Giochi e stereotipi
Che maschi e femmine siano diversi è innegabile. Che questi abbiano, spontaneamente e naturalmente, gusti diversi è forse altrettanto vero, fino a un certo punto. Che la differenza tra maschi e femmine venga sfruttata spudoratamente per venderci il doppio dei giocattoli è una solida realtà.
Per quanto facciamo attenzione, a livelli diversi, ci caschiamo quasi tutti. Ed ecco che se vogliamo fare un complimento a una bimba le diremo che è bella, mentre al maschietto diremo che è forte. In questo modo rafforziamo l’idea di ciò che apprezziamo in loro e li spingiamo a coltivare questa o quella qualità.
Più o meno inconsciamente, incoraggiamo i nostri figli maschi a esplorare il mondo e a correre rischi mentre tendiamo a proteggere le bambine, alle quali affibbieremo un bel bambolotto da curare. Alle nostre figlie non trasmettiamo abbastanza coraggio, e nei nostri figli dimentichiamo di coltivare l’empatia.
Non è mai troppo tardi per rimediare e, se ci impegniamo in questo senso, non saranno solo i bambini a trarne beneficio. Incoraggiando i propri figli maschi a esprimere le proprie emozioni, anche i papà potranno entrare in contatto con il misterioso mondo dei sentimenti. Spronando le bambine a superare i propri limiti, anche le mamme potrebbero scoprire risorse insperate.
I nostri figli ci offrono una splendida opportunità: quella di rientrare in contatto con il nostro bambino interiore, zittito da troppo tempo. Di farlo sentire amato e rassicurato. Di permettergli di crescere e superare blocchi che ci impediscono a volte di goderci la vita o di essere pienamente noi stessi. Di essere le persone (e i genitori) che vorremmo.
I bambini (maschi) sono spesso investiti di grandi aspettative. Ci si aspetta che compiano grandi imprese e che se la cavino da soli. Se piangono, se hanno paura, se tentano di esprimere le proprie emozioni, vengono chiamati femminucce. Vista la connotazione peggiorativa di questo termine, i bambini cercano di non deluderci e di comportarsi da maschi, tenendosi dentro le proprie emozioni e puntando sempre ad eccellere, soprattutto sul piano fisico e competitivo. Le bambine, invece, vengono educate ad essere carine, sorridenti e poco assertive. Se non si conformano a questo modello vengono definite maschiacci. Di questa etichetta tenteranno di sbarazzarsi esasperando precocemente la propria femminilità.
Nei reparti giocattoli destinati alle bambine, la possibilità di scelta è decisamente limitata. L’autostima delle nostre figlie è messa a dura prova. La campagna Pink Stinks (www.pinkstinks.com) denuncia: nei reparti giocattoli destinati alle femminucce, tutti rosa e paillettes, troverete costumi da principessa, da fatina sexy (completi di scarpe con il tacco) o al massimo da infermiera. Medici, piloti e scienziati sono invece nel reparto maschile. Se vi sentite generosi potrete investire in un meraviglioso abito da sposa. Non intestarditevi però a cercare quello da sposo: non lo troverete.
Questo non incoraggia certo le ambizioni e aspirazioni delle nostre figlie. I mestieri socialmente utili, avventurosi o interessanti sembrano essere riservati al sesso maschile. Le bambine dovrebbero accontentarsi di agghindarsi per essere, al massimo, una gradevole cornice.
Di recente anche alcuni giochi classici sono stati rivisitati in versione femminile. Ed ecco che “Scrabble for girls” tutto vestito di rosa, è presentato con la parola “moda” sulla confezione.
Nella versione “rosa” di Monopoly, invece del cane, della bussola e delle scarpe troverete infradito, borsetta e asciugacapelli. Case e alberghi sono stati sostituiti da boutiques, grandi magazzini e saloni di bellezza. Per finire, la scatola può essere riutilizzata come portagioie.
Pink Stinks segnala anche il gioco “Magnetic Words”, volto ad ampliare il vocabolario dei bambini delle scuole elementari. La versione maschile contiene parole come luna, elicottero, aeroplano, ossa, pietre, stagno, erba, cane, foresta, tesoro, correre, arrampicarsi, albero, ecc. Nella versione destinata alle bambine troverete invece: vestiti, fascia per capelli, profumo, rossetto, borsetta, rosa, trucco, scarpe, capelli, gioielli, principessa, regina, tiara, diamante. Alberi, stagni, corse e arrampicate sembrerebbero quindi cose da maschi mentre alle bambine non resta che sedersi davanti allo specchio e farsi belle.
Sharon Lamb e Lyn Mikel Brown, già citate in precedenza per il loro libo Packaging Girlhood, hanno esaminato le confezioni dei principali giochi di società attualmente sul mercato e hanno notato che i bambini (maschi) sono spesso raffigurati nell’atto di saltare di gioia, con le mani o il pollice in alto in segno di vittoria. Le bambine, quando compaiono, sono in genere semplici spettatrici.
Le due autrici hanno anche notato che, se i giochi destinati ai maschi comprendono sfide intellettuali ed esperimenti scientifici, tra quelli destinati alle femmine esistono giochi a dir poco inquietanti. Il gioco “Are You 4 Real?”, ad esempio, consiste nell’ingannare le proprie amiche inventando una storia e rendendola credibile ai loro occhi. Sulla confezione, tre ragazzine su un tappeto, circondate da cuscini. Insieme, chiacchierano e mangiano popcorn. Si tratta, sembrerebbe, di tre amiche. Sempre che di amicizia si possa parlare, dato che lo scopo del gioco è essere la migliore bugiarda. Destinato alle bambine dai nove anni in su, questo gioco le incita al tradimento e alla menzogna.
Sempre sullo stesso genere, “Fib Finder” contiene una serie di domande alle quali ciascun concorrente dovrà rispondere. Lo scopo è di smascherare eventuali bugie. Il gioco suggerisce alle bambine quali sono gli argomenti “tabù”, sui quali sarebbe meglio mentire, per non compromettere la propria immagine di “brava bambina”. Ecco alcuni esempi di comportamento considerato “disdicevole”: “Hai mai attaccato una gomma da masticare sotto un tavolo?” oppure “Hai mai mangiato un’intera vaschetta di gelato?”. Immaginate di rivolgere questa domanda a un maschio. La risposta sarebbe probabilmente. “Sì. E allora?”. Perché le nostre figlie dovrebbero vergognarsi dello stesso comportamento?
E che dire del classico gioco “Indovina chi?”; esiste in diverse versioni destinate al pubblico afro-americano e latino-americano. Se l’azienda sembra essere attenta alle questioni razziali, nessuno sforzo è stato fatto negli anni per inserire un minimo di “quote rosa”. In tutte le differenti versioni del gioco, troverete diciotto uomini e soltanto cinque donne.
I videogiochi non sono da meno. Descrivono scenari grotteschi nei quali i personaggi femminili sono spesso offerti come trofeo al vincitore; a chi avrà massacrato il maggior numero di avversari.