva sono discusse in Positive Discipline for Preschoolers2. La teoria della Priorità dello Stile di Vita, sviluppata dalla psicologa israeliana Nira Kefir, illustra un altro fattore che influenza la personalità dei bambini. Secondo questa teoria, nella vita gli adulti stabiliscono una priorità tra controllo, compiacenza, superiorità e comodità; la priorità da loro scelta domina il loro comportamento quando sono sotto stress. Nel decimo capitolo vedremo come le priorità di stile di vita possono influenzare certi comportamenti e decisioni dei bambini.
L’intento di imparare qualcosa sull’ordine di nascita (o studiare una delle teorie della personalità menzionate sopra) non ha lo scopo di imporre etichette e stereotipi, quanto piuttosto quello di aiutarci a conoscere e comprendere più a fondo noi stessi e i bambini per poterci relazionare con gli altri in modo più efficace.

I primogeniti

Le somiglianze più prevedibili si riscontrano tra i figli maggiori, perché la loro posizione ha il minor numero di variabili. La posizione dei figli di mezzo, a esempio, cambia significativamente in una famiglia con tre bambini rispetto a una con sette. I più piccoli hanno tanti tratti in comune prevedibili quanto i primogeniti. I figli unici saranno più simili ai primogeniti o agli ultimogeniti, a seconda che siano stati viziati come i più piccoli o che abbiano ricevuto responsabilità come i maggiori. Non tutti i figli maggiori arriveranno esattamente alle stesse conclusioni e saranno esattamente uguali, e lo stesso vale per tutti i mezzani, i figli unici, e i minori. Siamo tutti unici, e tra di noi ci sono tante differenze quante somiglianze, ma i bambini con lo stesso ordine di nascita spesso sviluppano caratteristiche simili.


Prima di proseguire la lettura, chiudete gli occhi e pensate a quali aggettivi vi vengono in mente per descrivere i figli maggiori, quelli di mezzo e i minori che conoscete. Con i primogeniti è facile: responsabili, intraprendenti, prepotenti (anche se, dentro di sé, pretendono che gli altri facciano del proprio meglio per il loro bene), perfezionisti, critici (di sé e degli altri), conformisti, organizzati, competitivi, indipendenti, prudenti e conservatori. I figli maggiori, giacché sono nati per primi, spesso sviluppano la convinzione errata che, per essere importanti, devono essere i primi o i migliori in quello che fanno. Sono molti i modi in cui questa convinzione si manifesta. Alcuni tengono a finire per primi i compiti, anche se li fanno in modo impreciso. Altri invece impiegano molto tempo a farli e li terminano per ultimi perché vogliono assicurarsi di essere i più bravi.

Gli ultimogeniti

Il primo aggettivo che ci viene in mente per descrivere gli ultimogeniti è: viziati. Molti crescono coccolati e viziati sia dai genitori sia dai fratelli. È quindi facile per loro sviluppare la convinzione errata che, per essere importanti, devono manipolare gli altri e mantenerli al proprio servizio. I figli minori sono spesso abili a usare il loro fascino per convincere gli altri ad accontentarli. Sono spesso inventivi e divertenti. Gran parte della loro creatività, energia e intelligenza è incanalata nel tentativo di sentirsi rilevanti ammaliando le altre persone.


Gli ultimogeniti si trovano spesso nella posizione sconcertante di essere i preferiti dei genitori e oggetto di risentimento da parte dei fratelli. Il pericolo più grande per i bambini cresciuti nella bambagia è che spesso interpretano la vita come ingiusta quando gli altri non si prendono cura di loro o non li accontentano. Spesso si sentono feriti da queste condizioni ingiuste e pensano di avere il diritto di fare i capricci, di autocommiserarsi, o di vendicarsi in modo distruttivo o offensivo. Possono convincersi di questo: «Mi sento amato quando gli altri si prendono cura di me».


I figli minori possono avere difficoltà ad adattarsi alla scuola. Possono convincersi non solo che l’insegnante dovrebbe essere al loro servizio proprio come succede a casa, ma che dovrebbe anche imparare al posto loro. Esplicitamente dicono: «Maestra, per favore, allacciami le scarpe». Implicitamente, e con le loro azioni, aggiungono: «E mentre ci sei, per favore, impara al posto mio». Frasi come «Non ci riesco» e «Mostrami come» sono spesso semplici richieste che significano «Fallo al posto mio».


Quand’ero consulente alla scuola elementare, ho parlato con molti bambini che avevano difficoltà nell’adattarsi all’ambiente di apprendimento. Chiedevo sempre loro: «Chi ti veste la mattina?». Come forse avete immaginato, di solito c’era qualcun altro che si prendeva ancora la briga di vestirli. Se non erano mamma o papà, era un fratello più grande.


Quando insegnavo sviluppo infantile all’università, molti dei miei studenti lavoravano in asili nido e scuole materne. Per dieci anni questi studenti hanno domandato alle loro classi chi si vestisse da solo la mattina: di rado qualcuno alzava la mano.


I bambini sono in grado di vestirsi da soli dall’età di due o tre anni, se hanno vestiti facili da infilare e se è stato loro insegnato. Se i genitori continuano a vestirli dopo i tre anni, li privano di senso di responsabilità, autosufficienza e fiducia in se stessi. Hanno meno probabilità di sviluppare la convinzione di essere persone capaci, mentre provano un senso di appartenenza quando gli altri fanno le cose per loro. Senza la fiducia nelle proprie capacità, hanno meno probabilità di essere buoni studenti a scuola e potrebbero non sviluppare le competenze di cui hanno bisogno per avere successo nella vita.


Visto che viziare i bambini è così dannoso, perché i genitori continuano a farlo? Molti pensano davvero che sia il modo migliore per dimostrare amore ai figli. Ho sentito alcuni genitori sostenere che i bambini hanno tutto il tempo per adattarsi al mondo esterno freddo e crudele, quindi perché non proteggerli da fatiche e preoccupazioni il più a lungo possibile? Questi genitori non sono consapevoli di quanto sia difficile cambiare convinzioni, abitudini e caratteristiche una volta che si sono radicate. Le convinzioni che sviluppiamo da piccoli diventano il nostro “modello di vita” da adulti, anche quando non hanno più senso.


Altri motivi per cui i genitori viziano i figli sono: perché è più facile, perché soddisfa il loro bisogno di sentirsi indispensabili, perché pensano che questo voglia dire essere “buoni genitori”, perché desiderano essere sicuri che i figli non abbiano un’infanzia difficile quanto la loro, o perché sentono la pressione di amici e familiari. Quando i genitori si sostituiscono ai bambini perché sanno fare una cosa meglio, più velocemente e con più facilità, privano i figli della possibilità di mettere in pratica delle preziose competenze di vita e non pensano agli effetti a lungo termine di ciò che stanno facendo. Mi stupisco sempre quando i genitori dicono che “non hanno tempo” di lasciare che i bambini facciano le cose da soli. Gli stessi genitori saranno inevitabilmente delusi e frustrati quando scopriranno che i loro figli non hanno sviluppato migliori atteggiamenti e competenze. Pensano forse che queste cose si attivino automaticamente? I genitori che vogliono il meglio per i loro figli dovrebbero ripensare a quali sono le loro priorità “temporali”.


Bisogna accettare che le “supermamme” non fanno bene ai bambini. È importante educare i genitori a capire i danni che procurano quando viziano i figli. Questo è il motivo per cui, come si è già visto nel secondo capitolo, Dreikurs ha detto: «Non fare al posto dei bambini ciò che sono in grado di fare da soli». Questo non significa che non si può mai fare nulla per i bambini, ma che non dobbiamo impedire che scoprano quanto possono essere indipendenti quando non vengono viziati.


I bambini imparano preziose competenze per la vita quando i genitori si prendono il tempo di insegnargliele per poi lasciare che le mettano in pratica, sviluppando così senso di responsabilità e fiducia in se stessi. È un errore pensare che i bambini avranno sempre la possibilità di imparare a prendersi cura di sé più avanti. Più a lungo si aspetta e più è difficile cambiare la loro interpretazione di ciò che pensano di dover fare per raggiungere un senso di appartenenza e rilevanza.


Alcuni tra i figli minori scelgono un’interpretazione completamente diversa della vita e diventano dei “bruciatappe”. Spesso si convincono erroneamente che, per essere importanti, devono raggiungere e superare chiunque li preceda. Da adulti, diventano ambiziosi cronici sempre impegnati a dar prova della propria rilevanza.

I figli di mezzo

È più difficile delineare le caratteristiche generali dei figli mediani, a causa delle differenti posizioni in cui possono essere nati. Di solito si sentono schiacciati nel mezzo, senza i privilegi del fratello più grande o i benefici del più piccolo. Questo dà loro una buona ragione per convincersi scorrettamente che devono essere in qualche modo diversi per essere importanti. Questa differenza può assumere la forma di ambizione cronica oppure di mancanza d’impegno, di un atteggiamento da “tipo socievole” o da “tappezzeria invisibile”, da “ribelle per una giusta causa” o semplicemente da ribelle. Molti sono più disinvolti dei loro fratelli e la maggior parte di essi ha molta empatia per gli sfavoriti, con i quali si identifica. Spesso sono buoni pacificatori, e gli altri li cercano per la loro solidarietà e comprensione. Di solito sono molto più liberali rispetto ai fratelli maggiori, che tendono a essere più conservatori.

I figli unici

Come abbiamo già accennato, i figli unici possono somigliare ai primogeniti o agli ultimogeniti, con alcune importanti differenze. Se sono come i più grandi, avranno minore tendenza al perfezionismo, perché non hanno sentito la pressione di un fratello minore che minacci la loro posizione. Tuttavia, anche se il perfezionismo è attenuato, si manifesta comunque. I figli unici di solito hanno nei propri confronti le stesse aspettative elevate dei loro genitori. Poiché sono gli unici bambini della famiglia, di solito desiderano e apprezzano i momenti passati lontano dagli altri; o al contrario possono temere la solitudine. Per loro potrebbe essere più importante essere unici piuttosto che primeggiare.


Tutti i primi astronauti erano o primogeniti, o psicologicamente primogeniti (come spiegato più avanti), oppure figli unici. Neil Armstrong, figlio unico, ha vissuto l’esperienza irripetibile di essere il primo uomo a camminare sulla luna.


In che modo l’ordine di nascita ci aiuta a comprendere i bambini e a relazionarci con loro in modo più efficace? Esserne consapevoli ci permetterà di fare alcune congetture intelligenti sul loro mondo e sul loro punto di vista. Speriamo che questa consapevolezza aiuti genitori e insegnanti a comprendere l’importanza di non viziarli, di far accettare ai primogeniti di non essere sempre i migliori o i primi, di aiutare i mezzani a sentirsi meno schiacciati e, in generale, di aprire una finestra sul mondo di ogni bambino.

Eccezioni

Ci sono molti fattori che spiegano le eccezioni alle regole generali. Uno di essi è il sesso. Se il primo e il secondo figlio sono di sesso diverso, possono sviluppare entrambi le caratteristiche dei primogeniti, specialmente se c’è una netta divisione dei ruoli femminili e maschili nella famiglia. Ognuno di essi si assume le responsabilità dei primogeniti nell’ambito del proprio sesso. Per esempio, se il maggiore è un ragazzo, avrà le caratteristiche del primogenito nel ruolo maschile. Se il secondo è femmina, svilupperà comunque le caratteristiche del primogenito nel ruolo femminile. Invece, se i due maggiori di tre o più fratelli sono dello stesso sesso, le differenze tra loro saranno probabilmente estreme. I primi due figli dello stesso sesso sono di solito l’uno il contrario dell’altro. Quanto più sono vicini di età, tanto più pronunciate sono le differenze, il che ci porta al secondo fattore.


Quando ci sono quattro o più anni di differenza tra i bambini, questi sono meno influenzati l’uno dall’altro. Si sentono meno in competizione quando c’è un divario di età. Se in una famiglia ci sono cinque figli con più di quattro anni tra ognuno di essi, ciascuno può sviluppare caratteristiche più vicine a un figlio unico o al maggiore. Diventano “psicologicamente primogeniti” o “psicologicamente ultimogeniti”. In una famiglia con sette figli di diciannove, diciassette, quindici, nove, sette, tre, e un anno, c’è un figlio maggiore effettivo. I bambini di nove e tre anni sono psicologicamente primogeniti, perché il fratello che li precede è più grande di quattro o più anni. Ci sono anche un ultimogenito effettivo e due figli psicologicamente ultimogeniti – il figlio di quindici e quello di sette anni – perché sono stati i minori per quattro o più anni prima che nascesse il fratello successivo. Quando un bambino è stato in un determinato livello per più di quattro anni, ha già formato molte convinzioni sulla vita, su se stesso e su come trovare appartenenza e rilevanza. Queste possono modificarsi quando la struttura famigliare cambia, ma di solito non mutano completamente. È interessante osservare cosa succede a volte quando un fratello maggiore parte per l’università. Il secondo figlio può cambiare notevolmente, assumendo sempre più responsabilità, ma con meno perfezionismo. Le dinamiche nelle famiglie allargate possono essere comprese meglio grazie all’ordine di nascita. Può essere sconvolgente per un primogenito o ultimogenito essere detronizzato dalla sua posizione quando altri bambini si uniscono alla famiglia. Quello che una volta era il più grande può d’un tratto diventare il più piccolo o un mediano. Un ultimogenito può improvvisamente perdere la sua posizione di “coccolato” quando un bambino più piccolo entra a far parte della famiglia. È importante che questi bambini si sentano compresi e coinvolti negli incontri familiari volti a risolvere problemi (si veda il nono capitolo), in modo che possano sentire un senso di appartenenza e di rilevanza.


Un’altra eccezione alla regola è che i bambini a volte cambiano arbitrariamente le caratteristiche tipiche della posizione. Un secondogenito può diventare uno “scavalcatore”, che si impegna così tanto da superare il primo. In questo caso, il più grande può gettare la spugna e abbandonare le caratteristiche tipiche di un primogenito. Un chiaro segno di perfezionismo è la rinuncia. Questo bambino ha deciso: «Se non posso essere il migliore o il primo, perché provare?». Un figlio maggiore che ha gettato la spugna per fare spazio a uno “scavalcatore” più piccolo può diventare un “rinunciatario” seriale. Questa spiegazione ha aiutato molti genitori a capire la situazione del loro primogenito, che era stato detronizzato dal secondogenito, e ha fornito loro una base per incoraggiare il loro figlio maggiore, invece di dimostrargli rabbia e frustazione.


Il minore che diventa un “bruciatappe” abbandona il ruolo del coccolato. Questo può venire occupato dal penultimo figlio, che adotta le caratteristiche di un ultimogenito.

L’atmosfera famigliare

Un altro fattore che spiega le eccezioni alla regola generale è l’atmosfera famigliare, che può accrescere o attenuare le differenze. Nelle famiglie in cui la competizione è apprezzata e incoraggiata (come in molte famiglie americane), le differenze aumenteranno. Nelle famiglie in cui si apprezza e incoraggia la cooperazione, le differenze saranno attenuate. Molte coppie non si rendono conto di creare un’atmosfera famigliare competitiva quando non concordano sui metodi genitoriali. Al contrario, le coppie che sono d’accordo sui metodi genitoriali creano un’atmosfera famigliare cooperativa.


Come detto in precedenza, una regola generale su cui si può quasi sempre contare è che i due figli più grandi saranno molto diversi tra loro se sono dello stesso sesso e vicini d’età. Tuttavia, ho avuto la possibilità di sperimentare una grande eccezione a questa regola generale. Mentre facevo una valutazione adleriana a una donna che aveva una sorella di soli diciotto mesi più grande, la mia prima ipotesi era che fossero esatti opposti. Le sue risposte hanno invece smentito la mia congettura: erano molto simili. Quando siamo arrivate alla domanda su come erano i suoi genitori, le ho chiesto se potevo provare a indovinare prima che lei mi raccontasse. Ho ipotizzato che i suoi genitori fossero molto affettuosi e collaborativi l’uno con l’altro, che fossero d’accordo sulle modalità di educazione dei figli, e che i figli si sentissero amati e trattati in modo equo. Mi ha chiesto come facevo a saperlo. Ho basato la mia ipotesi sulla mia conoscenza degli effetti dell’atmosfera famigliare. Quando due sorelle con soli diciotto mesi di distanza hanno caratteristiche simili invece che opposte, possiamo essere certi che i genitori hanno creato un’atmosfera di cooperazione piuttosto che di competizione.

Usare l’ordine di nascita per incoraggiare3

In un distretto scolastico furono usate le informazioni sull’ordine di nascita per aiutare i membri dello staff a prendere coscienza dell’alto numero di ultimogeniti o figli psicologicamente ultimogeniti nelle classi di studenti con deficit d’apprendimento. Ciò ha sollevato una domanda valida su questi tipi di disabilità: sono fisiologici o comportamentali? I figli minori imparano a sfruttare le loro difficoltà per ricevere un trattamento speciale? Se questi deficit sono fisiologici, non li riconosciamo nei primogeniti e mezzani perché imparano a compensarli?


In una scuola elementare, un gruppo di alunni sembrava far diventare matto ogni insegnante. Quando questo gruppo era in seconda, il docente che li seguiva valutò di andare in pensione. In terza, il loro maestro non vedeva l’ora che arrivasse l’estate. Infine, l’insegnante di quarta elementare chiese agli alunni quale fosse il loro ordine di nascita, e scoprì che la classe era composta all’85% da ultimogeniti. Molti di loro passavano gran parte dell’orario scolastico a farsi vedere in difficoltà e a cercare attenzioni speciali. Grazie a momenti di riunione in classe, l’insegnante di quarta elementare riuscì a ottenere miglioramenti significativi, perché i bambini impararono ad aiutare se stessi e gli altri grazie a un rafforzamento delle proprie capacità di trovare soluzioni.

Judy Moore, insegnante di quinta elementare, ha basato la sua tesi di laurea sull’ordine di nascita e i gruppi di lettura. Ha scoperto un’alta percentuale di primogeniti e figli unici nei gruppi di lettura avanzati, e invece di ultimogeniti nei gruppi di lettura di livello più basso. La Moore ha registrato le dinamiche di ogni gruppo mentre poneva domande agli alunni. Nel gruppo avanzato tutti i bambini alzavano le mani, impazienti, facendo a gara per essere i primi a rispondere. Il gruppo di mezzo era più rilassato, ma di solito qualcuno rispondeva. Nel gruppo di livello più basso, i bambini tendevano a esprimere più problemi nella comprensione e ad aver più bisogno d’aiuto.


Nella classe della Moore il bambino con più difficoltà a leggere era un alunno che chiameremo John. La maestra era preoccupata che John potesse avere un basso quoziente intellettivo, quindi il suo primo passo per aiutarlo fu di richiedere dei test psicologici. Indagò poi sul bambino e apprese che era il figlio più piccolo in famiglia. Ancora più interessante era che avesse tre sorelle maggiori di nome Georgia, Roberta e Paula. La Moore scoprì che tutti in famiglia lo chiamavano “Re John”. Con queste informazioni, la Moore poté fare alcune congetture ragionate sull’importanza data ai figli maschi in questa famiglia, e sulla possibilità che il bambino venisse viziato molto. Perché John avrebbe dovuto voler fare qualcosa da solo, compreso imparare, se non aveva mai sperimentato la responsabilità? Le intuizioni della Moore furono confermate quando i risultati del test psicologico attestarono che John era dotato. Aveva usato tutta la sua intelligenza per affinare le sue tecniche seduttive e manipolative.


La signora Moore affrontò il bambino con gentilezza: gli disse che sapeva quanto lui fosse intelligente, e che aveva tutte le capacità per entrare in un gruppo di lettura avanzato. Lo spostò in un gruppo di livello più alto, e il bambino soddisfece appieno le sue aspettative: sapeva di non poter più ingannare la Moore. Il problema più grande furono le sorelle di John, che consideravano la maestra irragionevole a pretendere così tanto dal loro fratellino.


È importante notare l’atteggiamento della Moore quando informò John che il gioco era finito. Non disse, con un tono di rimprovero, «So che puoi fare di meglio». Invece, gli disse: «John, ho scoperto che bambino intelligente sei. Ti trasferisco nel gruppo di lettura avanzato perché ho piena fiducia nel fatto che anche lì otterrai buoni risultati».


Quanti di noi hanno odiato quando i nostri genitori dicevano: «Avresti risultati migliori se solo ci provassi»? L’atteggiamento che stava dietro a questa affermazione era di solito di rimprovero e delusione. Questo tono è scoraggiante per qualunque bambino ed è devastante dire alla maggior parte dei primogeniti che potrebbero essere ancora più bravi se solo ci provassero. Il motivo per cui i figli maggiori potrebbero non mettercela tutta è che tentare con troppo impegno di raggiungere la perfezione li porta ad accumulare troppa tensione per far bene. Dire ai mezzani che potrebbero avere risultati migliori se solo ci provassero è scoraggiante perché sono spesso erroneamente convinti di non poter competere con i fratelli maggiori che già dominano in quell’area. Agli ultimogeniti spesso non piace sentirsi dire che potrebbero essere più bravi, perché credono spesso di poter ottenere un senso di appartenenza e rilevanza solo quando gli altri si prendono cura di loro. L’intervento della Moore funzionò con John grazie al modo in cui è stato applicato: con un atteggiamento di incoraggiamento invece che di delusione.


L’ordine di nascita può aiutare genitori e insegnanti a mettersi nei panni del bambino. Far sì che il bambino sappia che si riconosce, si capisce e si rispetta il suo punto di vista è una delle cose più incoraggianti che si possono fare. Riuscire a dire: «Posso capire come ti senti» è molto diverso dal tono accusatorio di: «Be’, non c’è da stupirsi che tu faccia così, visto che sei un primogenito (o mezzano, o ultimogenito, o figlio unico)».


Comprendere l’ordine di nascita ha aiutato un padre a bloccare il tunnel di perfezionismo in cui suo figlio Mark era entrato. Mark era un primogenito che, a otto anni, non sopportava di perdere. Il papà incoraggiava l’atteggiamento di Mark, lasciandolo sempre vincere agli scacchi perché non voleva che si arrabbiasse e piangesse. Dopo aver imparato le conseguenze dell’ordine di nascita, il papà capì che era più importante permettere a Mark di sperimentare la sconfitta, così iniziò a vincere almeno la metà delle partite. All’inizio il bambino era sconvolto, ma presto iniziò a vincere e perdere con più serenità. Il padre sentì di aver fatto un enorme passo avanti quando un giorno, giocando a palla con il figlio, fece un tiro potente che Mark non riuscì a prendere. Invece di arrabbiarsi per aver perso un punto, il bambino riuscì a prenderla con spirito e fece una battuta: «Bel tiro, papà. Pessima presa, Mark».

Ordine di nascita e matrimonio

La conoscenza dell’ordine di nascita può anche aiutare i genitori a comprendersi e incoraggiarsi a vicenda. È interessante considerare le implicazioni dell’ordine di nascita nell’ambito del matrimonio. Come si può immaginare, c’è spesso un’attrazione tra i primogeniti e gli ultimogeniti. I figli minori amano essere accuditi, i maggiori amano prendersi cura di loro, quindi sembra un abbinamento perfetto. Tuttavia, come disse Adler, «Dimmi cosa ti fa innervosire del tuo coniuge e ti dirò perché l’hai sposato». Le stesse caratteristiche che all’inizio attraggono, spesso finiscono per irritare.


In questo caso il primogenito può stancarsi di essere sempre il partner responsabile e può criticare il coniuge più spensierato, dimenticandosi che era proprio questa caratteristica ad averlo inizialmente sedotto. Gli ultimogeniti, dal canto loro, possono stancarsi che il coniuge li accudisca e dica loro cosa fare, tranne quando è quello che vogliono. Il problema è che, di solito, questo “quando” non coincide per entrambi i partner.


Il matrimonio tra due primogeniti nasce spesso dall’ammirazione per quegli stessi tratti che rivedono e rispettano anche in se stessi; il problema inizia quando non riescono a mettersi d’accordo su chi “porta i pantaloni” o su chi sa davvero come fare le cose al meglio.


Due ultimogeniti possono sposarsi perché riconoscono quanto si possono divertire insieme, ma poi finiscono con il serbare rancore verso l’altro perché non si prende cura di loro.


Per i mezzani può essere più o meno difficile adattarsi a qualsiasi situazione, a seconda di quanto sono diventati ribelli o accomodanti.


Tutte le combinazioni possono avere successo grazie a comprensione, rispetto reciproco, collaborazione e senso dell’umorismo. Un mio caro amico è un ultimogenito sposato con un’ultimogenita. Iniziarono con una vacanza insieme; lui si rivolse a lei e le chiese se avesse prenotato una stanza dove dormire. Lei rispose: «No, non ci hai pensato tu?». Entrambi scoppiarono a ridere e si sono divertiti a cercare un motel.

Ordine di nascita e metodi di insegnamento

Gli stili di insegnamento possono variare a causa dell’ordine di nascita. Gli insegnanti primogeniti spesso amano avere ruoli di responsabilità. Di solito sono disposti a organizzare progetti interessanti e articolati per i loro studenti. Preferiscono la struttura e l’ordine e sono contenti quando i bambini sono seduti in file precise e fanno quello che gli è stato detto. Poiché al giorno d’oggi questa non è più la norma, molti degli insegnanti primogeniti si sentiranno frustrati finché non impareranno metodi per stabilire ordine senza essere autoritari. Si rendono conto rapidamente dei benefici che un approccio positivo può portare ai bambini e a se stessi.


Gli insegnanti mezzani sono spesso interessati tanto al benessere psicologico dei loro alunni quanto ai loro risultati scolastici. Sono attratti dagli alunni ribelli e sperano di riuscire a guidarli in una direzione più positiva. Questi insegnanti cercano di stabilire ordine attraverso il rispetto reciproco e la comprensione.


Gli insegnanti ultimogeniti sono spesso creativi e amanti del divertimento e si adattano facilmente al rumore e al caos. Sono spesso disposti a permettere ai bambini di assumersi maggiori responsabilità in modo da non dover fare tutto da soli.


Le informazioni sull’ordine di nascita possono aiutare genitori e insegnanti ad aumentare la loro comprensione dei bambini e di se stessi.

Esercizio di gruppo

Il seguente esercizio è un ottimo modo per sperimentare le somiglianze e le differenze tra persone con lo stesso ordine di nascita.


Dividete il gruppo in unità più piccole dello stesso ordine di nascita. Fornite a ogni gruppo pennarelli e cartelloni. Date loro le seguenti istruzioni: «Ognuno pensi ad aggettivi che lo descrivono come persona, e poi li condivida con il resto del gruppo. Se la maggioranza trova che l’aggettivo descriva anche il resto del gruppo, scrivetelo sul cartellone».


Dopo una decina di minuti, chiedete a ciascun gruppo di attaccare i cartelloni al muro. Poi discutete insieme su come gli aggettivi scelti corrispondano alle informazioni fornite in questo capitolo. Assicuratevi di toccare i seguenti punti:

  • Fattori che spiegano le eccezioni e l’unicità.

  • Necessità di sottolineare i tratti positivi di ogni ordine di nascita.

  • Modi in cui le informazioni ci aiutano a comprendere meglio noi stessi e i bambini.

  • La distruttività nell’uso di queste informazioni per creare etichette e stereotipi.

Chiedete anche se qualcuno ha capito il motivo per cui aveva formato certe convinzioni errate su se stesso e su ciò che doveva fare per raggiungere un senso di appartenenza e rilevanza.

Potreste anche riprodurre le canzoni scritte da Wayne Frieden e Marie Hartwell Walker su sette diversi ordini di nascita4. Un esempio di un verso di “Number One” è:

Oh, è difficile essere il numero uno.

E ultimamente non è per nulla divertente.

La vita era così bella quando eravamo in tre: mamma, papà e me.

Ma ora è arrivato un altro.

E non mi piace neanche un po’.

Riportiamolo in ospedale

e lasciamolo lì.

Rivediamo

Domande
  1. Qual è lo scopo principale della comprensione dell’ordine di nascita, e come può aiutare nel lavoro con i bambini?

  2. Quali sono le scelte più diffuse dei bambini quando si confrontano con i loro fratelli?

  3. In quali modi rischiamo di abusare delle informazioni sull’ordine di nascita?

  4. Quali sono le caratteristiche tipiche di ogni ordine di nascita?

  5. Quali sono i pericoli del crescere i figli nella bambagia, e perché alcuni genitori lo fanno?

  6. Quali sono i fattori che spiegano le eccezioni alle regole generali sull’ordine di nascita?

La Disciplina Positiva
La Disciplina Positiva
Jane Nelsen
Crescere bambini responsabili, indipendenti e collaborativi, in famiglia e a scuola, con rispetto, fermezza e gentilezza.Un metodo efficace per crescere bambini autonomi, responsabili e collaborativi, senza il bisogno di ricorrere a premi e punizioni. La psicologa Jane Nelsen spiega come mettere in pratica la “Positive Discipline”: un metodo efficace per aiutare genitori e insegnanti a mantenersi fermi e gentili con i bambini, senza bisogno di ricorrere alle punizioni, e incoraggiando nello stesso tempo il bambino a sviluppare l’indipendenza, il senso di responsabilità, la collaborazione e la capacità di trovare soluzioni in autonomia.La Disciplina Positiva è stato tradotto in 19 paesi. Conosci l’autore Jane Nelsen, psicologa ed educatrice di fama mondiale, è autrice di numerosi libri su accudimento e Disciplina Positiva, rivolti a genitori e insegnanti.