Domande frequenti
Durante un seminario sulla Disciplina Positiva in classe furono registrate e trascritte le seguenti domande e risposte, che riflettono le preoccupazioni di molti insegnanti.
Domanda: I bambini, non hanno forse bisogno di soluzioni immediate ai loro problemi? Non credo che i miei alunni possano aspettare tre giorni prima di affrontare il loro problema.
Risposta: Mi è capitato di lavorare con un’altra insegnante che la pensava allo stesso modo. Teneva le riunioni subito dopo pranzo per affrontare tutti i problemi che si verificavano durante l’intervallo del pranzo. L’ho incoraggiata a fare un tentativo: chiedere agli studenti di segnare i loro problemi sul programma e di aspettare almeno un giorno prima di risolverli in riunione. In seguito, ha riferito di essere rimasta sorpresa da quanta soddisfazione mostravano gli alunni per il semplice gesto di segnare i problemi sul programma. Era la loro soluzione immediata: il linguaggio del corpo comunicava sollievo mentre tornavano al banco, dopo aver segnato il problema. L’insegnante ha raccontato anche che era molto più utile e razionale discutere dei problemi da uno a tre giorni dopo averli segnati, perché nel frattempo la rabbia diminuiva considerevolmente.
D: Cosa succede se una soluzione che si è deciso di applicare non è efficace?
R: La decisione dovrebbe rimanere in vigore finché qualcuno non segna di nuovo la questione sul programma. Per esempio, in una classe avevano il problema che alcuni alunni si dondolavano all’indietro con la sedia; la classe aveva deciso che chi si dondolava avrebbe dovuto alzarsi e restare in piedi dietro la sedia. La proposta non era efficace perché a troppi bambini piaceva stare in piedi dietro la sedia, e questo disturbava la riunione. L’insegnante ha quindi segnato di nuovo il problema sul programma. Gli alunni hanno concordato sul fatto che quella soluzione non funzionasse, e hanno deciso che tutti quelli che si dondolavano sarebbero usciti dalla riunione come avvertimento, ma avrebbero potuto rientrare non appena fossero stati pronti a sedersi correttamente.
D: Cosa succede se qualcuno pensa che una conseguenza sia ingiusta?
R: Di solito non è un problema, quando lo studente sceglie la soluzione che ritiene possa più utile per lui. Questo problema si può evitare anche quando ci si concentra sulle soluzioni invece che sulle conseguenze.
D: Cosa fare quando gli studenti propongono punizioni invece che soluzioni?
R: Scrivete tutte le proposte. Se gli studenti stanno ancora imparando la pratica, può essere utile chiedere loro di rileggere ogni suggerimento ed eliminare quelli che, secondo loro, non sono rispettosi o d’aiuto. Questo dà agli studenti più tempo per pensare ai risultati a lungo termine delle proposte fatte. Oppure si può chiedere a dei volontari di interpretare, in un gioco di ruolo, i suggerimenti punitivi; dopo il gioco chiedete a chi interpretava la persona punita come si era sentita, cosa aveva imparato e cosa aeva deciso di fare in futuro. Questo è un altro ottimo modo di insegnare i risultati a lungo termine delle punizioni.
D: Cosa si può fare se gli alunni si coalizzano contro un bambino?
R: Questo a volte può accadere, anche quando gli alunni hanno imparato a essere positivi e d’aiuto per la maggior parte del tempo. Nel corso di una dimostrazione guidata da Frank Meder si discuteva del problema di una nuova alunna che aveva usato delle “brutte” parole nell’area giochi, e i compagni sembravano coalizzati contro di lei per ferirla. Frank li ha riorientati tramite domande efficaci. Ha chiesto: «Quanti di voi sanno cosa si prova ad essere il nuovo arrivato in una scuola?». Molti ragazzi hanno raccontato la loro esperienza. Poi Frank ha chiesto quanti di loro si erano presi del tempo per fare amicizia con lei e per insegnarle le regole della scuola. Nessuno aveva alzato la mano. Frank si era rivolto verso la bambina nuova e le aveva chiesto se alla sua vecchia scuola gli alunni usavano brutte parole; lei ha risposto di sì. Poi ha chiesto quanti bambini erano disposti a fare amicizia con lei e a spiegarle le regole della scuola: a quel punto, molti hanno alzato la mano. Hanno poi ripreso lo schema abituale, ma l’atmosfera era diventata molto positiva e d’aiuto. I ragazzi hanno stabilito che per quella volta una riunione sarebbe stata sufficiente, perché la bambina non conosceva le loro regole.
In una riunione di classe di terza media era chiaro che lo studente di cui si discuteva aveva l’impressione che gli altri fossero coalizzate contro di lui. Allora ho chiesto agli studenti: «Quanti di voi si sentirebbero aiutati se fossero nella posizione di Bill?» Nessuno ha alzato la mano. Poi ho chiesto: «Quanti di voi, se fossero nella posizione di Bill, penserebbero che gli altri si coalizzano contro di lui?». La maggior parte dei ragazzi ha alzato la mano. Quindi ho chiesto loro: «Quanti di voi sarebbero disposti a mettersi nei panni dell’altro quando fate commenti e proposte?» Erano tutti disposti a farlo e hanno trovato strano non averci pensato prima.
D: Cosa succede se un problema riguarda studenti di altre classi?
R: Molte scuole tengono le riunioni nello stesso momento, in modo che gli alunni di una classe possano essere chiamati in un’altra. Prima di farlo, fate in modo che i vostri ragazzi discutano di come ci si possa sentire quando si viene chiamati in un’altra classe. Permettete loro di discutere cosa fare per assicurarsi che lo studente invitato capisca che lo scopo è di aiutare, non di ferire. In alcune classi gli studenti raccolgono idee sulle cose positive riguardo allo studente invitato, in modo da poter iniziare con i complimenti.
Stuart è stato invitato nella classe della maestra Petersen perché alcuni bambini si erano lamentati del fatto che aveva calpestato il loro castello di sabbia. Per prima cosa si sono complimentati con lui per i suoi risultati sportivi e per le sue capacità di leadership, poi la maestra gli ha chiesto perché aveva distrutto i castelli di sabbia. Il bambino ha spiegato che la prima volta era stato un incidente, e che la seconda volta la campanella ormai era suonata. Gli è stato chiesto se avesse qualche proposta per risolvere il problema, ma non ne aveva. Qualcuno ha allora suggerito che avrebbe potuto fare la guardia dei castelli per assicurarsi che nessuno li distruggesse. Il ragazzo e la classe furono d’accordo con questa proposta.
Iniziare con dei complimenti riduce la difensiva e ispira collaborazione. Alcune classi iniziano sempre la discussione complimentandosi con entrambe le parti coinvolte sulle cose positive che gli altri apprezzano di loro.
D: In che modo si possono evitare i pettegolezzi sull’ordine del giorno?
R: Non si evitano; è più utile cambiare la propria percezione. Spesso questi sono problemi reali per gli alunni. Siate grati per ogni situazione in cui i bambini possono esercitare le loro competenze. Se gli insegnanti censurano le questioni in programma, gli studenti perderanno fiducia nel percorso. Inoltre, quando gli studenti prendono parte alle riunioni di classe, questi problemi cessano di essere pettegolezzi, perché gli studenti cercano di risolverli in modo da aiutare e non ferire.
D: Cosa si può fare quando alcuni alunni monopolizzano il programma?
R: Segnatelo sul programma e lasciate che siano gli alunni a risolvere il problema. Un’insegnante ha riferito di avere questo problema: Tommy ne segnava una decina al giorno. Ho proposto che la maestra segnasse la questione sul programma, ma poi lei ha scoperto che un altro alunno lo aveva già fatto. La classe ha deciso che ogni persona avrebbe potuto segnare in programma una sola cosa al giorno. L’insegnante ha anche ammesso che se avesse cercato di risolvere il problema da sola avrebbe permesso di scrivere da tre a cinque problemi al giorno, ma che la soluzione dei bambini le piaceva molto di più.
D: Gli studenti possono segnare il nome dell’insegnante sul programma se hanno qualche rimostranza?
R: Se gli insegnanti hanno colto lo spirito delle riunioni di classe, saranno a loro agio nel discutere anche i propri errori, vedendoli come opportunità di apprendimento. È un ottimo modo di dare l’esempio.
Frank Meder ha portato i suoi alunni a fare una dimostrazione di riunione di classe per un seminario di Disciplina Positiva in classe. Una delle questioni all’ordine del giorno era che Frank aveva sequestrato un pacchetto di patatine a un alunno durante l’intervallo, perché la scuola vietava di mangiare nell’area giochi. Tornando verso la sala insegnanti, Frank ne aveva mangiata qualcuna. La soluzione proposta (e quella che lo studente ha scelto) era che Meder gli comprasse un altro pacchetto di patatine – prima però poteva mangiarne la metà, perché il pacchetto era pieno solo per metà quando l’aveva requisito.
Un’altra volta, un alunno ha segnato Meder sul programma perché aveva fatto correre uno studente sulla pista dopo che si era comportato male durante educazione fisica. Gli studenti hanno stabilito che si trattava di una punizione più che di una soluzione e hanno deciso che Meder avrebbe fatto quattro giri di corsa sulla pista. Frank ha accettato la decisione, ma dopo la corsa ha segnato la questione sul programma e ha obiettato che era ingiusto che a lui venisse richiesto di fare quattro giri quando lo studente aveva dovuto farne solo uno. Ha usato il problema come un’opportunità per riflettere su quanto sia facile cedere alla vendetta quando si usano le punizioni.
D: Cosa fare se i bambini non ammettono di aver fatto ciò di cui sono accusati?
R: Una volta che si è stabilita un’atmosfera di fiducia e aiuto, è raro che gli alunni non si prendano la responsabilità delle proprie azioni. Prima che si instauri questo clima, potete chiedere se qualcun altro in classe ha visto l’accaduto. Alcuni maestri fanno recitare la scena agli studenti: il gioco di ruolo di solito diventa così buffo che tutti scoppiano a ridere. A volte questo spinge lo studente riluttante a raccontare cosa è successo veramente.
Potreste cogliere questa opportunità per chiedere perché gli studenti siano riluttanti ad ammettere la propria responsabilità, con domande come: «Quanti di voi ammetterebbero di aver fatto qualcosa, sapendo che gli altri li feriranno invece di aiutarli?» oppure «A quanti di voi è capitato di essere accusati per qualcosa, mentre pensavano di non aver fatto nulla?». Per molti insegnanti è stato utile chiedere agli studenti se sarebbero stati disposti a credere che quella persona non avesse fatto nulla, e segnarlo sul programma solo se fosse successo di nuovo.
D: Cosa fare se gli studenti usano il programma come strumento di vendetta? I miei alunni si avvicinano al programma e, se vedono il loro nome, scrivono quello della persona che li ha segnati.
R: Questo succede abbastanza spesso prima che gli studenti imparino come funziona la riunione di classe e che siano convinti che lo scopo del programma è aiutarsi l’un l’altro, non farsi i dispetti. Molti insegnanti risolvono il problema usando mettendo il programma in una scatola da scarpe. Gli studenti segnano i loro problemi su fogli di diversi colori a seconda del giorno della settimana, in modo da capire quali sono i problemi più vecchi; allo stesso tempo l’insegnante propone una discussione su cosa si può fare per aumentare la fiducia. Un’altra possibilità è che i bambini segnino il problema sul programma senza scrivere alcun nome: così gli studenti si concentrano sulle soluzioni di un problema emblematico, indipendentemente da chi ne è coinvolto. Questo li aiuta ad abituarsi all’idea di concentrarsi sulle soluzioni. La maggior parte degli insegnanti che all’inizio ha usato la scatola da scarpe comincia a usare il programma pubblico non appena sente che i suoi studenti sono pronti a farlo. Alcuni insegnanti chiedono ai bambini di mettere nella scatola anche i complimenti scritti: questi vengono letti prima di fare i complimenti a voce.
D: Cosa fare se gli alunni si assembrano davanti al programma dopo l’intervallo?
R: Se gli alunni si assembrano davanti al programma, al ritorno in classe, rendendo difficile iniziare la lezione, stabilite la regola che si può usare il programma solo uscendo dalla classe. A volte, anche solo aspettare fino all’intervallo successivo basta per ritrovare la calma sufficiente e l’alunno decida che la questione non era poi così importante da segnarla sul programma. Alcuni insegnanti danno questa regola all’inizio e poi, quando gli alunni riescono a gestire la situazione senza essere indisciplinati, permettono loro di scrivere sul programma in qualunque momento.
D: È proprio necessario fare una riunione di classe ogni giorno? Non ho molti problemi e odio perdere tutto questo tempo.
R: Il motivo principale per farne una al giorno è di insegnare un procedimento che permetta ai ragazzi di esercitare competenze sociali e di vita necessarie per sviluppare un buon carattere. Molti studenti non lo imparano davvero se c’è un intervallo di una settimana tra una riunione e l’altra. Molti maestri hanno imparato che una frequenza quotidiana può fare la differenza tra successo e fallimento. Un insegnante con una classe particolarmente difficile stava per arrendersi e lasciar perdere le riunioni, finché non ha iniziato a tenerle ogni giorno: ha capito che gli alunni imparavano e si fidavano di questa tecnica quando la applicavano ogni giorno. L’atmosfera in classe era cambiata, perché gli alunni imparavano competenze positive che continuavano a usare nell’arco dell’intera giornata.
Un’altra insegnante diceva che non faceva le riunioni perché la sua era una classe molto collaborativa, e non aveva problemi. Quando si è presentato un problema importante ha provato a tenerne una, e si è resa conto che gli alunni non erano in grado di gestirla perché non avevano imparato il procedimento. Questa insegnante non aveva capito l’importanza delle riunioni di classe come opportunità per insegnare ai bambini le competenze atte a risolvere i problemi quando si presentano – e, ancora più importante, competenze che useranno ogni giorno della loro vita.
Un altro insegnante delle elementari si era accorto che gli alunni non segnavano i problemi perché passava troppo tempo prima che si affrontassero, avendo solo una riunione a settimana.
Alle elementari, è meglio tenere riunioni di classe ogni giorno. Se non ci sono problemi all’ordine del giorno, usate il tempo che avanza dopo i complimenti per fare progetti o discutere di altre questioni.
D: Cosa succede se una questione in programma coinvolge un alunno assente?
R: Se l’alunno assente è quello che ha segnato il problema sul programma, tirate una riga e passate oltre; se invece è quello coinvolto nel problema, saltatelo, ma lasciatelo in programma come prima cosa da affrontare quando l’alunno sarà tornato. Questo riduce la possibilità di assenze dovute alle questioni in programma. Ad ogni modo, se avete il sospetto che i ragazzi stiano assenti perché il loro nome compare sull’agenda, dovreste discuterne in una riunione in modo che la classe decida cosa fare per assicurarsi che tutti sappiano che lo scopo è aiutarsi l’un l’altro, non ferirsi.
D: Che fare se i genitori fanno obiezioni?
R: Invitateli a venire e vedere: sono davvero pochi i genitori che fanno contestazioni dopo aver visto il funzionamento delle riunioni di classe. Alcuni bambini possono pensare di ottenere attenzioni particolari dai genitori se si lamentano di essere stati presi di mira durante le riunioni. Queste possono sembrare ai genitori una specie di tribunale del popolo, anche quando gli alunni cercano di descriverle in modo accurato. Dite ai genitori che capite le loro preoccupazioni, e che probabilmente la pensereste come loro se non aveste visto il procedimento e i risultati positivi nella pratica. Allora, alcuni genitori potrebbero accogliere il vostro invito e venire a vedere; altri saranno rassicurati dalla vostra comprensione e dall’invito. (Ho allegato una lettera ai genitori nell’Appendice III).
Se i genitori, dopo aver visto la riunione, hanno ancora riserve, oppure non vengono ma continuano a insistere che il figlio non può partecipare, organizzatevi affinché il bambino vada in un’altra classe o in biblioteca durante la riunione. Un alunno si è lamentato con sua madre, e lei è corsa a scuola per “iperproteggerlo”. Insisteva affinché lui non partecipasse. Suo figlio, in seguito, si è lamentato perché si sentiva tagliato fuori, dato che doveva andare in biblioteca durante gli incontri di classe.
D: E se gli alunni non vogliono partecipare?
R: Gli alunni non dovrebbero avere voce in capitolo su questo, così come non possono scegliere se frequentare le lezioni di matematica. Potreste tenere un dibattito sul motivo per cui gli alunni non vogliono partecipare, e su come migliorare le riunioni in modo che tutti abbiano voglia di partecipare.
D: In che modo far rispettare le decisioni?
R: Non è necessario che l’insegnante faccia rispettare le decisioni stabilite da individui e gruppi. Gli studenti saranno molto consapevoli dell’accaduto, e se uno di loro “si dimentica”, gli altri glielo ricorderanno oppure la questione tornerà in programma.
D: Chi coordina le riunioni di classe, gli insegnanti o gli studenti?
R: Non appena gli studenti sono grandi abbastanza, è una buona idea dar loro più responsabilità possibile. Molti insegnanti stabiliscono una rotazione dei ruoli di presidente e segretario: uno studente sarà in carica per una settimana come presidente e si occuperà del programma e di coordinare la riunione; il segretario è responsabile di mettere per iscritto tutte le proposte e le decisioni finali.
D: Come funziona il procedimento con i bambini dell’asilo e di prima elementare?
R: Benissimo! Ho visto molte prime in cui i bambini erano così bravi che ho dovuto darmi un pizzicotto per essere certa che non fossero dei ragazzi delle medie in miniatura: davano prova dello stesso lessico e delle stesse competenze per risolvere i problemi.
Molte scuole materne hanno iniziato a coinvolgere i bambini dai due ai cinque anni nelle riunioni di classe. Nel libro Positive Discipline for Preschoolers parliamo di una classe che cerca di risolvere il problema dei trucioli di legno sparsi nell’area giochi: ne discutevano facendosi passare un pupazzo. I bambini più grandi facevano proposte eccellenti: quando il pupazzo è arrivato tra le sue mani, Cristina, una bimba di due anni e mezzo, ha condiviso con gli altri: «Oggi ho mangiato la banana con i cereali». L’insegnante l’ha ringraziata e il pupazzo è passato al bambino seguente. Anche se Cristina non aveva ancora completamente capito lo scopo delle riunioni di classe, la sua partecipazione era stata tenuta in considerazione e si è potuta sentire apprezzata. Allo stesso tempo, ha imparato il procedimento dai bambini più grandi. I più piccoli possono avere bisogno di aiuto per segnare i problemi sul programma: alcuni insegnanti di prima classe fanno in modo che i bambini chiamino loro stessi o un assistente, e dettino quello che vorrebbero scrivere; altri chiedono ai bambini di scrivere il loro nome e, per ricordarsi il problema, di rappresentarlo con un disegno. Nelle prime classi, la metà dei problemi si risolvono perché il bambino non si ricorda l’accaduto quando è il momento di parlarne: avevano solo bisogno di un momento per ritrovare la calma. I bambini piccoli dimenticano e perdonano velocemente.
I più piccoli potrebbero anche aver bisogno di essere guidati un po’ di più nella direzione giusta rispetto ai bambini più grandi, perciò l’insegnante potrebbe essere coinvolto più attivamente. All’inizio di ogni riunione, ai suoi alunni di prima la maestra Ater fa recitare questi propositi:
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Aiutarsi l’un l’altro
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Risolvere i problemi
Poi recitano le tre regole:
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Non portare oggetti all’interno del cerchio
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Può parlare solo una persona alla volta
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Tutte e sei le gambe devono restare sul pavimento (le due umane e le quattro della sedia)