capitolo ii

Consumi di qualità, ecologici,
economici, sostenibili

Non pretendiamo più nulla dalla Terra.
Facciamo di più con ciò che la Terra ci offre.

Gunter Pauli, Blue Economy

Supermercato? Ho quasi smesso

Prendiamo un sabato pomeriggio, in una zona commerciale: parcheggi a più piani, negozi, cupoline per i carrelli, viavai di gente. Hai una famiglia, lavori tutta la settimana, il frigo è quasi vuoto: non hai molte alternative se non fare una spesa abbondante una volta ogni tanto e ottimizzare i tempi. Fai un elenco grossolano di quel che manca in casa e riempi il carrello. Se il tuo conto è strozzato dalla crisi passi al discount, se sei un po' più tecnologizzato (e la città in cui vivi lo consente) fai la spesa online e te la fai recapitare a casa. La lista della spesa è sacrosanta, ma sfido chiunque a rispettarla. Se entri con i bambini è ancora più difficile, devi preparare prima una piccola trattativa, definire accordi e concessioni possibili. L'incontro ravvicinato del terzo tipo avviene con merendine dotate di regali specialissimi sugli scaffali sotto al metro di altezza, prodotti dalle confezioni allettanti che attirano i bambini. È normale, anzi previsto, acquistare molto più di ciò che ci serve, a volte prodotti poco nutrienti, che ci danno quasi dipendenza. Per comodità si comprano spesso cibi precotti o surgelati, dotati di una praticità ormai irrinunciabile.


Io ho smesso. E ho smesso anche con gli acquisti in saldo, a fine stagione, quando tutti i negozi sembra che stiano catastroficamente per chiudere: avete mai notato i mega cartelloni “liquidazione totale” che fanno preludere all'apocalisse? Poi entri e trovi le cose delle stagioni passate. Non dico che non siano convenienti, anzi, è di sicuro il momento migliore per comprare. Ma ti spingono ad acquistare molto più del necessario a colpi di sconto.


Non siamo tutti uguali: c'è chi per rigore personale, per attenzione al portafoglio, o per mille altri motivi si limita negli acquisti e c'è chi adora fare shopping, pratica che è diventata una valvola di sfogo, un piacere più o meno compulsivo o un semplice divertimento. Non voglio giudicare, anzi! È però innegabile che, mentre la crisi dilaga, si sente dall'alto una pressione sempre maggiore a comprare: sconti, offerte, promozioni, saldi in periodi improbabili. Ci viene propinata l'idea che il nostro compito, per il rilancio dell'economia, sia quello di comprare, possibilmente in abbondanza. Persino i più autorevoli e stimati rappresentanti delle nostre istituzioni parlano della rinascita del nostro Paese alludendo quasi esclusivamente alla crescita e al rilancio dei consumi. Siamo sicuri che non ci siano altre vie che possano portare al benessere?


La morbosità negli acquisti di cibo è qualcosa di incomprensibile. Ci scivola un po' dalle mani, come se fosse difficile gestire anche un aspetto della quotidianità che in apparenza è molto banale. Si mangia per crescere e per vivere, si mangia con gusto e con piacere, ma le conseguenze dei nostri pasti sono devastanti, non solo per il nostro bilancio famigliare, ma anche per l'ambiente.


Se verifichiamo la provenienza degli ortaggi esposti nei supermercati, per fare un esempio, è molto facile incontrare prodotti provenienti dall'orto d'Europa, la Spagna, oppure dal Marocco, anche se ci troviamo in un territorio ricco di coltivatori e con una produzione agricola adeguata alle nostre necessità. Il mercato invece (cioè noi) chiede i pomodori a dicembre o le zucchine a febbraio. Il piccolo ortolano della pianura padana non potrà mai averli o competere con una produzione su vasta scala. Il fatto è che queste scelte non sono solo uno sfizio: fanno parte dei pasti delle mense scolastiche e degli ospedali, sono ingredienti immancabili nei ristoranti e nelle pizzerie e noi ormai non sappiamo nemmeno più quali sono le verdure o la frutta di stagione. Compriamo e basta, facendoci guidare dalla voglia. Io fino a poco tempo fa facevo ampiamente parte di questo campione e quando facevo la spesa sceglievo la verdura seguendo il desiderio del momento e l'istinto, più che la stagionalità del prodotto. E questo perché, banalmente, non facevo il minimo caso a questi aspetti.


Un'amica tempo fa mi portò un lecca-lecca, di quelli morbidi e ricoperti di zucchero, per farmi notare che era prodotto in Cina. Avevo bisogno anche di quello perché adesso faccio molto più caso alla provenienza del cibo! Provo a farlo anche per gli altri beni di consumo, e proprio perché frequento poco i negozi mi è possibile.


È molto arduo ad esempio comprare una maglietta – tanto per fare un esempio – che non venga dal Bangladesh o dalla Cina o dall'India a prezzi popolari. La globalizzazione è nelle nostre case e l'acquisto a chilometro zero di articoli di abbigliamento e calzature è davvero difficile da realizzare, per non parlare del fatto che qualsiasi capo d'abbigliamento “made in Italy” costa di più, con il dubbio che in Italia venga solo stirato e confezionato. Di rado un paio di jeans sono prodotti localmente con criteri di sostenibilità e – nel caso – non li paghi certo venti euro. Lo stesso vale per l'abbigliamento da bambino: è molto più facile acquistare felpe, magliette e biancheria presso grandi magazzini monomarca che garantiscono una buona qualità con prezzi decisamente accettabili, e a volte persino competitivi. Ma anche qui, qualche alternativa è possibile.


Come possiamo trovare il modo per aquisire una maggiore coscienza e un minimo di conoscenza rispetto a ciò che entra nelle nostre dispense, nei nostri frigoriferi, nei nostri armadi? E soprattutto, come possiamo modificare il nostro modo di fare acquisti, pur garantendo alla nostra famiglia quello di cui ha bisogno?


In qualche modo sono riuscita a prendere un'altra strada, più umana, meno stressante, molto comoda, con una qualità maggiore e costi accettabilissimi. Non sempre, non in tutto. Ma credo che riflettere prima di comprare possa aiutarci a diminuire il nostro impatto ambientale e a stare comunque bene.

I miei problemi sono l'impazienza, la fretta, la sensazione di aver bisogno di determinate cose: anche perché è molto facile confondere i bisogni primari con quello che ci viene ricamato attorno.


Magari molti economisti potranno smontare questa tesi, ma io sono convinta che se continuiamo a comprare sulla base di bisogni indotti, più che di necessità reali, non volteremo mai pagina sul tema dei consumi. Il modello di economia a cui apparteniamo è fondato sulla crescita. Facciamoci un pensiero: obiettivamente, si può solo e sempre crescere? Siamo in recessione perché non cresciamo? È arrivato il momento di rendersi conto che il benessere e il bilancio della nostra famiglia devono slegarsi dalle logiche dell'aumento del Prodotto Interno Lordo, del vestito griffato o della convinzione per cui determinate tendenze facciano davvero la differenza nella nostra vita. Il piacere di comprare cose belle e utili non deve essere soffocato a tutti costi. Si può trovare un compromesso, pur circondandosi di cose gradevoli e rispettando le nostre necessità.


Le soluzioni ci sono: consumo critico, gruppi d'acquisto solidale, autoproduzione, beni durevoli.

Consumo critico

Alcuni anni fa si è diffuso anche in Italia il consumo critico, cioè la tendenza ad acquistare valutando in primo luogo le proprie effettive necessità e scegliendo i prodotti in base a qualità, metodi di produzione, sostenibilità ambientale del processo produttivo e fine vita del prodotto.


I consumatori critici, prima di acquistare, cercano di capire da dove viene un bene e come viene realizzato, con quali materie prime, con quale valorizzazione dei lavoratori che lo producono, cercando di prescindere dalla comunicazione e dalla pubblicità. In alcuni casi il consumo critico è diventato anche un po' riduttivo e si è concentrato molto sui boicottaggi, diventando un non-acquisto più che un consumo consapevole e proattivo, che punti al cambiamento.


Ogni oggetto è trasportato, produce emissioni e può diventare potenzialmente un rifiuto. L'imballaggio, lo smaltimento a fine vita, il trasporto, nel caso provenga da lontano, sono tutti piccoli tasselli che raccontano una storia. Non è sempre facile reperire informazioni, ma con un po' di impegno si può avere un'idea più chiara di ciò che troviamo negli scaffali dei negozi.


La perfezione forse non esiste e non esisterà mai, ma acquistando in modo critico si testimonia anche politicamente la propria opinione, si riesce a dimostrare la propria adesione a un modello di consumo con delle conseguenze concrete. Il nostro portafoglio è un'arma non-violenta molto potente.


Nei canali convenzionali è sempre più difficile trovare beni di consumo che garantiscano criteri di sostenibilità etica e ambientale. Vai a comprare un detersivo e ti ritrovi due corsie di prodotti di cui non conoscevi nemmeno l'esistenza. Magari ti bastava un unico flacone per lavare la biancheria e invece trovi: sbiancante, antimacchia per capi delicati, detersivo per capi scuri, anticalcare, ammorbidente, igienizzante, detersivo e ammorbidente tutto in uno; di tutti i prodotti c'è quello in polvere e quello liquido, quello di marca e quello al prezzo più basso, quello biologico e quello ecologico e biodegradabile. Un delirio di cui non abbiamo bisogno. Eravamo lì giusto per un detersivo per la biancheria.


Negli alimentari la cosa si ripete. Centinaia di prodotti a disposizione, ma che motivo ho di acquistare un prodotto da forno, confezionato dall'altra parte dell'Italia, se a pochi passi da casa mia ci sono piccole aziende alimentari che producono e distribuiscono prodotti simili?


Queste ultime forse sono costrette a lavorare come terziste con grossi gruppi di distribuzione e guadagnano pochissimo perché sono il primo anello della filiera e a loro ne seguono fin troppi. Se i consumatori bussassero alla porta di piccoli produttori indipendenti, invitandoli a vendere (anche) direttamente, potrebbero diminuire gli anelli della filiera, si contribuirebbe a rinvigorire l'economia del proprio territorio, a diminuire il trasporto di merci e quindi l'inquinamento locale e la produzione di emissioni.


La valorizzazione del tessuto locale è uno degli strumenti di consumo critico alla nostra portata. Il fattore tempo si può aggirare con un po' di organizzazione, come vedremo più avanti. Si tratta di soluzioni possibili o di semplice realizzazione, che hanno una serie di vantaggi nelle relazioni umane, nella gratificazione personale e nella qualità del tempo speso che difficilmente trovano paragoni.

Gruppi d'acquisto solidale

Il gruppo d'acquisto solidale (g.a.s.) è una soluzione per comprare cibo e altri beni di ottima qualità, rispettando il criterio della filiera corta. Accanto a una nuova modalità di acquisto, chi si organizza in gruppi di questo tipo cerca anche di approfondire, attraverso incontri o riflessioni, temi relativi ai consumi, all'alimentazione e all'ambiente in genere. La sostenibilità è uno dei punti chiave dei g.a.s., che si rivolgono direttamente ai produttori organizzando l'acquisto con distribuzioni dedicate ai propri soci. Grazie a questi gruppi si comprano prodotti che provengono da agricoltura e allevamenti biologici o prodotti trasformati il più possibile in loco. Laddove questo non è possibile si cerca di rispettare comunque il criterio di attenzione al produttore e all'ambiente, ottimizzando i trasporti e la gestione degli ordini.


È una rete di consumo alternativo che ha molte qualità e vantaggi, ma che comporta anche un impegno, un dispendio di tempo che i singoli sono tenuti a offrire al gruppo: se tutti fanno qualcosa, mettendo a disposizione le proprie competenze e il proprio tempo, la piccola organizzazione del g.a.s. può funzionare in modo esemplare, garantendo tutti i requisiti di sostenibilità, costi contenuti, filiera corta, massima qualità dei prodotti.


Il g.a.s. non è solo consumo critico: l'idea è di introdurre anche una sorta di etica nella spesa, di umanizzarla, di fare in modo che i consumi siano permeati di relazioni umane, di legami, di vita. Ci si allontana così in modo stupefacente dai carrelli pieni di scatole, dalle file coi beep alla cassa e dai parcheggi congestionati degli ipermercati. Anche alle distribuzioni del g.a.s. talora si fa la fila, ma è una bellissima occasione per chiacchierare e far giocare i bambini, scambiarsi ricette o consigli di cucina. È un tempo pieno di vita, fatto di relazioni leggere ma rincuoranti, che si elevano dall'anonimato sociale e dalla noia della quotidianità.


Comprando senza intermediari dai produttori i prezzi d'acquisto oltretutto si riducono, perché si saltano molti anelli della filiera e si abbatte l'intermediazione commerciale del grossista o del distributore e del negozio. Si accorciano inoltre i tempi di consegna: il raccolto del giorno prima finisce nelle cassette, non fa strada in un container o in un camion per essere consegnato. Niente gasolio, niente pallet (il più delle volte), niente muletti e sponde idrauliche per la consegna, niente borse usa e getta per la spesa, ma solo cassette riutilizzabili o sacchetti di cotone. Si accorciano le distanze tra produttori e consumatori, si diminuiscono le emissioni di CO2 e i consumi di fonti fossili, si migliora la qualità dell'ambiente e dei prodotti, si mangiano alimenti più sani, appena raccolti e provenienti da coltivazioni che rispettano standard di qualità molto alti, come quelle biologiche, e che garantiscono anche al produttore l'equa retribuzione per il suo lavoro.

Secondo il rapporto di Bio Bank, dal 2008 al 2011 i gruppi di acquisto solidale sono quasi raddoppiati, passando dai 479 del 2008 ai 742 del 2010. Nell'arco di tre anni i g.a.s. sono aumentati del 55% soprattutto nelle regioni settentrionali1. Probabilmente sono molti di più, dal momento che molti gruppi non sono registrati alla rete nazionale dei g.a.s.


Alcuni si formalizzano in associazioni di promozione sociale, altri rimangono gruppi informali e proseguono per anni le loro esperienze di acquisto, talvolta aggregandosi ad altri gruppi della stessa zona per gli acquisti più ingenti o laddove un produttore abbia la necessità di fare maggiore economia di scala.

Ma come si fa? Da dove si comincia per creare un g.a.s.?

Come nasce un gruppo d'acquisto

Probabilmente non c'è un unico modo per creare un g.a.s. Quello di cui faccio parte è nato da un progetto scolastico (di cui parlo nel capitolo 3) voluto da un gruppo di genitori che ha approfondito i temi dell'alimentazione biologica: è stata la messa in pratica dei contenuti che avevamo affrontato e degli stimoli offerti negli incontri di approfondimento organizzati attraverso il progetto.


Una nuova modalità di approvvigionamento di prodotti di consumo quotidiano, che diventa il modo più semplice per mangiare cibo biologico e locale, acquistare detersivi e altri prodotti per la cura della persona, scarpe e altri beni senza spendere una follia ma garantendo la qualità e la sostenibilità degli acquisti.


Per avviare il g.a.s. una decina di famiglie ha iniziato ad acquistare da due produttori locali, uno di ortaggi biologici e l'altro di formaggi freschi e prodotti da forno (pane, dolci, biscotti).


Il promotore del gruppo ha messo a disposizione una stanza momentaneamente inutilizzata di casa sua, che è diventata, per il primo periodo, il punto di distribuzione. Gli ordini venivano raccolti via email con un foglio elettronico da compilare a cura delle dieci “famiglie pilota” e passati poi ai due produttori.


Ci davamo delle scadenze: invio listini entro il giovedì, raccolta e aggregazione ordini da parte del referente entro sabato e invio ai produttori. Infine la distribuzione, che avveniva di martedì sera, per un'oretta.


Fin dall'inizio alcuni papà volenterosi hanno aiutato nella gestione della cassa: ogni famiglia aveva un numero e la spesa arrivava con la cassetta numerata. Spendemmo circa dodici euro a famiglia per i nostri imballaggi alternativi: due cassette di plastica per l'ortofrutta e due sacchetti di cotone per pane e formaggi; una cassetta la ritiravamo piena, l'altra la riconsegnavamo vuota al punto di distribuzione.


Le dieci famiglie che dovevano fare il rodaggio iniziale si moltiplicarono rapidamente e in poche settimane divennero quaranta. Un amico, un parente, un conoscente, altri genitori che avevano partecipato agli incontri di approfondimento chiesero di entrare nel “gruppo di prova”, che crebbe rapidamente e con grande entusiasmo condiviso. Fu necessario darsi un'organizzazione migliore in tempi brevi.

Le distribuzioni furono quindi spostate nel portico della scuola che aveva dato la disponibilità a sostenere il progetto. Ci dotammo inoltre di un programma per fare gli acquisti online: la disponibilità di un paio di genitori esperti fu fondamentale per trovare un software e spiegare agli utenti come utilizzarlo. Adottiamo Gestigas2, un programma che fa parte del progetto E3G, un software libero che viene rilasciato sotto licenza GPL (General Public License), talvolta definita licenza di copyleft. Ciò permette a chiunque di scaricarlo, utilizzarlo, modificarlo e redistribuirlo liberamente, a condizione di mantenere la licenza originaria GPL: l'espressione “software libero” si riferisce infatti alla libertà dell'utente di usare e migliorare il programma3.


Questo strumento facilita molto l'organizzazione: gli utenti fanno la spesa attraverso internet e il fornitore la può visionare e scaricare in tempo reale. Ci sono aspetti migliorabili ma rimane uno strumento fondamentale quando il g.a.s. aumenta di numero.

All'interno del nostro, come di tutti i g.a.s., per ogni fornitore c'è un componente del gruppo che fa da referente e che tiene i rapporti col produttore: amministra gli ordini sia dal punto di vista informatico sia da quello operativo, è presente alle distribuzioni del “suo prodotto” e quando è necessario divide la merce per gli associati, gestisce eventuali problemi nelle consegne e le variazioni di listino. È un piccolo impegno, che permette al gruppo di andare avanti, di aumentare le referenze a disposizione di tutti, la varietà e la frequenza dei prodotti.


Di norma i freschi si gestiscono settimanalmente, mentre gli alimenti non deperibili e tutto il resto hanno consegne sporadiche, a volte anche solo una o due volte all'anno.


Dare la propria disponibilità come referenti significa anche entrare in contatto con il mondo del produttore, conoscerne i punti di forza ma anche le difficoltà, e trasferire agli altri componenti del gruppo moltissime informazioni importanti, legate alla produzione locale, ai rischi, ai limiti e al valore di determinate produzioni.


La spesa degli utenti viene consegnata nella serata in cui si fa la distribuzione. A volte il produttore è presente, fa quattro chiacchiere con le persone, raccontandoti magari che la grandine gli ha danneggiato le zucchine, e che quelle cicatrizzate le ha messe in cassetta, mentre le altre le ha date in pasto agli animali. Non ci sono marchi e loghi a fare da padrone e nemmeno un packaging attraente o alternativo. Ci sono persone che ti raccontano del loro lavoro, i padri putativi degli ortaggi o dei formaggi che mangi, che li hanno raccolti o preparati con le loro mani.


La base del nostro acquisto è la cassetta settimanale di verdura e frutta di stagione. È anche il punto di forza del nostro g.a.s., per il suo significato di sostenibilità: in essa infatti sono contenuti ortaggi e frutta freschi, coltivati presso aziende biologiche: sono frutta e verdura locali, quindi in zona abbondano, e per questo ci viene riservato un piccolo “sconto g.a.s.”, rispetto al prezzo di listino. Claudio e Antonella, i produttori, inseriscono ogni settimana nel Gestigas la composizione delle cassette che sono di quattro tipologie: due grandi per famiglie numerose e due piccole, di sola verdura o di ortofrutta mista. È cibo di alta qualità, coltivato a un passo da casa, raccolto il giorno precedente la distribuzione, e dotato di un'altra caratteristica: costa poco. Poco perché è locale e stagionale, quindi ce n'è in grande quantità. Dieci o venti euro di frutta e verdura per una settimana e per un'intera famiglia sono una sciocchezza. Ma hanno un valore straordinario nella tutela dell'ambiente e del territorio in cui vengono prodotti e consumati.


Oltre alla cassetta ogni utente può acquistare quello che desidera, in aggiunta: altri ortaggi o frutta, legumi e cereali, o prodotti a disposizione del nostro fornitore di ortofrutta, che ha anche una piccola rivendita presso la sua azienda.


Per le altre aziende invece, non essendoci eccedenze particolari in determinate stagioni, quando si apre l'ordine si può scegliere liberamente tra tutti i prodotti a disposizione. Fanno eccezione i prodotti derivati dal latte di capra perché nel periodo invernale questi animali danno il latte ai loro cuccioli.


Un po' alla volta, grazie alla disponibilità degli utenti che partecipano al gruppo, abbiamo colmato quasi tutte le necessità delle famiglie: pasta, olio, riso e altri cereali in chicchi, farine, legumi, formaggi di vario tipo, frutta, verdura e prodotti da forno; ma anche detersivi, saponi, scarpe, libri, prodotti del commercio equo e solidale come zucchero, caffè e cioccolato, che non sono a chilometro zero ma hanno il merito di rispettare i lavoratori e le produzioni delle località in cui sono coltivate. E poi, ancora, prodotti vegetali alternativi (tofu, seitan, ecc.), carne proveniente da allevamenti biologici, vino, miele, succhi di frutta e latti vegetali.


Il criterio con cui scegliamo i produttori, consultandoci tra soci, è quello della qualità massima, prediligendo aziende biologiche certificate o in corso di certificazione, che lavorino il più possibile nel nostro territorio. Questo non è sempre possibile, ma nel caso in cui sia necessario rivolgersi ad aziende lontane lo facciamo sempre cercando di creare economia di scala, ad esempio aggregandoci ad altri g.a.s. per le consegne.


È preziosa inoltre, tra i componenti del gruppo, la disponibilità a gestire i turni di distribuzione offrendosi per il servizio cassa. Poi c'è chi gestisce il sito, chi organizza corsi di cucina, chi si impegna nella divulgazione delle attività o nel tentativo di creare sinergie con altre realtà della zona. La presenza sul territorio è importante: si spostano i consumi e si valorizza l'economia locale, si diventa parte attiva di un cambiamento silenzioso ed efficace.


Ma non è tutto: ci si conosce per nome, ci si saluta, si smette di correre per fare la spesa. Si ordina comodamente da casa e poi si ritira con tranquillità.

I gruppi d'acquisto di solito sono caratterizzati da tre aggettivi: piccolo, locale, solidale. Su cosa significhi piccolo è tutto relativo. Ci sono gruppi di centinaia di utenti che muovono l'economia del loro territorio in modo considerevole. Altri rimangono di venti o trenta famiglie, con il vantaggio di conoscersi proprio tutti per nome, magari essere anche più flessibili in molte occasioni, ma con meno incisività a motivo dei numeri limitati.


I rapporti sociali che intercorrono tra i componenti del g.a.s. si sottraggono alle logiche della competizione, quelle dei produttori alle logiche del prezzo e della concorrenza. Si instaura un rapporto di fiducia tale che se un produttore ti dice che il prezzo di un bene aumenta, ti fidi perché comprendi che sono aumentati anche i suoi costi. Sai che non fa giochetti di offerte o tre per due: ti vende quello che ha, nessuno se ne approfitta. Il fattore economico e meramente commerciale è superato grazie all'aspetto sociale e relazionale.


E poi siamo famiglie normali, con lavori normali, che cercano di mangiar bene, di imparare qualcosa e in fondo di comunicare un po', di creare dei legami. Per me il g.a.s. significa anche amicizie, crescita personale, autoformazione.


Non ha senso creare un gruppo d'acquisto per mangiare biologico a poco prezzo, perché il fattore prezzo non può essere l'unica variabile che fa la differenza. La “s” di g.a.s. sta per solidale, il che significa che il tuo acquisto è un impegno a sostenere i produttori da cui ti stai approvvigionando, che se un giorno il raccolto del “tuo” contadino va male ti adatti un po', che se sei in un gruppo fai qualcosa, offri il tuo tempo e partecipi.


Non è una cosa da poco nel quadro della totale spersonalizzazione in cui si trovano i nostri quartieri.

In questo modo si incide sul territorio, si spostano i consumi verso logiche slegate dalla crescita a tutti i costi e al contempo si migliora il benessere, aumentando il tempo dedicato alla famiglia; perché anche andare a prendere la cassetta al g.a.s. è un bel modo di stare coi figli, di incontrare altri bambini. E si smette di lottare o di fare trattativa al supermercato per l'immancabile ovetto che ti scruta mentre sei in fila alla cassa.


Una delle attività più piacevoli e interessanti che i g.a.s. organizzano sono le visite ai fornitori. Si tratta spesso di persone che hanno grandi competenze e che si raccontano con immenso piacere, aprendo le porte delle loro aziende e mostrando il processo con cui si coltiva o si realizza un prodotto. I nostri figli mangeranno quel formaggio o quel frutto conoscendone la storia, ricordando cosa è stato loro spiegato, richiamando alla mente il profumo del campo in cui affondano le radici degli ortaggi o la terra in cui hanno giocato con i loro scarponcini. E così il formaggio sarà quello del latte delle capre di Monica, il pane fatto con la farina di Marco, le carote e le patate di Claudio.


Va da sé che i gruppi d'acquisto, e quindi i loro componenti e i produttori che li forniscono, non evadono le tasse: vengono emesse regolarmente fatture e scontrini fiscali. (vedi sotto).


Attraverso il sito http://www.retegas.org/ è possibile verificare se nella propria zona è presente un gruppo d'acquisto e chiedere di farne parte. In alternativa, seguendo quanto riportato qui sopra, è possibile crearne uno, assieme ad amici fidati e con grande apertura, e cercando di condividere le nostre scelte.


I g.a.s. sono riconosciuti da una legge che ne regola le attività, contenuta all'interno della finanziaria 2008.

 

Articolo 1 - Commi 266-268

Gruppi di acquisto solidale. Istituiti i gruppi di acquisto solidale.

Le loro attività rivolte agli aderenti non sono commerciali ai fini Iva.

 

266. Sono definiti «gruppi di acquisto solidale» i soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita.

 

267. Le attività svolte dai soggetti di cui al comma 266, limitatamente a quelle rivolte verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai fini dell'applicazione del regime di imposta di cui al decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 4, settimo comma, del medesimo decreto, e ai fini dell'applicazione del regime di imposta del Testo unico di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

268. All'onere derivante dalle disposizioni di cui ai commi 266 e 267, valutato in 200.000 euro annui a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto legge 1º ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.


Alternative al gruppo d'acquisto

Questa interessante idea di condivisione e di relazione nell'acquisto critico ed ecologico ha però un limite: ci si deve ricavare del tempo. Potrebbe essere un punto di forza, dipende dai punti di vista. Vanno inoltre considerati gli aspetti logistici: se devo percorrere molti chilometri per raggiungere il g.a.s. più vicino a casa mia, forse si vanifica il concetto di filiera corta.


Tempo e spazio, da sempre, sono le categorie che regolano la nostra vita, e questo caso non fa eccezione. Il g.a.s. funziona se ce l'hai vicino a casa e se almeno un componente della famiglia può dedicare del tempo, come referente, nel turno cassa, nella gestione delle comunicazioni tra gli utenti o nell'organizzazione di qualche incontro di approfondimento.


In alternativa ci si può rivolgere in modo autonomo a produttori locali e cercare di acquistare quanto possibile presso piccoli negozi indipendenti che abbiano a scaffale anche prodotti biologici locali.


La cosa migliore è iniziare a guardarsi intorno, cercando nelle pagine bianche, ma soprattutto osservando le zone di periferia, provare a visitare cascine e aziende agricole locali, portare i bambini a vedere i campi e gli animali, e chiedere senza timore se sono disponibili alla vendita diretta.

I negozi della catena Ecor4, ad insegna CuoreBio, hanno avuto il merito di diffondere in Italia un mercato alternativo, con l'obiettivo di coniugare ecologia ed economia. Oggi sono presenti con circa mille punti vendita. Vendono prevalentemente prodotti alimentari, ma anche beni per la cura della persona, libri, e qualche prodotto di abbigliamento, soprattutto intimo.


Per tutto il non-alimentare è più difficile, ma non impossibile, specie se affianchiamo acquisti etici a consumi alternativi (o non-consumi) che ci permettono di autoprodurre, acquistare, barattare, o scambiare beni di qualità senza pagarli o pagandoli poco (lo vedremo al cap. 7).

Un prezioso alleato per acquistare, anche assieme ad altre famiglie, prodotti alimentari e beni di consumo è la rete.


Si stanno diffondendo sempre di più negozi che vendono prodotti ecologici per la pulizia e la cura della persona, vestiario, scarpe, ma anche produttori indipendenti che consegnano la spesa a domicilio e persino portali geolocalizzati. La cosa migliore, anche qui, è acquistare in gruppo, coinvolgendo parenti, amici e vicini di casa che sposino il nostro punto di vista: si risparmia sulle spese di spedizione e, cosa non banale, ci si incontra, si fa qualcosa di piacevole e utile assieme ad altre persone con le nostre stesse esigenze. Qui di seguito troverete alcuni di questi servizi, attivi prevalentemente grazie al web.


Biobank è una banca dati in costante aggiornamento che fornisce una fotografia aggiornata, anno dopo anno, del settore biologico in Italia: mercatini, negozi, agriturismi, operatori di settore e fiere, in tutta Italia.


Selezionando la vostra regione potrete trovare mercatini o eventi dedicati al mondo bio a filiera corta, anche non alimentare, all'indirizzo http://biobank.it/.

La Confederazione Italiana Agricoltori, con sede a Roma, aggiorna invece il sito La spesa in campagna (www.laspesaincampagna.net/) in cui si possono trovare numerose aziende biologiche disponibili anche per la vendita diretta. Per ogni produttore c'è una scheda con i riferimenti e la mappa. La banca dati contiene 10.000 fattorie, e la ricerca si può effettuare sia per prodotto sia a partire da un'area di interesse.


Una terza risorsa è il Farmer's market, raggiungibile all'indirizzo www.mercatidelcontadino.it/. Anche questo sito è una raccolta di realtà che operano nel biologico e che vendono al pubblico. È dedicato alle forme di vendita diretta da parte delle aziende agricole con l'obiettivo di dare priorità ai piccoli produttori, accorciando la filiera e creando un mercato senza mercanti, che sia anche un luogo di convivialità, dove fare la spesa non è più solo un atto “funzionale”, ma un tempo riconquistato al piacere e alla socialità.


Infine Bioradar (www.bioradar.it), che offre una mappatura di attività artigianali, produzioni agricole con vendita diretta e appuntamenti o eventi di rilievo in questo settore: attraverso un sistema di geolocalizzazione Bioradar è in grado di aiutare l'utente a trovare in maniera rapida e semplice il prodotto che sta cercando, segnalando i luoghi nelle vicinanze dove si produce e si vende ciò che l'utente sta cercando.


Un'altra possibilità è quella di fare la spesa online, acquistando prodotti agricoli locali senza intermediari, attraverso servizi dedicati. Con questa tipologia di acquisto si delega ad altri la valutazione del produttore, ma anche il piacere di visitare un'azienda agricola. È comunque un'opportunità per accorciare la filiera e, per i produttori, un ottimo modo di vendere in modo diretto, senza togliere tempo al lavoro di produzione e raccolta.


Geomercato (www.geomercato.it/) è una piattaforma internet per la vendita diretta e per la distribuzione di prodotti agricoli locali. Mette in contatto produttori e consumatori tramite il web e organizza la consegna della spesa a domicilio. L'importo minimo di acquisto è di 10 euro e la consegna va da 5 a 7 euro; i prezzi sono decisi direttamente dai produttori. È presente in tutta Italia e rispetta il criterio della filiera corta.


Bioexpress (www.bioexpress.it/) è gestito da un gruppo di produttori dell'Alto Adige che si dedica alla coltivazione di frutta e verdura applicando le regole della produzione biologica e rispettando le caratteristiche di stagionalità. Le loro vendite non si limitano però al territorio altoatesino, perché arrivano in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Roma, consegnando circa 4.000 cassette a settimana.


Cascina Cornale (www.cornale.it/) opera in quasi tutto il Nord-Ovest d'Italia. Attraverso il servizio denominato AgriSpesa pemette agli utenti di ricevere a casa ogni settimana prodotti freschi di agricoltura nativa provenienti dalle circa 80 aziende della Cooperativa agricola Cascina Cornale.


Frutta Verdura Golosa Bio, raggiungibile al sito www.fvgbio.it/ è gestito da un gruppo di agricoltori friulani che commercializzano direttamente i loro prodotti, confezionati in cassette e sacchetti, instaurando un rapporto diretto con l'utente.


Il Buonessere (www.ilbuonessere.it) è gestito da un veneto trapiantato a Milano che confeziona personalmente sacchetti di frutta e verdura fresca di stagione e di altri prodotti alimentari biologici provenienti da produttori che ha selezionato personalmente e che consegna a Milano e nell'hinterland.

 

Altri servizi simili:

  • www.portanatura.it a Genova, Milano e hinterland

  • www.ortoegusto.it/ a Milano, anche con ritiro in sede

  • www.biosee.it/ in Toscana, tra Prato e Lucca

  • www.ortaie.it a Milano e Brescia

  • www.spesanatura.it a Vicenza e provincia

I prodotti non alimentari

Anche i prodotti per la casa e per la cura della persona, l'abbigliamento, le calzature, ecc. si trovano più facilmente online, oppure presso negozi specializzati non ancora molto diffusi.


Su www.negoziobio.info/, un sito del network Terranuova.it si possono trovare negozi di tutti i generi: ecotessuti, erboristerie, arredo ecologico e bioedilizia, articoli per animali, ecocosmesi, ecc.


Acquisti Verdi (www.acquistiverdi.it) è un vero e proprio catalogo on-line in cui si possono trovare prodotti e servizi ecologici e contattare le aziende che li producono o li distribuiscono. È una guida all'acquisto dove persone, enti pubblici e aziende si incontrano e si scambiano informazioni, uno strumento per fare rete, che collega aziende e consumatori.


Altri negozi online di prodotti ecologici e biologici, non alimentari, come abbigliamento, detersivi, prodotti per la cura della persona, giocattoli, scarpe:

  • Eco and Eco (www.ecoandeco.it/ )

  • Minimo impatto (www.minimoimpatto.com/)

  • Tabata Shop (www.tabatashop.com)

  • Altra moda (www.altra-moda.net/)

  • Astorflex5 (www.astorflex.it)

  • Ecogiochiamo6 (giocattoli) (www.ecogiochiamo.com/)

  • L'Eco Bottega (www.lecobottega.it/)

L'autoproduzione

Un'altra modalità per ottenere prodotti di alta qualità a bassissimo impatto è autoprodurli. Grazia Cacciola, nota autrice di numerosi saggi – in particolare sulla coltivazione e l'autoproduzione biologica e blogger di Erbaviola.com –, afferma che l'autoproduzione è un modo divertente e intelligente per affermare la propria libertà7. Siamo dei genitori, lavoriamo, abbiamo i bimbi piccoli: come possiamo ricavare del tempo per fare l'orto, il pane, lo yogurt, o persino i giocattoli e i vestiti?

La domanda è lecita, il tempo sembra non bastare mai! Ma la risposta viene naturalmente: con la passione si arriva ovunque, il sistema si trova. Essere capaci di farsi le cose, assaporare un pezzo di pane ancora caldo fatto in casa, preparare una minestra con il dado vegetale autoprodotto, vestire con un maglione fatto ai ferri sono gesti che riempiono di soddisfazione. La bontà del pane fatto in casa è impareggiabile, il piacere del raccolto nell'orto impagabile. Il tempo si trova nella misura in cui si pensa davvero che determinate scelte facciano la differenza; probabilmente la soluzione sta nell'organizzazione e nel giusto mix tra acquisti ecologici nei negozi o attraverso i gruppi d'acquisto e autoproduzione. È ovvio che alcuni prodotti certificati e realizzati da aziende che fanno scelte etiche e responsabili costino molto di più di quelli delle multinazionali prodotti su larghissima scala. E se poi ci capita di essere di fretta e finiamo al supermercato anche lì possiamo avere un occhio di riguardo e scegliere i prodotti che rispondono a determinati criteri: leggeremo le etichette, cercheremo i loghi degli enti certificatori e ci accorgeremo che molte cose rimarranno sugli scaffali.


Autoprodurre in quantità generose, fare scorta di alcuni beni di prima necessità e acquistare tutto il resto potrebbe essere una buona soluzione che concilia tempo, qualità e benessere per tutta la famiglia, ricordando che coinvolgere i bambini nel fare l'orto o nell'attesa della lievitazione del pane è un gioco attraente, educativo e costruttivo, che permette a loro (e anche a noi!) di esprimersi, di trasformare, di creare, di riconoscere il frutto concreto di un impegno. Nei prossimi capitoli troverete alcune soluzioni di autoproduzione proposte anche da tanti genitori che hanno sperimentato il piacere liberatorio di creare qualcosa per la propria famiglia, senza creare rifiuti, e senza utilizzare prodotti chimici dannosi per la salute e per l'ambiente.

Testimonianza:

consumo critico in una cittadina di periferia
Federica ha scelto per sé e per la sua famiglia il consumo di prodotti semplici e locali, frequenta i piccoli negozi di quartiere, si muove a piedi o in bici.

Inizio a raccontare la nostra esperienza da quello che è successo oggi. Quando siamo rientrati a casa, dopo una giornata di scuola e lavoro, mio figlio di cinque anni ha controllato la cassetta della posta come d'abitudine e poi mi ha detto: “Mamma, non c'è niente, solo tanta pubblicità, di chi vuole farci comprare quello che a noi non interessa”.


Non so se fra qualche anno la penserà ancora così, certo è che questo fa parte di quello che sente ripetere in casa, e da qui partirei per raccontare il nostro modo di acquistare.


Andare per negozi non è un modo per trascorrere il tempo libero, consideriamo una grande perdita di tempo gironzolare tra luci e cemento solo per guardare e non toccare, vedere merce che altri hanno deciso debba piacere anche a noi.


Quindi al centro commerciale, quello raggiungibile solo in auto, non ci andiamo mai noi genitori né portiamo nostro figlio a spasso, come fosse un luogo ameno dove trascorrere il fine settimana. Quando facciamo un giro nel bel centro storico della nostra città – purtroppo ancora troppo pieno di auto – ci piace andare in libreria, entrare a curiosare nei negozi del commercio equo e solidale e poi fermarci a prendere qualcosa in qualche caffetteria.


Nei negozi di vestiti, che un tempo frequentavo spesso, ormai ci entro di rado, non perché non mi piaccia provare o acquistare un vestito nuovo, ma perché l'armadio è pieno e ho imparato ad accettare volentieri quello che altri non usano più; con mia madre e mia sorella abbiamo quasi la stessa taglia e da loro mi arriva parecchia roba. I vestiti di mio figlio sono quasi tutti passati da amiche o presi in super saldo e anche per i miei ho avuto la bella occasione di partecipare ad una festa del baratto organizzato da un'amica. Quando l'ho raccontato a mia nonna ultra novantenne, che per anni è stata a servizio in casa di ricchi signori, mi ha detto che “le contesse” negli anni Quaranta e Cinquanta usavano trovarsi per scambiarsi i vestiti. Forse con i nostri baratti stiamo reintroducendo un'abitudine “aristocratica”? Di certo la gente normale di quei tempi non aveva molti vestiti da scambiare, era già tanto se nell'armadio c'era un vestito da lavoro e uno da festa. Chiunque di noi invece ha oggi un armadio ben al di sopra dei suoi effettivi bisogni.


Quando compriamo, cosa compriamo e dove?

Prima di tutto il cibo, cibo semplice e biologico, pochi i prodotti trasformati e, se lo sono, con pochi e chiari ingredienti in etichetta. Il cibo non si spreca, cerco di preparare quello che serve e se avanza qualcosa lo riutilizziamo il giorno dopo. Mi piace anche ricordare come, grazie al latte materno, non abbiamo avuto bisogno dei costosi prodotti per la prima infanzia e nostro figlio si è abituato a mangiare come usiamo in casa senza alcuna difficoltà.


Acquistiamo il pane presso due ottimi fornai, uno vicino a casa per il pane bianco biologico cotto a legna e uno da un fornaio di montagna, che consegna una volta la settimana il pane di semi e frutta secca. Consumiamo poi tante verdure, legumi secchi, cereali (orzo, farro, riso, poca pasta). L'unica carne che compriamo sono i polli, allevati all'aperto con metodo biologico da un piccolo allevatore della nostra zona. Li prendiamo attraverso un gruppo di acquisto e li prenotiamo tre mesi prima, in modo che l'allevatore possa organizzare l'allevamento in base alle richieste effettive.


Il gruppo di acquisto è per me soprattutto un'occasione per conoscere i produttori e anche altre persone con cui condividere le scelte di acquisto. Oltre ai polli, compro al g.a.s. le mele di un produttore a circa 50 km da casa, che riesce a venire da noi una volta al mese e a portarci direttamente i suoi prodotti con un unico trasporto.


Mi piace frequentare i negozi dei produttori della zona che hanno anche un punto vendita presso la loro azienda agricola, così come preferisco andare in piccole botteghe per acquistare i prodotti che non uso in grandi quantità.

Ho molta fiducia nei negozianti dei piccoli negozi biologici della nostra città, alcuni sono dei pionieri che dagli anni Ottanta hanno cercato di diffondere un nuovo modo di vendere e comprare, di prestare attenzione a quello che mangiamo e che usiamo per la pulizia personale e della casa.

Testimonianza:

consumo critico in California
Camilla si è trasferita in California dove, con suo marito e la sua bambina, cerca di vivere in modo sostenibile, con una particolare attenzione all'alimentazione.

Vivo da otto anni negli Stati Uniti. La realtà americana è profondamente diversa da quella italiana: le grandi catene di distribuzione sono dominanti e il commercio online è diffusissimo, di conseguenza i prezzi sono oltremodo competitivi. Molti negozi “indipendenti” detti “local”, così come vengono chiamati i negozi gestiti da gente del posto, hanno chiuso perché incapaci di tenere il passo con i concorrenti più forti.


Il mio nucleo familiare è tipico della classe medio-alta, ma viviamo anche in uno dei posti più costosi d'America: siamo quindi molto attenti alla gestione dei nostri soldi e non seguiamo di certo uno stile “eco-chic”. Ci piace l'idea di contribuire ad una società in cui sia possibile, per il singolo, avere un'attività in proprio e stare bene, senza che tutto sia in mano alle multinazionali o alle grandi catene.


Com'è possibile seguire uno stile di vita più consapevole con queste premesse?

Innanzitutto vorrei parlarvi delle nostre scelte alimentari, per poi passare allo svago e a dove compriamo gli altri beni di consumo.


La California, il nostro stato, è noto per la sua fiorente agricoltura e fortunatamente molti contadini credono nel biologico. Due giorni a settimana c'è il “Farmers Market”, dove i contadini e altri produttori della zona vendono la frutta, le verdure, i formaggi e altri prodotti (uova, carne, miele, torte, pane, olio, fiori, ecc.). Noi compriamo tutta la verdura e la frutta in questi mercati.


Per un anno abbiamo fatto un abbonamento presso una fattoria: in pratica si paga una cifra prestabilita e per un anno ogni settimana si va a prendere un cesto con frutta e verdura di stagione. È un'idea bellissima ma non molto conveniente per noi che siamo in Italia tre o quattro mesi all'anno. Poi nel nostro giardino abbiamo alberi di arance, limoni, pompelmi e mandarini che producono tutto l'anno i loro frutti, mentre d'estate piantiamo pomodori e insalata.


Per quanto riguarda gli altri prodotti alimentari cerchiamo di comprare quelli californiani, che magari non sono proprio a Km 0 ma almeno non hanno fatto il giro del globo. Con alcune eccezioni a cui non posso proprio rinunciare, da brava italiana: il Parmigiano Reggiano e la pasta, che considero i miei vizietti!

Abbiamo notato che facendo la spesa al mercato risparmiamo e la qualità è nettamente superiore.

Per quanto riguarda il tempo libero, qui ci sono molti ristoranti che sono orgogliosi di servire pietanze preparate con prodotti locali. Se vogliamo prendere il caffè o il tè fuori evitiamo gli Starbucks8 e preferiamo andare in piccole caffetterie.

La nota dolente riguarda gli altri beni di consumo: qui c'è l'invasione del “Made in China” e molti piccoli negozi hanno dei ricarichi assurdi, a volte anche del quaranta per cento, molto di più rispetto ai prodotti che si acquistano in Internet. Se è possibile cerchiamo di comprare usato: qui ci sono molti negozi dell'usato, le cosiddette “garage sale” e le “moving sale”: chi pulisce il garage di solito mette in vendita ciò che non serve più, e lo stesso fa la gente che trasloca. Inoltre c'è un sito di piccoli annunci, www.craigslist.org, organizzato per città, dove si trovano moltissime cose a prezzi stracciati, e dove io stessa ho venduto e comprato molto.


Infine una curiosità: qui il legno è un materiale di cui c'è grande disponibilità ed è poco costoso, le case hanno lo scheletro di legno e vengono smantellate e ricostruite in caso di trasloco di un nucleo familiare. Il nostro letto è stato costruito su misura da una ditta artigianale di Los Angeles che utilizza il legno riciclato delle case e il risultato è un prodotto molto solido e di alta qualità.


Per il resto ci rivolgiamo anche noi alle grandi catene, ma siamo sempre alla ricerca di nuove idee per ridurre il nostro impatto ambientale.

Eco-famiglie
Eco-famiglie
Elisa Artuso
Riflessioni, esperienze, idee per una maggiore consapevolezza e un orientamento più sostenibile.Suggerimenti e proposte concrete per essere più ecologici e per insegnare ai nostri figli il valore dell’eco-sostenibilità. Eco-famiglie di Elisa Artuso raccoglie proposte concrete per essere più ecologici senza spendere una follia, per ridurre i consumi inutili e per insegnare ai bambini il valore dell’eco-sostenibilità, consigli pratici per organizzare gli acquisti, ricette di autoproduzione, proposte creative per giocare, andare in vacanza e gestire i rifiuti. Ogni capitolo è corredato da testimonianze di chi sta sperimentando un’ecologia nuova e concreta, senza estremismi: il vero cambiamento parte dalle piccole cose, se si pensa solo in grande si rischia di non iniziare mai.Un cambiamento concreto che ci consenta di consegnare alle generazioni future un ambiente salutare e pulito non è solo necessario, ma improcrastinabile, e può avvenire solo se le famiglie imparano a costruire relazioni virtuose tra di loro, che aiutino a modificare gradualmente le abitudini all’insegna del consumo critico e responsabile, della mobilità sostenibile, di un nuovo modo di vedere la pulizia e la propria cura personale, di costruire le nostre case e di gestire il nostro denaro. Conosci l’autore Elisa Artuso, libera professionista e blogger, si occupa di comunicazione digitale e scrive di ambiente ed infanzia.È socia fondatrice di un gruppo d’acquisto solidale e autrice di Mestiere di mamma, un blog-magazine per famiglie amiche dell’ambiente. Vive a Bassano del Grappa.