capitolo iv

Un nuovo sguardo al
comportamento scorretto

Una delle mie scene preferite del film Kramer contro Kramer è quella in cui Seth infuriato urla a suo padre: «Ti odio».


Il papà lo prende e lo porta in camera sua, lo butta sul letto e gli urla in risposta «E io ti riodio, lavativo».


Padre e figlio si odiavano davvero? Certo che no. Si volevano molto bene. Quindi, cosa stava succedendo?


Seth si sentiva ferito perché suo padre era preso dal lavoro e non badava a lui. Il padre aveva una consegna urgente e si era arrabbiato molto quando il piccolo aveva rovesciato un bicchiere sul progetto. Aveva reagito sgridando Seth con parole piene di biasimo, vergogna e dolore. A livello inconscio Seth non sentiva più un legame di appartenenza; si sentiva insignificante. Per questo aveva detto a suo padre che lo odiava. Il papà dal canto suo aveva reagito vendicandosi. Erano caduti in un “circolo della vendetta”. Il papà ha avuto un ruolo importante in questo episodio di comportamento scorretto. Era responsabile tanto quanto il bambino, se non di più.

Responsabilità non significa biasimo o vergogna

Tornando ai cattivi comportamenti, possiamo dire che i risultati possono essere incoraggianti per bambini e adulti a patto di non associare la responsabilità al biasimo o alla vergogna. È molto più d’aiuto vedere la responsabilità come qualcosa di liberatorio, basato sulla consapevolezza di poter cambiare se si sceglie di farlo, e non qualcosa per cui sentirsi in colpa. Quando ci rendiamo conto che forse facciamo parte della dinamica costitutiva del comportamento scorretto di un figlio o di un alunno disponiamo di tutte le informazioni per modificare il nostro ruolo; in questo modo si può aiutare anche il bambino a cambiare.

Cos’è un cattivo comportamento?

Guardando più da vicino ci si rende conto che un comportamento scorretto non è altro che una mancanza di conoscenza (o consapevolezza), una mancanza di competenze efficaci e di comportamenti evolutivamente appropriati, o scoraggiamento – oppure, spesso, si tratta di qualche episodio che riattiva in noi il nostro cervello primitivo, dove le uniche opzioni sono la lotta oppure la fuga, e una comunicazione debole. Spesso agli adulti mancano di conoscenze, consapevolezza e competenze, e fanno ricorso ai comportamenti suggeriti dal cervello primitivo tanto quanto i bambini. È per questo che le lotte di potere tra adulti e bambini sono così comuni; sono necessarie almeno due persone per uno scontro. E gli adulti spesso sono tanto scoraggiati quanto i bambini. I comportamenti scorretti (vostri e dei vostri figli) vi sembrerebbero diversi se li consideraste come “comportamenti scoraggiati”, “mancanza di competenze comportamentali”, “comportamento del cervello rettiliano” o “comportamento adeguato all’età”1?

Di solito i bambini piccoli non si comportano male, si comportano semplicemente secondo la loro età. Molti genitori e insegnanti non conoscono abbastanza il comportamento umano e lo sviluppo del bambino, e per questo trattano il comportamento adeguato all’età alla stregua di un comportamento scorretto. È davvero triste pensare a tutti i bambini piccoli puniti per comportamenti evolutivamente appropriati. Per esempio, i piccoli attorno ai due anni vengono puniti per essere stati “disobbedienti” quando il loro cervello non è ancora sufficientemente sviluppato per capire cosa ci si aspetta da loro. Non hanno ancora il linguaggio o le competenze sociali per ottenere ciò che vogliono – soprattutto quando quello che desiderano sembra agli adulti irrazionale, sconveniente o inappropriato. È straziante vedere questi piccoli messi in castigo quando non sono ancora in grado di capire la dinamica causa-effetto.


Quanto spesso i bambini si comportano male perché sono stanchi o hanno fame? Chi è responsabile di questo? (Spesso la causa è da ricercare in circostanze inevitabili, ragione in più per essere indulgenti con i figli e con se stessi anziché usare l’etichetta del cattivo comportamento). Forse i bambini non sono stati coinvolti con gentilezza nel momento di stabilire una routine. Forse gli adulti non si sono resi conto che le imposizioni innescano ribellioni e lotte di potere, mentre le domande di approfondimento (e altri metodi della Disciplina Positiva) possono invitare alla collaborazione. È molto più entusiasmante pensare in termini di responsabilità e concentrarsi sulle soluzioni (e vedere gli errori come opportunità di apprendere) che pensare a punizioni e comportamenti scorretti.


Forse sembra che io promuova l’idea per cui genitori e insegnanti non debbano intervenire nei comportamenti che sono sì appropriati dal punto di vista evolutivo, ma socialmente inappropriati (e che di solito sono chiamati cattivi comportamenti). Non dico questo. Dico però che gli adulti sono i genitori e gli insegnanti. Se vogliamo che i bambini imparino a controllare il loro comportamento, dovremmo imparare a controllare il nostro. Con la consapevolezza, possiamo essere tra coloro che si prendono la responsabilità del proprio comportamento e lo cambiano in modi che invitano i bambini a comportarsi meglio, senza intaccare la loro autostima. Possiamo essere genitori che si prendono una pausa per raccogliersi in sé finché non sono di nuovo in grado di agire con consapevolezza, invece che reagire senza pensare. Suggerisco di prenderci almeno altrettanta responsabilità per i nostri comportamenti scorretti e inoltre di imparare a usare metodi incoraggianti ed efficaci a lungo termine che rispondono a tutti i Quattro Criteri di Disciplina Efficace descritti nel primo capitolo.


Più si arriva a capire il comportamento – il nostro quanto quello dei bambini – e più si può essere genitori e insegnanti efficaci. Un buon inizio è quello di mettersi nei panni del bambino per capire meglio il comportamento dettato dallo scoraggiamento.


Come Rudolf Dreikurs ha detto molte volte: «Un bambino che si comporta male è un bambino scoraggiato». Dreikurs ha scoperto quattro obiettivi inappropriati o errati, adottati dai bambini quando si sentono scoraggiati. Si chiamano errati perché sono basati su convinzioni sbagliate su come raggiungere un senso di appartenenza e rilevanza.


Quando Rudolf Dreikurs spiegava i quattro obiettivi sbagliati, le persone spesso chiedevano: «Come fa ad attribuire ai bambini queste quattro etichette?». Lui rispondeva «Non gliele attribuisco, le trovo già su di loro».

I Quattro Obiettivi Sbagliati e le Convinzioni Errate del Comportamento
  1. ATTENZIONE INGIUSTIFICATA – Convinzione errata: sento appartenenza solo quando ottengo la tua attenzione.

  2. POTERE FUORVIATO – Convinzione errata: sento appartenenza solo quando ho il comando, o per lo meno quando ti impedisco di comandarmi.

  3. VENDETTA – Convinzione errata: non sento appartenenza, ma almeno posso rispondere facendo del male.

  4. CONVINZIONE DELLA PROPRIA INADEGUATEZZA – Convinzione errata: è impossibile sentire appartenenza. Mi arrendo.


L’obiettivo primario di tutti gli esseri umani è di provare un senso di appartenenza e rilevanza. I bambini (e molti adulti) adottano uno o più dei quattro obiettivi sbagliati perché sono convinti che:

  • L’attenzione ingiustificata o il potere fuorviato possano aiutarli a raggiungere un senso di appartenenza e rilevanza.

  • Vendicarsi darà delle soddisfazioni al dolore provocato dalla convinzione di non appartenere né di essere rilevante.

  • Arrendersi è la loro unica possibilità perché credono davvero di essere inadeguati.

Tabella degli obiettivi sbagliati

I bambini non sono consapevoli delle loro convinzioni errate. Se si chiede loro perché si sono comportati male, risponderanno che non lo sanno, o avanzeranno qualche altra scusa. Più avanti spiegherò come usare la pratica di svelare l’obiettivo per aiutare i bambini a diventare consapevoli dei loro obiettivi sbagliati senza vergognarsi o sentirsi minacciati.


Tutti desiderano attenzioni; non c’è niente di male in questo. Il problema sorge quando i bambini vogliono un’attenzione ingiustificata. In altre parole, quando cercano il senso di appartenenza in modi irritanti piuttosto che in modi utili. Il comportamento è irritante perché proviene dall’inconscia convinzione errata del bambino: «Appartengo solo quando sono al centro dell’attenzione». Questa convinzione inconsapevole aggiunge al comportamento un senso di urgenza e insistenza che per gli altri è irritante. Per i bambini che desiderano un’attenzione ingiustificata, può essere molto incoraggiante essere riorientati, in modo da ottenere attenzioni giustificate, in cambio della collaborazione. Questo stimola i bambini a sperimentare di nuovo il senso di appartenenza che cercavano e allo stesso tempo insegna loro come raggiungerlo in modi più costruttivi.


Se un alunno è assillante, affidategli un compito (per esempio raccogliere i giornali, chiamare chi ha la mano alzata o fare il responsabile dei compiti). Una madre trovò un modo per riorientare il comportamento irritante di sua figlia di quattro anni, che la interrompeva mentre era al telefono. La volta successiva, quando il telefono squillò, interruppe un attimo la telefonata per dare il suo orologio alla figlia, dicendole: «Vedi la lancetta dei secondi, quella che si muove? Guardala finché non ha fatto tutto il giro per tre volte, allora avrò finito».


La piccola guardò con attenzione la lancetta dei secondi, lanciando di tanto in tanto un’occhiata alla madre. Sua madre finì la telefonata prima che i tre minuti fossero passati e lei disse: «Mamma, avevi ancora tempo, avevi ancora tempo».


Tutti desiderano avere potere. Il potere non è una brutta cosa, dipende da come lo si usa. Quando i bambini sviluppano la convinzione errata (ancora una volta inconscia) di appartenere solo quando hanno la possibilità di comandare, l’uso che fanno del potere sembra un comportamento sbagliato. Quando i bambini agiscono guidati dall’obiettivo sbagliato del potere fuorviato, non imparano a usare il loro potere in modo utile, e hanno bisogno di essere riorientati per usarlo in modi socialmente utili.


Quando gli insegnanti o i genitori si trovano in una “lotta di potere” con un bambino, la cosa più efficace è tirarsi indietro dal conflitto. Ammettete quello che sta accadendo: «Mi sembra che siamo in una lotta di potere. Mi rendo conto di contribuire anch’io al problema. Immagino che tu ti senta sopraffatto. Non voglio che sia così, ma ho bisogno del tuo aiuto. Prendiamoci il tempo di ritrovare la calma e poi vedremo come affrontare la situazione in modo rispettoso per entrambi».


Proprio come il padre in Kramer contro Kramer, contrattaccare quando ci si sente feriti sembra far parte della natura umana. È per questo che le spirali della vendetta sono così comuni. Di nuovo, c’è una certa ironia nel notare che gli adulti esigono dai bambini che controllino il loro comportamento quando gli adulti stessi hanno difficoltà a controllare il proprio. A ogni modo, controllare il proprio comportamento è importante per spezzare questa spirale. Bisogna rendersi conto che ci si sente feriti, ed evitare di contrattaccare. Piuttosto, verificate i sentimenti del bambino. «Devi sentirti molto ferito in questo momento. Lo capisco. Probabilmente anch’io al tuo posto mi sentirei così». Verificare i sentimenti è un metodo molto forte per disinnescare una spirale della vendetta, ma potrebbe essere necessario cercare insieme una soluzione: «Quando ci sentiremo entrambi meglio, perché non troviamo un momento per parlarne?».


È importante notare che potreste anche non essere voi ad avere ferito il bambino – o che il bambino si senta ferito quando voi pensavate di essere d’aiuto, non di ferire. È anche importante capire che la punizione (anche quando viene malamente fatta passare per una conseguenza logica) non fa che perpetuare la spirale della vendetta.


I bambini che agiscono in base alla convinzione della propria inadeguatezza (a causa di convinzioni errate sulle loro capacità) potrebbero non essere fonte di molti problemi durante il giorno, ma perseguitarvi di notte, quando avete il tempo per pensare a come sembrano aver gettato la spugna. Diversamente dai bambini che dicono: «Non ce la faccio», solo per ottenere attenzione, i bambini che agiscono convinti della propria inadeguatezza credono davvero di non potercela fare. Con una migliore consapevolezza del comportamento sbagliato, si potrebbe dire a un bambino che agisce con l’obiettivo di ottenere attenzione ingiustificata: «Tesoro, ho fiducia in te e so che sei capace di risolvere la situazione». Invece, per i bambini che agiscono convinti della propria inadeguatezza è necessario prendersi del tempo per mostrare loro un piccolo passo. Non fate tutti i passi. Fare troppe cose al loro posto potrebbe essere stata la ragione scatenante della loro sensazione di inadeguatezza. Per esempio si può dire: «Io disegno una metà del cerchio, tu puoi disegnare l’altra metà», oppure «Ti mostro come si allaccia una scarpa e poi puoi farmi vedere cos’hai imparato e dirmi se hai ancora bisogno di una mano».


Perché è importante identificare il tipo di obiettivo sbagliato? Individuare l’obiettivo (e la convinzione) sbagliati aiuta a capire qual è l’azione più efficace da intraprendere per aiutare i bambini a raggiungere il loro obiettivo autentico: il senso di appartenenza e rilevanza.


Identificare la convinzione dietro al comportamento e all’obiettivo sbagliato non è sempre facile, perché i bambini possono usare lo stesso comportamento per raggiungere uno qualsiasi dei quattro obiettivi sbagliati. Per esempio, i bambini possono rifiutarsi di fare i compiti per ottenere attenzioni («Guardami, guardami»), per mostrare potere («Non mi puoi obbligare»), per cercare vendetta («Mi ferisce che i miei voti siano più importanti di me, quindi ti ferisco a mia volta»), o per esprimere un senso di inadeguatezza («Proprio non ci riesco»). Capire qual è l’obiettivo sbagliato è importante, perché ognuno necessita di un intervento efficace e incoraggiamento diversi.


Da notare la parola incoraggiamento. È un concetto molto importante, perché un bambino che si comporta male è un bambino scoraggiato. Lo scoraggiamento viene da convinzioni scoraggianti e da un senso di non appartenenza e non rilevanza. Non importa che le convinzioni siano basate su fatti oppure sulla percezione del bambino. Il comportamento si basa su ciò che il bambino ritiene vero, non su ciò che lo è.

Indizi utili a identificare convinzioni e obiettivi sbagliati

Ci sono due indizi che possono aiutare gli adulti a identificare l’obiettivo sbagliato.

Indizio numero uno

È la reazione emotiva dell’adulto di fronte al comportamento, e questo di primo acchito potrebbe sembrarvi strano. Potreste chiedervi in che modo i vostri sentimenti permettono di rivelare l’obiettivo sbagliato del bambino. Fare pratica nel riconoscere i propri sentimenti sarà utile per capire meglio questo meccanismo.


I sentimenti primari che l’adulto prova di fronte al comportamento di ognuno dei quattro obiettivi sbagliati sono i seguenti (vedi seconda colonna della tabella degli Obiettivi Sbagliati a pagina 84): se vi sentite irritati, preoccupati, colpevoli o infastiditi, l’obiettivo del bambino probabilmente è l’attenzione ingiustificata. Se vi sentite minacciati (voi volete comandare tanto quanto lo desidera il bambino), sfidati, provocati o sconfitti, è probabile che l’obiettivo del bambino sia il potere. Se reagite con la stessa modalità, sarete coinvolti in una lotta di potere. Se vi sentite feriti (come può farmi una cosa del genere, io che sto cercando con tutto me stesso di essere un buon genitore o insegnante?), delusi, sfiduciati o indignati è probabile che l’obiettivo del bambino sia la vendetta. Se vi sentite inadeguati (come posso essere fonte di ispirazione per questo bambino e trovare un punto di contatto con lui?), sconsolati, privi di speranze, impotenti, l’obiettivo del bambino sarà la convinzione della propria inadeguatezza. Se cedete ai vostri sentimenti, vi arrenderete proprio come ha fatto il bambino.


Quando si chiede agli adulti quale sia la loro reazione emotiva al comportamento del bambino, molti rispondono con le parole rabbia e frustrazione, entrambe risposte secondarie alla reazione emotiva primaria. E c’è una buona ragione. Sentirsi minacciati, feriti o inadeguati sono sentimenti che rivelano una tale impotenza che si preferisce celarli subito dietro la risposta secondaria della rabbia. Con la rabbia almeno si ha un senso di pseudopotere – si può fare qualcosa, anche se quel qualcosa non è altro che gridare, sbraitare, o assumere un atteggiamento aggressivo. Rabbia e frustrazione sono entrambe risposte secondarie all’incapacità di controllare la situazione, causa del sentimento primario. Se si nasconde il sentimento primario dietro la rabbia, invece di convalidare i sentimenti del bambino, la probabilità di venire coinvolti in una spirale della vendetta sarà più elevata.


Bisogna invece chiedersi: «Cosa c’è sotto la mia rabbia o frustrazione? Mi sento ferito, sconfitto, minacciato, spaventato?». Usate la tabella degli Obiettivi Sbagliati a pagina 84 e cercate nella colonna dei sentimenti quello che vi corrisponde. Molti genitori e insegnanti raccontano di tenere una copia di questa tabella sulla scrivania o sul frigorifero come strumento utile. Li aiuta a ricordare le basi per la maggior parte dei comportamenti e quindi essere più efficaci nell’aiutare i figli nei momenti di tensione.

Indizio numero due

La risposta del bambino quando gli viene detto di interrompere il comportamento sbagliato. (Vedi quarta colonna della tabella degli Obiettivi Sbagliati a pag. 71).

ATTENZIONE INGIUSTIFICATA: il bambino si ferma per un momento, ma di solito riprende presto lo stesso o un altro comportamento per ottenere attenzione.
POTERE FUORVIATO: il bambino continua a comportarsi male e può sfidarvi verbalmente o resistere passivamente alla richiesta di smettere. Spesso la tensione sale fino ad arrivare a una lotta di potere tra voi e il bambino.
VENDETTA: il bambino mette in atto delle ripicche facendo qualcosa di distruttivo o dicendo qualcosa che ferisce. Spesso si entra in una spirale della vendetta.

CONVINZIONE DI INADEGUATEZZA: il bambino di solito è passivo e spera che presto vi arrenderete e lo lascerete stare. A volte questo bambino “recita” (per esempio facendo il pagliaccio in classe) per coprire il sentimento di inadeguatezza scolastica.

Questi indizi aiutano a “decifrare” quello che i bambini esprimono davvero con il loro comportamento. Una volta compreso questo, possono però esserci delle difficoltà. Quando ci si trova con un bambino che si comporta male, è molto più facile (e normale) reagire con rabbia e frustrazione, i sentimenti secondari, piuttosto che fermarsi e chiedersi: cosa sta cercando di dirmi questo bambino?

Nei seminari di Disciplina Positiva organizziamo un’attività sperimentale chiamata “La Giungla”, adattata da un’attività proposta nel libro di John Taylor Person to Person2. Alcuni adulti stanno in piedi su delle sedie, mentre altri, che interpretano i bambini, guardano in alto verso quelli in piedi e dicono: «Sono un bambino, voglio solo appartenere». Agli “adulti” viene chiesto di fingere che i “bambini” si stiano comportando male, e di pronunciare frasi punitive e scoraggianti come «Smettila di interrompermi. Non vedi che sono occupato? Perché non fai come tuo fratello? Come puoi essere così egoista? Allora perché non fai i compiti o non riordini camera tua? Quante volte te l’ho detto?».

In seguito elaboriamo l’attività chiedendo a tutti come si sono sentiti, a cosa hanno pensato, e a quali conclusioni sono arrivati in veste di bambini o adulti nel gioco di ruolo. È un’esperienza emotiva forte. Non metteremmo le persone in questa situazione se non fosse il modo migliore per aiutare gli adulti a vedere, sentire e sperimentare gli effetti immediati e a lungo termine che ha la reazione a un comportamento, rispetto alla comprensione della condotta e di ciò di cui il bambino ha davvero bisogno.


Dopo l’attività chiediamo: «Cosa avete imparato da questo esercizio?» Il gruppo discute delle varie cose che ha appreso, la più importante delle quali è che un bambino che si comporta male sta davvero dicendo: «Sono un bambino e voglio solo appartenere». Quando non capiamo quali siano la convinzione e l’obiettivo erronei del comportamento, reagiamo al comportamento invece di rispondere alla convinzione dietro al comportamento.


Una volta che gli adulti capiscono davvero che un bambino che si comporta male è un bambino scoraggiato, allora sono pronti a trovare modi per incoraggiarlo. L’incoraggiamento è il modo più efficace per cambiare il comportamento. Un bambino incoraggiato non ha bisogno di comportarsi male.


È bene ripeterlo: un bambino incoraggiato non ha bisogno di comportarsi male. Questo è il concetto più difficile da capire per genitori e insegnanti; siamo troppo abituati a cercare di motivare i bambini a far meglio attraverso punizioni, lezioni e altre forme di biasimo, vergogna e dolore.


Poco tempo fa ho ricevuto una telefonata da una cara amica che si sente in colpa per aver cresciuto i suoi undici figli nella convinzione che il modo per motivarli fosse quello di mortificarli quando sbagliavano o non facevano le cose come lei si aspettava. Ora sta cercando di disfare il risultato, bassa autostima e una forte rabbia in molti dei suoi figli.


Incoraggiare non premia il cattivo comportamento, come pensano in molti. L’incoraggiamento rimuove il bisogno di comportarsi male.

Metodi efficaci di incoraggiamento per ognuno degli obiettivi sbagliati

Non c’è mai un solo modo per risolvere una sfida comportamentale. Nei gruppi di genitori e insegnanti i partecipanti provano a escogitare svariati spunti basati sui princìpi che state imparando in questo libro. I genitori o gli insegnanti che cercano aiuto possono poi scegliere il suggerimento più adatto.


Molti problemi si risolvono meglio all’interno delle riunioni di famiglia o di classe perché i bambini, sviluppando un senso di appartenenza e rilevanza, imparano a concentrarsi su soluzioni rispettose. In ogni caso la Disciplina Positiva comprende molti altri strumenti e competenze, da applicare quando si desidera o si necessita un’azione più immediata. Le linee guida che seguono, sulle risposte efficaci per ognuno degli obiettivi erronei, vengono approfondite nei capitoli successivi ma sono qui delineate per enfatizzare la quantità di soluzioni differenti possibili a ognuno dei problemi o obiettivi sbagliati relativi al comportamento.


Dopo aver letto l’intero libro e aver assimilato i concetti della Disciplina Positiva, potreste voler tornare a queste linee guida, utili come promemoria dei metodi efficaci per ogni obiettivo. Come già visto nei capitoli precedenti, tutti i metodi sono validi soltanto se fondati su atteggiamenti di incoraggiamento, comprensione e rispetto reciproco.

Attenzione ingiustificata

Ricordate che tutti abbiamo bisogno di attenzioni. È l’attenzione ingiustificata a non essere incoraggiante per il bambino.

  • Riorientate i bambini in comportamenti collaborativi. Affidate loro un compito che sviluppi l’attenzione positiva in classe o che sia d’aiuto; per esempio date loro un cronometro per misurare una vostra conversazione telefonica a casa.

  • Comportatevi in modo inaspettato. (Un forte abbraccio spesso è molto efficace).

  • Strutturate un programma per passare regolarmente del tempo con il bambino. A scuola qualche minuto una volta ogni tanto sarà sufficiente.

  • Fate un sorriso d’intesa per comunicare che non avete intenzione di farvi coinvolgere e poi dite: «Non vedo l’ora che arrivi il tempo dedicato a noi, alle sei».

  • Stabilite in anticipo segnali non verbali con i bambini: una mano sul cuore per dire: «Ti voglio bene», o una mano a coppa sull’orecchio per segnalare che, quando il bambino smetterà di piagnucolare, sarete pronti ad ascoltarlo.

  • Evitate i trattamenti speciali.

  • Rassicurate e mostrate fiducia. («Ti voglio bene e so che puoi farcela da solo»).

  • Ignorate il comportamento mettendo una mano sulla spalla del bambino con atteggiamento amorevole. (Continuate la vostra conversazione; ignorate il comportamento, ma non il bambino).

  • Nei momenti piacevoli prendetevi tempo per esercitarvi e fate giochi di ruolo mettendo in atto modi diversi di comportarsi, per esempio parlare del problema invece che piagnucolare.

  • Smettete di parlare e agite. Per esempio, smettete di cercare di convincerli: alzatevi dal divano, prendete per mano i vostri figli e portateli in bagno a lavarsi i denti. Provate con un po’ di solletico per mantenere l’atmosfera ferma ma giocosa.

  • Comunicate esplicitamente quanto gli volete bene e quanto tenete a loro.


Potere fuorviato

Ricordate che il potere non è una cosa negativa. Può anche essere usato in modo costruttivo.

  • Ritiratevi dalla lotta di potere per permettere a entrambi di ritrovare la calma, poi applicate uno o più dei seguenti passi:

  • Accettate il fatto che non potete obbligare il bambino a fare alcunché e chiedete il suo aiuto per cercare una soluzione valida per entrambi.

  • Usate i Quattro Passi per Conquistare la Collaborazione (vedi il secondo capitolo).

  • Proseguite con costanza, con occasioni a tu per tu per trovare soluzioni.

  • Riorientate i bambini all’uso del potere in modo costruttivo.

  • Coinvolgete i bambini nel trovare delle soluzioni.

  • Decidete cosa farete voi, non cosa cercherete di far fare al bambino. («Continuerò la lezione quando tutti saranno pronti». «Laverò i vestiti nella cesta, ma non quelli sparsi sul pavimento». «Accosto la macchina e non ripartiamo finché non smettete di litigare».) È importante che queste azioni siano compiute con gentilezza e fermezza. Smettere di parlare è particolarmente efficace, evitate i “te l’avevo detto” e le prediche.

  • Strutturate un programma per passare regolarmente del tempo dedicato al bambino o a scuola una volta ogni tanto.

  • Coinvolgete i bambini a creare delle routine e poi fate in modo che siano queste a scandire le regole.

  • Offrite scelte limitate.

  • Invitate i bambini a segnare i problemi sull’agenda delle riunioni di famiglia o di classe.

  • Comunicate esplicitamente quanto gli volete bene e quanto tenete a loro.


Vendetta

Ricordate che i bambini dissimulano i sentimenti che li feriscono (li fanno sentire impotenti) cercando vendetta (che dà loro un senso di controllo).

  • Ritiratevi dalla spirale della vendetta evitando le ripicche.

  • Rimanete amichevoli aspettando di ritrovare la calma.

  • Fate delle ipotesi su cosa può aver ferito il bambino, e mostrate empatia. Convalidate i sentimenti che hanno ferito il bambino.

  • Usate l’onestà emotiva per condividere i vostri sentimenti: Mi sento _____ riguardo a ______ perché ______, e vorrei _______.

  • Usate l’ascolto riflessivo: mettetevi nei panni del bambino riprendendo quello che sentite dire da lui: «Sembri molto ferito». L’ascolto riflessivo può comprendere domande di approfondimento: «Puoi dirmi di più? Cos’è successo dopo? Come ti sei sentito?». L’obiettivo è evitare di esprimere il vostro punto di vista e capire quello del bambino.

  • Se avete causato il sentimento che ferisce il bambino, usate le Tre R del Recupero (secondo capitolo).

  • Usate i Quattro Passi per Conquistare la Collaborazione (secondo capitolo).

  • Coinvolgete i bambini a tu per tu nella risoluzione dei problemi.

  • Mostrate il vostro interesse e siate incoraggianti.

  • Strutturate un programma per passare regolarmente del tempo dedicato al bambino o a scuola una volta ogni tanto.

  • Comunicate esplicitamente quanto gli volete bene e quanto tenete a loro.


Convinzione della propria inadeguatezza

Ricordate che i bambini non sono inadeguati, ma continueranno ad agire così finché non abbandonano la convinzione di esserlo.

  • Prendetevi tempo per esercitarvi, rendete i passi semplici quanto è necessario affinché il bambino riesca con successo.

  • Mostrate un piccolo passo che il bambino può replicare. «Se io disegno metà del cerchio, tu disegni l’altra metà».

  • Trovate occasioni per piccoli successi. Prendete qualsiasi cosa il bambino sia in grado di fare e fornitegli molte occasioni di condividere le sue competenze.

  • Notate ogni tentativo positivo, per quanto piccolo.

  • Eliminate tutte le aspettative di perfezione.

  • Concentratevi sui punti di forza del bambino.

  • Non arrendetevi.

  • Passate regolarmente periodi di tempo dedicati al bambino.

  • In classe, incoraggiatelo a scegliere un amichetto o un bambino più grande che lo aiuti.

  • Comunicate esplicitamente quanto gli volete bene e quanto tenete a lui.

Per sottolineare il fatto che lo stesso comportamento può rappresentare tutti e quattro gli obiettivi sbagliati, torneremo all’esempio dei bambini che non vogliono fare i compiti.


Se l’obiettivo del bambino è l’attenzione ingiustificata, vi sentirete irritati. Quando direte ai bambini di fare i compiti, per un momento si metteranno a farli. Per aiutare questi bambini potreste semplicemente ignorare il lavoro non svolto e mostrare che apprezzate le aree in cui sono collaborativi. Questo permette loro di imparare che non fare i compiti non è un modo efficace di ottenere attenzioni. Potreste dare loro la possibilità di scegliere quando vogliono farli, subito o dopo la scuola. Potreste riorientarne il comportamento chiedendo loro di aiutarvi in qualche attività non appena avranno finito i compiti. Oppure potreste avvisarli che farete loro l’occhiolino o un sorriso ogni volta che vedrete che non stanno facendo i compiti. È particolarmente efficace arrivare a questo accordo dopo aver lavorato sulla pratica di rivelare l’obiettivo (vedi pag. 97). SI potrebbe pensare che fare l’occhiolino o sorridere rafforzi la loro richiesta di attenzioni, ma in realtà aiuta i bambini a provare un senso di appartenenza e rilevanza così in breve tempo non avranno più bisogno di ricevere attenzioni in quella situazione. Potreste lasciare che i bambini sperimentino le conseguenze di non aver fatto i compiti, e proseguire con domande di approfondimento: «Cos’è successo? Come ti senti riguardo ai risultati? Cosa hai imparato? Come vorresti che fosse andata invece? Cosa potresti fare per raggiungere quello che vuoi?».


Se l’obiettivo sbagliato del bambino è il potere, probabilmente sentirete che il vostro potere è minacciato o sconfitto e vorrete dimostrare che potete obbligarli a fare quello che voi volete. Quando dite a questi bambini di fare i compiti, potrebbero rispondervi che non li faranno o ignorarvi passivamente. Se insistete a imporvi con qualche punizione, potrebbero ostinarsi ancora di più per dimostrare che «Non riuscirai a obbligarmi». Potrebbero anche reagire con l’obiettivo della vendetta. (Sentirsi perdenti fa male). Per aiutare questi bambini è necessario ritirarsi dalla lotta di potere.


Talvolta i bambini a cui piace il potere si ispirano a un adulto che a sua volta ama il potere. È responsabilità dell’adulto cambiare questo clima. Se desiderate davvero un clima di rispetto reciproco e collaborazione, basato sulla comprensione reciproca e su decisioni condivise, i bambini si accorgono della differenza. Quando riusciranno ad avere fiducia in questa differenza (potrebbe volerci un po’ di tempo), saranno più disposti a collaborare.


Durante un confronto a tu per tu per risolvere il problema siate disposti a riconoscere che eravate coinvolti in una lotta di potere. Dichiarate di voler davvero cambiare il vostro rapporto con il bambino e iniziate ad affrontare i problemi con comprensione e rispetto reciproco.


Ditegli che vorreste il suo aiuto cioè che vi facesse sapere tutte le volte in cui lui sente che voi state cercando di sopraffarlo o controllarlo. Esprimetegli la vostra disponibilità a trovare insieme soluzioni soddisfacenti per entrambi. Ricordate che i bambini sono più disposti ad adottare le soluzioni trovate quando sono stati coinvolti nella decisione.


Le riunioni di famiglia e di classe risolvono le questioni di potere. Poiché i bambini a cui piace il potere hanno spesso qualità di leader potreste far loro capire che apprezzate queste qualità e chiedere il loro aiuto in qualche compito che implichi leadership. Un consulente ha formato i suoi studenti per diventare consulenti alla pari (vedi Appendice II), incaricati di aiutare i compagni mandati all’ufficio di consulenza per problemi comportamentali.


Gli insegnanti potrebbero limitarsi a dare un voto basso per i compiti non finiti. È importante mantenere un atteggiamento di gentilezza e fermezza, e non di potere. Potreste poi proseguire con domande di approfondimento (come visto sopra) per aiutare il bambino a capire che ha potere su quello che gli accade e che, se lo vuole, ha il potere di cambiare le cose.


Se l’obiettivo del bambino è la vendetta, potreste sentirvi feriti o indignati. Non riuscite a capire perché il bambino non fa i suoi compiti quando da parte vostra avete fatto tutto il possibile per cercare di essere buoni genitori o insegnanti. Quando dite a questo bambino di fare i compiti, potrebbe replicare qualcosa per ferirvi, come «Ti odio». Oppure potrebbe fare un gesto distruttivo, come strappare il foglio.


Per aiutare questo bambino, non reagite. Riconoscete i sentimenti feriti. Restate amichevoli dicendo: «Mi rendo conto che sei arrabbiato, quindi non possiamo discuterne ora, ma mi piacerebbe che ne parlassimo più tardi». Passato il tempo per ritrovare la calma, potreste usare i Quattro Passi per Conquistare la Collaborazione, oppure ignorare il problema e condividere un interesse specifico, come descritto nel settimo capitolo. Potreste aver bisogno di rivelare l’obiettivo per arrivare al sentimento che ha ferito il bambino.


Se l’obiettivo del bambino è la convinzione della propria inadeguatezza, potreste sentirvi inadeguati ad aiutarlo. Quando gli chiedete di fare i compiti, sembra scoraggiato e spera che presto lo lascerete stare. (Questa è una delle differenze importanti tra l’inadeguatezza e l’attenzione. Un bambino che cerca attenzioni può far finta di sentirsi inadeguato, ma è felice quando riceve attenzioni. Uno convinto di essere inadeguato vuole essere lasciato solo).


Per aiutare questo bambino assicuratevi che sappia come svolgere il compito. Prendetevi tempo per far pratica, anche se pensate che lo debba capire da solo, dato che gli avete già spiegato il compito diverse volte. La differenza tra un bambino che non fa i compiti per ottenere attenzioni e uno che non li fa perché è convinto di non essere capace è che il primo sa come si fanno e cerca solo di manipolarvi perché lo aiutiate, a causa della convinzione sbagliata di non appartenere se non quando riceve attenzioni. Il secondo è scoraggiato perché pensa davvero di non farcela, e non perché vuole attenzioni. Siccome il comportamento dei bambini può essere simile in questi due casi, è importante affinare la sensibilità per discernere tra il bambino che cerca solo di tenervi impegnato e quello che preferirebbe starsene per conto suo.


Un’altra possibilità è quella di chiedergli se gli farebbe piacere il vostro aiuto, o se preferirebbe scegliere un compagno che lo aiuti. Oppure potreste trovare un livello in cui si sente adeguato e permettergli di lavorare a quel livello. Assicuratevi di gestire la situazione in modo che riesca a farcela bene.


Non arrendetevi. Questo bambino potrebbe svolgere un po’ il compito con il solo obiettivo di essere lasciato per conto suo. Qualunque sia la ragione, se fa un po’ di compiti avrà fatto comunque ben qualcosa, e si sentirà incoraggiato. È molto importante trascorrere dei momenti dedicati a questa bambina.

Svelare l’obiettivo

I bambini non sono consapevoli dei loro obiettivi sbagliati. Un modo per aiutarli a svilupparne la consapevolezza è svelare l’obiettivo.


Questa pratica può essere guidata da insegnanti, consulenti o educatori formati. È fondamentale essere oggettivi e amichevoli durante il percorso ma per i genitori è quasi impossibile essere oggettivi con i figli, perciò la pratica può non funzionare con loro.

Siccome l’oggettività e l’atteggiamento amichevole sono essenziali, non bisognerebbe rivelare l’obiettivo durante un conflitto. Se state imparando questo metodo è meglio parlare al bambino quando è da solo. Gli esperti di questa pratica spesso la mettono in atto in gruppo o di fronte a un pubblico. Adler e Dreikurs erano famosi per rivelare l’obiettivo di bambino di fronte a un pubblico, in modo che tutti, compreso il bambino, potessero imparare dal processo. Tuttavia, se intendete applicare il metodo, consiglio di scegliere un momento privato in cui entrambi vi sentite tranquilli.


Prima chiedete al bambino se sa perché si è comportato in un certo modo. Dovreste esplicitare a quale comportamento vi riferite, per esempio: «Mary, sai perché continui ad andare in giro per la stanza quando dovresti stare seduta sulla sedia?».


I bambini di solito rispondono: «Non lo so». È vero che a livello conscio non lo sanno. Rivelare l’obiettivo li aiuta a capire cosa sta succedendo. Anche quando vi dicono il motivo, non è il vero motivo.


Se danno una motivazione, dite: «Ho qualche altra idea. Per te va bene se provo a indovinare? Puoi dirmi se è giusto o se è sbagliato».


Se dicono che non lo sanno, chiedete se potete provare a indovinare. Se i vostri modi sono oggettivi e amichevoli, il bambino ne sarà incuriosito. Poi ponete quelle che Dreikurs chiamava le domande “forse”, aspettando la risposta del bambino a ogni domanda.

  • «Forse te ne vai in giro per ottenere la mia attenzione e tenermi occupato?» (Attenzione ingiustificata)

  • «Forse te ne vai in giro per mostrarmi che puoi fare quello che vuoi?» (Potere fuorviato).

  • «Forse te ne vai in giro perché ti senti ferito e vuoi pareggiare i conti con me o con qualcun altro?» (Vendetta).

  • «Forse te ne vai in giro perché pensi di non riuscire, e quindi non vuoi nemmeno provarci?» (Convinzione della propria inadeguatezza).

Ci sono due risposte che vi riveleranno che l’intuizione è giusta e che il bambino è diventato consapevole del suo obiettivo. La prima è il riflesso di riconoscimento. Significa che il bambino sorride involontariamente, anche se sta dicendo no. Se la risposta è no e non è presente il riflesso di riconoscimento, passate alla domanda successiva. A ogni modo il riflesso di riconoscimento (un sorriso spontaneo mentre dice no) vi fa capire che l’intuizione è corretta. L’altra risposta è un semplice sì. Una volta ottenuto un riflesso di riconoscimento o una risposta affermativa non c’è alcun bisogno di passare a un’altra domanda. A questo punto potete coinvolgere il bambino in una discussione su altri modi per provare un senso di appartenenza e rilevanza. Se l’obiettivo è l’attenzione, spiegategli che tutti desiderano attenzione. Per esempio: «Puoi aiutarmi a pensare ad altri modi affinché tu riceva attenzione, ma che aiutino anche gli altri?».

Potreste anche accordarvi di prestare attenzione al bambino per il suo comportamento, e dirgli che gli strizzerete l’occhio e gli sorriderete un numero predefinito di volte per fargli capire che ha la vostra attenzione. Fatelo diventare un segreto tra voi due. A molte persone questo comportamento sembra un modo per premiare il comportamento sbagliato. In realtà è quello che Dreikurs chiama “sputare nella minestra”. Esserne consapevoli rende il comportamento sbagliato meno attraente3.

Se l’obiettivo è il potere, ammettete che non potete obbligarlo a comportarsi diversamente. Poi chiedete il suo aiuto per stabilire un programma di collaborazione e rispetto reciproco. «Hai ragione. Non posso obbligarti. Come possiamo usare entrambi il nostro potere in modo rispettoso per risolvere il problema?» Chiedere aiuto è una frase importante da usare quando l’obiettivo è riorientare l’adulto e il bambino per passare dalla lotta di potere al potere come strumento per cooperare.


Se l’obiettivo è la vendetta, potete mostrarvi interessati a capire che cosa voi o qualcun altro potreste aver fatto per ferirlo. «Mi dispiace di non aver capito che ti ho fatto soffrire. Mi perdoni?» oppure «Mi dispiace che la situazione ti abbia fatto soffrire. Anch’io mi sarei sentito così se fosse capitato a me». Tenere ai bambini tanto da ascoltare senza giudicare può essere il metodo più incoraggiante per questo obiettivo. Non razionalizzate, non spiegate e non cercate di cambiare la sua percezione. L’ascolto riflessivo può essere d’aiuto. Quando il bambino si sentirà capito sarà più disposto ad ascoltare il vostro punto di vista e a trovare poi delle soluzioni.


Se l’obiettivo è la convinzione della propria inadeguatezza, rassicuratelo sul fatto che capite come lui si sente, perché voi stessi a volte vi sentite scoraggiati. Esprimete poi fiducia nelle sue capacità e stabilite un programma di piccoli passi alla sua portata per assicurare la buona riuscita. «So che sei convinto di non farcela, ma so anche che ce la puoi fare; e sono disposto a fare tutto il necessario per aiutarti a riuscire».


Rivelare l’obiettivo può essere il vostro terzo indizio per identificare l’obiettivo sbagliato. C’è un video di Dreikurs nel quale pone domande a un bambino, quasi certo che il suo obiettivo sia il potere. Continua a cercare di ottenere un riflesso di riconoscimento con i “forse” nei molti modi che indicano il potere, ma ottiene sempre una risposta negativa senza riflesso di riconoscimento. All fine Dreikurs si decide a proseguire con la domanda sulla vendetta, e il bambino conferma che si sente ferito dal comportamento dei genitori.


Gli insegnanti possono usare la tecnica di rivelare l’obiettivo per migliorare la loro comprensione e mostrare interesse verso il bambino. Una volta che conoscete l’obiettivo, potete usarlo come base per discussioni e risoluzioni di problemi.

Grado di scoraggiamento

Non succede sempre che i bambini comincino dal primo obiettivo dell’attenzione e passino tutti gli stadi fino alla convinzione della propria inadeguatezza. È possibile che i bambini più passivi raggiungano direttamente l’inadeguatezza se, dopo essere stati trattati duramente o per qualche altra ragione, si convincono di non appartenere e di non essere rilevanti.


I bambini abbastanza forti da scegliere il potere potrebbero non arrivare mai all’inadeguatezza, ma vengono invece spesso spinti alla vendetta da adulti che insistono nel vincere la guerra di potere.


La signora Smith ci ha spiegato perché era così riconoscente per aver imparato i Quattro Obiettivi Sbagliati del Comportamento e le soluzioni per correggerli. Il figlio maggiore, Seth, era un bambino impegnativo. Spesso teneva comportamenti offensivi o distruttivi, come nell’esempio che segue.


Un giorno la famiglia Smith al completo (il signore e la signora Smith, Seth, suo fratello più piccolo Scott e la sorellina Maria) aveva passato la giornata a cercare casa. Seth e Scott si lamentavano in continuazione di quanto avessero caldo e di quanto fossero annoiati. Continuavano a chiedere di tornare a casa. Maria, di due anni, era tranquilla perché quando era stanca dormiva in braccio alla mamma.


I genitori volevano continuare la ricerca il giorno dopo, ma avevano deciso di fare felici Seth e Scott e lasciarli a casa con un vicino. Era una bella giornata ed erano grandi abbastanza per giocare con i loro amici del vicinato. Siccome Maria non aveva dato alcun problema ed era troppo piccola per giocare fuori, avevano deciso di portarla con loro. Al momento di uscire, Seth aveva detto di voler andare con loro. La signora Smith gli aveva ricordato il caldo che aveva avuto e quanto si era annoiato, e aveva provato a convincerlo che si sarebbe divertito di più rimanendo a casa, ma Seth aveva insistito nel voler andare. La signora Smith era rimasta ferma e aveva persino dato a Seth e a Scott un quarto di dollaro per un ghiacciolo come piccolo lusso (per convincerlo). Seth non era ancora soddisfatto, ma lo avevano comunque lasciato a casa.


Una volta di ritorno, la signora Smith era rimasta sconcertata nel vedere che Seth aveva preso un coltello e aveva squarciato il rivestimento vinilico del seggiolone di Maria. La prima reazione della signora Smith era stata di sentirsi ferita, e di chiedersi: «Come ha potuto fare una cosa del genere?». Aveva mascherato velocemente il suo dolore con la rabbia, aveva sculacciato Seth e lo aveva mandato in camera.


In quel periodo la signora Smith faceva parte di un gruppo di genitori e teneva un diario per ricordarsi dei casi che voleva discutere con il gruppo. Non appena iniziò a scrivere l’accaduto sul diario riuscì a vedere in modo più obiettivo le cose dalla prospettiva di Seth, e comprese che l’obiettivo sbagliato di Seth era la vendetta. Aveva usato i Quattro Passi per Ottenere la Collaborazione (spiegati nel secondo capitolo) come segue:


La signora Smith era andata nella stanza di Seth e gli aveva chiesto: «Hai pensato che la ragione per cui abbiamo portato Maria e non te fosse che vogliamo più bene a lei che a te?».


Seth aveva risposto in lacrime: «Sì».


La signora Smith aveva detto: «Capisco che ti possa essere sembrato così. Scommetto che non ti abbia fatto sentire bene». Seth aveva iniziato a piangere.


La signora Smith lo aveva abbracciato e aveva aspettato che smettesse di piangere. Poi aveva detto: «Penso di poter capire come ti senti. Quando avevo tredici anni, mia mamma aveva portato mia sorella di sedici a New York. Anch’io volevo andarci ma mi avevano detto che ero troppo piccola. Io non ci credevo. Ero davvero convinta che fosse perché mia madre voleva bene più a mia sorella che a me». Seth era molto comprensivo. Poi la signora Smith aveva chiesto a Seth: «Ti piacerebbe sapere perché volevo che rimanessi a casa?» Seth aveva annuito. La signora Smith aveva risposto: «Ieri mi è dispiaciuto che avessi così caldo e fossi così annoiato. Non era il massimo guardare le case sapendoti così insoddisfatto. Pensavo davvero che saremmo stati tutti più felici se foste rimasti a casa a giocare con gli amici, così non vi sareste annoiati. Capisci perché ero convinta di farti un piacere?».


Seth aveva detto: «Credo di sì».


La signora Smith aveva aggiunto: «Capisco che tu possa aver pensato che volessi bene più a Maria che a te, visto che abbiamo portato lei e non voi, ma non è così. Vi voglio molto bene. Avrei preferito lasciare anche Maria a casa, ma sapevo che non avrebbe potuto uscire a giocare con i suoi amici al pari di voi».


La signora Smith aveva continuato ad abbracciare Seth per un po’ e poi aveva chiesto: «Secondo te cosa possiamo fare per sistemare il seggiolone?».


Seth aveva detto con entusiasmo: «Posso sistemarlo io».


La signora Smith aveva detto: «Non ho dubbi».


Poi decisero di usare alcuni dei risparmi di Seth per comprare un pezzo di rivestimento vinilico. Insieme lo avevano tagliato e poi fissato al seggiolone. Il seggiolone era più bello di prima, e anche il loro rapporto. (Questo è un altro esempio di come gli errori possono essere un’opportunità per rendere le cose migliori di prima).


La signora Smith si era resa conto che lei e Seth erano entrati in una spirale della vendetta. Lui aveva la convinzione sbagliata di non essere amato (mancanza di senso di appartenenza e rilevanza). Questo lo feriva e lo spingeva verso l’obiettivo sbagliato di voler ferire a sua volta. Seth aveva comportamenti offensivi e distruttivi, ma la signora Smith tendeva a mascherare il suo dolore con la rabbia e a reagire punendo Seth.


La signora Smith sapeva che ormai il seggiolone era rotto, e che la punizione non sarebbe servita a sistemarlo. Sapeva anche che non poteva ignorare un comportamento come quello. Punirlo le dava l’impressione di non avergli permesso di “farla franca”, ma ora capiva che non avrebbe prodotto gli obiettivi a lungo termine che desiderava.


Dopo aver riconosciuto l’obiettivo sbagliato di Seth, la signora Smith era riuscita a gestirlo in modo efficace, per produrre risultati positivi a lungo termine. Se Seth avesse fatto qualcosa di distruttivo, lei avrebbe riconosciuto che era ferito e arrabbiato, e avrebbero affrontato la cosa in un momento successivo. Trascorso un po’ di tempo per ritrovare la calma, avrebbe applicato i Quattro Passi per Conquistare la Collaborazione, come nell’esempio sopra riportato, e avrebbero trovato una soluzione che li avrebbe uniti ancora di più, invece di continuare con la spirale della vendetta e con il comportamento sbagliato.


Tutto questo è successo molti anni fa. La signora Smith riferisce che ora lei e Seth hanno un rapporto meraviglioso. Seth non ha più comportamenti offensivi o distruttivi. Preferisce non pensare a cosa sarebbe successo se avessero continuato nella spirale della vendetta.

Lavorare con gli adolescenti

Osservando i Quattro Obiettivi Sbagliati del Comportamento sono sicura che riconoscerete convinzioni e obiettivi erronei propri anche di molti adulti. Tuttavia, dopo gli undici o dodici anni non è così semplice collocare i bambini in una di queste quattro definizioni. Molti adolescenti che si comportano male adottano gli obiettivi sbagliati dell’attenzione ingiustificata, del potere fuorviato, della vendetta o della convinzione della propria inadeguatezza, ma ci sono anche altri fattori che entrano in gioco.


La pressione dei coetanei è estremamente importante per gli adolescenti. I bambini più piccoli sono influenzati dalla pressione dei coetanei, ma per loro l’approvazione degli adulti è ancora più importante. Per gli adolescenti invece l’approvazione dei pari conta più di quella degli adulti, e diventa uno degli obiettivi sbagliati. I ragazzi vivono anche un importante processo di individuazione. Esplorano la loro identità, separati dai genitori; questo spesso si traduce in ribellione, per mettere alla prova i valori genitoriali. Questa ribellione di rado dura fino ai vent’anni, a meno che i genitori non diventino autoritari e punitivi.

Le ultime ricerche sul cervello di David Walsh e Nat Bennet4 mostrano che negli anni dell’adolescenza potrebbe verificarsi una rapida crescita del cervello nell’area della corteccia prefrontale, fatto che provoca una certa confusione nei ragazzi. Spesso gli adolescenti interpretano male il linguaggio corporeo di coloro che li circondano, percependolo come aggressivo anche quando non lo è. E, come se essere un adolescente non fosse già abbastanza difficile, il cervello collega una cattiva percezione con una cattiva comunicazione. Può essere utile ai genitori sapere che la corteccia prefrontale fino ai venticinque anni non è completamente matura (le compagnie di assicurazioni lo sanno bene) e che bisogna fare una particolare attenzione ad essere chiari e a non dare per scontate le cose quando si crescono gli adolescenti.


Metodi di controllo eccessivamente fiscali possono essere disastrosi con i ragazzi, che di solito sono ancora meno disposti dei bambini ad assumere una posizione inferiore e sottomessa. Quando gli adolescenti hanno subìto comportamenti controllanti da parte degli adulti, diventano molto sospettosi riguardo alla parola collaborazione. La interpretano come “arrenditi”. Spesso hanno ragione; questo è quello che molti adulti intendono per collaborazione.

L’incoraggiamento, di cui si parla più ampiamente nel settimo capitolo, è altrettanto importante per gli adolescenti quanto per i bambini. Quando Lynn Lott e io abbiamo pubblicato I’m on Your Side: Resolving Conflict with Your Teenaged Son or Daughter, il libro vendette abbastanza bene per due anni. Poi il titolo fu cambiato in Positive Discipline for Teenagers5 e furono vendute più copie in due mesi che in due anni con il titolo vecchio. Cosa significa? Non lo sappiamo con certezza, ma sembra chiaro che i genitori non si rendano conto di quanto sia importante far capire ai ragazzi che sono dalla loro parte. Molti genitori e adolescenti sono pronti a litigare, e i genitori sembrano più interessati al contro dei figli. Questo ci addolora, perché sappiamo che è assolutamente impossibile controllare gli adolescenti: è troppo tardi. Più cercate di controllarli, più sprezzanti e/o subdoli diventano.

Il modo migliore per conquistare la collaborazione degli adolescenti è attraverso il rispetto reciproco e la parità nella risoluzione dei problemi. Le riunioni di famiglia e di classe insegnano la responsabilità sociale, e coinvolgono i ragazzi nel processo decisionale. Se trattati con gentilezza, fermezza, dignità, rispetto e molti momenti congiunti di ricerca di soluzioni, gli adolescenti di solito ritrovano i valori genitoriali intorno ai vent’anni, e avranno imparato meglio le principali competenze di vita di cui hanno bisogno quando non sono più sotto l’autorità degli adulti.

Rivediamo

I quattro obiettivi trattati in questo capitolo vengono chiamati obiettivi errati perché portano a comportamenti scorretti, a causa di convinzioni sbagliate riguardo al modo con cui ottenere un senso di appartenenza e rilevanza. I quattro obiettivi sbagliati rappresentano quattro convinzioni errate che i bambini adottano quando non percepiscono un senso di appartenenza e di rilevanza.


A volte è difficile per noi genitori e insegnanti ricordare che, comportandosi male, i bambini ci parlano in codice; che quando il loro comportamento suscita frustrazione piuttosto che amore e premura, stanno cercando di dirci che vogliono appartenere. Alcuni esperti credono che, rispondendo in modo positivo a un bambino che si comporta male, rafforziamo quel comportamento. Se però si capisce che un bambino che si comporta male è un bambino scoraggiato, è chiaro che il modo migliore per rimuovere la motivazione del comportamento scorretto è trovare una via positiva che aiuti il bambino a provare un senso di appartenenza e rilevanza.


Accettare questo concetto a livello teorico è una cosa, ma metterlo in pratica è tutta un’altra, per le seguenti ragioni:

  1. La maggior parte degli adulti non riesce a essere positiva quando un bambino si comporta male.

  2. La maggior parte degli adulti non capisce appieno in che modo il proprio comportamento sbagliato può innescare un comportamento scorretto nel bambino e di conseguenza è restia ad assumersi la propria parte di responsabilità dello “spettacolo”. La consapevolezza senza biasimo è un grande passo nella risoluzione dei conflitti.

  3. I pochi adulti capaci di rispondere al comportamento scorretto con un incoraggiamento positivo spesso verranno rifiutati dal bambino. Questo perché i bambini (come la maggior parte di noi) non sempre sono ricettivi all’incoraggiamento, proprio quando ne hanno più bisogno. Sono troppo emotivamente sconvolti per accettarlo. Aspettate che si ritrovi la calma e riprovate con l’incoraggiamento.


Il bambino che ha bisogno di amore è molto spesso quello che si comporta in modo meno amabile in assoluto.


Capire i Quattro Obiettivi Sbagliati del Comportamento aiuta gli adulti a ricordare che cosa i figli cercano davvero di dire con il loro cattivo comportamento: «Voglio solo appartenere». Permette anche agli adulti di capire il da farsi per risolvere il problema in modo incoraggiante, insegnando ai bambini le competenze di vita.


Ricordate che le punizioni possono interrompere sul momento la cattiva condotta, ma non risolvono il problema in modo definitivo. Solo aiutando il bambino a provare un senso di appartenenza e di rilevanza, grazie all’incoraggiamento, si potranno ottenere effetti positivi a lungo termine.


Se l’incoraggiamento non può essere offerto o accettato nel momento del comportamento problematico, dovrebbe comunque essere sempre preso in considerazione in un momento successivo, una volta ritrovata la calma. Ricordate anche che per una lotta di potere o una spirale della vendetta servono due persone. Potrebbe essere necessario dare un’occhiata ai propri obiettivi sbagliati e provare a cambiarli con comportamenti e atteggiamenti più incoraggianti.

Strumenti di Disciplina Positiva
  1. Accettare di prendersi la propria parte di responsabilità (senza biasimo) nell’origine del comportamento scorretto.

  2. Capire e rispondere con l’incoraggiamento ai Quattro Obiettivi Scorretti del Comportamento.

  3. “Decifrare il codice” per capire cosa il bambino sta davvero cercando di dire comportandosi male: «Sono un bambino e voglio solo appartenere».

  4. Usare gli indizi per capire meglio l’obiettivo sbagliato del comportamento. Come vi sentite? Cosa fa il bambino in risposta alle vostre azioni?

  5. Per l’ATTENZIONE INGIUSTIFICATA: rivedere tutti gli strumenti suggeriti alle pagine 91-92.

  6. Per il POTERE FUORVIATO: rivedere tutti gli strumenti suggeriti alle pagine 92-93.

  7. Per la VENDETTA: rivedere tutti gli strumenti suggeriti alle pagine 93-94.

  8. Per la CONVINZIONE DELLA PROPRIA INADEGUATEZZA: rivedere tutti gli strumenti suggeriti a pagina 94.

  9. Usare la pratica di rivelare l’obiettivo in un modo amichevole per aiutare i bambini a sviluppare la consapevolezza dei loro obiettivi sbagliati.

  10. I Quattro Passi per Conquistare la Collaborazione.


Domande
  1. In che modo gli adulti possono essere “responsabili” di quello che viene chiamato “cattivo comportamento del bambino”?

  2. Quali sono alcuni altri termini che potrebbero essere usati per quello che oggi viene chiamato un comportamento scorretto?

  3. Quali sono i Quattro Obiettivi Sbagliati del Comportamento?

  4. Qual è la convinzione errata del bambino per ogni obiettivo?

  5. Perché è importante identificare l’obiettivo?

  6. Quali sono i due indizi utili all’adulto per identificare l’obiettivo?

  7. Qual è la reazione emotiva primaria dell’adulto al comportamento in risposta a ognuno dei quattro obiettivi? Rispondete a questa domanda per ognuno degli obiettivi.

  8. In che modo rispondono i bambini che si comportano male per ognuno dei quattro obiettivi, quando dite loro di smettere con quel comportamento? Rispondete per ognuno degli obiettivi.

  9. Quali sono alcune risposte o azioni efficaci che potete intraprendere per aiutare a correggere il comportamento scorretto per ogni obiettivo?

  10. Perché i quattro obiettivi vengono chiamati obiettivi sbagliati?

  11. I bambini non basano il loro comportamento su ciò che è giusto ma piuttosto su che cosa?

  12. Cosa cerca di dirvi un bambino con il suo comportamento scorretto?

  13. Perché è difficile ricordare cosa cerca di dirci il bambino?

  14. Perché i bambini potrebbero respingere il vostro tentativo di essere positivi quando si comportano male?

  15. Quale bambino di solito ha più bisogno d’amore?

  16. Qual è la cosa più importante che potete fare per aiutare un bambino a superare la sua motivazione a comportarsi male?

La Disciplina Positiva
La Disciplina Positiva
Jane Nelsen
Crescere bambini responsabili, indipendenti e collaborativi, in famiglia e a scuola, con rispetto, fermezza e gentilezza.Un metodo efficace per crescere bambini autonomi, responsabili e collaborativi, senza il bisogno di ricorrere a premi e punizioni. La psicologa Jane Nelsen spiega come mettere in pratica la “Positive Discipline”: un metodo efficace per aiutare genitori e insegnanti a mantenersi fermi e gentili con i bambini, senza bisogno di ricorrere alle punizioni, e incoraggiando nello stesso tempo il bambino a sviluppare l’indipendenza, il senso di responsabilità, la collaborazione e la capacità di trovare soluzioni in autonomia.La Disciplina Positiva è stato tradotto in 19 paesi. Conosci l’autore Jane Nelsen, psicologa ed educatrice di fama mondiale, è autrice di numerosi libri su accudimento e Disciplina Positiva, rivolti a genitori e insegnanti.