capitolo vii

Nuova vita alle cose:
scambio, baratto e usato,
consumo collaborativo

Se io avessi una botteguccia | fatta di una sola stanza | vorrei mettermi a vendere | sai cosa? La speranza. | “Speranza a buon mercato!” | Per un soldo ne darei | ad un solo cliente | quanto basta per sei. | E alla povera gente | che non ha da campare | darei tutta la mia speranza | senza fargliela pagare.

Gianni Rodari

Passarsi i vestiti dei bambini…

Se avete un bambino piccolo da almeno qualche stagione, sapete bene che il suo guardaroba invecchia in fretta. La crescita dei nostri bimbi, in particolare nei primi mesi, ci lascia esterrefatti, specie con il primogenito: già a poche settimane dalla nascita ci ritroviamo con tutine e body ancora perfettamente nuovi da riporre in qualche scatola o angolo di casa perché inutilizzabili. A volte, soprattutto in autunno o in primavera, quando la temperatura è molto variabile, può capitare di usare pochissimo un indumento, o persino di non usarlo affatto. Non è raro riporre scarpine o tutine mai indossate. Il classico regalo per la nascita, che fa sempre piacere ricevere, a volte si trasforma in un puro e semplice spreco perché non va incontro a reali esigenze della famiglia, bensì solamente alla consuetudine di fare un dono ai genitori per il nuovo nato.


Quando eravamo bambini era normale vedere la propria vecchia maglietta indossata da un vicino di casa più giovane. “Toh, ce l'avevo anch'io una maglietta come quella, chissà dove sarà finita!”


Le mamme scambiavano il vestiario con grande facilità, senza alcun dubbio rispetto all'opportunità di farlo. Era una consuetudine, resa concreta dalla necessità, poiché non esisteva ancora l'importazione di prodotti a basso costo e il relativo comparto tessile nella grande distribuzione organizzata. Con il passare degli anni questa consuetudine si è un po' affievolita, anche se non sono poche le mamme e i papà che trovano ancora il modo di scambiarsi vestitini e molti altri oggetti.


Quei genitori non sono dei nostalgici: hanno trovato il modo di guardare al passato e di renderlo così remoto da farlo sembrare futuro.


Il mondo dell'infanzia è un vero e proprio pozzo senza fondo: pensiamo alla quantità di attrezzatura, giocattoli, libri che entrano nelle nostre case. E poi ancora culle, passeggini, lettini e seggioloni, seggiolini per le auto, sdraiette, tricicli e biciclette che in pochi mesi o anni diventano inutilizzabili. A volte ci ritroviamo in casa oggetti regalati o acquistati sotto quell'impulso che ci prende quando siamo in situazioni nuove e non sappiamo ancora bene come organizzarci. Una di queste è il periodo che va dalla fine della gravidanza ai primi mesi con un nuovo nato. Le riviste, la pubblicità, il marketing battente, ci prospettano una maternità migliore se arricchita da oggetti che sicuramente sono molto belli e funzionali, ma non sempre tutti ne traggono lo stesso giovamento. Passeggini con colori sgargianti, fasciatoi con la “spa” incorporata (sì, esistono davvero!), cuoci pappa, omogenizzatori, e poi ancora set da viaggio e attrezzi di vario genere. Noi genitori ci sentiamo quasi in dovere di essere organizzati e ben riforniti di tutto ciò che possa migliorare la nostra nuova vita familiare. Non è facile orientarsi ma è indubbio che molti di questi oggetti finiscono per rimanere in un angolo della casa o vengono utilizzati giusto perché ci sono, ma di fatto non ci cambiano la vita.


Lo scambio di vestiti dei propri figli, dell'attrezzatura per l'infanzia, dei giocattoli è uno dei modi migliori per risparmiare, godere dell'esperienza altrui, fare un gran bene al pianeta. Lo scambio infatti si traduce immediatamente in risparmio di materie prime, di energia per la produzione, in minori emissioni per il trasporto e la distribuzione.


Ed è anche un'impagabile occasione di relazione con altre famiglie. Con la scusa delle tutine o dei vestitini ci si confronta con diversi modi di vivere la maternità, offrendo magari un nuovo punto di vista. È così che ho prestato a più di una mamma la mia fascia porta bebè, anche solo per provare se faceva al caso suo, senza l'impegno di doverla acquistare. Abbiamo l'opportunità di ravvivare questa pratica e di trasformare questi scambi in occasioni per avvicinarci ad altre famiglie, per essere persone aperte, per condividere il nostro vissuto.


Offrire agli oggetti una nuova vita è anche molto divertente. Se da piccole non se ne rendevano conto, ora le mie bimbe sono fiere di indossare magliette o vestitini di amiche di famiglia e hanno sviluppato naturalmente il desiderio di scambiare anche i loro giocattoli o di regalarli quando qualcuno le viene a trovare. Certo, quando i bambini sono piccoli c'è il rischio che “vogliano indietro il regalo” e non c'è da preoccuparsi se hanno il desiderio di possedere oggetti tutti loro, ma credo anche che l'attitudine allo scambio avvenga più facilmente se in casa se ne respira la normalità e il piacere.


Quando si riceve qualcosa poi è un piacere anche offrire ciò che si ha, diventa naturale, e così il circolo virtuoso degli scambi riveste un significato ancora maggiore: garanzia di relazione, piacere nella condivisione. Una scatola di vestitini usati ha dunque un significato molto più grande di quello che normalmente le attribuiamo cercandole un posto in un angolo del ripostiglio, e può indirettamente aggiungere valore (non necessariamente soldi) alla nostra vita. Tutto questo – ovviamente – non significa non conservare ricordi o oggetti dei nostri bambini che per noi hanno un valore: le cose raccontano la storia di una famiglia, conservarne di significative fa assumere loro un rilievo ancora maggiore.

… e degli adulti

Lo scambio di beni per la prima infanzia, come abbiamo visto, è abbastanza naturale; forse un po' meno rispetto ad alcuni anni fa, ma con la complicità della crisi sta tornando a diffondersi ampiamente tra le famiglie.


In genere si è mossi soprattutto dall'opportunità economica offerta da questa pratica, mentre il rispetto per l'ambiente e la relazione con altri nuclei familiari sono aspetti vissuti solo come conseguenza, seppur positiva.


E gli adulti? Se scambiare i vestiti dei bambini è una pratica abbastanza diffusa, lo stesso non vale per quelli degli adulti: le nostre sovrastrutture mentali ci frenano e siamo portati piuttosto ad acquistarne di nuovi e a portare quelli che non utilizziamo nei cassonetti della raccolta del vestiario usato o a trovare altre soluzioni (vedi paragrafo sui negozi dell'usato). Non significa dunque che li sprechiamo, ma perdiamo l'opportunità di uno scambio personale, che ha tutto un altro sapore.


Mi è capitato per caso che alcuni amici, forse anche conoscendo la mia propensione per le tematiche ambientali, mi chiedessero con discrezione, quasi con pudore, se potevano mostrarmi dei capi che loro non utilizzavano più. Temevano che mi offendessi e, pur proponendomi la cosa con una delicatezza e un'attenzione che ho apprezzato moltissimo, ho subito risposto che mi sarei offesa se li avessero buttati senza farmeli vedere!


È iniziato così, davvero per caso, un modo diverso di approcciare gli scambi di questo genere che si sono dilatati a molte altre cose, non solo ai vestiti: fino ad alcuni anni fa io stessa non avrei “passato” del vestiario personale a conoscenti, né tantomeno oggetti per la casa, libri o altro. Ora mi capita di riceverne e di regalarne volentieri, ho affinato lo spirito di condivisione e lo vivo con piacere, come un divertimento. È un po' come fare la spesa in casa d'altri anziché al negozio, senza svuotare il portafoglio e terminando con un caffè. Ovviamente anche l'aspetto economico è importante.

Cos'è e come funziona uno swap party

Riutilizzare il vestiario usato è una questione etica prima che economica. La produzione tessile è una delle principali cause dell'inquinamento idrico e anche per questo la moda durevole è il futuro. Non possiamo più permetterci di acquistare vestiario scadente a prezzi stracciatissimi. Meglio scegliere pochi capi ben fatti, di buona qualità: quando ci stancheremo avranno nuova vita altrove.


Ormai, senza alcuna remora, provo i vestiti che mi regalano, tengo quello che mi piace e che so di utilizzare e il resto, a mia volta, lo regalo a qualcun altro. Questo non significa rinunciare al piacere di qualche acquisto mirato, ma riservarlo alle occasioni speciali.


La condivisione è l'unica via per pensare il futuro.

Si sta diffondendo una nuova moda molto ecocompatibile e divertente per gli adulti e per i bambini: lo swap party. Swap significa letteralmente barattare, scambiare, e dal cuore di New York la tendenza a condividere i propri armadi per fare shopping gratuitamente è arrivata fino a noi, diventando una moda intelligente. Non è solo questione di abbattere i costi e fare qualcosa di tendenza: è un trend che non rinuncia allo stile e che ha grandi vantaggi per l'ambiente.


Io stessa ho partecipato più volte a questo genere di incontri: la prima volta si rimane stupiti da quanto è spassoso.


Lo swap party è dunque una pratica che sottende un grande significato ecologico, che fa rivivere oggetti o vestiti inutilizzati e che in fondo è anche un'occasione di svago: permette alle persone di conoscersi, stare insieme in modo leggero, senza pensieri.


Il primo swap party a cui ho partecipato fu organizzato in modo del tutto informale da una mia cara amica, che adibì il secondo piano di casa sua ad attività di questo tipo, con l'idea di far nascere un'associazione culturale che abbinasse eventi di svago a corsi e serate di approfondimento su vari temi legati al benessere e alla socialità.

Ecco come è stato definito:

Il 2° Piano è abbraccio tra il vecchio e il nuovo, un fondersi di stili, sensibilità e idee; un cantiere per anime metropolitane in cui sperimentare se stessi e il proprio “aprirsi” all'altro sentendosi a casa. Il 2°Piano è un luogo creato per fare della casa il centro di attività normalmente svolte in ambienti asettici e freddi.

Dopo una veloce “iscrizione” al pomeriggio swap, ci siamo incontrate in una quindicina di donne: ognuna di noi doveva portare un massimo di cinque capi, puliti e in ottime condizioni, e dieci bustine di tè. All'ingresso i vestiti venivano contrassegnati con un bollino colorato che indicava l'iniziale del nostro nome e poi esposti in visione a tutte le partecipanti. La sala era stata allestita con stand, grucce, appendiabiti, scale a pioli dove esporre i vestiti.


Per creare un po' di affiatamento le organizzatrici misero a disposizione, oltre a una buona merenda a buffet, anche travestimenti e accessori particolarissimi, gentilmente prestati da una ragazza che gestisce una piccola compagnia teatrale e che, come si può immaginare, possiede bauli interi di costumi, cappelli, parrucche, scarpe ecc… Fu un modo per conoscersi, prima di entrare nel vivo del baratto, per ridere un po', per provare l'ebbrezza del travestimento, che noi grandi a volte viviamo solo come revival quando infiliamo ai nostri bambini i vestiti per le feste di carnevale o di halloween.


Il travestimento invece è qualcosa di liberante per tutti, non solo per i più piccoli, perché cambia i panni con cui ci vestiamo normalmente, e ci obbliga, per gioco, ad uscire dal nostro ruolo; e ci fa divertire per davvero. L'idea del travestimento ha creato le condizioni perché le partecipanti si mettessero in gioco: dopo una manciata di minuti ci sembrò di essere amiche di lunga data, mentre solo poche di noi si conoscevano.


Fu facile dunque passare allo swapping vero e proprio: gli scambi, in teoria, dovevano avvenire alla pari, barattando oggetti della stessa tipologia e di valore simile.


Invece molte di noi verso la fine regalarono capi che non erano riuscite a scambiare, in modo molto generoso, senza badare troppo alle regole. Alla fine dell'evento fu organizzata un'asta delle rimanenze, battuta a colpi di bustine di tè. Ogni partecipante illustrava preventivamente il capo avanzato, raccontandone la storia e le peripezie, le occasioni in cui era stato indossato e la motivazione della “liberazione”. Il più delle volte si trattava di variazioni di taglia per vestiti molto belli e di ottima qualità. E via al miglior offerente: le bustine del tè potevano essere usate per fare ulteriori acquisti.


Per organizzare uno swap party è opportuno partire da regole chiare e condivise da tutti, in particolare se si svolge tra persone che non si conoscono. Poi ogni situazione va gestita con buon senso. Tra poche persone è chiaro che la possibilità di trovare oggetti o vestiti che ci interessano è ridotta al minimo; con un'organizzazione accurata ed efficiente si possono organizzare anche dei baratti più coordinati, mettendo a disposizione molti capi e oggetti, per adulti e bambini.

Scambio e baratto: come ci aiuta la rete

Incontrarsi, parlarsi, creare connessioni per condividere le nostre scelte, vivere nuove esperienze, uscire dall'isolamento: se questo rappresenta uno dei punti chiave dell'ecologia delle relazioni non dobbiamo dimenticare che anche attraverso la tecnologia, in particolare grazie al web, possiamo fare esperienze positive, incontrare – seppur solo virtualmente – persone con i nostri stessi interessi, magari la stessa voglia di oliare un circolo virtuoso di pratiche sostenibili da diffondere con la nostra e altre famiglie.


La rete è uno strumento potentissimo per la diffusione del cosiddetto consumo collaborativo1: la nuova consapevolezza e il riuso intelligente sono alla base di questo nuovo concetto di consumo che aggrega velocemente e senza filtri persone con esigenze simili. Questo tipo di consumo può diventare una forza anche economica e rappresentare un business alternativo e strategico e non un boicottaggio al classico sistema che produce, consuma e ha poi la necessità di smaltire.


L'essenza del consumo collaborativo è incentrata proprio sulla condivisione, il baratto, il prestito, la donazione e lo scambio, e a portarlo avanti possono essere vere e proprie società. In Italia sono sorte alcune timide esperienze e su questo tema c'è un ottimo fermento; in molti casi si tratta ancora di progetti ideati a titolo di volontariato o nel tempo libero da persone appassionate, mentre all'estero, in particolare negli Stati Uniti, ci sono modelli più consolidati.

 

Il consumo collaborativo è un modello di business che distrugge, supera e reinventa non solo ciò che consumiamo, ma come consumiamo. Anche se variano notevolmente in dimensione e scopo, queste società e organizzazioni stanno ridefinendo come le merci e i servizi vengono scambiati, valutati e creati in aree tanto varie come finanza, turismo, agricoltura e tecnologia, educazione e vendita al dettaglio2.

Rachel Botsman e Roo Rogers, gli autori di What's mine is yours, identificano i quattro pilastri fondanti di questo fenomeno, tutti catalizzati dalla presenza della Internet collaborativa:

  • La possibilità di raggiungere una massa critica: a uno swap-party con 10 persone è più difficile trovare qualcosa che ci piacerebbe moltissimo avere, ma se allo scambio partecipano 1000 persone allora è praticamente impossibile che non ci sia nulla che ci interessa portarci a casa.

  • Lo sfruttamento efficace di beni che sarebbero altrimenti inutilizzati, che permette di usare fino in fondo ogni oggetto, riducendo quindi la necessità di fabbricarne, acquistarne o spostarne altri; è il principio che sta alla base dei servizi di car-sharing e bike-sharing, quando ben organizzati.

  • Fiducia nella possibilità di gestire in modo intelligente i beni comuni: un passo avanti rispetto all'incuria miope di chi sega il ramo su cui è seduto. Questo è uno dei punti più critici, che richiede un cambiamento di prospettiva e di atteggiamento forse più radicale in un Paese individualista e “furbo” come l'Italia rispetto a culture anglosassoni o nordiche, più abituate al rispetto delle regole.

  • Disponibilità ad accordare la propria fiducia a persone che non si conoscono direttamente: qui il web 2.0, con i suoi meccanismi di rating sociale, di esplorazione delle reti di conoscenze comuni, di “osservazione a distanza”, ci viene enormemente in aiuto3.

 

Qui di seguito ho selezionato alcuni di questi strumenti, tutti gratuiti, che possono rappresentare una grande opportunità di scambio, in particolare per quanto riguarda gli oggetti4. In coda un'esperienza d'oltreoceano.

Reoose5

“Reoose” è un eco-store che si serve di un nuovo tipo di baratto, detto asincrono, per riciclare oggetti non utilizzati per dar loro una seconda vita, il tutto senza l'utilizzo del denaro. Ci si registra con un indirizzo di posta elettronica e si pubblicano gratuitamente annunci dei propri oggetti che hanno tutti un valore espresso in crediti. Vendendo i propri oggetti si guadagnano crediti con cui acquistarne altri. Si può anche decidere di regalare i propri crediti a una onlus partner del progetto.


Reoose introduce il concetto di baratto asincrono che, utilizzando gli strumenti forniti dalla rete, velocizza e semplifica l'esperienza dell'utente, un vero baratto 2.0. Abbattere lo spreco quindi, attribuendo a ogni oggetto un valore virtuale in crediti (indipendente dalla marca ma basato sull'effettivo stato nuovo-usato e del potenziale valore inquinante) da utilizzarsi, per avere altri oggetti che altri hanno deciso di “smaltire” in modo intelligente.

Zero Relativo6

Il motto di Zero Relativo è molto efficace: “Il tuo oggetto è la tua moneta”. ZR è una community italiana di baratto, riuso e prestito gratuito. Registrandosi è possibile mettersi in contatto con gli utenti che vogliono barattare, prestare e donare i loro oggetti.


ZR è totalmente gratuito e non fa guadagnare nulla ai cosiddetti “barter” (partecipanti al baratto), se non l'oggetto di scambio. Chiunque abbia a disposizione anche un solo oggetto che non utilizza più, può inserirlo nella pagina degli annunci gratuiti e barattarlo, donarlo o prestarlo, il tutto senza prezzi di vendita.

Reecycle7

Su “Reecycle” si regalano e si prendono in regalo oggetti che altrimenti rischierebbero di finire in discarica, oggetti che ad altri non servono più ma che sono ancora funzionanti. Anche qui è sufficiente registrarsi, inserire un regalo e cercarne per sé. Gli utenti registrati possono anche ricevere aggiornamenti sugli annunci della propria zona. Reecycle “ti dà una mano, è democratico, aiuta l'ambiente”.

BookMooch8

Per gli appassionati di libri è online BookMooch, una comunità per lo scambio di libri usati. Anche questo strumento permette di scambiare libri di cui non si ha più bisogno con libri che si desidera avere. Su BookMooch ogni volta che si regala un libro a qualcuno si guadagnano punti da usare per ottenere libri che si desiderano da altri utenti. Una volta che un libro è stato letto si può decidere se tenerlo o metterlo nuovamente a disposizione.

SwapCool9

Per tutti i genitori che desiderano scambiare o anche vendere vestiti, giocattoli o attrezzatura per l'infanzia è online SwapCool, una comunità virtuale in cui lo scambio avviene a punti: non serve dunque attendere per trovare chi vuole scambiare, ma una volta trovato quello che si desidera lo si può avere subito. Su questo sito è possibile anche fare acquisti, senza scambio, nel caso in cui si desideri qualcosa che si trova in vetrina. Gli oggetti sono “in vendita” con il sistema dei punti e nel caso in cui non se ne abbiano a sufficienza si possono acquistare al prezzo di un euro ciascuno.

Swapclub10

È uno strumento ideato e realizzato da Swap Club Italia, un'organizzazione per la promozione e la diffusione dello swapping di abbigliamento di qualità, in Italia e non solo. Punta principalmente a prodotti di livello medio-alto, e quindi vi si trovano abbigliamento e calzature griffate. Le iniziative di Swap Club Italia sono nate dall'idea di creare una vetrina all'interno di una boutique bolognese, per lo scambio di capi di qualità. Il successo dell'iniziativa ha portato all'apertura del sito per lo swap online e all'organizzazione di feste in varie località italiane.


Sul sito, dopo essersi registrati, si possono pubblicare annunci corredati da foto e gli oggetti diventano la moneta di scambio. È prevista anche la possibilità di assegnare un valore in euro ai beni da scambiare. Questo strumento funziona in modo simile ad un social network e può essere anche integrato con Facebook, per ritrovare i propri amici: gli utenti possono creare una loro rete per trovare persone con cui scambiarsi i capi, magari con la stessa taglia e gusti simili o anche provenienti dalla stessa zona di residenza.

Solo Scambio11

Anche Solo Scambio è un sito di baratto online; ci si registra gratuitamente e si inseriscono i propri annunci di scambio. Si possono creare delle liste: la lista possiedo contiene tutti i propri oggetti da scambiare, la lista voglio contiene invece i “desiderata”.

Altri strumenti

  • E-Barty, http://www.e-barty.it

  • Riciklo, http://www.riciklo.com

  • Swoppydo, http://www.swoppydo.com/

  • Barattopoli, http://www.barattopoli.com/

Infine, guardando oltreoceano, segnalo ThredUp12 attivo solo negli Stati Uniti. ThredUp punta esclusivamente sullo scambio di vestiti per bambini ed è organizzato in modo impeccabile con alcune soluzioni davvero interessanti; non a caso sono più di venti le persone che lo gestiscono.


All'iscrizione si ricevono delle scatole di cartone per organizzare più rapidamente la spedizione postale. Vanno riempite con abiti in ottimo stato e segnalate sul sito; ogni scatola deve riportare l'elenco del contenuto: l'idea di fondo è quella di regalare solo ciò che si sarebbe contenti di ricevere. Ogni utente poi può cercare quel che serve al proprio bambino e una volta trovata una scatola interessante può richiedere il pacco. Attraverso il sito è possibile stampare l'etichetta per l'invio, il corriere arriva direttamente a casa ed esegue la consegna al richiedente. Chi riceve il pacco paga le spese di spedizione che vanno a ThredUp. Questo servizio è gratuito, ma se ci si registra come utenti “pro”, e pagando un abbonamento mensile o annuale, è possibile usufruire di servizi più avanzati, come ad esempio la possibilità di essere avvertiti quando sono disponibili articoli della taglia ricercata o ricevere pacchi promozionali da produttori interessati a farsi conoscere.

 

Su Facebook infine è attivo il gruppo “Riciclo con scambi e baratti”13.

È un gruppo chiuso a cui si può richiedere di essere iscritti, ideato da persone che lo hanno creato con vero spirito ecologico e in cui, in modo del tutto informale, le persone caricano le foto degli oggetti che vogliono scambiare con altri utenti, mettendosi d'accordo attraverso la messaggistica privata sulle modalità di baratto. Il gruppo, che punta al valore educativo dello scambio in quanto forma di circolazione o riciclo sostenibile di beni e oggetti, si è dotato di un semplice regolamento, scritto con buon senso.

Arcipelago ŠCEC 

Esistono alcune interessanti esperienze che cercano di favorire un modo alternativo di vendere e comprare, utilizzando dei buoni di scambio e non solo il denaro.


ŠCEC è l'acronimo di Solidarietà ChE Cammina ed è un'associazione senza scopo di lucro che riunisce sotto un'unica regia alcuni esperimenti di Buoni Locali italiani, cioè dei buoni di scambio per beni e servizi pensati per facilitare le transazioni tra privati e aziende. Lo ŠCEC non è quindi una moneta locale o alternativa, bensì un buono finalizzato a diffondere un modello diverso di compravendita. Attraverso lo ŠCEC si vuole ancorare la ricchezza al territorio di appartenenza, favorendo le produzioni e gli investimenti locali. Lo ŠCEC ha una validità fiscale legittimata dalla Agenzia delle Entrate.

 

Ripartire da noi significa restituirci quel valore che l'uso del denaro ci ha tolto: non il denaro in sé, che è solo un oggetto, uno strumento neutro, nato per veicolare al meglio quanto sappiamo fare e dare (merci, servizi, beni), bensì l'uso che ne è sempre stato fatto, distorto e fuorviante.

Se il denaro diviene altro, assumendo un valore ed un conseguente potere, ciò che può e deve essere fatto da noi è sottrargli questo fasullo valore ed illusorio potere, e restituirlo a quanto è invece degno di avere un reale valore: l'essere umano e la sua Comunità, responsabile, democratica e aggregante. Per fare ciò Arcipelago ha creato gli ŠCEC, i Buoni Locali.14

 

I buoni locali rappresentano un patto stretto fra persone, imprese commerciali, artigiane, agricole, professionisti ed enti locali, e mirano a promuovere localmente lo scambio di beni e servizi accettando in cambio una percentuale del prezzo in Buoni (minimo 5%). Questo significa che, ad esempio, se acquistiamo da un commerciante che accetta gli ŠCEC un bene o un servizio che vale 100 euro, possiamo pagare 90 Euro e 10 ŠCEC. Per il consumatore c'è una diminuzione del prezzo e quindi un maggior potere d'acquisto, mentre il venditore potrà rimettere in circolo quei 10 ŠCEC con la concreta possibilità di ancorarne l'utilizzo nel circuito locale.


Questi buoni dunque generano benessere nel territorio in cui sono investiti e producono ricadute sull'economia reale. Iscrivendosi all'associazione si ricevono 100 buoni ŠCEC, sia cartacei che elettronici (viene aperto anche un conto ŠCEC, totalmente gratuito) che si possono utilizzare in modo complementare all'euro. Gli ŠCEC si possono ottenere anche tramite servizi alla comunità come la cura degli anziani o dei bambini15.

I negozi dell'usato: come funzionano, come si sono evoluti

I negozi dell'usato sono la moderna evoluzione dei mercatini di un tempo e rappresentano un'occasione concreta per monetizzare i beni che non utilizziamo più. Valgono anche in questa soluzione, come per il baratto e per lo scambio di oggetti, i princìpi ecologici del risparmio di materie prime ed energia, la diminuzione dei rifiuti e degli sprechi.


Si tratta di un settore privato in forte espansione che riveste anche un interesse pubblico: nell'aprile del 2010 è stato approvato un decreto legge16 che ha prefigurato la programmazione di interventi da parte delle pubbliche amministrazioni sui temi della del riuso. In particolare l'articolo 6 promuove il riutilizzo dei prodotti anche attraverso l'incentivazione economica e propone misure educative che rendano efficaci questi obiettivi.


Nei negozi dell'usato si compra e si vende.

In Italia ci sono negozi indipendenti e alcune reti in franchising, sia generaliste che specializzate nell'usato per bambini: rappresentano davvero una grande opportunità per tutti i genitori che devono affrontare degli acquisti per i propri bambini, per la casa, per se stessi.


I negozi dell'usato funzionano, in genere, come vere e proprie agenzie d'affari: chiunque può portare in vendita i propri oggetti, che vengono valutati e selezionati dal personale ed esposti poi in conto vendita nel reparto di riferimento del negozio.


La qualità del prodotto è mediamente garantita; prima di essere messi in vendita gli oggetti devono superare la selezione dei gestori e devono rispettare dei requisiti di qualità e di buon funzionamento: i capi di abbigliamento devono essere lavati e stirati, gli articoli di elettronica perfettamente funzionanti.


Una volta venduto il proprio oggetto si può riscuotere il rimborso, che in genere va dal 50 al 60% del prezzo di vendita. Ogni negozio gestisce eventuali sconti o svendite di fine stagione e l'invenduto può essere restituito al proprietario (che rimane tale fino a che l'articolo non è acquistato da qualcuno) oppure devoluto in beneficenza a qualche associazione, talvolta a un prezzo simbolico.


Il venditore firma un mandato di vendita attraverso il quale delega il negozio a vendere per suo conto l'oggetto esposto. I negozi generalisti espongono un po' di tutto: abbigliamento, calzature, accessori, mobili e complementi d'arredo, articoli per la casa e per il giardino, biciclette, giocattoli, libri. Negli ultimi anni si è affermato lo stile vintage e resistono anche l'antiquariato e il modernariato di qualità: i negozi dell'usato sono diventati dei veri e propri luoghi di scambio per collezionisti e appassionati.


Devo ammettere che fino poco tempo fa non consideravo molto l'acquisto o la vendita nei negozi dell'usato, ma mi sono dovuta ricredere quando, visitandone uno nella mia zona, ho avuto la fortuna di trovare alcuni articoli in ottime condizioni, come una sedia di legno per bambini. Per poche decine di euro ho acquistato un oggetto che nuovo mi sarebbe costato almeno il quadruplo: le condizioni d'uso erano molto buone, la funzionalità perfetta.


Frequentando più spesso questo tipo di negozi ho scoperto che vi si trova una miniera di oggetti in perfette condizioni: il criterio di gestione è quello della qualità, al punto che in alcuni di questi negozi al primo sguardo non si capisce nemmeno se trattano articoli nuovi o usati. Abbiamo acquistato seggiolini auto, libri, ma anche biciclette e qualche mobile per la casa e abbiamo anche venduto del vestiario e delle scarpe.


I negozi dell'usato sono delle miniere per gli appassionati di riciclo creativo e per chi si interessa di fai da te e di bricolage: qui si trovano infatti materie prime per le proprie creazioni su cui sperimentare senza spendere una follia.

Le insegne più conosciute oggi sono Mercatopoli, Mercatino Usato e, per il settore bimbo, Baby Bazar, Secondamanina, T.Riciclo, La Birba.


È online un sito che raccoglie tutti i mercatini dell'usato d'Italia, con un motore interno che permette di cercare per regione, provincia e città17.

Testimonianza:

dall'usato al reverse commerce
Alessandro Giuliani è l'amministratore del gruppo Leotron, una società che si occupa esclusivamente di negozi dell'usato, fornendo software specifico e affiliazioni a due affermate reti dell'usato: Mercatopoli e Baby Bazar. Alessandro si occupa di marketing, di formazione, di software, di web e di strategia operativa ed è una persona davvero appassionata del suo lavoro. È sposato e papà di due bambine.

Molte persone oggi mi dicono che sono stato lungimirante. La mia azienda è infatti leader in un mercato in forte crescita, che sposa le oramai indispensabili e sempre più frequenti istanze ecologiche con la necessità delle famiglie di risparmiare. All'epoca non pensavamo di essere lungimiranti: esisteva una nicchia di mercato praticamente sconosciuta dove, con impegno e passione, si poteva fare molto bene. E lo abbiamo fatto.


La mia azienda oggi gestisce, in network franchising, un centinaio di negozi ad insegna Mercatopoli e una cinquantina di Baby Bazar. Sono negozi dove chiunque può portare in vendita ciò che non serve più e dove è possibile realizzare, alla vendita, del denaro in contante. Mercatopoli ha un taglio generalista, dove si vende (quasi) di tutto e Baby Bazar è specializzato nel mondo dell'infanzia.


Sono negozi che stanno ottenendo un grande successo, sempre pieni di persone che vendono e che comprano; persone che hanno preso consapevolezza che il modello consumistico, che punta sulla produzione di oggetti con l'obiettivo di farli diventare dei rifiuti nel più breve tempo possibile, non è più sostenibile.


Dare una seconda vita ad un oggetto non solo oggi è possibile: è assolutamente indispensabile.

Grazie al lavoro che svolgo, io e la mia famiglia abbiamo cambiato radicalmente i nostri stili di acquisto. Acquistiamo abbigliamento, mobili, giocattoli, libri, ecc. nei negozi dell'usato e portiamo in vendita ciò che non ci serve più. Le mie due bimbe selezionano periodicamente i giocattoli che non gradiscono più, li rivendono e comprano qualcos'altro: ritengo che questa pratica sia estremamente educativa e le prepari al mondo di domani.


La Commissione Europea ha affermato che quella del riuso e del riutilizzo è una delle linee guida per lo sviluppo dell'Unione: è proprio necessario che una commissione tecnica (o politica) ce lo indichi? Forse basta guardare ai nostri nonni che s'ingegnavano giorno per giorno per riutilizzare, riciclare e reinventare, probabilmente per necessità, sicuramente per preservare preziose e limitate risorse.


Ancora oggi, in Italia c'è tantissimo lavoro da fare: molte persone hanno con l'usato un rapporto pieno di preconcetti, dimenticando che al ristorante si mangia in piatti usati e in hotel si dorme su materassi usati. È un percorso che molti Paesi europei hanno già intrapreso, prima di noi: tutte le città europee pullulano di negozi dell'usato.


Ma forse è proprio il termine “usato” che non piace molto, perché è un participio passato e non evoca alcun futuro. Il vendere le cose che non servono, acquistando a prezzi bassi ciò che invece è utile, si può definire recommerce ovvero reverse commerce. Con un termine importato dagli States probabilmente riusciremo a creare un'aurea di allure a un settore strategico per il nostro futuro e che offre, già oggi, importanti opportunità a tutte le famiglie.

Testimonianza:

Barbara e il riciclo creativo
Barbara Calabi è una restauratrice, una creativa e un'eco-artista, una persona che ha coltivato negli anni molti interessi e che, mettendo assieme diverse competenze, ha avviato un'attività incentrata sul riciclo creativo e sulla realizzazione di oggetti unici, prodotti artigianalmente con tecniche differenti, che vende attraverso il suo negozio online18.

Barbara ha restaurato oggetti acquistati nei mercatini, cambiandoli completamente e rendendoli ancora utilizzabili, funzionali e molto belli.

Ho studiato a Firenze il restauro di dipinti antichi su tela e tavola e ho subito cominciato a lavorare in diversi ambienti e città. Durante il mio percorso ho diversificato molto i supporti sui quali mi è capitato di intervenire: per esigenze professionali ho restaurato materiali lapidei, affreschi, stucchi, marmorini, dorature, lavorando spesso nei cantieri e continuando ad imparare nuove tecniche, oltre a studiare e toccare con mano molti materiali differenti tra loro.


Questa è stata la mia carta vincente, perché ho sperimentato l'utilizzo di materie diverse, imparando che non devono necessariamente essere utilizzate nel settore e con lo scopo per cui sono nate. È possibile, anzi necessario, cambiare la loro destinazione d'uso originaria!


Ciò che mi ha spinto a provare a “giocare” coi materiali, è stato l'aspetto tecnico e professionale, non quello creativo.

Talvolta mi trovo a pensare che le mie origini abbiano avuto un'influenza decisiva sul mio modo di essere: non è che per caso aver avuto un nonno architetto e un nonno pittore abbia significato qualcosa? E una mamma che per passatempo mi abbia insegnato a ricamare?


Credo che questo insieme di fattori mi abbia predisposto verso l'utilizzo pratico delle mani per la realizzazione di cose belle attraverso diverse abilità! E in definitiva questo è davvero ciò che cerco di fare oggi attraverso le mie creazioni.


La volontà di sviluppare un lavoro intorno a tali capacità è nata con l'arrivo del mio secondo figlio, quando non mi è stato più possibile lavorare in cantiere: gli impegni familiari sono diventati tanti e tali da obbligarmi ad inventare un'attività che si conciliasse con essi.


Ecco come ho deciso di provare a trasformare il mio hobby serale, incentrato sul ricamo e l'impiego di stoffe e filati, in un lavoro che si esprime attraverso il mio negozio online: un e-commerce, dove vendere ciò che creo, anche su commissione e su richiesta, personalizzando gli oggetti per il committente.


Ho cominciato così a ricamare, cucire, mettere insieme stoffe, filati, imbottiture, passamanerie e perline, tutto ciò che mi permettesse di inventarmi e decorare articoli unici e originali per i bambini, l'arredo della casa e gli accessori femminili.


Ho sempre utilizzato materiali di ottima qualità perché ritengo che solo così si possano ottenere i risultati migliori, e che questo faccia la differenza!

Poi, col passare del tempo, ho sentito la necessità di trovare nuove idee da realizzare e mi si è accesa una lampadina... perché non rispolverare colori e pennelli? In effetti la mia passione per la decorazione poteva benissimo tornare ad esprimersi attraverso di loro! Già, ma su cosa?


E fu così che in un banalissimo pomeriggio infrasettimanale sono andata a fare “un giro in un negozio dell'usato” a Pisa, accompagnata dai miei figlioli. Il fatto che ci fossero i miei bambini non è per nulla un elemento trascurabile: i bambini, si sa, hanno un occhio privo di pregiudizi e ricco di fantasia, perfetto per aiutarmi a scovare in mezzo ad una montagna di roba usata, l'articolo giusto per fare una prova: rielaborarlo e farne un pezzo unico, moderno ed attuale!


Così ho rivolto la mia attenzione ai vecchi mobili, pensando che, in effetti, in tempo di crisi e pochi soldi nelle tasche, avrei potuto realizzare delle cose bellissime, divertendomi molto a “rifarli”, scegliendo i materiali più particolari e speciali che riuscivo a trovare, conferendogli quindi un aspetto ricercato e teso a durare nel tempo.


È in questo modo che è nata la mia prima rielaborazione: una poltroncina smaltata di bianco, con dettagli decorati a foglia oro, dalla tappezzeria dipinta a mano.


E certo non mi sarei mai aspettata che proprio questo esperimento avrebbe dato luogo ad un nuovo filone di fantasia creativa, suscitando un così alto interesse, tanto da conferirmi la nuova definizione di “eco-artista”.


In tutta sincerità la mia scelta non è stata dettata da una primaria volontà di recupero ecologico. Questa è stata una consapevolezza che è nata durante l'esecuzione dei lavori, in cui mi rendevo sempre più conto di quanto potessero essere ancora pieni di vita oggetti che “la gente comune aveva deciso di buttare via”. È importante imparare a pensare che un oggetto qualunque che ci ha stufati, che non ci piace più, può invece mutare il suo aspetto ed assumere nuova importanza durante la sua “seconda vita”!


Visto il successo e la buona riuscita del primo mobile, ho continuato con nuove rielaborazioni: un vecchio letto in legno marrone si è trasformato in un letto da sogno, il cui materiale sembra un muro luccicante! Il destinatario del letto è stato proprio il mio secondo figlio, che lo ha ricevuto in regalo per il suo quinto compleanno!


Amici e conoscenti mi fanno spesso una domanda comune: “Come fai?” “Come riesci a capire e “vedere” cosa potrebbe diventare, per esempio, un vecchio mobile specchiera buttato in un angolo, che solo a guardarlo fa squallore, dall'aspetto delabré?”


Ecco, è in questa capacità che si manifesta la mia fantasia e creatività, guidata però sempre dalla ricerca del buon gusto e delle “belle cose”: due caratteristiche che sono frutto della mia precedente professione, il restauro, che mi ha dato la possibilità di confrontarmi con vere e proprie opere d'arte grandiose.


La mia è quindi una scelta sempre molto selettiva: lavorando è facile rendersi conto delle infinite possibilità che il riciclo e il riuso offrono a persone come me, e magari anche alle persone meno abili manualmente che, cambiando il loro modo di pensare, potrebbero avvalersi di una nuova professionalità volta al recupero delle vecchie cose usate.


Per i nostri figli imparare ad apprezzare gli oggetti, frutto del lavoro manuale artigianale, dovrebbe essere una lezione di vita. E se questo si traduce anche nel “riutilizzare”, ancora meglio!


Per esperienza personale posso garantire che i bambini apprezzano moltissimo ciò che vedono “rinascere” dal lavoro fatto con le “mani”, grandi artefici del nostro futuro.

Eco-famiglie
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Elisa Artuso
Riflessioni, esperienze, idee per una maggiore consapevolezza e un orientamento più sostenibile.Suggerimenti e proposte concrete per essere più ecologici e per insegnare ai nostri figli il valore dell’eco-sostenibilità. Eco-famiglie di Elisa Artuso raccoglie proposte concrete per essere più ecologici senza spendere una follia, per ridurre i consumi inutili e per insegnare ai bambini il valore dell’eco-sostenibilità, consigli pratici per organizzare gli acquisti, ricette di autoproduzione, proposte creative per giocare, andare in vacanza e gestire i rifiuti. Ogni capitolo è corredato da testimonianze di chi sta sperimentando un’ecologia nuova e concreta, senza estremismi: il vero cambiamento parte dalle piccole cose, se si pensa solo in grande si rischia di non iniziare mai.Un cambiamento concreto che ci consenta di consegnare alle generazioni future un ambiente salutare e pulito non è solo necessario, ma improcrastinabile, e può avvenire solo se le famiglie imparano a costruire relazioni virtuose tra di loro, che aiutino a modificare gradualmente le abitudini all’insegna del consumo critico e responsabile, della mobilità sostenibile, di un nuovo modo di vedere la pulizia e la propria cura personale, di costruire le nostre case e di gestire il nostro denaro. Conosci l’autore Elisa Artuso, libera professionista e blogger, si occupa di comunicazione digitale e scrive di ambiente ed infanzia.È socia fondatrice di un gruppo d’acquisto solidale e autrice di Mestiere di mamma, un blog-magazine per famiglie amiche dell’ambiente. Vive a Bassano del Grappa.