III capitolo.“Chi va piano, va sano e va lontano”, ovvero come insegnargli a dormire bene fin dal principio (pp. 39-52)
Che cosa si deve fare? Assicurarsi che:
* mangi a sufficienza
La curva ponderale che il pediatra insegnerà a tracciare dirà se l’alimentazione è sufficiente. Ancora una volta, a suo dire, non serve guardare il bambino.
* distingua la notte dal giorno (luce-buio; rumore-silenzio)
* faccia un bagno quotidiano serale.
Tre idee di supporto, alquanto ovvie e facili da condividere
* luogo del sonno: non nel lettone perché altrimenti si abitua; in culla nella stanza dei genitori sì, ma al massimo per i primi tre mesi, per passare poi al letto a sbarre.
Qui si entra nell’idea del… pericoloso individuo che deve al più presto essere… imprigionato, escluso, isolato!.
* non farlo dormire troppo durante il giorno, pur senza eliminare i pisolini diurni.
Estivill si dice contrario al fatto che il bambino dopo l’anno e mezzo, andando al nido, non vada a dormire dopo mangiato18. Su questo siamo d’accordo, ma non c’è da preoccuparsi: nei nidi italiani i bambini vanno a riposare.
Accade invece nelle scuole dell’infanzia: qui il “pisolino postprandiale” viene eliminato per mancanza di spazio e quindi i bambini di due anni e mezzo o tre spesso si addormentano appoggiati al tavolino, costretti ad adattarsi all’istituzione scolastica, con buona pace della salute psicofisica e della prevenzione, tanto strombazzate da più parti.
Torniamo al diktat per il sonno: a 6-7 mesi ogni bambino deve:
* fare 4 pasti al giorno
* alla sera ricevere un rituale ben definito, breve, sempre uguale, non eccitante, da non allungare, solo perché piacevole, in modo che
1) vada a letto senza proteste e “con allegria”
2) si addormenti da solo
3) dorma per 11-12 ore filate
4) dorma nella sua culla e al buio.
Estivill lo ripete ancora una volta, poi – preoccupandosi delle relazioni tra bambino e genitori – afferma che cullare, cantare, tenere in braccio sono atteggiamenti da riservare esclusivamente ai momenti in cui è ben sveglio19 (p. 46). Quando ha mangiato e fatto il ruttino, sempre sveglio, lo si mette giù con un saluto affettuoso: di giorno con la luce, di notte nel buio totale (niente lucina!).
“Questo percorso è un altro di quelli a spinte anticipatorie e livellatrici che soffocano oggi l’esistenza quotidiana dei bambini. Come è possibile pretendere una modalità unica, valida a 5 mesi come a 5 anni, a prescindere da come si rivela questo o quel bambino? Secondo tale ottica non esistono differenze o, se ci sono, basta ignorarle.
Si liquidano i problemi psicologici in poche righe20: d’accordo non esagerarli, ma nemmeno ignorarli. Il fatto di parlare di “intervalli di vita sociale” dimostra una forte disattenzione alla qualità di vita del bambino. Non sarebbe meglio chiamarli occasioni di nutrimento della vita emotiva e relazionale?” (M.P.)
Secondo Estivill il bambino deve associare la culla solo al sonno: quando è sveglio, va subito tolto da lì, tenuto in braccio per dedicargli attenzione e svegliarlo completamente. Siamo assai lontani da proposte che rispettano i ritmi e le richieste individuali, come le esigenze psicomotorie21, spesso molto diverse da un bambino all’altro. In nessun conto sono tenute le iniziative personali, verso che cosa il bambino dirige lo sguardo, che cosa lo attrae, che cosa cattura anche per giorni consecutivi il suo interesse….
Deve anche imparare a dormire da solo, per cui di giorno, se durante le poppate si assopisce22, va tenuto sveglio, toccandogli il naso, facendogli solletico sotto i piedi, cambiandolo e così via.
“E se in quel momento non ne avesse bisogno o desiderio? E perché poi il solletico? È grave che ogni aspetto della relazione con il bambino venga ritmato in funzione del sonno e non come risposta ai segnali che egli invia.” (M.P.)