CAPITOLO IV

L'allattamento dopo un cesareo

Con l’allattamento materno accade qualcosa di molto simile a quanto succede con il parto: nonostante sia un modo meraviglioso per nutrire il proprio bambino che offre numerosi vantaggi per la salute della madre e del piccolo, il suo avviamento e la sua prosecuzione sono seriamente minacciati da una serie di protocolli obsoleti e da consigli di presunti esperti in materia che non si fondano su alcuna evidenza scientifica. Benché la maggior parte delle donne in gravidanza esprima il desiderio di allattare il proprio bambino, la percentuale di quelle che prosegue l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi, oppure misto fino al secondo anno di età – come consiglia l’Organizzazione Mondiale della Sanità – è minimo, quasi aneddotico.


E, come accade per il parto, si continua a negare che l’allattamento sia un’esperienza intima e molto sensuale che avviene fra due persone, madre e figlio, e nella quale i sanitari non dovrebbero immischiarsi se non per agevolarla con estrema umiltà e rispetto. Se a questo aggiungiamo l’incommensurabile pressione esercitata con metodi discutibili da parte dell’industria lattea1, per far sì che le mamme diano il biberon ai loro figli, è facile comprendere perché siano così tante le donne che abbandonano l’allattamento al seno nei primi giorni o nelle prime settimane dopo la nascita, convinte di non avere abbastanza latte o che il loro latte sia di scarsa qualità. Molte di loro non sanno che, in realtà, il loro latte è perfetto e che per aumentarne la produzione sarebbe stato sufficiente che all’ospedale le avessero incoraggiate ad allattare il bambino ogni volta che piangeva, dimenticando l’orologio, i succhiotti e i biberon di soluzione glucosata: sarebbe stato sufficiente far sì che la mamma condividesse il suo letto con il bambino e che qualche sanitario avesse controllato che la sua posizione di allattamento fosse corretta.


Invece le numerose pratiche ospedaliere (ritardo della prima poppata, portare il bambino al nido, dargli biberon e succhiotti, ecc.), intralciano l’inizio dell’allattamento. Ne è prova il fatto che sono ancora una minoranza (meno del 10 per cento) i centri spagnoli che hanno ottenuto la certificazione di “Ospedale Amico dei Bambini” rilasciata dall’UNICEF agli istituti in cui si aiutano le madri ad avviare l’allattamento2. In alcuni paesi nordici, al contrario, il 100% degli ospedali ha conseguito la suddetta certificazione (nella tabella 1 a pag. 81 vengono illustrati i passi dell’Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini).

In un simile contesto, è facile dedurre che allattare dopo un cesareo sia quanto meno arduo e, nella maggior parte dei casi, una vera corsa ad ostacoli con un epilogo assai breve e triste: la madre sente che il suo corpo ha fallito in qualcosa per cui, in teoria, tutte noi donne siamo predisposte. Così all’esperienza del parto frustrato si aggiunge il dispiacere di non aver potuto allattare o, ancor peggio, di sentirsi colpevole per non aver offerto ai nostri figli “il meglio: il latte materno”. Come racconta Maria, madre di gemelli nati con cesareo alla trentaquattresima settimana di gestazione:


La cosa peggiore, almeno per me, è che sia le infermiere del reparto sia quelle di Neonatologia insistevano sul fatto che dovevo allattare. E a me non arrivava il latte. Non mi hanno nemmeno insegnato ad usare il tiralatte elettrico. E la pediatra che insisteva dicendo “È l’unica cosa che puoi fare per i tuoi figli”. Latte. Non sono stata in grado di darne loro nemmeno una goccia. Li ho visti dopo ventisette ore dal parto. Li ho toccati per la prima volta quando avevano già tre giorni. Ho visto i loro occhi dopo una settimana e li ho presi in braccio dopo 12 giorni. Quello che una madre fa nei primi secondi di vita di suo figlio, a me è costato 12 giorni. Beh, diciannove, se teniamo in considerazione che, fino ad allora, non ho potuto dare loro il biberon. Ora mi chiedo fino a che punto sia stata necessaria la mia operazione… Voglio partorire, voglio allattare al seno.


È praticamente impossibile portare avanti l’allattamento in simili circostanze. Da un lato l’ospedale interpone un grosso ostacolo: i neonati vengono portati in una sala a parte (neonatologia) dove non viene consentito l’accesso alla madre se non una volta trascorse ben ventisette ore dal cesareo, durante le quali nessuno può toccare i bambini né prenderli in braccio. Dall’altro lato, alla madre viene detto che allatti al seno i suoi figli ma senza fornirle ulteriore appoggio, pertanto il risultato finale è avvilente: l’impossibilità di allattare e il senso di colpa che affligge la madre3.


Tuttavia, Maria non ha colpa di non aver potuto allattare. Vediamo come funziona l’allattamento per capire che cosa spesso non va e come far sì che esso sia piacevole e non una corsa a ostacoli.

I vantaggi dell’allattamento al seno

A tutti gli effetti l’allattamento al seno dà l’alimento perfetto per i neonati. La sua composizione è incomparabile, il latte materno è un alimento “vivo” e cambia in funzione di ciò di cui il neonato ha bisogno; è noto addirittura che la madre che ha avuto un bambino prematuro produce un latte speciale proprio per prematuri. La composizione del latte cambia progressivamente durante ogni poppata (all’inizio contiene più acqua e alla fine più grasso) e durante la crescita del bambino. Inoltre è risaputo che tramite il latte la madre passa le sue difese al neonato. Per questo i bambini allattati al seno sono molto più protetti dalle malattie infettive (diarrea, influenza, meningite, ecc…). Oltre a calorie, anticorpi e vitamine, il latte possiede sostanze di valore inestimabile: gli acidi grassi che favoriscono lo sviluppo cerebrale. È probabile che il latte materno contenga altre sostanze preziose che verranno scoperte negli anni a venire. Al contrario, l’allattamento artificiale aumenta il rischio che il neonato soffra di numerose malattie (diarrea, infezioni respiratorie, otiti, batteriemie, meningiti, botulismo, infezioni urinarie ed enterocolite necrotizzante, sindrome della morte in culla, diabete di tipo I, malattia di Crohn, colite ulcerosa, linfomi, malattie allergiche e altri disturbi)4. L’allattamento materno ha molti vantaggi anche per la salute della madre: riduce l’emorragia post-parto, favorisce la perdita di peso, una migliore rimineralizzazione ossea nel post-parto e riduce il rischio di cancro alle ovaie e al seno.


Siamo piuttosto abituate a sentire tutta questa sfilza di effetti positivi dell’allattamento al seno. Tuttavia, il motivo più importante per raccomandarlo è che favorisce l’instaurazione del legame, vale a dire che fa sì che il bambino cresca sentendosi molto amato e felice, il che, con il tempo, consentirà che sia un bambino con una buona autostima e fiducia in se stesso. Sicuramente questo si può ottenere anche senza l’allattamento materno, ma quest’ultimo lo facilita moltissimo. Perché?


Il legame è il rapporto di unione fra la madre e il bambino. È la base, la relazione che dà al bambino la sicurezza e la fiducia di cui ha bisogno per poter poi esplorare il mondo che lo circonda. I bambini nascono già sapendo come stabilire un’affinità molto forte con la madre: istintivamente cercano di stare attaccati a lei. Come diceva Bowlby, il ricercatore che descrisse la creazione del legame fra gli essere umani: “È una fortuna, per la loro sopravvivenza, che i bambini siano fatti per natura in modo tale da sedurre e soggiogare la propria madre”. Il legame fra madre e figlio in condizioni ideali è una vera e propria relazione amorosa. Il bambino impara poco a poco a fidarsi del mondo e degli altri grazie alla sicurezza che sviluppa sapendo che sua madre è accanto a lui, che soddisfa le sue necessità, che, insomma, lo ama e lo accetta per come è. Il legame si rinforza durante i primi mesi e anni di vita. Il bambino mette in atto i suoi comportamenti al fine di avere la propria madre accanto: succhia, accarezza l’altro seno, la segue con lo sguardo, le sorride, la chiama o piange e si dispera se lei sparisce dal suo campo visivo. Sono tutti comportamenti di attaccamento corrisposti con l’attenzione materna. In questo modo la madre e il bambino possono avere una relazione molto più stretta e vicina, soddisfacente e completa. L’allattamento non solo favorisce il legame: è il legame perfetto, il luogo ideale, lo spazio di incontro. Perché dare il seno equivale a un abbraccio materno quasi continuo. I neonati allattati rimangono molto tempo fra le braccia della mamma, attaccati al suo seno, ascoltando il suo cuore, la sua voce, percependo continuamente il suo odore… Il bambino si sente amato, sa che sua madre gli è vicina e che risponde alle sue richieste. Così costruisce la fiducia in se stesso, sentendo l’amore degli altri, e crea la propria autostima, perché attraverso l’affetto che la madre dimostra verso il corpo del proprio bambino (per mezzo delle carezze, degli abbracci e addirittura del canto), il bambino impara ad amare il proprio corpo. L’allattamento facilita la connessione madre-figlio: passare ore guardandosi e accarezzandosi, rimanere appisolati sul divano o addormentati nel letto.

L’allattamento, inoltre, è gratuito, meraviglioso, ecologico e portatile. Una madre può allattare ovunque, a qualsiasi ora, il cibo è sempre pronto, sia che la mamma esca da un bagno in mare sia che stia viaggiando in aereo. Ogni volta che si offre il seno a un bambino, gli si sta dando molto più che il latte: gli si dà un abbraccio, una consolazione, una carezza. L’allattamento è una questione “a due”, e le madri che allattano possono spiegare quanto ricevono in cambio: i bambini a loro volta le accarezzano, sorridono loro, le guardano, le ascoltano, le ringraziano in mille modi. Mano a mano che crescono, il rapporto assume nuove e sorprendenti forme, i bambini di due o tre anni che continuano a essere allattati al seno ci giocano, prendono i giocattoli e li avvicinano al seno, gli parlano affettuosamente… E, a volte, lo chiedono anche quando notano che è proprio la madre ad avere bisogno di staccare per un po’ e di ricevere un abbraccio. L’allattamento è un rapporto amoroso intenso e tenero, ma molte volte viene interrotto precocemente nonostante il desiderio della madre e del suo bambino.


Per le madri che hanno subìto un cesareo, l’allattamento ha dei vantaggi aggiuntivi quali:


- L’utero recupera più in fretta le sue dimensioni normali (il cesareo fa sì che l’utero impieghi un tempo più lungo a ritornare alla sua grandezza originaria rispetto al caso di un parto vaginale)5.


- Favorisce la perdita di peso, il che rappresenta un beneficio ulteriore se la madre vede limitata la sua mobilità e attività fisica durante le prime settimane a causa dell’intervento.


- La protezione per il neonato da numerose infezioni può essere importante in bambini nati con cesareo dopo un lungo travaglio con rottura del sacco o che restano ricoverati in ospedale, dove il rischio di contrarre infezioni è maggiore.


Ma soprattutto la riuscita dell’allattamento consente a molte donne di recuperare la fiducia nel proprio corpo e l’autostima che era stata distrutta dal cesareo6. Favorendo il legame, l’allattamento può essere uno strumento di cura della ferita emotiva prodotta dal parto traumatico, sia per la madre che per il bambino. Come racconta una madre che ha partorito la propria bambina con un traumatico cesareo d’urgenza:


Allattare mia figlia al seno per quasi nove mesi è stata la mia più grande soddisfazione, il nostro modo per superare il parto che non ho potuto avere. Mi sono sentita forte e sicura, come se fosse la dimostrazione che il corpo in realtà funziona… Durante le prime settimane era la cosa che più mi confortava, mi ero persa il parto ma nessuno ci avrebbe potuto rubare l’allattamento, mi sentivo orgogliosa di esserci riuscita nonostante un inizio tanto difficile.


Nonostante questi benefici, gli ostacoli sono notevoli. Infatti sono numerosi gli studi che dimostrano che le donne sottoposte a cesareo allattano meno di quelle che partoriscono per via vaginale. I motivi sono molteplici, ma prima di elencarli nel dettaglio, rivediamo i concetti base dell’allattamento materno.

L’ABC dell’allattamento materno

Che cosa è necessario sapere per allattare? Per milioni di anni le femmine della specie umana hanno allattato i propri figli senza il bisogno di seguire corsi né di leggere guide sull’argomento. Contrariamente a ciò, oggigiorno ci sono donne che si ritrovano a fare dei veri e propri “master in allattamento materno” nelle settimane che seguono la nascita del loro bambino. In alcuni casi il master va oltre e la madre si trasforma in una specialista di “lattoingegneria”. Come ci raccontava Stella nelle settimane successive al suo cesareo:


Consultai più di sei specialisti diversi, prima davo il seno a mio figlio, poi completavo con un po’ del mio stesso latte tirato in precedenza che gli davamo con un DAS [dispositivo di allattamento supplementare], e se ne voleva ancora gli davo latte in polvere, dopodiché, mentre il padre portava a spasso il bambino, io tentavo di nuovo di tirarmi il latte con il tiralatte per cercare di aumentare la produzione mentre nel frattempo leggevo libri per specialisti in allattamento al seno per cercare di capire come mai Lucas non prendeva peso. Fra l’inizio di una poppata e l’altra a volte non avevo nemmeno il tempo di andare in bagno e, come se non bastasse, mi sentivo una madre capricciosa che si incaponiva a voler proseguire l’allattamento nonostante tutti quanti mi consigliassero di lasciar perdere e di passare al latte artificiale. Mio figlio continuava a non prendere peso secondo i parametri raccomandati e il salotto di casa mia sembrava una biblioteca di allattamento materno e un laboratorio di mungitura…”


Sfiancante e angosciante. Lucas era nato con un cesareo ed erano trascorse più di ventiquattro ore senza che potesse attaccarsi al seno per la prima volta, non succhiava bene, sua madre si era preparata durante la gravidanza per poter allattare… A volte le cose si complicano a tal punto che diventa molto difficile distinguere il problema dalla soluzione e, senza una valida diagnosi di quello che sta accadendo in realtà, può essere molto difficile continuare. L’allattamento dopo il cesareo non dovrebbe essere né un sacrificio né un supplizio.


Vediamo in primo luogo come si produce il latte materno.


Il primo concetto importante è che il seno non è un deposito di latte, bensì una fabbrica, il secondo è che il responsabile della produzione è il tuo bambino. Il latte si produce a mano a mano che il bambino succhia. Infatti il seno, nel percepire come il piccolo succhia il capezzolo, invia un messaggio al cervello affinché produca più prolattina, che è l’ormone che induce la secrezione del latte nella mammella. Quanto più tempo il bambino trascorre succhiando, quanto più aumenterà la produzione di latte. Solo il tuo bambino sa quando deve succhiare. Ecco il perché dell’allattamento a richiesta. Che cosa significa esattamente? Significa che, durante i primi giorni, settimane, mesi di vita, il bambino dovrà stare sempre molto vicino alla sua mamma e, non appena aprirà la bocca alla ricerca del capezzolo o semplicemente piangerà, bisognerà allattarlo. Detto così sembra facile, ma qual è il peggior nemico dell’allattamento a richiesta? L’orologio. Quel maledetto orologio. Perché quando una madre allatta a richiesta, è anche possibile che il bambino trascorra quaranta minuti succhiando da uno stesso seno, che dopo si addormenti, che passato un quarto d’ora si svegli e cominci a succhiare dall’altro seno per altri cinque minuti e che poi non ne voglia più. E può darsi che proprio in quel momento la sua nonna orgogliosa ne approfitti per tenerlo un po’ in braccio e che, dopo otto minti, il piccolo si rimetta a piagnucolare e, quando la mamma decide di attaccarlo di nuovo al seno, sua madre le dica “Ma lo attacchi di nuovo? Non vedi che non può avere ancora fame?” Se la madre non dà retta alla nonna e allatta altri venti minuti, la nonna potrebbe insistere: “Forse il tuo latte non lo sazia, visto che hai perso tanto sangue con il cesareo…”. E se la madre dà retta alla nonna e non allatta, il bambino avrà fame e il seno perderà venti minuti che gli consentirebbero di incrementare la produzione del latte. In questo modo si instaura un circolo vizioso molto pericoloso: quando si cerca di controllare il tempo che il bambino trascorre attaccato al seno è assai probabile che non soddisfi il suo appetito per cui piangerà, prenderà peso più lentamente e sarà molto più facile che l’allattamento presto finisca. Il modo per evitare tutto ciò è l’allattamento a richiesta: il bambino decide quando attaccarsi al seno e quando staccarsi e nessuno controlla il tempo né tanto meno il numero di poppate giornaliere. Se è lui stesso a staccarsi dal seno alla fine della poppata, possiamo essere sicure che ha ricevuto il latte finale, che è molto più grasso e pertanto ricco di calorie.


Il latte viene prodotto a mano a mano che il piccolo succhia, ciò significa che il latte non finisce mai: fintanto che il bambino succhia ci sarà latte. Per questo l’affermazione di molte madri che dicono “Mi sta finendo il latte perché non ho più il seno gonfio” è priva di significato. Fino a quando il bambino succhierà, ci sarà latte a sufficienza. Quindi non si possono trarre conclusioni nemmeno in base al tiralatte: ci sono madri che riescono a estrarre 120 millilitri in cinque minuti e altre che ne ottengono 10 dopo 20 minuti di mungitura con un tiralatte elettrico e che si demoralizzano.


Ma ciò non significa che la donna che ne estrae 10 non abbia latte e debba passare al biberon: se continua ad allattare al seno a richiesta tutto andrà bene. Il tiralatte non dovrebbe essere mai usato come una “prova” di allattamento. Anche quando il bambino ha già tre o quattro anni e continua ad attaccarsi una o due volte al giorno, ci sono madri che raccontano: “Se mi spremo il seno, a malapena ne esce una goccia” (In realtà il tiralatte dovrebbe essere usato solamente in via del tutto eccezionale; per molte donne è una fonte di stress ed è molto più semplice tirare il latte manualmente una volta che un’altra madre ci avrà insegnato come farlo).


Un altro concetto importante è che l’allattamento deve essere iniziato nella prima ora di vita. Quando tutto è andato bene durante il parto, in quella prima ora il neonato cerca istintivamente il seno della mamma e si attacca praticamente da solo. Quanto prima si offrirà questa poppata, tanto più tutto sarà facile. Nei primi giorni si produce colostro, un latte speciale molto ricco. Se per qualche motivo la madre non è potuta restare con suo figlio nelle prime ore di vita, la cosa più importate è chiedere e insistere di poterlo fare al più presto. Se l’allattamento non viene iniziato in quella prima ora, sarà molto più difficile, ma ciò non significa che sia impossibile. Se l’incontro madre-figlio si verifica due, dodici o venti ore se non addirittura giorni dopo la nascita, il metodo dovrebbe essere lo stesso. Bisogna sempre mettere il bambino nudo sul petto della mamma, come se fosse appena nato e concedergli tutto il tempo che vuole e, poco a poco, offrirgli il seno. Si è sempre in tempo per cominciare l’allattamento. A dimostrazione di ciò vi sono donne che sono riuscite ad allattare bambini adottati e altre che sono riuscite a riprendere l’allattamento quando il bambino aveva ormai quasi due mesi e prendeva solo il biberon (fenomeno conosciuto come riallattamento).


La fiducia è un fattore chiave nell’allattamento: ogni madre produce l’esatta quantità di cui ha bisogno il suo bambino. Per questo non valgono i confronti. Non importano le dimensioni del seno (la differenza di grandezza fra un seno e l’altro è dovuta al tessuto grasso e non alla ghiandola che produce il latte). Non importa se il bambino è molto piccolo o se pesa 4,5 chili. Se gli si offre il seno a richiesta sin dall’inizio sarà sempre sufficiente (le eccezioni sono, come dice il nome stesso, eccezionali). In realtà il bambino ha solo bisogno di quello: seno a richiesta. Ma la maggior parte delle madri necessita di un forte sostegno emotivo, perché non siamo abituate a fidarci del nostro corpo. Dove ottenere questo appoggio? Nulla di meglio di un’altra madre che ha allattato per lungo tempo con soddisfazione. I gruppi di sostegno all’allattamento svolgono un ruolo chiave in una società in cui molte donne partoriscono i propri figli lontane dalle loro madri e dalla loro famiglia e dove pochi hanno visto e conosciuto donne che allattano. I gruppi di sostegno offrono un aiuto impagabile e consentono di conoscere ogni tipo di esperienza: madri che hanno potuto allattare gemelli o prematuri, madri che sono riuscite a riallattare dopo che il loro bambino era stato praticamente svezzato o madri che hanno allattato nonostante avessero subìto precedentemente un intervento di mastoriduzione. Ma soprattutto i gruppi di madri rinforzano la fiducia della donna nelle sue capacità di allattare (fiducia che a volte gli specialisti non hanno).


Il peso del bambino è a sua volta un pensiero assillante che mina progressivamente la fiducia di molte madri nelle proprie capacità di allattamento. Le curve di crescita più utilizzate si basano su bambini alimentati con latte artificiale e proprio ora si è scoperto che l’allattamento al seno è la migliore arma per prevenire l’obesità infantile. Per questo, se davvero il peso è un problema (vale a dire se il bambino non prende peso o piuttosto perde peso, cosa piuttosto rara), prima di optare per l’allattamento artificiale bisogna trovare un bravo pediatra che incentivi l’allattamento e che riesca a scoprire la vera causa del problema invece di “risolverlo” sopprimendo l’allattamento al seno.

Allattare al seno non è doloroso. Anche questo è importante: se provoca dolore è perché c’è un problema. Se l’allattamento è doloroso è il momento di chiedere aiuto, qualcuno dovrà valutare la correttezza della posizione del bambino durante le poppate (quasi sempre le ragadi sono dovute a una scorretta posizione del piccolo). È sempre importante cercare lo specialista adatto: una buona ostetrica o una consulente sull’allattamento se non addirittura un pediatra con esperienza in allattamento al seno. Il miglior modo per trovarli è chiedere ai gruppi di sostegno all’allattamento o consultando alcuni siti web, ma è estremamente importante che qualcuno osservi la madre mentre sta allattando.


Un altro aspetto chiave nell’allattamento è il sonno del bambino. In realtà sono molto pochi i bambini che dormono più di quattro o cinque ore di seguito in modo spontaneo. Di solito dormono ad intervalli di una, due o tre ore, e quando si svegliano, o prima di dormire, cercano il seno. Poiché l’ormone dell’allattamento viene prodotto maggiormente di notte, verso sera molti bambini hanno bisogno di succhiare quasi di continuo: alcuni arrivano a fare una poppata ininterrotta dalle nove a mezzanotte. Questo fa sì che al mattino la madre abbia il seno pieno di latte. Il modo più semplice di iniziare l’allattamento al seno e di mantenerlo è approfittare dei momenti di sonno del bambino per dormire con lui e soprattutto dormire accanto a lui durante la notte. Contrariamente a ciò, i metodi autoritari che asseriscono che bisogna lasciare che il bambino dorma da solo, senza sua madre accanto, sono una seria minaccia per l’allattamento (e per il legame): è davvero stancante doversi alzare varie volte durante la notte per allattare. Le madri (e i padri) che dormono insieme al loro bambino, riferiscono che non sanno nemmeno quante volte quest’ultimo si svegli di notte, poiché non appena si sveglia si attacca al seno e, molte volte, si rimette a dormire come se niente fosse. Per questo è molto più facile (e gradevole) che l’allattamento abbia successo se la madre e il bambino dormono nello stesso letto o almeno nella stessa stanza7.

Difficoltà ad allattare dopo un cesareo

Uno studio8 ha indicato che le donne che partoriscono con cesareo d’urgenza presentano livelli più bassi di ossitocina e prolattina – gli ormoni dell’allattamento – nelle prime quarant’otto ore dopo il parto. Altri autori sono a loro volta giunti alla conclusione che le madri che danno alla luce mediante cesareo presentano un rischio tre volte maggiore di abbandonare l’allattamento al seno durante il primo mese9. Tuttavia la differenza nella durata dell’allattamento fra le madri che hanno partorito per via vaginale e quelle che lo hanno fatto mediante cesareo si azzera dopo il primo mese10. Pertanto è evidente che dopo un cesareo una donna abbia bisogno di un sostegno particolare e personalizzato nonché di essere seguita da vicino all’inizio dell’allattamento11.


La maggior parte delle difficoltà che trovano molte donne nell’allattare dopo un cesareo non sono dovute all’intervento, bensì a una serie di convinzioni errate e/o pratiche non adeguate seguite in ospedale che spesso fanno sì che l’allattamento finisca molto prima di quanto una madre desideri.


Il ritardo della montata lattea dopo il cesareo è un esempio di entrambi questi fattori. Come abbiamo già riferito, il ritardo della prima poppata rappresenta un grosso ostacolo per l’inizio dell’allattamento. Quasi tutti gli studi rilevano o concludono che la montata lattea ritarda di più nelle donne che hanno partorito con un cesareo. Tuttavia la causa è difficile da individuare. È dovuto al cesareo in sé o al ritardo nel dare inizio all’allattamento? È colpa dei farmaci o della tendenza a dare più biberon e succhiotto? Quel che è chiaro è che nella maggior parte degli ospedali i bambini nati con un cesareo fanno la loro prima poppata più tardi, ricevono più biberon nei primi quattro giorni e fanno meno poppate notturne12.


Se il cesareo è stato programmato senza che vi sia stato un travaglio prima del parto, l’allattamento diventa ancora più difficile perché non si è nemmeno avuto il tempo di produrre gli ormoni del parto e dell’allattamento.


In realtà l’allattamento può iniziare nella prima ora di vita del bambino anche se questo è nato con un cesareo. Il passaggio dei farmaci al piccolo è molto minore rispetto all’esposizione che ha subìto nell’utero durante il cesareo e i benefici superano di gran lunga i possibili impedimenti. Non esiste nessuna ragione medica che giustifichi la separazione dal neonato, per tenerlo in osservazione durante le prime ventiquattro ore successive al cesareo, come viene solitamente fatto in alcuni ospedali spagnoli. L’osservazione clinica può essere effettuata mentre il bambino è nelle braccia di sua madre, o di suo padre se il quadro clinico della donna è instabile.

Infatti anche se il bambino è malato o prematuro e deve rimanere ricoverato presso il reparto di Terapia Intensiva Neonatale, i suoi genitori hanno tutto il diritto del mondo di rimanere accanto a lui. Anni fa è stato dimostrato che il metodo canguro13 è il miglior modo per trattare i neonati, siano essi prematuri o no, che per un motivo o per l’altro hanno bisogno di rimanere ricoverati. Oggigiorno, nei reparti di terapia intensiva neonatale più prestigiosi e moderni del mondo si usa il metodo inventato dai medici colombiani Edgar Rey e Herctor Martinez alla fine degli anni settanta. Come loro stessi spiegano, si fonda su tre concetti: “Calore, amore e allattamento al seno”. Il metodo è molto semplice: consiste nel mantenere il neonato prematuro sin dalla nascita il maggior tempo possibile a contatto con la pelle della madre o del padre. Gli eccellenti risultati dei bambini prematuri che sono stati trattati in questo modo, hanno dimostrato che il metodo canguro favorisce il recupero fisico del neonato e il suo aumento di peso. È inoltre il miglior modo per rinforzare il legame madre-figlio sin da subito, come pure per migliorare la prognosi anche in presenza di un’evidente gravità fisica.


L’applicazione presso un ospedale del metodo canguro implica, per cominciare, che la madre e il padre possano rimanere accanto al loro bambino ventiquattro ore al giorno. Per questo, presso i reparti di terapia intensiva neonatale appositamente attrezzati, vi sono poltrone se non addirittura brandine poste accanto alle culle o alle incubatrici; i neonati passano la maggior parte del tempo in braccio ai loro genitori o accanto a loro, se devono rimanere nel lettino. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la pratica di questo metodo per tutti i neonati prematuri. Quindi, tenere un bambino nato con un cesareo, prematuro o meno, lontano dalla madre, è una pratica non sostenuta da alcuna spiegazione medica (a meno che la madre stessa non sia gravemente malata o non voglia stare con suo figlio). La prima raccomandazione per poter allattare dopo un cesareo è quindi assai semplice: non consentite che vi separino dal vostro bambino in nessun modo.


Al ritardo della prima poppata solitamente si aggiunge un altro problema: quando finalmente il bambino ritorna con la sua mamma, gli hanno probabilmente già dato alcuni biberon, generalmente di soluzione glucosata o di latte artificiale ed è probabile che gli abbiano anche dato il succhiotto. La somministrazione di integratori ai neonati ha effetti disastrosi sull’allattamento14. Ai bambini nati con cesareo spesso viene offerto il biberon nelle prime ore di vita affinché la madre riposi. Questo presunto aiuto produce degli effetti assai negativi. Da un lato il fatto che il bambino non si attacchi al seno ritarda la montata lattea e riduce la produzione di latte. Inoltre, il movimento necessario per poter succhiare con la tettarella è molto diverso da quello necessario per succhiare dal seno. Di conseguenza, il bambino che prende il biberon, sia di latte sia di soluzione glucosata, nei primi giorni di vita avrà molte probabilità di manifestare la cosiddetta confusione del capezzolo: quando gli avvicinano il seno, lo rifiuta o piange nonostante abbia fame.

La stanchezza, la fatica e lo stress vissuti dalla madre possono già da soli inibire la secrezione dell’ormone della prolattina, responsabile della produzione del latte. Questo effetto viene solitamente aggravato dalle norme ospedaliere che, molto spesso, impediscono che la madre riposi davvero visto che ci sono ancora moltissimi ospedali in cui le madri vengono svegliate alle sette di mattina per mettere loro un termometro! A questo si aggiunge la convinzione che “il cesareo debiliti a tal punto che il latte non nutre il bambino”. Di frequente si attribuisce la causa del pianto del bambino alla debolezza della madre in seguito al cesareo e cioè si ritiene che, se il bambino piange molto nonostante venga allattato al seno, sia perché il latte non lo sazia. (Ma la verità è che quasi tutti i neonati sono solitamente più nervosi il terzo giorno di vita, proprio prima della montata lattea). Tuttavia la composizione del latte non cambia, nemmeno nel caso di madri denutrite. Anche quando la madre ha perso molto sangue durante l’intervento, il suo latte continua ad essere l’alimento migliore per il suo bambino. (Paradossi della vita: a volte la madre è affamata ma ciononostante in ospedale non le si permette di mangiare nulla per 24 ore, poi le si somministra una dieta molto leggera. Uno studio ha rilevato che le madri che mangiano qualcosa di solido 4-8 ore dopo il cesareo si riprendono meglio).


Un’altra delle nozioni che intralciano l’allattamento dopo il cesareo è quella secondo la quale “affinché la madre riposi e si riprenda più in fretta, è preferibile che dia il biberon”. Preparare biberon nel bel mezzo della notte è solitamente molto più stancante che allattare nel letto e, come già abbiamo detto, l’allattamento consente alla madre di riprendersi più in fretta dall’intervento.


Trovare una buona posizione per allattare dopo un cesareo può non essere facile. Molte donne affermano che la posizione migliore in questi casi è da sdraiate; questo consente, infatti, di schiacciare un pisolino ogni volta che il bambino si addormenta mentre succhia il seno, il che accelera notevolmente il recupero della madre. Altre utilizzano i cuscini speciali per l’allattamento, che permettono di tenere il bambino ben posizionato, mentre si attacca al seno senza che poggi sul ventre della mamma, evitando di causare dolore.


I bambini nati mediante cesareo possono avere difficoltà legate alla loro nascita. Alcuni rimangono molto sonnolenti nelle prime settimane, quasi sempre per il fatto di essere venuti al mondo tre settimane prima del termine. Altri piangono sconsolatamente.


Una madre ci diceva:


Nonostante allatti a richiesta e stia sempre con lui, di sera piange in modo sconsolato e straziante. A volte passa ventiquattro ore attaccato al seno; una cosa è allattare a richiesta, un’altra è smettere di succhiare per dieci minuti ogni tre ore. È spossante.


È vero, è spossante e molto duro vedere un bambino piangere mentre si sta facendo tutto il possibile per garantire il suo benessere. A volte non sappiamo perché piangono, quando apparentemente tutto va bene. Il fatto è che alcuni bambini hanno sofferto molto durante il travaglio, il cesareo o nelle prime ore di vita. Sono profondamente spaventati. Per loro è stata un’esperienza molto dura. Quindi sentono il bisogno di piangere e, nonostante la madre offra loro il seno e un abbraccio, a volte continuano a piangere per un po’. Se, inoltre, trascorrono le prime ore o i primi giorni di vita separati dai loro genitori, è possibile che alcune cose le ricordino. Per esempio, nel venire svestiti per fare il bagno o per il cambio del pannolino, alcuni bambini piangono come se stessero in terapia intensiva sul punto di essere sottoposti a un’altra iniezione. Altri piangono per settimane alla stessa ora in cui sono nati. Per quanto possa sembrare ovvio, bisogna ricordare che i bambini si accorgono di tutto, soffrono e si emozionano esattamente come tutti gli esseri umani, e se uno di loro ha subìto un parto traumatico, può ricordarlo e avere degli incubi. Ciò che importa è comprendere che, anche se non sappiamo molto bene cosa stia succedendo loro, possiamo sempre offrire loro il seno come consolazione o semplicemente tenerli in braccio, cantare loro qualcosa o accarezzarli. Alcuni bambini nati col cesareo hanno dolori al collo o alla testa per via di un malposizionamento nel parto. In alcuni di questi casi, l’osteopatia o la terapia cranio-sacrale possono aiutare il bambino.

Quasi tutti i problemi dell’allattamento si risolvono in modo simile: mettendosi a letto seminude con il proprio bambino, appoggiando il bambino sul seno, ricominciando, armandosi di pazienza e amore, rimandando tutto il resto, allattando davvero a richiesta. Il modo per aumentare la produzione di latte è semplice: tenere più tempo il bambino attaccato al seno. Se, nonostante ciò, continua a esserci un problema, è necessario che un buon specialista faccia una diagnosi e offra una soluzione che consenta di continuare l’allattamento.


E, soprattutto, avere fiducia, fiducia nel proprio corpo e nel proprio bambino. Laura Gutman, terapeuta familiare e madre, ha avuto il suo primo figlio con un cesareo mentre il secondo e il terzo con parti vaginali. Attualmente dirige il centro Crianza, in Argentina, specializzato nella consulenza a madri e famiglie. Laura descrive con queste meravigliose parole l’esperienza dell’allattamento:


Allattare al seno è spogliarsi delle bugie che ci hanno raccontato per tutta la vita su chi siamo o chi dovremmo essere. È essere libere, potenti, affamate, come lupe, come leonesse, come tigri, come canguri, come gatte. Molto simili alle femmine di mammiferi di altre specie nel loro totale attaccamento ai cuccioli, noncuranti del resto della comunità, ma meticolosamente attente alle necessità del neonato. Deliziate dal miracolo, mentre cerchiamo di riconoscere che siamo state noi a renderlo possibile e ci ritroviamo con quanto di sublime ci circonda. È un’esperienza mistica se permettiamo a noi stesse che sia così15.

Fino a quando allattare?

Fino a quando volete. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che il bambino riceva il latte materno come unico alimento per i primi sei mesi di vita e che continui ad assumerlo unitamente ad altri alimenti almeno fino ai due anni.


L’età naturale dello svezzamento negli esseri umani va dai due ai sette anni, come dimostrano gli studi antropologici. È sempre più frequente incontrare madri che hanno allattato i propri figli fino ai quattro o cinque anni. Si può allattare durante una gravidanza e, dopo il parto, continuare ad allattare il figlio maggiore e il neonato, il cosiddetto allattamento in tandem. Si possono allattare anche due o tre gemelli. Oppure continuare l’allattamento una volta ritornate al lavoro, anche se per qualche motivo la madre debba a volte assentarsi per più di un giorno. Tutte le informazioni su queste situazioni le potrai trovare presso i gruppi di sostegno all’allattamento al seno “madre a madre”.

Se non hai potuto allattare dopo il cesareo

Alcune donne, oltre a sentirsi colpevoli di aver subìto un cesareo invece di avere avuto un parto vaginale, si sentono fallite per non essere riuscite ad allattare il proprio bambino. Nella maggior parte dei casi, l’abbandono dell’allattamento è dovuto a una serie di consigli sbagliati e a una mancanza di supporto da parte dei famigliari e dei sanitari. Per questo è importante festeggiare i successi, anche se piccoli. Se sei riuscita ad allattare il tuo bambino per quindici giorni, si tratta già di una conquista. Puoi sentirti un po’ triste, ma a volte questa sensazione di perdita consente di apprezzare ancora di più il proprio rapporto con il bambino. A volte l’inizio dell’allattamento è talmente difficile che si trasforma in una situazione profondamente angosciante, un vero e proprio martirio.


È importante fare la pace con se stesse e riconoscere che si sono prese le decisioni pensando che fossero le più giuste sulla base delle informazioni a disposizione. La perdita dell’allattamento può essere compensata in altro modo. Il problema non è che la madre si senta male per non essere riuscita ad allattare, quanto comprendere che ciò di cui ha veramente bisogno il bambino è sentirsi amato e questo si può ottenere ugualmente nonostante l’allattamento sia terminato precocemente.


Vi sono anche modi per compensare la perdita dell’allattamento: crescere il proprio bambino in modo naturale e rispettando il legame, consente di ottenere un risultato simile. Abbraccia il tuo bambino il più possibile, tienilo in braccio ogni volta che puoi, fai in modo che stia la maggior parte del tempo con te o con il padre, consola il suo pianto immediatamente e non lasciarlo mai piangere senza dargli ascolto, dormi con lui, fagli dei massaggi…


Comprendere perché l’allattamento non ha funzionato può essere a sua volta un modo per poter allattare con successo la volta successiva. Esistono studi che indicano che le madri hanno più latte con il secondo figlio. Se con il primo non si è riuscite ad allattare, con il secondo e con le informazioni giuste, sarà molto più facile. Alcune madri temono questa discriminazione positiva. Pensano che se con il primo non hanno potuto, per il fratello o la sorella maggiore sarebbe negativo assistere all’allattamento del secondogenito, e per non sentirsi in colpa per aver dato ad uno più che all’altro, decidono direttamente di rinunciare all’allattamento al seno del secondogenito. Tuttavia c’è molto da guadagnare in questi casi. Il figlio maggiore trae beneficio dal vedere la madre allattare il più piccolo, soprattutto se viene fatto partecipe e gli si permette di condividere quei momenti di intimità con sua madre e con il fratellino.


Anche se si riesce ad allattare il secondo figlio più del primo, non riceverà mai il tempo di attenzione esclusiva che è stato dedicato al più grande!


Per riuscire ad allattare dopo un cesareo:


- Se possibile, cerca di iniziare il travaglio del parto prima del cesareo: gli ormoni del parto favoriranno un ottimo inizio dell’allattamento,


- Se il cesareo è necessario, cerca di fare in modo che ti venga somministrata un’anestesia regionale (epidurale o spinale) e non generale.


- Attacca il tuo bambino al seno prima possibile, meglio ancora prima che sia passato l’effetto dell’anestesia.


- Assumi tutti i calmanti di cui hai bisogno per alleviare i dolori. La maggior parte di essi è perfettamente compatibile con l’allattamento e non provocherà danni al bambino.


- Allatta a richiesta e non limitare il tempo che il bambino trascorre attaccato al seno.


- Tranquillità. Limita le visite dei familiari, dormi il più possibile.


- Chiedi aiuto a esperte in allattamento o a madri dei gruppi di sostegno per verificare che la posizione sia corretta.


- Evita di utilizzare paracapezzoli e biberon; nella maggior parte dei casi si trasformano in ostacoli per l’allattamento invece di essere un aiuto. È sconsigliato l’uso del succhiotto nelle prime settimane di vita.


- È frequente che il terzo giorno dopo la nascita, il bambino si mostri inquieto e pianga spesso, come se non succhiasse nulla dal seno. È normale! Sono momenti di attesa che svaniscono poche ore più tardi quando ci sarà latte in abbondanza.


- Dare il latte da sdraiata o nella posizione della palla da rugby può essere più comodo dopo un cesareo. L’uso di un cuscino posato sulla pancia per appoggiare il bambino, ti aiuterà quando sei seduta.


- Chiedi che lascino sempre il bambino con te per garantire la buona riuscita dell’allattamento. Inoltre è bene che rimanga con te un familiare che ti possa aiutare ad attaccarlo al seno o a prenderlo in braccio quando si sarà addormentato.


- Dormi con il bambino o accanto a lui.


- Fai in modo di mangiare bene e di assumere liquidi in abbondanza.


- Le candide (funghi) sono un problema frequente dopo l’assunzione di antibiotici. In alcuni ospedali non li prescrivono sempre dopo un cesareo, ma solo se è necessario. A volte l’unico sintomo della candida del capezzolo è un dolore pungente all’inizio della poppata. Se sospetti di avere un fungo, rivolgiti alla tua ostetrica.


Tabella 1 Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini, UNICEF
Dieci passi per un allattamento felice

  1. Definire un protocollo scritto per l’allattamento, di cui sia informato tutto il personale.
  2. Offrire a tutto il personale le competenze necessarie ad applicare il protocollo scritto.
  3. Informare tutte le donne durante la gravidanza dell’importanza dell’allattamento e fornire loro indicazioni corrette per praticarlo.
  4. Aiutare le madri a iniziare l’allattamento entro mezz’ora dal parto.
  5. Mostrare alle madri come mantenere l’allattamento in caso di separazione dal bambino.
  6. Non somministrare al neonato altri liquidi diversi dal latte materno, se non dietro espressa prescrizione medica.
  7. Praticare il rooming-in, cioè lasciare mamma e bambino nella stessa stanza, 24 ore su 24.
  8. Incoraggiare l’allattamento a richiesta.
  9. Non usare tettarelle o succhiotti.
  10. Favorire la creazione di “gruppi di sostegno”, a cui le mamme possano rivolgersi dopo le dimissioni dall’ospedale.


Il parto cesareo
Il parto cesareo
Ibone Olza, Enrique Lebrero Martinez
Solo se indispensabile, sempre con rispetto.Spesso il parto cesareo viene proposto senza una reale scelta da parte della mamma. Come è possibile renderlo il meno tecnologico possibile? Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno registrato un allarmante incremento dei parti con taglio cesareo, al punto che per molti costituisce addirittura il modo più frequente di nascere. Senza alcun dubbio questa cultura non tiene conto delle conseguenze psicologiche, oltre che fisiche, tanto per la madre quanto per il figlio. Contro questa tendenza, il saggio Il parto cesareo di Enrique Lebrero Martinez e Ibone Olza intende incoraggiare le madri a ritrovare la fiducia nel proprio corpo e a recuperare la dignità della nascita. Il libro si rivolge quindi sia alle donne e alle famiglie, sia agli operatori sanitari, e tutti coloro che hanno a che fare con l’evento della nascita. Conosci l’autore Ibone Olza, nata in Belgio nel 1970, è madre di tre figli. È laureata in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Navarra e dottoressa in Medicina presso l'Università di Saragozza, specializzandosi in Psichiatria e svolgendo la sua attività professionale nel campo della psichiatria infantile, giovanile e perinatale. Attualmente lavora come psichiatra infantile presso un Centro di Igiene Mentale di Madrid e appartiene all'associazione El Parto es Nuestro. Dal 1996 è socia del gruppo di sostegno all'allattamento "Via Lactea" di Saragozza e nel 2001 ha fondato, insieme a Meritxell Vila, il forum virtuale Apoyo Cesareas, che fornisce supporto psicologico a madri che hanno subito cesarei e parti traumatici.