CAPITOLO VII

Vantaggi del parto vaginale dopo un cesareo

Dopo un cesareo, è assai probabile che i parti successivi siano a loro volta dei cesarei”. “Dopo due cesarei non è più possibile avere un parto vaginale”. “Si possono fare solo tre cesarei, per questo dopo il terzo viene sempre praticata la legatura delle tube”. “Dopo un cesareo, il parto vaginale è molto pericoloso”. “L’utero si può rompere in presenza di una cicatrice di un precedente cesareo.”


È avvilente vedere contro quanti miti e idee sbagliate deve scontrarsi una donna nella gravidanza successiva a un cesareo. Nonostante le madri che hanno subìto un cesareo riescano solitamente ad intuire che l’intervento è più pericoloso per la loro salute rispetto a un parto naturale, sono molte quelle che si sentono destinate a un successivo cesareo. Di solito, attorno a loro non trovano il sostegno necessario per tentare un parto vaginale oppure, per mancanza di informazioni aggiornate, gli specialisti fanno credere loro che l’opzione del cesareo ripetuto se non addirittura programmato sia più sicura.


Di sicuro, per molti specialisti programmare un cesareo sarà molto più comodo che attendere che la donna inizi il travaglio e vedere come si svolgono gli eventi. Ma ovviamente, gli stessi medici non si esprimono quasi mai in questi termini. Cercheranno piuttosto di convincere la donna con argomenti del tipo “questo bambino è molto grande, ti mancano ancora 3 settimane e hai il bacino stretto” oppure “se inizi il travaglio e non sei vicina a un ospedale correrai un grave pericolo perché il tuo utero si può rompere da un momento all’altro”, o addirittura “perché vuoi aspettare il travaglio se con ogni probabilità dovrai ricorrere a un cesareo? Se lo programmiamo ti garantisco che sarò io stesso a seguirti e acconsentirò che tuo marito sia presente e che i tuoi desideri siano rispettati”, o ancora “siccome non è possibile fare un’induzione e sei già alla quarantesima settimana, dobbiamo farti un cesareo.” Le versioni possono variare notevolmente, ma quasi sempre giungono a una conclusione: se la donna ha già subìto un cesareo, è probabile che ne abbia un altro e, in tal caso, sarà meglio programmarlo per quando sarà comodo a tutti senza attendere che entri in travaglio.


Non vi è dubbio che simili presupposti implichino una mancanza di rispetto nei confronti della donna, una mancanza di fiducia nel suo corpo e, soprattutto, un’offesa verso il bambino che nascerà, che viene addirittura minacciato di non poter scegliere la data della sua nascita.


Inoltre il dato secondo il quale un secondo (o terzo, o quarto…) cesareo sarebbe più sicuro di un parto vaginale dopo un cesareo pregresso è falso. L’idea che dopo un cesareo i parti successivi debbano avvenire a loro volta mediante cesareo (“once a cesarean, always a cesarean1) risale al 1916. Così lo spiegava all’epoca il Dott. Edward Craign. Non era da molti anni che si era riusciti a far sì che alcune donne sopravvivessero all’intervento. Di fatto i cesarei erano ancora interventi con una mortalità pari a un dieci per cento circa. Venivano praticati solo dopo travagli lunghissimi nei quali non si era riusciti a fare in modo che il bambino si posizionasse per uscire e pertanto era lecito pensare che vi fosse realmente un ostacolo nel bacino materno. L’incisione veniva effettuata lungo l’utero e arrivava fino alla parte superiore, il cosiddetto fondo uterino, che è la regione che esercita una forza maggiore durante il parto. La mortalità materna durante i cesarei poteva raggiungere il 30% se la donna aveva subìto molte visite intravaginali durante il travaglio (cosa che predisponeva a gravi infezioni nel post-parto). Anche le rotture uterine erano frequenti, non solo per la posizione della cicatrice, ma anche per la pessima sutura, i materiali che si utilizzavano e le pessime condizioni di asepsia presenti in molti casi. La ferita di solito cicatrizzava male ed era molto più facile che si potesse rompere nel parto successivo.


Negli anni venti, Monroe Kerr si pronunciò in difesa dell’incisione del cesareo sul segmento uterino inferiore. Questa tecnica era già stata proposta negli anni ’80 del XIX secolo, ma Kerr riuscì a far sì che venisse ripresa in esame e grazie a un articolo, pubblicato da Wilson nel 1932, se ne ottenne la diffusione. Questa tecnica implicò un vera e propria rivoluzione ostetrica, poiché presentava numerosi vantaggi per la madre: il segmento inferiore dell’utero ha meno tessuto muscolare ed è molto più sottile, quindi una volta tagliato sanguina meno, facendo sì che le forti emorragie siano assai rare.


Inoltre, la ferita rimane coperta dalla vescica, per cui il sangue non passa nella cavità addominale.


Poco a poco la mortalità del cesareo continuò a decrescere, le donne che avevano subìto un intervento rimanevano di nuovo incinte e si credeva che in questi casi fosse più sicuro ripetere l’intervento. Poi cominciarono a conoscersi casi di donne che, nonostante un cesareo pregresso, nella successiva gravidanza arrivavano all’ospedale all’ultimo momento e non vi era il tempo di praticare il cesareo. Non solo partorivano per via vaginale senza alcun problema, ma era evidente inoltre che il loro recupero era molto più rapido che se fossero state sottoposte a un cesareo. Con l’adozione generalizzata dell’incisione di Pfannenstiel, venne dimostrato che il pericolo di rottura dell’utero era molto minore di quanto si pensasse.


Quindi si cominciò a raccomandare di tentare un parto dopo il cesareo, poiché si verificò che ciò implicava minori rischi rispetto alla programmazione di un intervento per timore di una rottura dell’utero. Venne denominato “parto vaginale dopo un cesareo” (in seguito detto VBAC, acronimo di Vaginal Birth After Cesarean). Sfortunatamente, ancora oggi si continuano a praticare numerosi cesarei ripetuti inutili, sotto la minaccia di una rottura d’utero.

Il mito della “rottura dell’utero”

Il termine rottura dell’utero incute un certo timore. Alcuni specialisti sono soliti dire alle madri cose terribili come “se si rompe l’utero potreste morire entrambi”. Le madri possono arrivare a immaginare la rottura dell’utero come una vera “esplosione” del proprio utero. Ma per comprendere cosa sia la rottura dell’utero, è giusto sapere come e perché l’utero si può rompere.


L’utero è soprattutto un muscolo. Perché si rompa è necessario che concorrano una serie di fattori. Di fatto può verificarsi senza che vi sia stato un precedente cesareo. Ma questa possibilità è così remota che a nessuno viene in mente di intimorire una donna incinta parlandole di rottura dell’utero (tuttavia alcuni studi hanno dimostrato che le rotture in assenza di una cicatrice precedente sono più gravi rispetto a quelle in caso di VBAC).


I due fattori che favoriscono la rottura dell’utero sono lo stiramento o la distensione delle fibre e la forza a cui vengono sottoposte. La distensione delle fibre ha molto a che vedere con l’elasticità delle stesse. Se vi è stata una precedente ferita nell’utero, come nel caso del cesareo e di altri interventi chirurgici (i raschiamenti favoriscono la rottura dell’utero), il tessuto reagisce formando una cicatrice di tessuto fibroso. Questo tessuto è meno elastico e si distende meno, per questo è (un po’) più facile che l’utero si rompa quando vi è una cicatrice precedente. Ma bisogna tenere in considerazione la qualità di questa cicatrice e lo stato della muscolatura uterina. Se il recupero dal cesareo precedente è stato favorevole (non vi è stata infezione uterina, cosiddetta endometrite), la donna ha seguito un’alimentazione sana ed equilibrata durante la gravidanza in corso e ha fatto esercizio, la muscolatura, vale a dire l’utero, sarà in condizioni ottime. Qualsiasi sport (come il nuoto o il jogging) favorisce l’ossigenazione dei muscoli dell’organismo. Gli orgasmi sono a loro volta un modo per esercitare la muscolatura uterina. Inoltre, il nutrimento della donna durante il travaglio è un aspetto che può prevenire o, al contrario, favorire la rottura. Per questo è importante che sia ben idratata, (non è necessaria una flebo, bensì bere molta acqua durante il parto) e nutrita (che le venga consentito di mangiare ciò che desidera).


La rottura può verificarsi non solo al momento del parto; in alcuni casi ha luogo settimane prima del termine. Vale a dire che la gravidanza è già di per sé un fattore di rischio per la rottura.


Tuttavia il termine rottura è poco appropriato per ciò che si vuole descrivere. Come dimostrano gli studi, le rotture davvero catastrofiche sono, fortunatamente, eccezionali, La maggior parte dei ginecologi non ha visto più di due o tre vere rotture uterine in tutta la propria carriera. Infatti, con questo termine si è soliti indicare due situazioni molto diverse.


- Ciò che viene detta deiscenza della cicatrice precedente, che è una sorta di asola o finestra che si apre attorno alla cicatrice e che, nella maggior parte dei casi, non ha alcuna importanza. È una scoperta che si fa solitamente nel praticare il cesareo intraparto, ma nemmeno in questi casi è la causa del cesareo (anche se a volte si attribuisce a questa finestra la ragione della sofferenza fetale). Infatti, quando si effettuava l’esplorazione manuale dell’utero dopo un VBAC, era frequente trovare qualche deiscenza che non aveva dato alcun sintomo. Allora gli specialisti si trovavano di fronte a un altro dilemma: mandare in sala operatoria una donna che aveva appena partorito per via vaginale senza problemi o aspettare. Alla fine venne dimostrato che in realtà era più pericoloso esplorare, quindi si è smesso di farlo. È probabile che vi siano donne che riescono a partorire dopo un cesareo, nonostante una deiscenza, senza alcun rischio aggiuntivo.


- La vera rottura è quella in cui l’utero si lacera in modo esteso (accanto alla cicatrice o in un’altra zona). In questo caso sì, esiste un rischio notevole per la madre e per il bambino, si tratta di una vera urgenza medica che solitamente dà sintomi: dolore, alterazione o perdita del battito cardiaco fetale, abbassamento della pressione della madre, gli arti del bambino si possono palpare direttamente dal ventre materno… è più facile diagnosticarla immediatamente se la madre non è sotto anestesia. In questi casi l’intervento è urgente.


Qual è il rischio o la probabilità di soffrire di una rottura uterina? Bisogna fare attenzione nel prendere in esame gli studi scientifici sull’argomento e vanno tenuti in considerazione alcuni punti in comune fra la maggior parte di essi. Sono in generale opera di ginecologi il cui punto di partenza (come conseguenza della loro stessa deformazione professionale) o ipotesi previa è: “il parto è pericoloso”, “il cesareo è più sicuro di un parto vaginale”, “ il parto vaginale dopo un cesareo è più pericoloso di un cesareo programmato”. Gli studi vengono progettati per dimostrare tali teorie o convinzioni. Le ricerche spesso presentano errori metodologici. Per esempio: se si fa un raccolta di casi partendo da una base dati che non permette di differenziare la deiscenza dalla vera rottura, si omettono dati significativi (come è stato il post-parto del primo cesareo), vengono incluse nello stesso gruppo donne che hanno avuto una rottura dell’utero spontanea durante la gravidanza e quelle che hanno avuto una deiscenza asintomatica riscontrata nel praticare un cesareo programmato, ecc. La misoginia della medicina moderna influisce a sua volta, poiché l’utero non viene trattato come un organo sessuale. Quindi non si fanno ricerche su come facilitarne la guarigione (per esempio nessuno studio ha verificato se gli orgasmi facilitino il recupero dopo un cesareo e prevengano la rottura nelle gravidanze successive). Perché l’utero viene considerato poco importante e vengono sottovalutate le ripercussioni sulla fertilità della donna (molti considerano solamente la gravidanza in corso e non tengono in considerazione il desiderio della madre di partorire altri figli). Vengono manipolate anche le cifre. Per una donna non è la stessa cosa sentirsi dire: “Il rischio di rottura è di uno 0,47 per cento” piuttosto che “Hai un 99, 53 per cento di possibilità che l’utero non si rompa!” Le ricerche spesso si soffermano solo sul risultato immediato omettendo le conseguenze a lungo termine. La maggior parte delle volte gli studi vengono svolti in grandi ospedali universitari dove, come detto in precedenza, si esercita un’ostetricia altamente medicalizzata. Nessuno ha messo a confronto la sicurezza del parto in casa, dopo un cesareo, seguito da ostetriche esperte, con il VBAC ospedaliero o il cesareo programmato, ad esempio.

Ciononostante, se prendiamo in esame gli studi, possiamo concludere che le possibilità di una rottura dell’utero sono piuttosto remote. Di fatto, il rischio reale è inferiore all’1 per cento, probabilmente si aggira intorno al 0,4 per cento2. Di questo 0,4 per cento, solo una quarta parte è rappresentata da rotture uterine gravi (nell’appendice 2 vengono riportati i dati di alcuni degli studi recenti più rilevanti sulla rottura dell’utero). Nel caso vi sia più di un cesareo, il rischio non aumenta di molto: in vari studi si colloca intorno all’1 per cento. Una ricerca sul parto vaginale dopo due o tre cesarei pubblicata dalla “Rivista Europea di Ostetrica” nel settembre del 20033 ha confermato che può essere un’opzione sicura. Pertanto, se un medico ti dice che hai un 10 per cento o un 5 per cento di possibilità che ti si rompa l’utero, sta mentendo. Nessuno studio ha individuato simili cifre.


Sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità sia la società spagnola di ostetricia e ginecologia raccomandano di tentare il VBAC anche in presenza di più di un cesareo pregresso.


Dagli studi si evince anche che i farmaci che aumentano l’intensità delle contrazioni uterine possono aumentare il rischio di rottura; per questo è meglio che non venga fatta alcuna induzione e che non si somministri ossitocina se si ha avuto un cesareo (in una ricerca del “New England Journal of Medicine” si è visto che se si induceva il parto con un farmaco chiamato misoprostol, il rischio di rottura aumentava fino ad un 24 per cento, mentre se non si induceva e non si somministrava ossitocina, il rischio era inferiore all’1 per cento). Tuttavia ciò non significa che con un cesareo pregresso non si possa indurre il parto, bensì che se lo si fa bisogna prestare molta attenzione.


La rottura dell’utero si sospetta quando vi sono alterazioni rilevanti nel battito cardiaco fetale e la donna sente un dolore intenso che non si attenua fra una contrazione e l’altra. In alcune occasioni, l’unico sintomo è che il travaglio si ferma. Sentire un lieve dolore nella zona della cicatrice precedente è frequente durante la gravidanza e anche durante il travaglio, ma è solitamente dovuto alle aderenze della cicatrice pregressa, non all’utero propriamente detto. La vera rottura dell’utero solitamente provoca un dolore molto più intenso. In ogni caso, è più facile diagnosticare una rottura se non si usa alcuna anestesia e se l’ostetrica ausculta il battito cardiaco fetale con regolarità durante il parto.

I vantaggi del parto vaginale dopo un cesareo

Alcune donne hanno subìto un primo cesareo meraviglioso, rispettoso e dal quale si sono riprese in pochi giorni senza alcun problema. Nella seconda gravidanza, nonostante il loro medico o ostetrica cerchi di incoraggiarle a tentare un VBAC, possono preferire un cesareo programmato piuttosto che tentare il parto. Che vantaggi offre cercare di avere un parto vaginale? Presenta meno rischi per la tua salute e per quella del tuo bambino.


Il bambino sceglie la sua data di nascita, vale a dire che è pronto e maturo per venire al mondo. Le contrazioni preparano i suoi polmoni, è assai probabile che nasca in condizioni migliori e che non abbia alcun problema alla nascita. Al contrario, il cesareo programmato espone il bambino a una serie di difficoltà: dallo stare placidamente nell’utero passa a venire estratto in una sala operatoria, il suo corpo non ha avuto il tempo di prepararsi e può manifestare difficoltà respiratorie, o avere bisogno di rianimazione e di essere poi ricoverato presso l’unità di terapia intensiva neonatale.


Nemmeno da un punto di vista psicologico il cesareo programmato è un bene per il bambino. Anche a lui viene tolta la possibilità di attraversare il canale del parto, di partecipare attivamente alla sua nascita. Può sentirsi molto contrariato o disorientato, può sentire che gli è mancato qualcosa o che non si è tenuta in considerazione la sua opinione, specialmente se non gli era stato spiegato che sarebbe nato e i motivi per i quali sarebbe venuto al mondo con un cesareo. Se inoltre trascorre le prime ore di vita circondato da sconosciuti o in un’incubatrice, l’esperienza potrebbe essere piuttosto traumatica e ostacolare la sua fiducia verso gli altri. I ricercatori di psicologia perinatale hanno descritto con estrema precisione racconti di bambini che, due o tre anni dopo essere nati, ricordavano con esattezza i dettagli della propria nascita con un parto cesareo e che esprimevano il loro malessere o delusione a riguardo. Se si desidera approfondire la conoscenza di questi studi, si possono leggere le opere dello psicologo americano David Chamberlain4.


Per quanto tu ti sia ripresa bene dal cesareo, il recupero dopo un parto vaginale di solito è infinitamente migliore. Anche quando il travaglio è stato lungo e difficile, la maggior parte delle madri può camminare senza problemi un paio d’ore dopo avere partorito. Se opti per partorire in ospedale, potrai tornare a casa molto prima, dopo ventiquattro o quarantotto ore, se lo desideri.


Gli ormoni del parto ti aiutano molto dopo aver partorito. Probabilmente ti sarà più facile cominciare ad allattare e a occuparti di tuo figlio.


Inoltre un parto vaginale non condiziona il tuo futuro riproduttivo, contrariamente a un cesareo ripetuto. La maggior parte degli studi sulla sicurezza del VBAC mirano soltanto ai risultati della gravidanza successiva a un cesareo, nonostante sia risaputo che se la madre subisce vari cesarei successivi, il rischi aumentano progressivamente dopo ogni intervento, mentre se riesce ad avere un VBAC, nelle gravidanze successive i rischi si riducono. A ogni cesareo aumentano i rischi di avere complicazioni nella gravidanza successiva, poiché l’effetto è cumulativo. Ogni cesareo aumenta le possibilità non solo di subire una rottura dell’utero, ma di avere altre gravi complicazioni come la placenta previa (la placenta si inserisce nella zona bassa dell’utero, vicino al collo) e la placenta accreta (con radici troppo estese che possono attraversare l’utero). Entrambe espongono a un rischio molto alto sia il bambino sia la madre (pericolo di emorragie gravi, di perdere l’utero o addirittura di morire).

Uno studio pubblicato dalla “Rivista Americana di Ostetricia” ha analizzato i rischi del cesareo programmato rispetto alla prova del parto in rapporto al numero di figli che la madre desidera avere dopo la gravidanza in corso:


Tenendo in considerazione solo i rischi di danno irreversibile (vale a dire morte materna o fetale e isterectomia), la conclusione che è stata tratta è la seguente: se la donna desidera avere più di una gravidanza, bisogna tener conto che i rischi a lungo termine del cesareo sono maggiori rispetto ai benefici immediati, per cui si deve prendere una decisione razionale basandosi sulle migliori informazioni possibili e sui desideri di quel momento. In questo caso è sempre migliore la prova del parto5.

Vale a dire che se si desiderano più figli, la bilancia si inclina ancor di più verso la prova del VBAC. Anche se si è in presenza di due o più cesarei pregressi, provarci non solo è meglio per il bambino che deve nascere, ma lo sarà anche per i fratelli che arriveranno successivamente. Infatti molte donne che hanno due figli di uno stesso sesso e ne desiderano uno del sesso opposto, si preoccupano molto quando il medico dice loro che sarà necessario programmare il terzo cesareo e, con l’occasione, praticare una legatura di tube, per cui viene frustrato il loro sogno di avere altri figli o di cercare di avere un bambino del sesso opposto se si hanno già tre maschietti o tre femmine. Tuttavia, l’opzione più sicura e consigliabile in questo caso è proprio quella opposta: tentare un VBA2C (parto vaginale dopo due cesarei) sapendo che non solo è meglio per il terzo figlio, ma consentirà anche che la gravidanza del quarto figlio sia più sicura.


A volte, oltre ad intimorire la madre parlandole di complicazioni, si utilizza un altro argomento per programmare il cesareo: in questo modo potrai fare allo stesso tempo la legatura delle tube e non dovrai più preoccuparti di usare metodi anticoncezionali. Non sarai più fertile. Tuttavia questa decisione dovrebbe essere lungamente soppesata, poiché il momento in cui si ha un figlio non è certo il migliore per decidere una sterilizzazione. Alcune donne si sono pentite successivamente, forse perché la loro vita è cambiata e si sono trovate anni più tardi a voler di nuovo concepire un figlio… Allora non rimane altra soluzione che tentare una fecondazione in vitro. Per questo il vantaggio di fare una legatura delle tube contestualmente a un cesareo non dovrebbe essere un’argomentazione seria per giustificare l’intervento se non vi è altra indicazione medica: i rischi per la madre e il bambino sono troppo alti. Ciononostante una donna può chiedere in anticipo che, se il tentativo di parto termina con un cesareo indispensabile, le venga praticata una legatura delle tube. È nel suo diritto, questo è certo, e alcune donne si sono dette molto soddisfatte di questa decisione.


Un’altra argomentazione usata spesso per ripetere un cesareo è il presunto vantaggio di evitare l’episiotomia o il danno del suolo pelvico. Certo, si confronta il risultato del trattamento aggressivo che in molti ospedali viene riservato alle partorienti. Quando una donna partorisce sdraiata con le gambe in alto, quando non si rispettano i tempi né i modi di ciascuno, vi è un’alta percentuale di donne che, dopo avere partorito sul lettino ostetrico, con il forcipe e una “generosa” episiotomia, hanno strascichi come l’incontinenza di urina o di feci e fastidio durante i rapporti sessuali. Ma il modo per evitare questo non è quello di fare un cesareo, bensì quello di consentire alle donne di partorire nella posizione che loro stesse scelgono e avendo tutto il tempo necessario. Non è nemmeno dimostrato che l’episiotomia eviti l’incontinenza. Inoltre ora si sa che l’incontinenza d’urina di molte donne in menopausa non è imputabile alle gravidanze e ai parti come si era soliti credere. Infatti, in una curiosa ricerca, le suore risultavano accusare la stessa incontinenza d’urina delle multipare. Probabilmente questo ha a che vedere con il peso o con gli ormoni.


La soddisfazione emotiva che offre il VBAC è una delle ragioni per cui molte madri sono felici di averci provato, anche se inizialmente avrebbero preferito programmare un cesareo.


Molte donne si sentono complete, soddisfatte, appagate se non addirittura esultanti dopo un parto vaginale.

Quanti cesarei si possono fare? Ci sono donne che hanno subìto otto o nove cesarei (una di queste fu la madre del presidente americano, Rose Kennedy, che ne fece otto). Alcune hanno pubblicato la loro testimonianza su Internet6. È chiaro che dopo ogni cesareo il rischio aumenta, come già abbiamo spiegato, ed è inoltre più difficile realizzare l’intervento: l’addome può essere pieno di aderenze. Ma se una famiglia decide di avere più di tre figli mediante cesareo, dovrebbe poter conoscere queste esperienze.


Dopo quanti cesarei si può tentare un VBAC? C’è chi ha avuto un parto vaginale dopo cinque o sei cesarei. Infatti, in uno studio californiano, le poche donne che tentavano un parto vaginale dopo tre o quattro cesarei, avevano più di un 75 per cento di possibilità di successo7. È probabile che si trattasse di un gruppo di madri molto motivate e volenterose, ma conoscere questi studi infonde speranza a molte donne che hanno già subìto tre o quattro cesarei. Nella nostra società, dove le donne hanno pochi figli, l’esperienza si circoscrive a uno, due o tre cesarei al massimo, e ci sono molti studi medici che avvallano il parto vaginale anche dopo tre cesarei.


In realtà, indipendentemente dal numero di cesarei subiti, si può sempre attendere che inizi il parto e vedere come si svolge, sempre che non vi siano motivi medici che richiedano l’intervento.


Si può predire l’esito di un tentativo di VBAC? Alcuni ricercatori hanno analizzato recentemente i fattori di predizione di successo nel tentativo di parto vaginale dopo un cesareo8. Trovarono che, in effetti, se il cesareo precedente era stato praticato per un’indicazione come la presentazione di natiche o la sofferenza fetale, la percentuale di successo era decisamente superiore rispetto al caso di indicazioni diverse, come la sproporzione cefalopelvica (o bacino stretto). Ma lo stesso studio rilevò che, anche quando il cesareo precedente era dovuto a una sproporzione cefalopelvica, due terzi delle donne riuscivano ad avere un parto vaginale dopo un cesareo! Nella stessa ricerca è stato visto che l’incisione verticale nel segmento uterino inferiore non comprometteva la percentuale di successo, e i bambini macrosomici (vale a dire quelli che pesano più di quattro chili) non rappresentavano una controindicazione (poiché la metà riusciva nel parto senza aumentare i rischi di rottura uterina). Un’altra conclusione importante fu che la gravidanza gemellare dopo un cesareo non era una controindicazione al parto vaginale. La conclusione, in definitiva, è che sono poche le controindicazioni al tentativo di un VBAC e che questo ha successo nella maggior parte dei casi.

Nemmeno il motivo del cesareo pregresso influisce sul rischio di rottura uterina salvo in un caso: se vi è già stata una rottura dell’utero nella gravidanza precedente. In questi casi viene raccomandato un controllo assiduo e probabilmente esiste la vera necessità di programmare un cesareo.


Ma non bisogna confondere questa situazione eccezionale (la gravidanza dopo avere avuto una rottura dell’utero) con quella di moltissime donne alle quali è stato praticato un secondo cesareo mentre tentavano un VBAC. Molte di esse si sono sentite dire dal medico che le ha operate: “Hai avuto molta fortuna facendo un secondo cesareo, il tuo utero era sul punto di rompersi, era così sottile che sembrava un foglio di carta velina”. ll segmento uterino è fine per natura e, al termine di un parto, può essere quasi trasparente, ma ciò non significa che stia per rompersi immediatamente! Piuttosto il contrario, dovrebbe essere considerata una dimostrazione del fatto che l’utero è perfettamente dilatato ed elastico, visto che non si rompe.


In realtà, le possibilità di riuscita dipendono soprattutto da un fattore che non viene menzionato in nessuno studio: la visione del parto e l’esperienza dello specialista che lo segue. Se lo specialista crede che il parto sia un atto fisiologico che si svolge senza problemi, l’immensa maggioranza delle volte è molto probabile che la donna possa dare alla luce senza problemi. Al contrario, se lo specialista percepisce la donna gravida come una “bomba a orologeria sul punto di esplodere”, è più che probabile che la donna si ritrovi con un altro cesareo dovuto al timore dello specialista.


Quanto tempo si consiglia di attendere prima di una nuova gravidanza dopo un cesareo? In realtà la ferita dell’utero è già completamente cicatrizzata dopo sei settimane. L’OMS raccomanda di lasciar trascorrere uno o due anni fra una gravidanza e l’altra – non solo quelle successive a un cesareo. È ovvio che questo vale se si pensa che la donna allatti in modo esclusivo per sei mesi e prolunghi l’allattamento fino ai due anni. È sufficiente attendere da sei a nove mesi, e anche se è consuetudine raccomandare di attendere un anno, questo sarà sempre in funzione di un bambino allattato al seno.


Alcune ricerche indicano che dopo il cesareo può essere più difficile concepire. Inoltre aumenta il rischio di aborto spontaneo.


Non va fatto alcun test particolare per vedere in che condizioni è l’utero dopo il cesareo o i cesarei precedenti. Solo se si verificano aborti ripetuti sarebbe indicato effettuare un’isteroscopia, una tecnica relativamente semplice che consente di visualizzare l’interno dell’utero.


Non serve a molto nemmeno misurare lo spessore della cicatrice uterina al termine della gravidanza mediante un’ecografia. È un altro esempio dei test che spesso si compiono per tranquillità dello specialista senza che vi sia una vera prova della loro utilità. Un’altra delle ragioni che sovente viene prospettata alle madri che tentano un VBAC è che è necessario abbreviare la parte finale del parto – quella espulsiva – usando un forcipe e l’episiotomia per evitare il rischio di rottura dell’utero, ma nemmeno questa affermazione si basa su un’evidenza scientifica.


E quando bisogna programmare un cesareo?


Nei parti in cui, in modo scientificamente provato, si sa che sarà necessario praticare un cesareo. In quelli nei quali si sa che il bambino non corre alcun rischio, bisognerebbe attendere che il bambino stesso dia inizio al parto; in questo modo inizierà il suo cammino e sarà questa la prima decisione importante della sua vita. Perché, come detto, dopo le contrazioni spontanee del parto il bambino è più vitale e l’utero ha formato il segmento (uno spazio virtuale fra la cervice e il corpo uterino che diventa reale e sempre più sottile in seguito alle contrazioni del parto). Questa è la zona dove viene praticata l’incisione chirurgica nel cesareo. Se il segmento è più formato, la madre perderà meno sangue, l’utero cicatrizzerà meglio e la donna avrà maggiori e migliori possibilità di avere un parto vaginale in futuro. Le donne che si sottopongono a un parto-cesareo programmato hanno la speranza, le esperienze e la “soddisfazione” di un parto e non di un intervento chirurgico. E il legame affettivo con il bambino è più facile.

Fidarsi di nuovo: una sfida

La rottura dell’utero è una possibilità piuttosto remota per la maggior parte delle donne incinte con un cesareo pregresso; tuttavia si tratta di un timore frequente. È più pericoloso fare un’amniocentesi (che presenta un rischio di morte fetale intorno all’1 per cento) che tentare un VBAC.


Sono sempre più numerosi gli studi che dimostrano l’effetto negativo dello stress materno durante la gravidanza sulla salute del bambino. Si sa che può causare un parto prematuro, un basso peso alla nascita, problemi nel bambino come un deficit di attenzione con iperattività, ecc.. Ciò che più stressa una donna gravida è che le venga detto che il suo bambino corre dei rischi. E questo viene fatto spesso senza che vi sia alcuna ragione che giustifichi un simile allarme.


Invece di minacciare le donne con il mito della rottura dell’utero, ciò che dovrebbero fare le ostetriche e i ginecologi è incoraggiarle a fidarsi del loro corpo, a festeggiare le loro gravidanze, a godere del privilegio di portare in grembo una nuova vita, a mettersi in contatto con il bambino e a fidarsi di lui. Partorire dopo un cesareo sarebbe molto più facile se, quando la gravida entra in ambulatorio, il suo specialista le dicesse: “Congratulazioni, il tuo corpo sta facendo un lavoro eccellente, il tuo utero funziona alla perfezione, il tuo bambino sta benissimo ed è felice di come ti stai occupando di lui…”. Ve lo immaginate?

Idee principali sul VBAC

- Il parto vaginale dopo un cesareo (VBAC) è una possibilità reale scientificamente dimostrata.


- Dei casi selezionati per tentare il parto vaginale, circa il 70-80 per cento viene portato a termine con successo.


- Esistono poche gravidanze dopo un cesareo nelle quali sia necessario programmare un nuovo cesareo.


- Anche in questi casi, nella maggior parte di essi è possibile e consigliabile per la madre e il bambino attendere l’inizio del parto spontaneo prima di praticare il cesareo. La madre perderà meno sangue e il bambino migliorerà la sua vitalità e stabilirà un legame con la madre per mezzo degli ormoni del parto.


- Devono essere rispettati l’inizio e l’evoluzione spontanea del parto per garantire un buon processo e ridurre al minimo le possibili complicazioni.


- Non si deve utilizzare l’anestesia epidurale, e le scarse induzioni con ossitocina devono essere previamente valutate con attenzione.


- In queste condizioni, la possibilità di rottura dell’utero è meno dell’1 per cento; nei cesarei programmati è pari ad un 0,2 per cento.


È importante, per poter tentare un VBAC, avere avuto un post-operatorio normale nel cesareo precedente, senza alcuna infezione uterina.

Il parto cesareo
Il parto cesareo
Ibone Olza, Enrique Lebrero Martinez
Solo se indispensabile, sempre con rispetto.Spesso il parto cesareo viene proposto senza una reale scelta da parte della mamma. Come è possibile renderlo il meno tecnologico possibile? Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno registrato un allarmante incremento dei parti con taglio cesareo, al punto che per molti costituisce addirittura il modo più frequente di nascere. Senza alcun dubbio questa cultura non tiene conto delle conseguenze psicologiche, oltre che fisiche, tanto per la madre quanto per il figlio. Contro questa tendenza, il saggio Il parto cesareo di Enrique Lebrero Martinez e Ibone Olza intende incoraggiare le madri a ritrovare la fiducia nel proprio corpo e a recuperare la dignità della nascita. Il libro si rivolge quindi sia alle donne e alle famiglie, sia agli operatori sanitari, e tutti coloro che hanno a che fare con l’evento della nascita. Conosci l’autore Ibone Olza, nata in Belgio nel 1970, è madre di tre figli. È laureata in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Navarra e dottoressa in Medicina presso l'Università di Saragozza, specializzandosi in Psichiatria e svolgendo la sua attività professionale nel campo della psichiatria infantile, giovanile e perinatale. Attualmente lavora come psichiatra infantile presso un Centro di Igiene Mentale di Madrid e appartiene all'associazione El Parto es Nuestro. Dal 1996 è socia del gruppo di sostegno all'allattamento "Via Lactea" di Saragozza e nel 2001 ha fondato, insieme a Meritxell Vila, il forum virtuale Apoyo Cesareas, che fornisce supporto psicologico a madri che hanno subito cesarei e parti traumatici.