La gioia è un'emozione che mi pervade ormai da diverso tempo, quando vengo chiamata a raccontare la mia esperienza di compostaggio domestico, in particolare da quando mi sono accorta che sono molte le persone che hanno scoperto, o riscoperto, il valore di ciò che prima includevano inesorabilmente nella categoria “poco interessante”.
I rifiuti, fino a poco tempo fa considerati “poco interessanti”, sono ora diventati questione di discussione, dilemma, non solo mero ingombro: a volte possono addirittura cambiare il loro significato intrinseco diventando materia prima di valore, plasmabili e adattabili, preziosi in quanto portatori di risparmio, sia esso di risorse, di energia, di lavoro oppure di tempo.
E così abbiamo assistito alla nascita di progetti di recupero di materiali prima destinati all'inceneritore come juta, imballaggi di vario tipo, camere d'aria, quotidiani e molto altro ancora.
Ma come tutte le cose che riescono meglio, anche in questo caso, decidere di emulare la natura sfruttandone i processi e i sistemi già perfettamente integrati in perfetta armonia e simbiosi con il pianeta terra, sembra essere la scelta migliore. In fondo, anche se tendiamo a dimenticarcene, anche noi siamo natura, quindi abbiamo un meraviglioso potenziale: la fantasia.
Noi tutti facciamo parte della natura: l'intero mondo biotico e abiotico, complesso e regolato da sistemi organizzati strettamente interconnessi tra loro e gestito da regole dinamiche, permette una gestione delle risorse (siano esse vergini o meno) in modo corretto e responsabile e questo permette a tutti noi di riprendere i ritmi dettati, oltre che dal buon senso, anche dal sistema naturale delle cose.
La mia scelta di compostare è strettamente legata alla scelta di una vita più responsabile: responsabilità piena delle proprie azioni nei confronti della terra, di tutti i suoi esseri viventi e anche di tutti i nostri compagni di specie che certamente non vivono con le nostre eguali abbondanze di risorse (e di spreco).
La mia scelta è stata preceduta da quella vegetariana, quindi sono diventata una consumatrice critica, decidendo di utilizzare l'unica arma davvero potente che ognuno di noi, in quanto consumatore, ha: il boicottaggio, come azione di protesta rispetto a ciò che riteniamo sbagliato.
La mia via di consapevolezza è proseguita fino alla scelta vegan e conseguentemente all'autoproduzione e alla logica scelta di riduzione del mio impatto ambientale, riduzione tesa al raggiungimento di un impatto minimo.
Detto questo, mi piace sempre porre l'accento sul fatto che l'unica cosa davvero indispensabile è la volontà di agire: la decisione di compostare non mi è certamente stata impedita dalla mancanza di spazi. Infatti non possedevo (né possiedo) orto o giardino ma alla fine ho compreso in maniera davvero inequivocabile che è solo una questione di organizzazione, come per ogni cosa nella nostra vita.
Ho cercato ovunque, in rete, in biblioteca, da libri di amici, in università, fino a quando non sono riuscita a trovare le informazioni che potessero fare al caso mio!
Pian pianino, quindi, ho progettato una compostiera da balcone semplice ma funzionale, da gestire con estrema maneggevolezza ed efficacia, senza andare incontro alle ire dei miei vicini di casa o, peggio, a quelle del mio compagno, per nulla intenzionato (in maniera assolutamente comprensibile e giustificata!) a rinunciare al suo angolino verde sul nostro balcone solo perché io avevo avuto questa strana idea di compostare sul balcone.
È stato facile e divertente poi recuperare il materiale necessario.
Facile perché le uniche cose che mi servivano davvero erano un bidone di plastica (ne ho utilizzato uno di quelli per le foglie secche da giardino), della retina di plastica, della zanzariera a metro e della semplicissima argilla espansa: ecco, era tutto quello di cui avevo bisogno.
Armata di santa pazienza ho iniziato a rendere reale il mio progetto: ho costruito la mia prima compostiera seguendo le tante istruzioni annotate qua e là e che piano piano avevo raggruppato e reso coerenti, tante informazioni frammentarie prese da vari manuali ed esperienze diverse come in un piccolo puzzle.
Alla fine la realizzazione è stata semplice: un bidone completamente forato, foderato al suo interno da due strati di protezione, una di retina e una di zanzariera, con un bel fondo di abbondante argilla espansa pronto per ospitare popolazioni di invertebrati, muffe e funghi che di lì a poco avrebbero svolto il perfetto lavoro di degradazione e trasformazione della materia organica, permettendomi di ottenere del fantastico compost.
Iniziò così il mio esperimento di “compostaggio su balcone”.
Timorosa, piena di aspettative e molto impaurita, soprattutto dalla possibilità di creare un richiamo per animaletti o insetti e di recare disturbo ai vicini o, peggio, infestare di chissà quale maleodorante e fetida fragranza balcone e casa, mi feci supportare da quelle che presto battezzai come le “regole base”.
Le due tecniche che fecero filare come una macchina ben oliata il mio esperimento vennero velocemente soprannominate “del verde e del marrone” e “dell'aria e dell'acqua” e fin da subito queste resero le cose semplici e immediate.
In men che non si dica tra amici, parenti, amici di amici, parenti di parenti e… amici del blog, la “compostiera autosufficiente da balcone” si diffuse con una rapidità enorme, complice forse la mia partecipazione alla prima stagione del progetto di Paola Maugeri “La mia vita a impatto zero” per la trasmissione divulgativo-scientifica “E se domani” (andata in onda su Raitre) e la partecipazione delle mie sei compostiere alla seconda stagione dello stesso.
Mi sono chiesta subito che cosa mi attirasse così tanto del progetto “compostaggio su balcone” e ciò che mi sono risposta è stato semplicemente una cosa: la curiosità.
La curiosità, infatti, è una delle qualità che più preferisco tanto in me quanto negli altri: essere curiosi permette di raggiungere e superare i propri limiti oltre che di crearne costantemente degli altri.
Vedere con dinamicità quel che accade ai nostri resti di cucina, che in pochi mesi si trasformano in profumato terriccio di sottobosco, è meraviglioso. Poter toccare con mano quanto siano davvero importanti per il ruolo che svolgono nel ciclo della materia le popolazioni di invertebrati, muffe e funghi che pian piano vediamo nascere e crescere all'interno della nostra compostiera ritengo sia meravigliosamente educativo.
Ciò che poi ho riscontrato come fantastico effetto collaterale derivante dall'attività di compostaggio domestico su balcone, è stata l'incessante e volontaria riduzione dei rifiuti che quasi naturalmente avviene: senza prestarci grande attenzione è quasi matematico che, a mano a mano che la vostra esperienza di compostatori procederà, diventerete sempre più oculati nell'azione di pulizia e scarto in cucina e passerete a ridurre quasi certamente almeno di un terzo i vostri rifiuti organici.
Grazie a questa esperienza ho velocemente compreso come l'azione di compostaggio domestico possa facilmente educare l'intera famiglia al risparmio e al ritorno del valore del cibo, concetto ormai basilare che aiuta a prendere coscienza dell'impatto ambientale che ognuno di noi ha sul pianeta.
Se anche voi volete provare il compostaggio sul balcone costruite la vostra compostiera autosufficiente e con estrema facilità potrete produrre in casa vostra (proprio come me!) compost profumato che vi permetterà di non acquistare più terriccio e fertilizzante e di riciclare dinamicamente i vostri rifiuti di cucina.