CAPITOLO III

Vivere con i bambini

Dieci modi per non capire i bambini

  1. Aspettarsi che i bambini facciano una cosa prima di esserne capaci. Chiedere a un neonato di tacere. Chiedere a un bimbo di due anni di stare seduto e fermo. Chiedere a un bimbo di quattro anni di pulire la sua stanza. In queste situazioni ci troviamo completamente fuori dalla realtà. Mostrarsi delusi o compiaciuti di aver colto in fallo un bambino nei suoi errori. Molti genitori chiedono ai bambini piccoli di fare cose che risulterebbero difficili anche ai più grandicelli. In poche parole, si chiede ai bambini di non comportarsi secondo la loro età.
  2. Arrabbiarsi quando un bambino non soddisfa i nostri desideri. Un bambino fa quello che può. Se non può fare quanto gli chiediamo non è leale aspettarsi o pretendere di più, e arrabbiarsi peggiora solo le cose. Un bambino di due anni può comportarsi solo come un bambino di due anni, uno di cinque non può comportarsi come uno di dieci e uno di dieci non può comportarsi come un adulto! Aspettarsi di più è velleitario e non aiuta. Ci sono dei limiti entro i quali un bambino può cavarsela da solo; non accettare questi limiti può solo generare frustrazione in entrambe le parti.
  3. Fraintendere le sue ragioni. Se non può soddisfare i nostri desideri diciamo che è ribelle. Per stabilire la verità del caso, bisogna vedere la situazione da vicino e dal punto di vista del bambino. In realtà un bambino ribelle potrebbe essere malato, stanco, affamato, sofferente, reagire a una ferita fisica o emotiva, essere irrequieto per un problema nascosto come un’allergia alimentare. Ancora una volta si ignorano queste eventualità pensando male della personalità dei propri figli.
  4. Non permettere ai bambini di essere bambini. Ci dimentichiamo come eravamo da bambini e ci aspettiamo che agiscano come piccoli adulti invece che in base alla loro età. Un bambino sano è in grado di prestare attenzione per intervalli brevi, è vivace, chiassoso, emotivamente schietto. Tutti questi cosiddetti problemi non sono affatto dei problemi, ma i reali e normali attributi di un bambino. È piuttosto la società, con le sue aspettative di comportamento perfetto, ad essere anormale.
  5. Rovesciare il rapporto. Ci aspettiamo e pretendiamo che un bambino soddisfi i nostri desideri di tranquillità, che non interrompa il sonno, che obbedisca alla nostra volontà e via dicendo. Invece di accettare il nostro ruolo genitoriale di andare incontro alle esigenze del bambino ci aspettiamo che il bambino si faccia carico dei nostri bisogni. Siamo talmente assorti dalle nostre frustrazioni che ci dimentichiamo di aver a che fare con un bambino, che ha bisogni propri che non può soddisfare da solo.
  6. Rimproverare e criticare un bambino quando sbaglia. I bambini hanno poca esperienza di vita e inevitabilmente fanno degli errori. Sbagliare fa parte dell’apprendimento a qualsiasi età, ma invece di capire e aiutare il bambino lo si colpevolizza, come se dovesse imparare a far bene tutto e subito. Errare è umano, errare da bambini è umano e inevitabile. Eppure reagiamo a ogni sbaglio, trasgressione delle regole o ai cosiddetti capricci con un atteggiamento di stupore e delusione.
  7. Dimenticare quanto profondamente le critiche e le colpevolizzazioni feriscano un bambino. Molti genitori incominciano a capire che picchiare un bambino è sbagliato e dannoso. Eppure molti dimenticano quanto siano dolorose le parole rabbiose, gli insulti e i rimproveri per un bambino, che può soltanto pensare di essere inadeguato, incapace e non amato.
  8. Dimenticare che i gesti d’amore guariscono. Cadiamo spesso in circoli viziosi fatti di sensi di colpa e cattivo comportamento, invece di fermarci per dare al bambino il nostro amore, rassicurazioni, autostima e sicurezza con abbracci e parole dolci. Come scrisse Madre Teresa di Calcutta: “Le parole gentili sono brevi e facili da dire, ma la loro eco è eterna”.
  9. Dimenticare che il nostro comportamento è la lezione più importante. Non è tanto quello che diciamo, ma quello che facciamo a restare impresso nella memoria del bambino. Un genitore che colpisce un bambino che ha appena picchiato un altro bambino, spiegandogli che picchiare è male, di fatto gli sta insegnando che picchiare è giusto, almeno per il più forte. Solo il genitore che risponde ai problemi con soluzioni pacifiche insegna a un bambino a diventare un adulto pacifico. Le sfide e le difficoltà che si presentano nella vita sono la migliore occasione per insegnare dei valori, perché i bambini imparano dalle esperienze di vita reali.
  10. Guardare solo alle apparenze del comportamento e non all’affetto e alle buone intenzioni del bambino. Se un bambino ci delude dovremmo pensare bene di lui. Dobbiamo partire dal presupposto che il bambino ha buone intenzioni e si sta comportando come può, considerando le circostanze (più o meno visibili a noi) e la sua esperienza di vita. Se pensiamo sempre bene di nostro figlio, allora sarà libero di fare del suo meglio. Se gli diamo solo amore, solo amore avremo in cambio.

Dieci consigli per fare la spesa coi bambini

  1. Ricordarsi che i bambini hanno dei limiti. Se facciamo la spesa con i bambini dobbiamo essere attenti ai loro bisogni. Sono stanchi, affamati, sovraeccitati dal rumore e dalla confusione o hanno bisogno di prendere un po’ d’aria fresca, di muoversi oppure ricevere un abbraccio rassicurante?
  2. Ricordarsi che i bambini sono curiosi per natura. È così che imparano come funziona il mondo che li circonda. Se desiderano esaminare un oggetto che li attrae non dovete rimproverarli, al contrario, insegnate loro a maneggiare l’oggetto in modo sicuro o spiegategli perché si può vedere ma non toccare. Dite: “Vedi, è un oggetto fragile, guardiamolo soltanto”. Anche se non potete comperarla, siate disponibili a condividere l’entusiasmo del bambino e il suo interesse per quella cosa.
  3. Fare la spesa con i neonati. Fare la spesa con un neonato è molto più facile se ci andate dopo che ha riposato e l’avete allattato. Neonati e bambini piccoli si disidratano all’aria secca dei supermercati, quindi fate numerose pause per allattarli o dargli un succo di frutta. I bambini sono quasi sempre molto contenti, specialmente se li portiamo in braccio. Una fascia o un marsupio sono molto più confortevoli e li fanno sentire più a loro agio che sul passeggino o nel carrello della spesa. Un giocattolo sicuro per l’infanzia aiuta il bambino a superare le vostre inevitabili distrazioni, ma ricordate di fermarvi ogni tanto per dirgli qualche parola affettuosa, guardarlo affettuosamente e abbracciarlo.
  4. Fare la spesa con bambini ai primi passi. Potete iniziare a coinvolgere un bambino ai primi passi nelle decisioni che riguardano la spesa. Per esempio chiedendogli: “quale di queste pesche ti sembra la più bella?” Trasformate un’attesa noiosa e frustrante in un’esperienza gradevole per entrambi. Ai bambini di tutte le età piace scegliere i prodotti. Una buona idea è di portare con sé del succo di frutta, la loro merenda preferita, un libro illustrato che a loro piace. Essere circondati da tante persone grandi intimidisce un bambino piccolo, soprattutto nei centri affollati. Usate uno zaino per portarlo a una certa altezza; eviterete il rischio, molto frequente, di smarrirlo nella mischia.
  5. Fare la spesa con bambini grandi. Un bambino più grande può aiutarci molto a fare la spesa, se l’approccio è divertente e appagante. Ritagliate immagini dai dépliant promozionali del supermercato e portateveli dietro, così che vi aiuti a cercare i prodotti corrispondenti. I bambini più grandi possono giocare a fare la spesa da soli, aiutandovi a trovare i prodotti sugli scaffali e a metterli nel carrello.
  6. Evitare la folla. Fare compere verso l’ora di cena, quando i negozi sono pieni e genitori e figli sono stanchi e affamati, può essere molto stressante. Provate a fare la spesa di mattina o nel primo pomeriggio, e comunque approfittando delle ore più calme. Se evitiamo lo stress dei negozi affollati e le lunghe code alla cassa avremo più riserve di energia e inventiva per rispondere ai bisogni del bambino.
  7. In coda alla cassa. Alla cassa, dove di solito abbondano attraenti confezioni di caramelle colorate, può essere una vera sfida, specialmente alla fine di un lungo percorso di spesa, quando i bambini sono più stanchi e affamati. Una soluzione molto semplice è portare da casa una merenda preferita e più sana: “Che bel sacchetto di caramelle, ma non sono molto nutrienti. Abbiamo i nostri biscotti all’avena e il succo di frutta che ci siamo portati da casa”. Converrebbe andare a fare la spesa, anche più lontano, nei negozi “amici dei bambini”, che non mettono in mostra le caramelle proprio davanti alla cassa. Altrimenti si può suggerire questa possibilità ai titolari dei supermercati, promettendo loro di diventare clienti fissi se accolgono la vostra proposta.
  8. Quando bisogna dire “no”. La cosa più importante nel dire “no” a un bambino sta nel comunicargli che siete dalla sua parte anche se non potete soddisfare subito tutti i suoi desideri. Potete dirgli: “Questo ti piace molto, vero? Guardalo bene, quando torniamo a casa lo aggiungiamo alla lista dei desideri”. Come dice John Holt: “Non c’è motivo di dire ‘no’ a un bambino se non con la stessa gentilezza con cui diciamo ‘sì’”. E ricordate che i sorrisi, gli abbracci e le coccole sono sempre gratis!
  9. Se siete allo stremo. Se avete raggiunto il limite della vostra pazienza ed energia cercate di mostrare ai bambini come gestire il nervosismo e la stanchezza in modi positivi. Potete dire: “Sto proprio perdendo la pazienza, ho bisogno di fare una pausa. Usciamo qualche minuto a prendere una boccata d’aria”. Stare anche solo un po’ all’aria fresca, lontano dalla folla, fa una grande differenza per i genitori e i bambini. Se stavate comperando la verdura o altro non c’è problema a lasciare il cestello per qualche minuto. Mi capita spesso di ricordare a genitori precipitosi che al negozio non interessa se lasciamo il carrello per qualche minuto per andar fuori col bambino a prendere una boccata d’aria e sgranchirci un po’. Un consiglio sempre bene accetto, dopotutto non ha senso che ci preoccupiamo di tenere d’occhio il carrello se non abbiamo ancora comperato niente!
  10. Quando i bambini sono allo stremo. Se, malgrado tutti i suggerimenti, i bambini sono stremati e non ce la fanno più, è il momento di uscire. La spesa può attendere; un bambino stanco, affamato e innervosito no.
    Ricordiamoci che tutti i bambini si comportano così come vengono trattati. Se dedichiamo regolarmente tempo, attenzione incondizionata, pazienza e comprensione a un bambino, sarà più capace di sopportare i giri per i negozi, o le situazioni che lo mettono alla prova, molto più di un bambino che deve sopportare quelle situazioni stressanti senza un sostegno emotivo.

Quando un bambino fa i capricci

John Donne scrive: “Nessun uomo è un’isola”. Reagiamo in continuazione al mondo circostante come a quello che succede dentro di noi. Eppure si guarda facilmente al comportamento infantile come se fosse slegato da ogni cosa, come se un bambino vivesse isolato dal mondo che lo circonda. Dobbiamo renderci conto che il comportamento di un bambino è una reazione alle circostanze di quel momento. Possono essere cause esterne, come l’eccesso di stimoli, eventi stressanti, conflitti tra fratelli, o possono essere interne, come la dentizione, le allergie alimentari, la carenza di sonno o una malattia in fase di sviluppo.


Sappiamo tutti che ci possono essere molte ragioni dietro a un “cattivo comportamento”, ma è sorprendente come si guardi con tanta superficialità al solo comportamento senza chiedersi che cosa possa averlo provocato. Un giorno, per esempio, mio figlio, all’età di due anni, mentre eravamo sul punto di entrare in casa, si è messo a gironzolare nel giardino del vicino, fatto per me snervante, perché avevo molte faccende da sbrigare in casa. Ho cercato di convincerlo a venire via ma lui sembrava deciso a restare lì e continuava a guardarsi intorno. Più mi sentivo in difficoltà e più lui insisteva: era una vera prova di forza. Poi mi sono fermata un attimo a riflettere e mi sono resa conto che eravamo appena arrivati da un viaggio molto lungo e stancante per tutti noi e stavamo traslocando in una nuova casa! Oggi mi sorprendo ancora ricordando quel fatto: come avevo potuto ignorare un particolare così importante! È facile per noi adulti guardare solo al comportamento del bambino e alla nostra frustrazione, anche quando c’è una spiegazione evidente. Infatti mio figlio stava facendo una cosa intelligente e comprensibile: familiarizzava con il nuovo vicinato.


Quando un bambino fa i capricci ci interroghiamo sulle ragioni di questo comportamento, specialmente se abbiamo soddisfatto con diligenza i suoi bisogni. Malgrado tutte le rassicurazioni dei libri e le raccomandazioni degli psicologi sul legame tra genitori e figli, è facile che ci venga in mente che tutti loro si possano sbagliare e che in realtà i bambini crescano “viziati” e che il comportamento di un figlio dimostri che abbiamo sbagliato a fidarci dell’idea che potesse crescere e diventare una persona adulta e responsabile senza castighi e misure disciplinari.


In quei momenti è utile smettere di interrogarci su tutte le ragioni per cui un figlio non dovrebbe comportarsi in un certo modo, non pensare a tutto l’amore e le attenzioni che gli abbiamo dato negli anni, e focalizzarci invece sul presente. Perché è nel presente che ogni bambino vive la sua vita. Che cosa è successo quel giorno, in quell’ora o negli ultimi minuti? Come quando mi sono dimenticata che stavamo traslocando, potremmo aver dimenticato altri fattori simili: un giocattolo che si è rotto, un altro bambino che riceve più attenzioni da noi, un alimento troppo zuccherato, un ambiente troppo rumoroso, un lungo giro per fare la spesa, un ospite che monopolizza la nostra attenzione, una brutta nottata, i dentini che iniziano a spuntare, un’influenza che non ha ancora rivelato sintomi visibili e così via.


Dobbiamo considerare anche l’effetto delle nostre risposte: stiamo contribuendo a risolvere la situazione confermando i suoi sentimenti (“ti piace guardare tutte queste cose nuove! Fermiamoci solo qualche minuto adesso, poi ci ritorneremo presto”), oppure rispondiamo solo con la nostra frustrazione (“Andiamo! Dobbiamo entrare. Forza!”)?


Oltre che dalle situazioni che precedono i “capricci”, si impara anche dalle situazioni in cui un bambino è tranquillo e contento. Che cosa è successo prima di quel comportamento? Ha trascorso una giornata serena, dopo un buon riposo? I genitori hanno risolto un problema? Non siete usciti e avete ricevuto poche telefonate? Ha mangiato un pasto molto nutriente? O semplicemente ha trascorso abbastanza tempo a tu per tu con i suoi genitori?

È una questione di attenzione. Tendiamo a concentrarci sul nostro passato di genitori (“Sono stata una buona mamma, gli ho dedicato tanto tempo, attenzione, amore, allora perché si comporta così?”), ma questo modo di pensare è fuori dalla realtà. Nessun bambino si comporta sempre bene in ogni occasione, e nemmeno gli adulti. È anche inutile perché non si risolve nulla. Se proviamo a concentrarci sulla situazione del presente: la costruzione di Lego caduta per terra, il rumore, lo stress della spesa, molte telefonate ricevute in quel giorno, i dentini, allora possiamo capire il “perché” e superare il problema, confermando la sua situazione con sensibilità: “Capisco che è molto difficile per te sopportare tante telefonate, e adesso, per giunta, la tua sorellina ha fatto cadere la casetta! Sarai molto dispiaciuto!”


Se rispondiamo con rabbia, castighi o rifiuto, peggioriamo solo le cose e il bambino avrà un ulteriore motivo di sentirsi arrabbiato e frustrato proprio nel momento in cui è meno capace di affrontare la situazione. L’approccio migliore sta nell’esprimere comprensione mentre confermiamo i suoi sentimenti: “Oh tesoro, la piccola ha fatto cadere di nuovo la tua bella casetta di Lego, come mi dispiace!” oppure: “So che per te è difficile dividermi con la tua sorellina, e vorresti avermi tutta per te!”


Mettere in castigo i bambini può apparire una soluzione pratica sul momento, ma allontanare il bambino dal resto della famiglia può comunicare un distruttivo messaggio di amore condizionato: “Ti vogliamo bene solo se ti comporti bene, se ti comporti male non sei più benvoluto in questa famiglia”.

La definizione giusta di quando un bambino fa i capricci è “impotenza”: il capriccio si manifesta quando un bambino percepisce di non avere il controllo della situazione; vorrebbe che le cose andassero diversamente ma è incapace di cambiare la situazione. L’impotenza fa paura al bambino, che si trova nelle mani degli altri. Influenza anche l’autostima: se si sente impotente nel cambiare le cose potrebbe incominciare a credere di non essere capace, o non meritare, di soddisfare i propri desideri.


In un certo senso è buon segno che il bambino insista per soddisfare i suoi bisogni. Vuol dire che si fida che i suoi genitori lo ascoltino, che crede in se stesso, di avere diritto a essere ascoltato e di dire la sua su come va la sua vita. Se un bambino è troppo ostacolato smetterà di essere assertivo del tutto.


Purtroppo l’accettazione passiva viene spesso fraintesa come una risposta sana, mentre il bambino si è solamente arreso, reprimendo i sentimenti di rabbia e frustrazione. Ma questo dura solo fino a quando non si sentirà abbastanza forte per ribellarsi, di solito da adolescente. Il capriccio è il tentativo di un bambino di comunicare come può in un dato momento.


Ricordiamoci sempre che è un segnale di impotenza e paura, anche quando dà l’impressione opposta, che cerchi cioè di essere più forte di noi. Purtroppo sono pochi coloro che hanno ricevuto parole giuste di comprensione e conferma dei sentimenti quando erano piccoli, così è facile, specialmente quando siamo noi a sentirci stanchi, turbati o impotenti nella nostra vita, focalizzarci solo sul comportamento del bambino, invece che sui suoi sentimenti. In fin dei conti corrisponde all’esempio che molti di noi hanno ricevuto.


Può essere molto difficile per i genitori comprensivi che perdono le staffe nei momenti di crisi, perché si aspettano di più da se stessi e dai figli. Forse pretendono troppo da se stessi, in base alla loro educazione e difficoltà del momento, o troppo dai loro figli, considerando la loro età e la mancanza di esperienza. In quei momenti è meglio fermarsi a riflettere sul fatto che i genitori fanno quello che possono in tutte le circostanze della vita. E lo stesso vale per i figli.

I messaggi occulti che comunichiamo ai bambini

– Neonato

Diciamo: “Piangi quanto vuoi, non ti prenderò in braccio!”

Pensiamo: “Mi si spezza il cuore, ma tutti quegli esperti non possono sbagliare”.

La bambina pensa: “Non mi vogliono più bene. Non gli importa se sto male. La mamma è perfetta, allora c’è qualcosa di sbagliato in me. Non merito di essere amata da nessuno”.

20 anni dopo diciamo: “Cosa ci trovi in lui? Come fai a farti trattare in quel modo? Non capisci che meriti di meglio?”


– Lattante

Diciamo: “Adesso basta succhiare. Ormai sei troppo grande!”

Pensiamo: “Io continuerei ad allattare, ma non sopporto le critiche dei miei familiari!”

Il bambino pensa: “Ho appena perso la cosa più importante della mia vita: quei lunghi momenti di pappa e le coccole che mi facevano sentire così bene. Devo aver fatto qualcosa di tremendo, devo proprio essere molto cattivo”.

20 anni dopo diciamo: “Ma perché bevi così tanto?”


– A due anni

Diciamo: “Non puoi più venire nel nostro letto. Ma non sarai da sola, ecco, questo tenero orsacchiotto ti terrà compagnia!”

Pensiamo: “Mia madre crede che sia sbagliato tenerti ancora nella nostra camera da letto. Non sono sicura del motivo, ma per noi è più importante accontentare lei che te. Comunque l’orsacchiotto ti farà compagnia”.

La bambina pensa: “Non è giusto! Mamma e papà dormono vicino a un persona vera. A loro non importa dei miei sentimenti. Beh, almeno mi hanno dato questo orsacchiotto…”.

20 anni dopo diciamo: “So che sei triste perché lui ti ha lasciata, ma non c’è ragione di spendere così tanto. Pensi che tutta questa roba che comperi ti farà stare meglio? Da quando sei diventata così materialista?”


– A quattro anni

Diciamo: “Lo sai che non devi picchiare tuo fratello! Te le darò di santa ragione che non te lo scorderai!”

Pensiamo: “Ci dev’essere un modo migliore, ma è quello che ha fatto mio padre con me, quindi sarà giusto così”.

Il bambino pensa: “Ero talmente arrabbiato con mio fratello che l’ho picchiato. Così papà ha picchiato me. Quindi i grandi possono picchiare, ma non i bambini. Cosa devo fare quando sono arrabbiato? Va be’, un giorno sarò grande anch’io…”

20 anni dopo diciamo: “Come sarebbe, una rissa al bar? Una persona matura non picchia la gente solo perché è arrabbiata. Non ti ho insegnato a ricorrere alla violenza!”


– A sei anni

Diciamo: “Allora oggi è un gran giorno per te. Non aver paura, devi solo fare tutto quello che ti dice la maestra”.

Pensiamo: “Spero che non mi farai vergognare comportandoti male a scuola!”

Il bambino pensa: “Ma io ho paura! Non mi sento pronto a stare in quel posto per tante ore tutti i giorni! Si sono stufati di me. Forse se faccio tutto quello che mi dice la maestra mi vorranno più bene e mi faranno stare a casa”.

20 anni dopo diciamo: “Come sarebbe, gli amici ti hanno detto di prendere la droga? Fai tutto quello che gli altri ti dicono di fare? Non sei capace di pensare con la tua testa?”


– A otto anni

Diciamo: “La maestra dice che non stai attento in classe. Come farai a imparare qualcosa di buono?”

Pensiamo: “Se questo ragazzino non combina niente di buono mi sentirò un fallito”.

Il bambino pensa: “Non mi interessano le cose che spiega la maestra, ma suppongo che lei ne sappia più di me. Si vede che le cose che interessano a me non hanno importanza”.

20 anni dopo diciamo: “Hai 28 anni e non sai ancora cosa vuoi fare nella vita? Ma non hai qualche interesse?”


– A dieci anni

Diciamo: “Hai rotto un altro piatto? Oh, lascia perdere, li lavo io”.

Pensiamo: “So che dovrei avere più pazienza con te, ma almeno si finisce di lavare questi piatti”.

Il ragazzino pensa: “Sono una frana. Meglio che non ci provi più a dare una mano”.

20 anni dopo diciamo: “Vorresti quel lavoro ma non fai neanche domanda? Dovresti avere più fiducia in te stesso!”


– A dodici anni

Diciamo: “Esci, va’ a giocare con gli amici, ti divertirai di più che stare qui a bighellonare tutto il giorno”.

Pensiamo: “So che dovrei passare più tempo con te ma ho molto da fare. Meno male che ci sono tanti ragazzi qui intorno”.

Il ragazzo pensa: “Vorrei fare qualcosa con mamma e papà, ma sono sempre troppo impegnati. Penso che gli amici mi apprezzino di più”.

20 anni dopo diciamo: “Non chiami mai, non ti fai mai vedere, non ti importa niente di come ci sentiamo?”


– A quattordici anni

Diciamo: “Per favore lasciaci soli. Tuo padre e io abbiamo cose personali di cui discutere”.

Pensiamo: “Abbiamo dei segreti che preferiamo che tu non conosca”.

Il ragazzo pensa: “Non faccio proprio parte di questa famiglia”.

20 anni dopo diciamo: “Sei in prigione?! Ma perché non ce l’hai detto che avevi dei problemi? Lo sai che non ci sono segreti in famiglia. Eppure ci abbiamo provato, dove abbiamo sbagliato?”

Dieci consigli per cercare un buon medico per i bambini

Uno dei diritti fondamentali, soprattutto dei bambini,
è il diritto alle migliori cure mediche possibili.
Unesco

  1. Aiutate il bambino a familiarizzare emotivamente con le pratiche mediche, fatelo molto prima che sia necessario un vero intervento medico. Giocate “al dentista” o “al dottore” o “all’ospedale” e leggete dei buoni libri sul trattamento medico dei bambini. Per familiarizzare con gli strumenti del dottore cercate degli strumenti veri (come uno specchietto per i denti) oppure costruitene uno “giocattolo” (per esempio una striscia di stoffa per simulare la fascia dell’apparecchio della pressione). I trattamenti medici possono terrorizzare un bambino, specialmente se vedrà tanti strumenti strani e che non conosce.
  2. Cercate un medico di famiglia rispettoso, sensibile e competente. In caso di emergenza non avrete il tempo di scegliere con calma, quindi informatevi prima tramite qualcuno della cui opinione vi fidate (un amico o un altro genitore, i rappresentanti della Leche League, ostetriche…) che vi suggerisca un buon medico che sappia apprezzare e rispettare sul serio i bambini. La medicina alternativa offre ulteriori possibilità di scelta, come dentisti naturopati e la pediatria olistica. Di solito questi professionisti sono pazienti e gentili con i bambini e conviene rivolgersi a loro se così facendo possiamo evitare esperienze mediche traumatizzanti.
  3. A meno che sia un caso di emergenza, incontrate sempre il personale medico prima di stabilire appuntamenti. Siate coscienti del fatto che molti adulti “non capiscono” i bambini, al di là della loro professione. Non comprendono che i bambini meritano di essere trattati con dignità e rispetto. Non date per scontato che chiunque abbia studiato medicina in generale, un dentista o anche un pediatra qualificato, capisca l’importanza critica delle esperienze della prima infanzia. Quasi sicuramente questa materia fondamentale mancava nel loro corso di studi. (Una volta un dentista per bambini mi ha criticato perché allattavo mio figlio, anche se uno dei vari benefici dell’allattamento è anche quello di favorire la corretta dentizione e prevenire la necessità di mettere un apparecchio ortodontico in seguito). Per rendervi conto se un medico sa operare in stretta collaborazione con voi e vostro figlio, portate sempre con voi il bambino, per vedere come i due interagiscono. Non è sufficiente fidarsi delle raccomandazioni entusiastiche di terzi: un’altra famiglia potrebbe aver avuto una buona esperienza, per ragioni che tuttavia non si applicano a vostro figlio. Il dottore poteva avere relazioni private con quella famiglia; oppure era di buon umore; forse il bambino era più grande, più estroverso o più abituato alle visite mediche. L’intervento stesso potrebbe essere stato più semplice o diverso. Ricordate inoltre che, al di là di quanto gentile possa apparire il personale durante le visite precedenti, non si può scommettere che rispettino i bisogni del bambino e le sue richieste quando saranno impegnati nell’intervento, anche in base al regolamento dell’ospedale.
  4. I medici vi chiederanno spesso di lasciare il bambino da solo con loro. La spiegazione ordinaria per allontanare i genitori è che così facendo il personale “lavora meglio”. Una risposta valida è che anche voi avete un lavoro da svolgere: dare il vitale e indispensabile sostegno emotivo al bambino, e che solo facendo entrambe le parti il proprio mestiere vostro figlio riceverà le migliori cure possibili. La ricerca ha dimostrato che tutti, bambini e adulti, recuperano meglio e più rapidamente se hanno un forte sostegno emotivo, sostegno che solo chi è molto legato al bambino può dare al meglio. La “Carta dei diritti dei bambini in ospedale” comprende suggerimenti che riguardano le visite preliminari.1 Siate cortesi ma assertivi (“Resterò con lui” o “Preferisco restare, grazie”) e rimanete vicino a vostro figlio proprio come se ne aveste il permesso.
  5. Fate attenzione che i bambini, come anche gli anziani, molte volte ricevono meno analgesici degli adulti. Un bambino può provare un dolore molto intenso ma è anche meno in grado di chiedere aiuto. Siate vicini a vostro figlio confermando quello che prova e non esitate a chiedere la somministrazione immediata di una dose sufficiente di analgesico.
  6. Chiedete una descrizione dettagliata di quello che accadrà durante la visita. Se lo staff è riluttante a darvi queste informazioni rivolgetevi altrove. Una volta, quando mio figlio aveva bisogno di un intervento dentistico, chiesi e ottenni una descrizione precisa della procedura. Ma non mi avevano detto che avrebbero strappato con la forza il bambino dalle mie braccia e l’avrebbero portato dentro l’ambulatorio, dopo avermi lasciata fuori e ignorando le mie proteste!
  7. Il personale medico può assumere un atteggiamento critico e intimidatorio quando si chiedono spiegazioni sul loro modo di operare. Quando un bambino ha bisogno di un intervento medico il genitore è comprensibilmente confuso e preoccupato, cosa che rende difficile comunicare in modo chiaro. Per questa ragione è sempre meglio portare con sé un alleato, vostro marito o vostra moglie, un amico o un parente che la pensa come voi per interloquire col personale medico, qualora abbiate difficoltà a comunicare ciò che volete, e sappia aiutarvi a sostenere che le vostre richieste non sono cose strane o inaudite. A un amico possono venire in mente soluzioni a cui non avevate pensato, come tenere il bambino in braccio durante la visita dal dentista.
  8. Se si tratta di interventi elettivi, ricordate che per legge è necessario il vostro consenso scritto. Se poi vedete che qualcosa si mette male e vostro figlio non ha il sostegno necessario per essere a proprio agio, dite esplicitamente che potete ritirare il vostro consenso. Chiedete della caposala, del primario o dell’amministratore dell’ospedale. Non fatevi ingannare dall’infermiere che vi risponde “non ci sono superiori”, come mi è stato detto una volta. Anche qui serve un alleato che stia al vostro fianco se la situazione vi porta a uno scontro. Ricordate che siete molto più obbligati verso vostro figlio che verso degli estranei, qualunque sia il loro status professionale.
  9. Fate soprattutto attenzione a non promettere a vostro figlio qualcosa che potreste non riuscire a mantenere. Per esempio, prima di promettere che resterete vicino a lui nella sala operatoria accertatevi che questo sia possibile e che tutto il personale che ha voce in capitolo sappia delle vostre intenzioni. Benché avessi avuto il permesso dal nostro medico di essere presente al risveglio di mio figlio, le infermiere incaricate non ne erano informate. Le promesse non mantenute danneggiano la fiducia tra genitori e figli e andrebbero sempre evitate.
  10. Al termine dell’intervento o del ricovero ospedaliero, inviate una lettera all’ufficio relazioni per far sapere al personale cosa è andato bene e cosa no. La segnalazione è fondamentale perché avvengano dei cambiamenti nelle istituzioni sanitarie. Cercate di non limitarvi a segnalare le esperienze negative, ma fate un plauso a tutti quei membri del personale che si sono impegnati per aiutarvi in modo particolare, specificando cosa hanno fatto e in che modo vi sono stati d’aiuto. La vostra testimonianza sarà molto utile a tutti.
    Anche la programmazione più meticolosa non può escludere eventuali sorprese derivanti dalle procedure mediche, dentistiche o dai regolamenti interni. Se qualcosa va storto, siate pronti a confermare i sentimenti di abbandono e disillusione che il bambino prova. Accettate la sua rabbia e permettetegli di esprimerla in modo sicuro, dandogli un cuscino da colpire o del materiale da disegno per esprimere la sua esperienza. Accettate ed esprimete la vostra rabbia e delusione per l’accaduto. Dite al bambino come vi sentite adesso e cosa avreste voluto poter fare prima, come meritava di essere trattato da voi e dal dottore. Entrate in sintonia con i suoi sentimenti e assicurategli che lo sbaglio non è stato intenzionale da parte vostra. Mostrategli con le parole e i gesti che state dalla sua parte, anche se le cose sono andate male. Possiamo solo cercare di fare del nostro meglio, imparando dai nostri errori e impegnandoci a fare meglio la prossima volta.

Nonni con il cuore

Circa 150 anni fa si iniziò a riconoscere che la dignità di una persona non dipende dal colore della pelle e si promulgarono leggi per proteggere le persone di colore dalla violenza e da trattamenti scorretti. Una dura battaglia che si è protratta fino ai giorni nostri, ma il risultato è che oggi la maggioranza di noi non mette in dubbio che tutte le persone hanno uguali libertà e diritti nella società.


Circa 100 anni fa si iniziò a capire che la dignità di una persona non dipende dal sesso e si emanarono leggi per proteggere le donne dalla violenza e trattamenti scorretti. Anche questa battaglia è stata molto aspra e si è protratta fino ai giorni nostri, ma la maggioranza di noi oggi è in grado di capire che uomini e donne hanno uguali libertà e diritti nella società.


Circa 25 anni fa abbiamo iniziato a riconoscere che la dignità di una persona non dipende dall’età e che gli anziani hanno uguali libertà e diritti come chiunque altro. Anche questa battaglia prosegue ancora ai giorni nostri.


Infine, in tempi più recenti, abbiamo iniziato a estendere la libertà e i diritti ai bambini. Che cosa comporta per i nonni, allevati in un’epoca molto diversa, la nostra battaglia per i diritti dei bambini? Un primo risultato è che i bambini non sono più visti come una proprietà, un oggetto che si può manipolare con minacce e punizioni per soddisfare i desideri dei genitori e dei nonni. Si è incominciato a vedere i bambini come persone vere, con sentimenti veri, da trattare con la stessa dignità e rispetto che usiamo con chiunque altro.


Cinquant’anni fa dai nipoti ci si aspettava rispetto e riverenza, non si faceva caso a come i nonni trattavano i nipotini o ai veri sentimenti di questi ultimi nei confronti dei nonni. Rispetto e riverenza sono valori che ancora oggi sono tenuti in grande considerazione. La differenza è che il rispetto non è più considerato come un percorso a senso unico e i sentimenti dei bambini sono sempre più tenuti in considerazione, insieme a quelli dei membri più anziani della famiglia.


Qui, per i nonni, ci sono una buona e una cattiva notizia. Quella cattiva è che i nonni non possono più pretendere rispetto e riverenza solamente perché sono i capostipiti della famiglia, ma devono cercare di rispettare i bambini e il loro punto di vista se vogliono guadagnarsi il loro rispetto. Ma c’è anche una splendida notizia! D’ora in avanti i nonni si trovano nella posizione di ricevere un autentico rispetto basato sull’affetto dei loro nipotini e non solo “buone maniere” di facciata dettate dalla paura dei castighi.


La libertà è contagiosa. Più libertà ha il bambino, più libertà avrà il nonno, che non deve più impersonare il ruolo ingrato di “vecchio burbero” che pretende un vuoto e sterile rispetto di maniera. Oggi i nonni sono liberi di vivere un ruolo attivo come persone presenti e affettuose!


Ai nonni di oggi si chiede di ascoltare con attenzione (“Ti capisco, sei triste”), di giudicare con imparzialità (“A quattro anni, uno ha il diritto di comportarsi come un bambino di quattro anni”), di esprimere i loro sentimenti onestamente ma con gentilezza (“Mi dispiace davvero, ma adesso sono troppo stanco per giocare con te”), di condividere la propria esperienza di vita (“Questo mi ricorda una cosa che mi è accaduta quando avevo quattro anni”), e di credere alla buona fede del bambino in ogni circostanza (“Mi tiri il cuscino perché vuoi giocare, vero? Ma non ti andrebbe di fare qualcos’altro insieme?”).

Riconoscere che i bambini sono persone vere con sentimenti autentici richiede un maggiore impegno per genitori e nonni. Può apparire addirittura ingiusto per i genitori che in fondo, a suo tempo, sono stati costretti a mostrare rispetto ai loro nonni al di là di come venivano trattati. Ma per i nonni attuali è tutto di guadagnato. Possono avere relazioni autentiche con persone vere, invece di conservare ruoli formali senza senso di fronte a bambini intimiditi. Nonni e nipoti hanno potuto conquistare la più squisita delle libertà: conoscersi e volersi bene a vicenda come persone autentiche.

Genitori con il cuore
Genitori con il cuore
Jan Hunt
I bambini si comportano così come vengono trattati.L’amore senza condizioni, la gentilezza affettuosa, l’assenza di minacce e castighi, così come di ogni modalità manipolatoria nella relazione con i figli. Non esistono genitori perfetti, ma possiamo riconoscere l’importanza cruciale di come ci comportiamo nei confronti dei nostri figli.La propensione all’aggressività è legata, infatti, ai bisogni non corrisposti; dobbiamo, quindi, scegliere di accettare i bisogni umani dei nostri figli aprendoci a loro con il cuore.I bambini trattati con amore risponderanno con amore: per fare questo dobbiamo avere fiducia in loro e in noi stessi.Genitori con il cuore può indicarci la strada giusta per un’educazione più equilibrata: una guida tenera e illuminante in cui Jan Hunt, psicologa e terapeuta specializzata nel rapporto tra genitori e figli, coniuga i princìpi dell’attaccamento parentale ai diritti del bambino e alla filosofia dell’homeschooling, seguendo un approccio moderato e coerente per educare un bambino affettuoso, sicuro di sé, altruista e determinato. Conosci l’autore Jan Hunt, B.A. Psychology, M.Sc. Counseling Psychology, è direttrice del Natural Child Project e consulente editoriale del trimestrale “Empathic Parenting”, pubblicato dalla Canadian Society for the Prevention of Cruelty to Children (CSPCC).È membro della direzione del CSPCC e dell’Alliance for Transforming the Lives of Children, è presente sull’Advisory Board del The Child-Friendly Initiative and Attachment Parenting International e consulente per il Northwest Attachment Parenting.