CAPITOLO II

Vivere con un bimbo piccolo

Il bimbo piange: i genitori devono rispondere?

Immaginate di essere rapiti da un’astronave aliena e portati su un pianeta lontano. Siete circondati da misteriose, gigantesche creature che non parlano la vostra lingua. Due di loro vi prendono sotto la loro custodia. Dipendete da loro per tutti i vostri bisogni: bere, mangiare, stare bene e soprattutto sentirvi sicuri in quel posto strano. A questo punto immaginate di sentirvi male, di avere una sete terribile o bisogno di rassicurazione: piangete disperati, ma i vostri tutori vi ignorano. Non riuscite a farvi capire per ricevere aiuto, per fare in modo che capiscano i vostri bisogni. Ora avete un altro problema, peggiore del primo: vi sentite del tutto impotenti e smarriti in un mondo alieno.


A nessuno piace essere ignorato. È una condizione che suscita sentimenti di rabbia e impotenza che danneggiano qualsiasi relazione; si tratta di una reazione universale conosciuta da tutti gli adulti, non c’è ragione di pensare che sia diverso per i bambini e i neonati. Pressoché nessuno ignora un adulto che ripeta in continuazione: “Aiuto, non mi sento bene!” Ma un bambino non è in grado di esprimere tale richiesta, può solo continuare a piangere fino a quando qualcuno risponde, o arrendersi sconsolato.


Nella cultura occidentale moderna si ritiene che il pianto sia una cosa normale e inevitabile per i bambini. Eppure per migliaia di anni gli adulti hanno risposto subito e senza esitazione al pianto del bambino: nelle società in cui i piccoli – per molti mesi – rimangono vicini alla madre per la maggior parte del giorno e della notte, il pianto è raro. E al contrario di quello che molti pensano nella nostra società, i bambini accuditi in questo modo diventano indipendenti prima dei bambini che non ricevono queste cure.


Anche le ricerche sulle esperienze dell’infanzia lo confermano: i bambini che hanno ricevuto le cure più amorevoli diventano adulti più affettuosi e sicuri di sé, mentre quelli costretti a comportamenti remissivi accumulano risentimenti e rabbia che in seguito potrebbero esprimersi in modo distruttivo.1


Malgrado tutte le ricerche, la maggior parte delle giustificazioni per ignorare il pianto del bambino si riducono al solo argomento di non “viziare” il bambino. In un tipico opuscolo sulla cura dei lattanti si consigliava ai genitori di “lasciare che il bambino si arrangi per un po’”.


Se da una parte è vero che la prima infanzia mette alla prova i genitori, dall’altra un bambino è ancora troppo piccolo e inesperto per “arrangiarsi”, qualsiasi ragione abbia di piangere. Non è capace di nutrirsi, cambiarsi o rassicurarsi come ha bisogno la sua natura. È ovvia responsabilità dei genitori andare incontro ai bisogni dei bambini di essere amati, accuditi e protetti; non è responsabilità di un bambino occuparsi del bisogno di tranquillità e pace degli adulti. L’opuscolo voleva intendere che se un genitore lascia al bambino la possibilità di essere autosufficiente per un po’ lo aiuterà a crescere. Ma questa maturazione non è alla portata del lattante: un’autentica maturazione è il riflesso di una solida base di sicurezza emotiva che proviene solo dall’amore e dal sostegno di chi gli sta vicino nei primi anni di vita.

In tutta innocenza il bambino crede che noi genitori facciamo le cose giuste, che facciamo quello che va fatto. Se non facciamo niente il bambino può solo dedurre che non gli vogliamo bene perché non è degno di amore. Non fa parte delle sue capacità intuire che siamo solo impegnati, distratti, preoccupati, fuorviati da presunti “esperti” o semplicemente inesperti noi come genitori. Non importa quanto bene vogliamo al bambino, lui può solo capire le manifestazioni esplicite del nostro amore.


Una persona immatura reagisce allo stress in modo immaturo. Un bambino privato del naturale diritto di essere accudito dai suoi genitori risponderà con inefficaci autostimolazioni (sbattendo la testa, sussultando ritmicamente, succhiandosi un dito) e ritraendosi emotivamente dagli altri. Se le sue necessità vengono abitualmente ignorate, potrebbe decidere che la solitudine e la diffidenza siano preferibili al rischio di altre delusioni e rifiuti. Purtroppo una volta che un bambino assume una tale decisione, questa rischia di diventare una visione permanente della vita e portare a un futuro impoverimento emozionale. Molti operatori dell’infanzia si sono accorti come i genitori che incoraggiano l’autoappagamento attraverso oggetti sostitutivi della loro presenza: orsacchiotti di peluche al posto dei genitori, passeggini invece delle braccia materne, lettini con le sbarre invece del sonno condiviso insieme a mamma e papà, succhiotti invece dell’allattamento al seno, giocattoli al posto dell’attenzione dei genitori, carillon invece della voce umana, latte in polvere al posto del latte materno, sdraiette in sostituzione del grembo materno, contribuiscono a formare un’era di possesso materialistico, solitudine e mancanza di appagamento emotivo.


Ignorare il pianto di un bambino è come mettersi i tappi nelle orecchie per non sentire la sirena di un allarme antincendio. Ma l’allarme serve proprio a richiamare la nostra attenzione verso qualcosa che va preso sul serio, e altrettanto vale per il pianto del bambino. Come scrive Jean Liedloff nel suo libro Il Concetto del Continuum: “il pianto di un bambino è proprio tanto serio quanto sembra”.2


Per quanto sia stressante, il pianto del bambino non va considerato come una prova di forza tra genitore e il neonato, ma è un dono che la natura ci offre per assicurarsi che ogni neonato possa diventare un adulto con una generosa capacità di fiducia e amore.

Dieci ragioni per rispondere a un bambino che piange

  1. I primi tentativi che un bambino fa di comunicare non possono avvenire per mezzo di parole, ma solo attraverso modalità non verbali. Non può esprimere a parole la sua felicità, ma può sorridere. Non può esprimere a parole emozioni di tristezza o rabbia, ma può piangere. Se quando sorride riceve una risposta, mentre quando piange viene ignorato, il bambino riceve il messaggio distruttivo che è amato e accudito solo quando è contento. I bambini che continuano a ricevere questo messaggio per anni non potranno mai sentirsi veramente amati e accettati.
  2. Se i tentativi del bambino di comunicare tristezza o rabbia vengono solitamente ignorati, non può imparare a esprimere con parole quei sentimenti. Il pianto ha bisogno di ricevere una reazione adeguata e positiva perché il bambino capisca che tutte le sue emozioni sono accettate. Se i suoi sentimenti non vengono accolti, e il bambino viene ignorato o punito perché piange, riceverà il messaggio che la tristezza e la rabbia sono sentimenti inaccettabili, a prescindere da come si esprimono. È impossibile per un bambino capire che i suoi sentimenti di tristezza o rabbia saranno accettati quando sarà cresciuto abbastanza per poterli esprimere con parole appropriate. Un bambino può comunicare solo nei modi che gli sono possibili in base all’età; è in grado di fare solo quello che ha potuto imparare. Ogni bambino fa del suo meglio in base alla sua età, esperienza e circostanze. È assolutamente sleale punire un bambino perché non fa più di quello che può.
  3. Se un bambino riceve il messaggio che i suoi genitori gli rispondono solo quando è “buono”, finirà col nascondere il “cattivo” comportamento e le “brutte” emozioni agli altri, oltre che a se stesso, rischiando di diventare un adulto che reprime le emozioni sgradevoli e non è capace di comunicare l’ampia gamma delle emozioni umane. Di fatto per molti adulti è difficile esprimere rabbia, tristezza e altre “brutte” emozioni in modo giusto.
  4. La rabbia che non si è capaci di esprimere nella prima infanzia non scompare nel nulla: diventa repressa e si accumula col passare degli anni fino a quando il bambino non è più capace di contenerla ed è cresciuto abbastanza da non temere più una punizione fisica. Quando alla fine questo contenitore di rabbia si spalanca, i genitori sono spesso scioccati e confusi. Hanno dimenticato le centinaia o migliaia di momenti frustranti con cui hanno riempito quel contenitore negli anni. Il principio psicologico secondo cui “la frustrazione porta all’aggressività” risulta più che mai evidente nella ribellione finale di un adolescente. I genitori devono capire quanto sia frustrante per un bambino sentirsi “invisibile” quando il suo pianto è ignorato, o sentirsi indifeso e disperato quando ogni tentativo di esprimere i suoi bisogni e sentimenti non è compreso, è ignorato o punito.
  5. Tutti siamo nati con la consapevolezza che ogni emozione che proviamo è legittima. A poco a poco perdiamo questa convinzione se solamente il lato “buono” di noi riceve una risposta positiva. Questa è una tragedia, perché solo quando accettiamo pienamente noi stessi e gli altri, nonostante i nostri errori, possiamo instaurare autentiche relazioni affettive. Se non siamo stati pienamente amati e accettati durante la nostra infanzia, potremmo non riuscire mai a imparare cosa si prova e come si comunica questa accettazione agli altri, indipendentemente da quante terapie, letture o riflessioni facciamo. Quanto sarebbe più facile la nostra vita se solo avessimo ricevuto amore incondizionato nei nostri primi anni!
  6. I genitori che si chiedono se debbano rispondere o no al pianto di un bambino, pensino a quali sarebbero le loro personali reazioni nelle medesime situazioni. Molti genitori pensano che sia giusto ignorare il pianto del bambino, però provano una gran rabbia se il loro compagno o compagna li ignora quando cercano di conversare. In tanti nella nostra società credono che una persona debba raggiungere una certa età per avere il diritto a essere ascoltata. E quale sarebbe mai l’età giusta? I neonati e i bambini non sono esseri umani meno importanti di noi solo perché sono piccoli e indifesi. Anzi, più siamo indifesi, più meritiamo affetto, aiuto e considerazione.
  7. Se i bambini imparano dall’esempio dei genitori che le persone indifese meritano solo di essere ignorate, rischiano di perdere quella compassione verso gli altri con cui tutti gli esseri umani sono nati. Se quando erano neonati indifesi le loro lacrime sono state ignorate, iniziano a pensare che quella sia la risposta giusta nei confronti dei più deboli. La mancanza di compassione è la premessa della violenza che seguirà. Chi si meraviglia di come un criminale violento non abbia nessuna pietà per le sue vittime dovrebbe riflettere sull’origine della perdita di quella pietà. La compassione non svanisce da un giorno all’altro, ma viene derubata da un’educazione insensibile o punitiva, goccia dopo goccia, fino a esaurirsi. Perdere la compassione è la tragedia più grande che possa accadere a un bambino.
  8. Quando un bambino impara dall’esempio dei suoi genitori che è giusto ignorare il pianto di un neonato, tratterà i suoi figli nello stesso modo, a meno che non si verifichi qualche intervento esterno. La condizione di genitori inadatti si tramanda di generazione in generazione fino a quando qualche evento propizio non interverrà a cambiare quel modello. Quanto sarebbe più facile per un genitore se avesse appreso fin dalla sua infanzia come si trattano i bambini! Questo ciclo inadeguato potrà forse iniziare a cambiare quando nessuno ignorerà più un bambino che piange disperatamente, ma si fermerà ad aiutarlo. Potrebbe essere la prima volta che quel bambino riceve il messaggio vitale che i suoi sentimenti sono legittimi e importanti, e questo messaggio forse lo ricorderà in seguito, quando anche lui sarà genitore.
  9. Il pianto è un segnale fornito da madre natura per richiamare i genitori affinché provvedano ai bisogni del neonato. La natura non avrebbe mai dotato i bambini di un richiamo ricorrente senza motivo.
  10. I genitori che rispondono solo al “buon comportamento” talvolta credono di educare un bambino a “comportarsi meglio”. Eppure anche loro si sentono più collaborativi con chi li tratta con gentilezza, in qualunque situazione. È un altro esempio di come i bambini vengano visti come una specie diversa, quando in realtà sono persone che si comportano secondo gli stessi princìpi di tutti gli altri esseri umani. Come tutti, reagiscono meglio alla gentilezza, alla pazienza e alla comprensione. I genitori che si interrogano sul perché un bambino sia “maleducato”, dovrebbero fermarsi e chiedersi: “Io mi sento di collaborare se qualcuno mi tratta bene, oppure se mi tratta nel modo in cui ho appena trattato mio figlio?”

I fratellini arrivano all’improvviso

Una mamma scrive per chiedere consiglio, perché sta affrontando una “prova di forza” con la figlioletta di quattro anni. Tra i particolari che fornisce su se stessa e la figlia il più significativo è che ha avuto un maschietto appena sette settimane prima. Un bambino molto piccolo richiede un grande dispendio di tempo e di attenzione e i fratellini ricevono inevitabilmente meno attenzioni da parte dei genitori rispetto a prima dell’arrivo del nuovo nato.


Se un bambino potesse apparire gradualmente, per un’ora oggi, due ore domani… sarebbe altrettanto graduale la minore attenzione che i genitori riservano ai bambini più grandi. Ma un bimbo arriva all’improvviso e i fratellini devono fare del proprio meglio per adattarsi all’improvvisa riduzione di tempo, energie e attenzioni dei genitori.


È parte del nostro compito di genitori capire queste situazioni dal punto di vista dei bambini. Più riusciamo a comprendere gli inevitabili sentimenti di frustrazione e gelosia e più facilmente riusciremo a soddisfare il loro bisogno di attenzione. È una vera sfida quando i fratellini ci chiedono più attenzione proprio nel momento in cui siamo meno in grado di darne! Anche l’adattamento di mamma e papà al nuovo nato avviene all’improvviso! Per questo motivo il dottor Elliott Barker, direttore della Società canadese per la prevenzione degli abusi sui minori, raccomanda di aspettare almeno tre anni prima di avere un altro bambino, affinché il più grande abbia maggiori possibilità di soddisfare i propri bisogni grazie al maggior tempo e attenzioni che possono dargli i genitori:

“Allevare nel migliore dei modi un bambino fino ai 3 anni richiede un enorme dispendio di tempo ed energia da parte di entrambi i genitori. È importante che i genitori si concedano una pausa tra un bambino e un altro per evitare lo sfinimento a cui andrebbero incontro, anche con le migliori intenzioni, affrontando il difficile compito di soddisfare i bisogni emotivi di più bambini troppo vicini nel tempo”.3


I gemelli, invece, non vivono la stessa competizione che affligge un fratello o una sorella più grande perché non sono mai stati figli unici.


Noi certo speriamo che il figlio più grande sappia comprendere la situazione dal nostro punto di vista e chiedere meno attenzioni rispetto al neonato che è ancora piccolo e indifeso. Ma non è così, specialmente se i bambini sono molto vicini come età. Sarebbe sleale, irrealistico e in ogni caso inutile aspettarsi dai bambini che rimandino i loro bisogni urgenti del nostro amore e conforto. Spetta a noi entrare in sintonia con le loro necessità, e la comprensione che gli esprimiamo insegna la comprensione verso gli altri, compresi i nuovi fratellini e sorelline.


È sempre una questione di fiducia. Dobbiamo confidare nei nostri figli, dobbiamo capire che ci comunicano bisogni legittimi nel modo più maturo possibile per il loro grado di sviluppo e secondo le circostanze. Se li puniamo perché comunicano i loro bisogni, non possono evolvere a uno stadio più maturo e imparare il modo di esprimere quei bisogni e sentimenti.


Dobbiamo trovare nel nostro cuore l’amore necessario per entrare in sintonia con un bambino che si trova davanti a questo improvviso e difficile adattamento. Ma come fa un genitore stremato dalla nascita del nuovo bimbo a trovare l’energia per soddisfare i sentimenti di emarginazione e gelosia del bambino più grande? Una sana alimentazione e adeguato riposo, prima e dopo il parto, aiutano la madre e il fratellino più grande ad adattarsi. Aiuta anche avere il tempo per preparare il figlio più grande all’arrivo del nuovo fratellino, ascoltarlo con pazienza rispondendo a tutte le sue domande, leggere buoni libri sull’argomento e trascorrere un po’ di tempo assieme ai bambini di altre famiglie. Ma il fattore chiave sarà sempre la nostra capacità di comunicare rispetto, amore e fiducia a ognuno dei nostri figli.

Gabbie solitarie

Ogni verità attraversa tre fasi: prima viene ridicolizzata, poi incontra una violenta opposizione, infine viene accettata come ovvia.
Arthur Schopenhauer

Questo aforisma, scritto 200 anni fa, ha certamente superato la prova del tempo. Gli scritti di Copernico in cui si diceva che la terra gira intorno al sole sono stati banditi per secoli. Nel XVI secolo l’adesione a quella teoria portò Galileo a subire un processo dell’Inquisizione e la prigionia. Oggi l’intuizione di Copernico sembra ovvia. Molte altre scoperte hanno subìto la stessa evoluzione, passando dal ridicolo all’opposizione più accanita fino all’accettazione come verità palesi. Purtroppo negli ultimi anni i metodi per allevare i figli sembrano andare nella direzione opposta. In molti ambiti, dal dormire al mangiare e alla disciplina, si è partiti da un legame di affetto e fiducia tra genitori e figli, per andare verso un approccio artificiale, diffidente e distaccato, soprattutto nel mondo occidentale.


Consideriamo la controversa questione del dormire insieme ai genitori. Per centinaia di migliaia di anni il bisogno del piccolo di restare accanto ai genitori di giorno e di notte è stata una verità evidente, il modo più ovvio di rispondere ai bisogni legittimi di attaccamento e benessere del neonato. I genitori del passato sapevano bene che i figli meritavano la loro compagnia e sostegno amorevole nelle notti buie come, o ancora più, che alla luce del giorno. I bambini dormivano accanto alle loro mamme, abitudine che consolidava il loro legame e incoraggiava, facilitandolo, l’allattamento al seno. Oggi sappiamo che dormire insieme ai genitori comporta numerosi benefici per i bambini:

  • Il più grande vantaggio è quello di facilitare l’allattamento al seno, dato che la madre non deve alzarsi di notte per andare a prendere il bambino in un’altra stanza. La mamma può facilmente nutrire il piccolo nel suo letto senza risvegliarsi completamente continuando a riposare. Ne consegue che dormire insieme incoraggia l’allattamento al seno prolungato. Inoltre i bambini poppano fino a tre volte di più durante la notte rispetto ai bambini isolati dalla mamma, godendo di intervalli più equilibrati tra le poppate, e di una maggiore quantità di latte materno.4
  • Secondo il ricercatore del sonno James McKenna, dormire insieme aumenta la probabilità che i genitori possano intervenire per scongiurare la morte del neonato, che sia dovuta a una condizione fisiologica o accidentale, e ricorda che “dormendo insieme i genitori possono avvertire lo stato di crisi del bambino e reagire”. Le apnee notturne sono normali nei primi mesi di vita e si ritiene probabile che il ritmo della respirazione della madre possa ricordare al piccolo di inspirare dopo aver espirato. Questo può prevenire la sindrome della morte in culla (SIDS). Quando il meccanismo del ricordo fallisce, la madre è lì vicina per aiutare il neonato a risvegliarsi. La mamma che allatta e il suo bambino tendono ad avere fasi di sonno e sogno sincronizzate e la madre ha una più acuta sensibilità nei confronti del bambino. Dormendo vicini la mamma si sveglia se il bambino è in difficoltà. Se invece il bambino dorme da solo, questo intervento salvavita non può verificarsi. Aggiunge McKenna: “dato che la prevenzione della SIDS potrebbe essere correlata alla frequenza e durata dell’allattamento al seno, e siccome vengono allattati più frequentemente i bambini che dormono con i genitori, questa abitudine può servire a proteggere molti lattanti”.5
  • Qualsiasi pericolo notturno per un bambino si riduce al minimo se c’è un adulto che dorme vicino a lui. I lettini con le sbarre sono pericolosi e impediscono ai genitori di intervenire prontamente in caso di emergenza. Secondo la Commissione statunitense per la sicurezza dei prodotti di consumo, “a causa di incidenti nei lettini ogni anno muoiono 40-50 bambini in più che con altri equipaggiamenti per l’infanzia”.6 Altre migliaia si feriscono gravemente al punto da richiedere il pronto soccorso. Bimbi lasciati da soli in camere separate sono morti tra le fiamme, hanno subìto abusi sessuali da parte di ospiti che si sono fermati per la notte, sono stati rapiti dalle culle, aggrediti da animali domestici, alcuni sono morti e molti si sono feriti in vari modi. Molte di queste tragedie, se non tutte, avrebbero potuto essere evitate se il genitore fosse stato presente e cosciente che il bambino stava bene durante la notte.

  • Il soffocamento accidentale è spesso indicato come un potenziale rischio del dormire insieme ai genitori. Ma è un rischio reale solo in due condizioni: se il neonato dorme su un materasso ad acqua e non riesce a sollevarsi se necessario, oppure se il genitore è troppo stordito da alcool, droghe o medicinali per reagire alle difficoltà del bambino. È anche ovvio che se un bambino rischiasse di soffocare per una causa qualsiasi (un nastro del pigiama intorno al collo, un rigurgito notturno, un attacco asmatico), è molto più probabile che se ne accorga e si risvegli un genitore che gli dorme accanto piuttosto di un genitore che dorme in un’altra stanza.
  • Il dormire insieme viene spesso frainteso come abitudine a rischio di abusi sessuali da parte dei genitori. In realtà i genitori che sviluppano un legame emotivo con i propri bambini restando loro vicini e reattivi di notte, come durante il giorno, sono molto meno a rischio che possano abusare in qualche modo dei bambini che amano e accudiscono. Al contrario, il fatto di dormire da soli non è mai servito a proteggere a sufficienza i bambini da genitori che intendano violarli sessualmente. Anzi, rende più facile a un genitore mantenere la cosa segreta all’altro. Quindi dormire nei lettini rende i bambini ancora più vulnerabili e meno protetti.
  • Dormire insieme previene ulteriori maltrattamenti perché permette a tutti i componenti della famiglia di riposare, specialmente se il bambino è allattato. Il piccolo non deve soffrire senza motivo e piangere per richiamare sua madre, dato che lei può nutrirlo anche se non è ben sveglia. Tutta la famiglia si sente più riposata al risveglio, senza latenti rancori verso il bambino che ha disturbato il sonno. Un genitore stanco è più probabile che maltratti un bambino invece di una mamma o un papà che ha dormito bene la notte insieme con lui.
  • Il pianto è un segnale naturale che serve a sollecitare un genitore affinché il bambino riceva tutte le cure di cui ha bisogno. Il pianto prolungato è stressante per tutta la famiglia, ma se le necessità del bambino vengono soddisfatte rapidamente, più riposo avrà lui e la sua famiglia che disporrà di più energie nella giornata successiva. Una mamma che dorme accanto al suo bambino risponde istintivamente al primo piagnucolio, evitando così che il figlio debba piangere più forte, cosa molto snervante per lui e l’intera famiglia.
  • Studi condotti su adulti in coma hanno dimostrato come la presenza di un’altra persona nella stanza migliori significativamente il battito, il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna. È ragionevole desumere che anche i neonati e i bambini traggano un analogo beneficio quando hanno accanto altre persone.
  • Tra i bambini che dormono insieme si sviluppano una fiducia e un amore profondo, con conseguente minor rivalità nelle ore diurne. I bambini che passano insieme il giorno e la notte hanno più probabilità di instaurare una relazione profonda e duratura. I neonati e i bambini separati dagli altri membri della famiglia di giorno, quando i genitori sono al lavoro e i fratellini a scuola, possono compensare in parte queste assenze e ristabilire importanti legami affettivi trascorrendo insieme almeno la notte. Ovviamente anche le attività domestiche e la scuola familiare riducono l’impatto delle separazioni e favoriscono legami più profondi, di giorno e di notte.

I genitori di una volta, e gran parte di quelli che oggi vivono nei paesi in via di sviluppo, non potevano soppesare questi benefici rispetto ad altri metodi; seguivano solo la guida interiore del loro affetto, dell’istintivo senso di conservazione e protezione dei loro figli nel modo più naturale possibile. Perché noi ci siamo mossi nella direzione opposta? Perché non abbandoniamo i lettini a sbarre, in cui alcuni bambini sono morti e molti altri si feriscono? Quando i bambini muoiono nei lettini nessuno dice ai genitori quanto questi siano pericolosi e di farne a meno; si reclama solo perché mettano in commercio prodotti più sicuri. Ma la morte di un bambino che dorme nel lettone, invece, suscita ogni sorta di polemica per porre fine al dormire insieme, facendo scarsa attenzione alle vere cause della morte (di solito genitori intossicati, oppure materassi ad acqua o ancora spazi vuoti tra il materasso e la struttura del letto). Invece di combattere una pratica tanto antica quanto benefica e salutare, bisognerebbe investigare su ogni caso specifico e informare i genitori sulle opportune misure di sicurezza da adottare.

I lettini costringono i bambini a superare lunghe notti da soli, anni prima di esserne preparati psicologicamente. L’isolamento impone una dannosa lezione di sfiducia e associa la “collaborazione” alla disperazione, instillando un profondo senso di solitudine che nessun orsacchiotto di peluche può colmare. A giudicare dai resoconti di pazienti adulti in arte terapia, terapia psicoanalitica e ipnosi, le esperienze dell’isolamento dai genitori nella prima infanzia e nel periodo successivo possono essere traumatiche, con dolorose ripercussioni sulla personalità adulta. È ragionevole pensare che non esiste un bambino al mondo che preferisca il freddo isolamento a un contatto affettuoso. Il pianto e le urla dei nostri figli dovrebbero essere più che convincenti dell’errore morale e del danno emozionale di tale separazione. Perché non ascoltiamo quello che cercano di comunicarci in modo tanto struggente?


Un bambino accudito di giorno e di notte riceve un costante sostegno fatto di rassicurazione e amore, invece di essere costretto ad affrontare emozioni di paura, rabbia e abbandono tutte le notti. I bambini che hanno potuto sentirsi al sicuro di notte accanto a un genitore affettuoso, da adulti saranno capaci di affrontare meglio le inevitabili difficoltà della vita. Come dice molto bene John Holt, ricevere sentimenti di amore e protezione all’inizio della vita, lungi dal “viziare” il bambino, è come avere “un buon conto in banca”, una riserva di fiducia, autostima e sicurezza interiore a cui una persona potrà attingere durante le sfide della vita.7


I lettini impoveriscono seriamente il legame tra genitori, figli e fratelli. Impediscono ai genitori che lavorano di trascorrere il poco tempo libero a disposizione in compagnia dei figli. I lettini a sbarre sono gabbie solitarie per i bambini, che invece meritano considerazione per i bisogni della loro età, rispetto e amore. I lettini non hanno alcun beneficio e andrebbero aboliti!

Dieci modi per crescere un bambino felice

La prima vera scelta che un essere umano fa da bambino
è se fidarsi o meno degli altri esseri umani.
Questo passaggio fondamentale, tra fiducia o sfiducia,
è la prima pietra su cui sorgeranno tutte le relazioni affettive.
Dr. Ken Magid8

  1. Innamoratevi del vostro bambino attraverso un’esperienza natale positiva sia per il bambino che per mamma e papà.
  2. Rafforzate il vostro amore con l’allattamento al seno fino a che il bambino non ne avrà più bisogno.9 Il latte materno contiene sostanze che potenziano il sistema immunitario e aiutano il bambino a restare sano. Ogni altro nutrimento, anche acqua zuccherata, elimina in modo permanente molte di queste sostanze importanti. Un bimbo sano è solo fonte di gioia!
  3. L’allattamento al seno fa bene anche alle madri: una mamma che allatta produce ormoni che la aiutano a essere paziente e affettuosa, facilitando l’accudimento del bambino; una madre che allatta condivide con il proprio bambino anche cicli di sonno e sogno sincronizzati, quindi è meno probabile che sia svegliata dal bambino durante le fasi di sonno profondo. Una mamma riposata ha più pazienza!
  4. Tenete vostro figlio vicino a voi il più possibile. Troppe separazioni o cambiamenti delle persone che lo accudiscono rendono più difficile al bambino imparare a fidarsi di qualcuno e diventare un adulto affettuoso e aperto.
  5. Dormite insieme al bambino: questa abitudine semplifica le cure notturne e aiuta a prevenire la sindrome della morte in culla. Il bisogno della vostra presenza non scompare magicamente all’ora di andare a nanna.
  6. Rispondete in modo premuroso e affettuoso al pianto del bambino, di giorno e di notte: lo rassicura del fatto che è importante per voi. Prenderlo in braccio non è “viziarlo”. Portarlo in braccio sviluppa le connessioni cerebrali, come dice il dottor George Wootan:
    “Le maggiori possibilità di attaccamento tra madre e bambino derivanti dall’allattamento al seno sono un beneficio ampiamente riconosciuto che richiama un’altra interessante questione. Un bambino dispone di cellule cerebrali in abbondanza, ma non servono a nulla finché non stabiliscono interconnessioni. Le fibre nervose che connettono queste cellule si chiamano dendriti. E cosa sviluppa i dendriti? Probabilmente il latte materno direte, vero? Sbagliato! È il tatto che sviluppa i dendriti. Tenere, toccare e accarezzare il bambino, come fa una mamma spontaneamente mentre lo allatta (si può reggere un biberon ma non un seno), favorisce lo sviluppo fisico ed emotivo del bambino come previsto dalla natura”.10
    Non esiste il rischio di amare troppo un bambino!
  7. Un forte legame tra madre e figlio, acquisito in modo naturale con l’allattamento al seno, portando in braccio il bimbo e dormendo con lui, è la miglior prevenzione contro i maltrattamenti.
  8. Ricordate che i castighi insegnano la violenza, distruggono l’autostima, suscitano rancore, interferiscono con l’apprendimento e danneggiano la relazione tra genitore e figlio. “Non si picchiano le persone e anche i bambini sono persone!”11
  9. Dategli il tempo di sviluppare una forte sensazione di fiducia prima di avere un altro bambino a cui badare. Tre o quattro anni di attesa tra un figlio e l’altro sono di enorme beneficio emotivo per entrambi.12
  10. Se un bambino si “comporta male” è segno che alcuni bisogni primari non sono stati soddisfatti. Ricordate di offrire un’attenzione incondizionata al bambino con lo sguardo, con il contatto fisico e cercando di vedere le cose dal suo punto di vista. I migliori regali che potete fare a un figlio sono il vostro tempo, la vostra pazienza e la vostra comprensione.

Genitori con il cuore
Genitori con il cuore
Jan Hunt
I bambini si comportano così come vengono trattati.L’amore senza condizioni, la gentilezza affettuosa, l’assenza di minacce e castighi, così come di ogni modalità manipolatoria nella relazione con i figli. Non esistono genitori perfetti, ma possiamo riconoscere l’importanza cruciale di come ci comportiamo nei confronti dei nostri figli.La propensione all’aggressività è legata, infatti, ai bisogni non corrisposti; dobbiamo, quindi, scegliere di accettare i bisogni umani dei nostri figli aprendoci a loro con il cuore.I bambini trattati con amore risponderanno con amore: per fare questo dobbiamo avere fiducia in loro e in noi stessi.Genitori con il cuore può indicarci la strada giusta per un’educazione più equilibrata: una guida tenera e illuminante in cui Jan Hunt, psicologa e terapeuta specializzata nel rapporto tra genitori e figli, coniuga i princìpi dell’attaccamento parentale ai diritti del bambino e alla filosofia dell’homeschooling, seguendo un approccio moderato e coerente per educare un bambino affettuoso, sicuro di sé, altruista e determinato. Conosci l’autore Jan Hunt, B.A. Psychology, M.Sc. Counseling Psychology, è direttrice del Natural Child Project e consulente editoriale del trimestrale “Empathic Parenting”, pubblicato dalla Canadian Society for the Prevention of Cruelty to Children (CSPCC).È membro della direzione del CSPCC e dell’Alliance for Transforming the Lives of Children, è presente sull’Advisory Board del The Child-Friendly Initiative and Attachment Parenting International e consulente per il Northwest Attachment Parenting.