prima parte - Iv

Giochi classici

Le bambole

Apparse molte migliaia di anni fa, le prime bambole avevano una funzione sacra (una sorta di idolo, di statuetta della fecondità). Verso il V secolo a. C. la bambola diventa articolata e assume una funzione ludica. Secondo Gilles Brougère, autore del libro Le jouet, valeurs et paradoxes d’un petit objet secret (Autrement, 1992) ciò che differenzia la bambola da altri tipi di giocattoli è la relazione “attiva” che la lega al bambino. La bambola ha un ruolo simbolico molto importante. La bambola è “immagine dell’Uomo”. La bambola rappresenta il bambino stesso. Il fatto di poterle attribuire diverse emozioni permette al bambino di sperimentarle senza limiti.


“Ed ecco che la bambina, giocando con la sua bambola, anticipa una maternità possibile riuscendo ad affrontare meglio le pressioni emotive attuali. Se è gelosa del fratellino che accaparra l’attenzione della mamma, la sua bambola le permetterà di esprimere e di controllare questi sentimenti ambivalenti; può sfogarsi malmenando la bambola, che rappresenta il suo rivale. Può così punire il fratellino per il tormento che lei subisce, e del quale lui è la causa innocente. Può anche soddisfare la parte positiva di questa ambivalenza coccolando la bambola, come fa la mamma con il neonato, liberandosi così del senso di colpa e identificandosi con la mamma. Identificandosi invece con la bambola stessa può beneficiare delle attenzioni che vorrebbe da sua madre.”1


Le bambole Waldorf

Le bambole Waldorf sono all’apparenza molto semplici. In realtà richiedono un lavoro lungo e minuzioso, e anche una certa dose di forza per imbottirle. A differenza delle bambole di plastica che si possono trovare nei negozi, si tratta di bambole uniche. Proprio come le persone, non ne esistono due esattamente identiche.


Le bambole Waldorf sono composte esclusivamente di materiali naturali, e sono imbottite con lana di pecora, che si scalda a contatto con il corpo del bambino, dando l’impressione di una bambola “viva”. Il fatto che i tratti del viso siano appena accennati è il frutto di una scelta precisa: questo permette al bambino di interpretarne lo stato d’animo a suo piacimento. Questo può sembrare scontato ma con le bambole che piangono/parlano/ridono ecc. il bambino non è più libero di decidere a che gioco giocare. Queste bambole possono anche diventare maschi o femmine a seconda della volontà del bambino. E sono adatte ai bambini maschi come alle femmine.


Qualcuno potrebbe avere delle perplessità riguardo all’eventualità di proporre una bambola a un maschietto, per paura di minare la sua “virilità”. Niente paura: il gioco con le bambole non metterà in pericolo la virilità futura del vostro bambino. Dai tre ai sei anni il bambino ama imitare i genitori. Ogni giorno li vede accudire uno o più bambini e per lui sarà normale accudire la sua bambola. Se poi ha la fortuna di avere un papà che partecipa attivamente all’educazione dei figli, avrà un meraviglioso esempio di figura maschile, forte e rassicurante, ma anche dolce e amorevole. Per di più, privando i maschi della possibilità di giocare con le bambole si impedisce loro di sperimentarne il potere “terapeutico” descritto sopra, quando parlavamo della bambina alle prese con la gelosia nei confronti del fratellino.

La bambola-fazzoletto

Si tratta di un semplice fazzoletto, preferibilmente di seta, annodato in modo da assumere una forma che ricorda vagamente quella umana. Questa “bambola” può apparire fin troppo semplice e rudimentale al nostro occhio di adulti, ormai viziato dai bombardamenti pubblicitari. Ma il bambino piccolo apprezzerà tantissimo questo gioco, soprattutto a partire dai tre-quattro mesi, quando potrà iniziare ad afferrarlo e manipolarlo.


Questo tipo di bambola è ideale per i neonati. Ma attenzione: se ci sono in casa fratelli e sorelle più grandi ve ne chiederanno una anche loro!

L’oggetto transizionale

I francesi lo chiamano familiarmente doudou (pronuncia: dudù). È l’oggetto feticcio di ogni bambino. Di solito un pupazzo, una copertina (la copertina di Linus era appunto il suo doudou) o un altro oggetto morbido.


In Francia il doudou è una cosa molto seria. Si tratta di un membro della famiglia a tutti gli effetti. Esistono addirittura servizi di immatricolazione, per poterlo ritrovare in caso di smarrimento. Durante la gravidanza, le puericultrici incoraggiano i futuri genitori a scegliere un doudou per il loro bambino, e a tenerselo nel letto in modo che questo si impregni del loro odore e possa accompagnare e rassicurare il piccolo fin dalla nascita.


Spesso e volentieri il bambino sceglie da sé il proprio doudou, che non sarà sempre quello proposto dai genitori. Sarà un oggetto che, per motivi più o meno comprensibili ai nostri occhi, acquisterà per lui un’importanza e un significato particolare.


Marcel Rufo, psichiatra infantile francese, consiglia alle mamme di rispettare l’attaccamento del proprio figlio al suo doudou, e di non cedere alla tentazione di lavarlo a tutti i costi, privandolo di quegli odori di cui è impregnato e che sono tanto cari al bambino.


Secondo Winnicott l’oggetto transizionale (questo è il suo nome tecnico) è un oggetto che non è né interno (in quanto non fa parte del corpo del bambino) né esterno. Non è sotto controllo come il bambino stesso, né fuori controllo come lo è invece la mamma. Si tratta della prima possessione esterna, il suo primo uso di un simbolo e la sua prima esperienza di gioco.

In realtà non è l’oggetto in sé ad essere transazionale. L’oggetto rappresenta la transizione del bambino dallo stato di fusione con la madre a quello di relazione tra due esseri separati.2


L’oggetto simbolizza l’unione tra madre e figlio. È la materializzazione di qualcosa di molto più profondo: il bisogno di amare e di sentirsi amati.


Dal 1985 l’associazione inglese “Teddies for Tragedies” realizza orsacchiotti fatti a maglia che vengono recapitati ai bambini in difficoltà in giro per il mondo. Secondo i medici questi orsetti sono spesso efficaci quanto le medicine. Si tratta di oggetti che trasmettono sicurezza e che “simboleggiano un sostegno affettivo incondizionato”3.

Giochi con me?
Giochi con me?
Claudia Porta
Tanti modi creativi per accompagnare i nostri figli nella crescita.Tante idee per imparare a giocare con i bambini, creare giochi fai da te e divertirsi nella natura, stimolando la creatività e la fantasia dei nostri figli. Da bambini, tutti sappiamo giocare. Crescendo però smettiamo gradualmente di farlo, per poi accorgerci che non ne siamo più capaci. Ed è qui che ci vengono in aiuto i nostri figli: attraverso il gioco è possibile infatti creare un legame profondo con i bambini e, se restiamo in ascolto, potremo capire molto di più di ciò che riescono a esprimere a parole. Claudia Porta presenta, oltre ad alcune riflessioni sull’importanza del gioco nei suoi diversi aspetti, molti progetti creativi alla portata di tutti, da realizzare con e per i bambini.Giochi con me? diventa, così, anche un libro per trasmettere ai più piccoli il valore del lavoro e il rispetto per ciò che ne risulta, perché comprendano che ciò che non esiste si può sempre inventare. Conosci l’autore Claudia Porta è autrice, blogger e insegnante di yoga e di meditazione. Dal 2007 vive in Provenza e cura il blog lacasanellaprateria.com. Organizza anche corsi di yoga e meditazione guidate.