La flebo. C’è una tendenza crescente presso gli ospedali a prendere una via venosa in tutte le donne in fase di dilatazione per poter applicare le flebo, anche se la maggior parte delle partorienti non ne ha bisogno durante il travaglio. Questo si fa “nel caso fosse necessario”. L’applicazione di una flebo comporta un rischio di flebite, limitazione della mobilità durante il parto e, ancor più triste, la percezione di essere malata, di sentire che da sole non si è in grado di partorire il proprio bambino. L’OMS ritiene che prendere una via venosa e somministrare infusioni intravenose di routine durante il parto “siano pratiche pregiudizievoli e inefficaci che dovrebbero essere eliminate”.
La rottura del sacco (amnioressi o amniotomia). Il sacco di liquido amniotico agisce come protezione del bambino durante tutta la gravidanza come pure durante il parto. Non si dovrebbe rompere senza motivo. E, in effetti, vi sono poche ragioni per farlo. Mantenere il sacco integro durante il parto previene possibili infezioni fetali, evita il prolasso del cordone ombelicale e, soprattutto, riduce l’incidenza di malposizionamento e il cattivo incanalamento fetale che sono causa di molti cesarei e interventi col forcipe.
L’ orologio. Quanti cesarei sono stati fatti per non avere aspettato? La maggior parte delle nascite avverrebbe di notte, se fosse consentito. Invece, si fanno cesarei alle cinque del pomeriggio “perché si era bloccata la dilatazione…”.
Le induzioni. In Spagna, nelle cliniche private, si praticano il doppio dei cesarei rispetto agli ospedali pubblici. Questo mistero apparente ha una ragione molto chiara: l’uso indiscriminato dell’induzione del parto. Il medico privato, probabilmente, non guadagna molto più denaro facendo un cesareo, ma ci guadagna in tranquillità e orari di parto più comodi. Più della metà delle primipare finisce per partorire con un cesareo a causa di questo abuso dell’induzione. Inoltre non vengono informate di questi risultati. La sequenza è conosciuta da molte donne che hanno vissuto questa esperienza. Il ginecologo, al termine della gravidanza, dice loro: “Il bambino è molto grande”, “la placenta si sta deteriorando”, “il monitoraggio fetale va bene, però…” “guardi, meglio se provochiamo il parto, così dopo non ci saranno problemi”. La donna va all’ospedale di primo mattino, le somministrano una flebo di ossitocina, soffre per alcune ore delle contrazioni con le quali ha tempo di maturare solamente il collo dell’utero. A mezzogiorno, il medico le dice che non si dilata e che bisogna fare un cesareo. Il pomeriggio, con suo figlio in braccio (o al nido), la donna è convinta che il suo corpo non sia stato in grado di dilatarsi, mentre il medico sta facendo le sue visite private.
Bisogna sapere che se è necessario indurre un parto per qualche ragione medica, le cose vengono fatte in modo diverso. In primo luogo, per far maturare il collo dell’utero, si somministra un gel di prostaglandine sul collo o in vagina. A volte ciò è sufficiente anche per produrre buone contrazioni da parto. Se non le produce, alcune ore dopo la sua applicazione viene somministrata una flebo di ossitocina. Quando si ottengono le contrazioni forti ogni 3-4 minuti e il collo ha una dilatazione di 2-3 centimetri, si inizia a valutare la progressione della dilatazione per altre 8-10 ore, che è quanto solitamente dura un primo parto. Non si rompe inutilmente il sacco. In questo modo è più facile che un’induzione termini in un parto vaginale. La medicina fondata sull’evidenza scientifica dice che non è necessario indurre più del 10-15 per cento di tutti i parti.
La somministrazione indiscriminata di ossitocina intravenosa. Alla maggior parte delle partorienti viene somministrata una flebo di ossitocina, anche in presenza di buone contrazioni da parto; è ciò che viene detto “aumento”. Questo eccesso di contrazioni provocate medicalmente, è un’altra causa dell’aumento dei cesarei.
Se le induzioni del parto evitabili aumentano i cesarei per “mancata dilatazione”, la somministrazione generalizzata di ossitocina è la responsabile di molti cesarei per “sofferenza fetale”. La ragione è facile da comprendere. Il bambino e la madre formano una squadra durante il parto e vi è un travaso continuo di informazioni fra di loro attraverso gli ormoni. Il bambino solitamente può sopportare le contrazioni spontanee della madre, soprattutto perché è lui stesso ad influire su di esse. Sono contrazioni un po’ “su misura”. Ma se aumentiamo l’intensità e la frequenza delle contrazioni uterine con ossitocina artificiale, il bambino può stancarsi, crollare, cominciare ad avere problemi che preludono alla sofferenza. Succede a tutti. Ciascuno, seguendo il proprio ritmo, può raggiungere la meta, ma obbligati ad andare a passo svelto, stanchi e sfiniti, quasi nessuno arriva alla fine.
Inoltre, l’uso della flebo di ossitocina in modo generalizzato e indiscriminato provoca nella madre un dolore esagerato a seguito delle contrazioni da parto, cosa che ha portato a un abuso dell’anestesia epidurale.
L’anestesia epidurale è estremamente utile in alcuni parti e, a volte, consente di evitare un cesareo. Ma l’uso generalizzato dell’epidurale mette molte donne sulla strada dell’interventismo inutile: sospensione del parto, flebo di ossitocina, rottura artificiale del sacco, malposizionamento… e in questo modo aumentano i cesarei.
Litotomia (partorire da sdraiate con le gambe alzate). Sono anni ormai che l’Organizzazione Mondiale della Sanità spiega che non si dovrebbero mettere le donne in questa posizione per partorire.Viene addirittura considerata una pratica pericolosa che dovrebbe essere abbandonata.
È ovvio! Questa posizione fa sì che molti bambini non scendano. E alla madre viene praticato un cesareo “per bacino stretto”. La sedentarietà quotidiana di cui siamo vittime, rende spesso difficile il corretto posizionamento fetale. Per questo è importante, per una donna incinta, fare esercizio ogni giorno. Ma anche la sistematica rottura artificiale del sacco e l’uso generalizzato di ossitocina nelle induzioni e nel resto dei parti stimolati, favoriscono a loro volta lo scorretto incanalamento fetale, impedendo lo svolgimento di un parto normale. Il bambino si presenta con un diametro della testa più ampio nel bacino della madre, non ci sta o non scende. Ma il bacino della madre non è stretto. È un normale bacino con un bambino malposizionato.
La verità è che, analizzando le pratiche di alcuni ospedali riguardo al parto, appare sorprendente che almeno un 75 per cento di madri riesca a dare alla luce per via vaginale!
Le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono molto chiare per quanto riguarda l’assistenza al parto (si veda l’appendice). Come è possibile che non vengano applicate nella maggior parte degli ospedali del nostro Paese? Perché il parto è stato medicalizzato fino a questi estremi?