capitolo vi

Fiumi di latte,
correnti d'amore

Allattamento fra natura e cultura

“L’altro giorno mi sono sentita dire... ma quando glielo togli il vizio della tetta?
La tetta è un vizio? Ma dove siamo arrivati?”

Ilaria, mamma di Nicolò

“Io non ho mai detto a una mamma che ha dato latte artificiale alla sua creatura:
‘Ma perché... Ma non ti vergogni?’ o qualsiasi altro brutto commento...
Io invece per due anni e mezzo mi sono sentita dire cose irripetibili...
Ho letto nei visi quell’espressione di disgusto nel sapere che allattavo ancora...
È chi non ha allattato che discrimina e offende anche pesantemente chi allatta.”

Claudia, mamma di Francesco

“Allatto Tobia sul lettino in spiaggia, passa una bambina curiosa con la nonna. Chiede: ‘Come mai fa così quel bimbo?’ Io rispondo: ‘Non fa nulla di strano, i bimbi piccoli bevono il latte dal seno della loro mamma.’ Lei: ‘Non bevono dal biberon?’ La nonna: ‘La signora, tesoro, è fortunata, non come tua mamma a cui non è venuto il latte!’”

Alessia, mamma di Emma e Tobia

“Parecchie persone che ho intorno pensano che ormai l’allattamento non è più una cosa naturale, il biberon lo è molto di più. Quindi, se un bimbo ha 3 anni e prende ancora ciuccio e biberon nessuno fa una piega... Eppure questo magico biberon è un’invenzione decisamente recente! Come pensano che si facesse prima?! E non dico 1000 anni fa! Il bisogno di suzione nel bambino esiste e questo è un dato di fatto. Se io desidero assecondare questo bisogno ho 2 scelte:
1) il biberon e il ciuccio;
2) il seno.
La prima è una scelta ‘artificiale’; la seconda una scelta ‘naturale’.
Chissà perché invece sembra sempre che sia il contrario:
è innaturale, dannoso, immorale allattare al seno un bimbo che non è più un neonato. È naturale, scontato e ovvio che un bimbo di uno o due anni usi ciuccio e biberon. Peccato che nessuno rifletta mai sulla assurdità di queste affermazioni...”

Annalisa, mamma di Alice e Federico

Mai come adesso l’allattamento al seno rispecchia i paradossi della nostra società. Sembra che allattare al seno sia una scoperta recente e improvvisa, un vantaggio imprevisto da divulgare e incentivare. L’allattamento al seno è, semplicemente, la norma biologica che la natura ha stabilito da centinaia di migliaia di anni come alimento esclusivo per i neonati. Questa è la caratteristica che accomuna tutti i mammiferi: essere allattati dal seno della propria madre fornisce il nutrimento necessario e sufficiente da solo per la sopravvivenza nei primi mesi di vita. La specie umana è la sola in cui per cultura, interesse e necessità si è creato un sostituto del latte materno che a tutti gli effetti ne è una protesi1, un’imitazione mai perfetta. La composizione del latte di mamma infatti cambia di continuo, anche all’interno della stessa poppata, oltre che nei mesi e negli anni. Con un solo aggettivo si può affermare che il latte di donna è vivo, mentre il latte artificiale, lo dice la parola stessa, è costruito, formulato, adattato, mai uguale all’originale. Spesso anche nelle immagini che consideriamo “normali” come questa qui sotto2, si vedono bambini che tengono da soli il biberon.

Ciò è possibile in quanto si tratta di un oggetto, come il ciuccio, che sostituisce una persona. Ovviamente, a qualsiasi età, è impossibile che un bambino prenda il latte dal seno di sua madre stando solo! Ciò mette in evidenza che l’allattamento al seno non è soltanto una questione nutritiva e che le dimensioni relazionali e affettive hanno un valore tutt’altro che trascurabile, qualsiasi sia l’età del bambino allattato. Chiunque dia il biberon a un bimbo può certamente abbracciarlo e cullarlo trasmettendo tanto amore: ma così come il latte materno non è uguale al latte formulato, anche l’esperienza di contatto fisico non sarà identica poiché in quest’ultimo caso sarà mediata da vestiti e plastica.


Non è certo mia intenzione colpevolizzare le mamme che non allattano, o considerarle mamme “di serie B”. Anzi, penso che il latte artificiale sia un prodotto industriale molto importante, in caso di effettiva necessità o di una scelta familiare consapevole e informata. Desidero soltanto mettere in evidenza come la nostra cultura sia condizionata a valutare il biberon come un oggetto di normale accudimento dei bambini. In realtà, allattare il proprio bambino al seno è possibile per la quasi totalità delle mamme. Si può certo scegliere di non allattare e nessuno può giudicare una mamma per questo. Bisognerebbe però capire i motivi di tale scelta. Nella mia esperienza le mamme che interrompono l’allattamento al seno in genere non hanno ricevuto informazioni sufficienti, corrette e aggiornate in gravidanza, né sostegno adeguato dopo il parto, soprattutto da parte dei pediatri e dei familiari. Questo accade perché la formazione dei pediatri sulla fisiologia dell’allattamento è spesso insufficiente e i loro aggiornamenti sono, per la maggior parte, organizzati e finanziati dalle industrie farmaceutiche e/o produttrici di latte artificiale.

Una recente indagine3 condotta dall’ISPO ha evidenziato che le mamme considerano fondamentale per l’allattamento al seno il sostegno psicologico del partner (61%), poi dei nonni del bambino (46%) e per ultimo del pediatra (34%). Inoltre, il 27% delle mamme ha dichiarato che, se avesse avuto un sostegno maggiore da parte del pediatra, avrebbe forse potuto allattare un po’ più a lungo. Questi dati sono di nodale importanza per capire cosa porta una mamma italiana a smettere o continuare l’allattamento al seno. Risulta chiaro che allattare è un’esperienza che coinvolge tutta la famiglia, che le donne hanno la necessità di essere sostenute dai familiari, soprattutto dal partner, ma anche di trovare pediatri motivati e aggiornati sulla fisiologia dell’allattamento.

Uno dei luoghi comuni della nostra cultura vuole che l’allattamento sia “roba da donne”. L’indagine appena citata mette, finalmente, nero su bianco quello che ogni mamma sa: il ruolo del partner è tutt’altro che marginale. Come ho già suggerito nel primo capitolo di questo libro, i padri possono avere una funzione simile a quella che aveva la placenta in gravidanza: proteggere madre e neonato e fungere da filtro nei confronti dell’ambiente esterno. Spesso i papà non sono abbastanza informati sull’allattamento e ne sottovalutano l’importanza, dando più fiducia al biberon che alla capacità delle loro compagne di nutrire il neonato. Oppure durante le poppate si sentono a disagio o addirittura esclusi, come se il legame che si crea tra madre e bambino non li comprendesse. Dopo aver aspettato nove lunghi mesi di gravidanza, è più che lecito che i padri abbiano voglia di tenere con sé i bambini o che non si aspettino poppate tanto frequenti e irregolari. Spesso questo si traduce nel proporre alla compagna il biberon per darle la possibilità di “riposare” dalle fatiche di gravidanza e parto, ma anche per poter nutrire di persona i propri figli. Anche questo è frutto di una cultura che considera l’allattamento soltanto dal punto di vista alimentare. Allattare è invece un gesto che si integra profondamente all’interno della famiglia e che mette in gioco dimensioni di cambiamento e disponibilità affettiva di tutti i membri che la compongono. Se fosse chiaro che ciclo mestruale, concepimento, gravidanza, parto e allattamento sono fasi integrate e naturali del processo riproduttivo di ogni donna, forse sarebbe più facile accettarne la normalità e sostenere una mamma che allatta, a prescindere dall’età del suo bambino.


Anche le ostetriche sono una risorsa molto importante per le mamme durante l’allattamento. Di solito però, le mamme le interpellano solo per poco tempo: durante la degenza ospedaliera postparto, o nelle prime settimane a casa. Nel nostro Paese è poco comune che ci si rivolga a loro nel corso dei mesi successivi; in genere il punto di riferimento, dopo il primo mese di vita del bambino, è il pediatra. Questo accade perché la maggior parte delle ostetriche territoriali ha margini temporali molto limitati per un’assistenza individuale e domiciliare al di fuori della struttura a cui appartiene; vengono organizzati, di conseguenza, incontri di gruppo a cui però non tutte le donne possono partecipare. Inoltre le ostetriche che esercitano la libera professione sono poche e non sempre ben distribuite sul territorio regionale. Per poter aiutare le mamme nel miglior modo possibile sarebbe auspicabile che il numero delle ostetriche territoriali aumentasse e che si instaurasse una maggiore collaborazione fra loro e i pediatri di famiglia.

Esistono anche altri esperti molto competenti a cui rivolgersi. I più qualificati sono i consulenti IBCLC4, una figura di professionista sanitario specializzato nella gestione clinica dell’allattamento al seno. I consulenti IBCLC non solo hanno già esperienza in materia ma hanno sostenuto e superato l’esame IBLCE (International Board of Lactation Consultant Examiners). Ricoprono posizioni diverse negli ambiti più disparati: ambulatori ospedalieri, consultori ASL, studi pediatrici privati. Possono provenire dalle file del volontariato o da professioni sanitarie: come è il caso di ostetriche, nutrizioniste e psicologhe.


Anche La Leche League5 (LLL), Lega per l’Allattamento Materno, offre consulenti (mamme volontarie con esperienza personale di allattamento) opportunamente formate. È un’organizzazione di volontariato internazionale, assistenziale, apartitica, aconfessionale, senza scopo di lucro, fondata nel 1956, presente in 68 Paesi del mondo con circa 9000 consulenti disponibili per le mamme.


In Italia esistono anche altre associazioni di peer counselor (consulenti alla pari) che svolgono attività di formazione e di consulenza per le mamme.

Sempre nel nostro Paese il Movimento Allattamento Materno Italiano6 (MAMI) sta operando da anni per promuovere più cooperazione a livello regionale e nazionale, per fare rinascere e sostenere una cultura globale favorevole all’allattamento materno. Il MAMI intende inoltre diffondere informazioni e creare reti operative; costruire legami fra tutti i promotori dell’allattamento materno (gruppi di base e singoli operatori, agenzie dell’ONU, organi di governo e organizzazioni non-governative); rafforzare e coordinare attività già esistenti per aumentarne l’impatto; stimolare e sostenere sforzi nuovi e collaborativi. In sostanza il MAMI è una rete in cui possono entrare tutti coloro che si occupano di allattamento, per unire le forze e perseguire obiettivi comuni.


Qualcuno potrebbe domandarsi a questo punto: “Perché tanto bisogno di consulenza se allattare è la cosa più normale del mondo?”

Questo accade perché viviamo in una cultura figlia della diffusione del latte artificiale, che negli anni ’60 del secolo scorso ne ha fatto un segno dell’emancipazione femminile e un facile guadagno per le industrie produttrici. La conseguenza diretta è che le mamme sono state dissuase dai pediatri con giustificazioni del tipo: “Il suo latte ormai è acqua” oppure “Allattare sciupa il seno”. Proprio in quegli anni sono nati molti dei pregiudizi che tuttora restano fra noi; per esempio, contrariamente a quanto si crede, le mamme che non possono davvero allattare sono una percentuale bassissima, inferiore al 5%7. Eppure nel pensiero comune si crede ancora che avere il latte dopo aver partorito sia una questione di fortuna, e che l’aggiunta di latte artificiale sia, prima o poi, inevitabile.


Per fortuna (questa sì che si può chiamare fortuna!) esistono anche pediatri informati. Scrive Lucio Piermarini, pediatra: “Fondamentalmente, l’allattamento al seno, anche dopo l’inizio dei cibi solidi, continua a essere un fatto privato fra madre e figlio e, a meno di espressa richiesta, noi pediatri dovremmo piantarla di metterci bocca”8. Afferma González: “Ho capito che l’allattamento non è uno strumento per garantire la salute, ma parte della salute stessa. L’allattamento non è uno sforzo e men che meno un sacrificio che la donna fa per il bene del figlio, ma una parte della sua stessa vita, del suo ciclo sessuale e riproduttivo. Un diritto che nessuno le può togliere. È un dono, sebbene sia difficile stabilire chi dà e chi riceve”9.


Sempre lo stesso autore dichiara anche: “Le donne che allattano per più di un anno si scontrano spesso con l’incomprensione e il rifiuto dei familiari, amici e professionisti della salute. Accadde la stessa cosa mezzo secolo fa con le prime che portarono i pantaloni. Non importa, si abitueranno”10.


L’allattamento al seno è un atto d’amore, come concepire e partorire un figlio o unirsi con il proprio uomo. Inoltre gli ormoni materni, coinvolti in ognuno di questi eventi – appartenenti alla vita sessuale di una donna –, sono sempre i medesimi. Afferma a questo proposito Odent: “L’attività sensoriale del seno e del capezzolo viene trasmessa, alla fine, ai neuroni del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo, che è la sede della secrezione di ossitocina. Da un punto di vista ormonale, le similitudini tra il riflesso di eiezione del feto, il riflesso di eiezione dello sperma, l’orgasmo genitale femminile e il riflesso di eiezione del latte sono evidenti. In tutti gli eventi della vita sessuale è coinvolto lo stesso cocktail orgasmogenico. Questo cocktail include sempre una secrezione di ossitocina, l’ormone della calma e dell’amore, e una secrezione di morfine naturali, seguita dalla secrezione di prolattina”11.

Nella nostra società si vede il seno materno soltanto come oggetto di attrazione sessuale senza considerarne la sua funzione primaria: produrre latte sempre disponibile, alla giusta temperatura, gratis, pulito, ecologico e perfetto per soddisfare le esigenze di ogni bambino che cresce.


Nessuno guarda un bambino grandicello che tiene in mano da solo il biberon o una merendina confezionata, ma tutti guardano lo stesso bambino se ciuccia dal seno di sua madre. Come sempre dobbiamo fare i conti con l’industria, con il consumismo alimentare, con la nostra cultura che separa mamme e bambini e con la struttura economica della nostra società che ha interesse nel far diventare l’allattamento una scelta, un privilegio, una fortuna, ma anche un ostacolo per la mamma che deve tornare a lavorare quando il bimbo ha pochi mesi. Si considera l’allattamento dal punto di vista culturale e non da quello fisiologico.


Quindi, anche per quanto riguarda la promozione dell’allattamento al seno, sembra proprio arrivato il momento di toglierlo “dal piedistallo” e farlo ritornare a essere, in piena semplicità, il modo normale di nutrire e accudire i nostri bambini. Forse è ora di smetterla di parlare dei benefìci dell’allattamento, dei vantaggi, di quanto fa bene e di quanto, invece, può far male il latte artificiale. Le donne allattano perché appartengono ai mammiferi, tutto qui! E il latte artificiale è un sostituto del latte materno.


Il messaggio che il latte della mamma è vantaggioso rispetto a quello formulato dall’industria rischia di creare una lista di buoni e cattivi che può far sentire in colpa le mamme. Ci sono donne che istintivamente si difendono per il fatto di non essere riuscite ad allattare o aver scelto di non farlo. Sono mamme che dicono: “Non siamo mamme di serie B”; oppure: “Con l’artificiale crescono bene lo stesso”. È la reazione a un contesto che sta mettendo troppo al centro dell’attenzione le mamme che allattano: quando il bimbo è piccolo, sei una mamma ‘scarsa’ se non lo allatti; quando il bimbo supera l’anno, sei una mamma iperprotettiva se lo allatti ancora. Alla fine dei conti, sono sempre le mamme che si sentono giudicate.


Adriano Cattaneo, epidemiologo, afferma a questo proposito: “Ci sono madri che si sentono in colpa perché non allattano, perché non allattano quanto desidererebbero, perché pensano che il figlio si sia ammalato per non essere stato allattato, perché sono tornate al lavoro e hanno smesso di allattarlo. Ma ci sono anche madri che si sentono in colpa perché allattano troppo spesso, o troppo a lungo, o perché tengono il bambino sempre con sé, ci dormono addirittura assieme. [...] Che fare per superare i sensi di colpa? Coloro che aiutano le madri ad allattare devono innanzi tutto mettersi su un piano di parità, evitare atteggiamenti autoritari o paternalistici, aiutare le madri a prendere decisioni informate, senza decidere per loro. E le informazioni che forniscono devono da un lato essere corrette, aggiornate e indipendenti, dall’altro devono puntare sul come. Dire a una madre: ‘Puoi (o peggio, devi) continuare ad allattare in maniera esclusiva quando rientri al lavoro’ senza dirle quali sono i suoi diritti di lavoratrice, come spremere, somministrare e conservare il suo latte, come continuare ad allattare il figlio fuori dall’orario di lavoro e quale sostegno chiedere al partner e al resto della famiglia, significa dare inizio a quel circolo vizioso che porterà al senso di colpa. Purtroppo sono ancora la maggioranza gli operatori sanitari, pediatri compresi, che non solo continuano a prescrivere invece di aiutare e sostenere, ma non sono nemmeno in grado di fornire informazioni corrette, aggiornate e indipendenti su come aggirare gli ostacoli.

Questi sì dovrebbero sentirsi in colpa! [...] E per le madri? Come evitare di sentirsi in colpa? L’unica via da seguire è quella dell’aumento della fiducia in se stesse, nella capacità del proprio corpo di produrre latte per quelle che decidono di allattare, nella capacità di alimentare bene il proprio figlio per quelle che decidono di non allattare o non riescono a superare gli ostacoli che la società frappone all’allattamento”12.


Quando una donna aspetta il suo primo bambino, spesso non immagina che sia necessario informarsi o trovare sostegno per l’allattamento. Sembra più importante informarsi su altri aspetti: le modificazioni della gravidanza, il bimbo che cresce nel pancione, il parto. Ricordo un’ostetrica che a un corso di accompagnamento alla nascita diceva alle donne: “Quando allatterete vi sentirete come una regina sul trono!”. In realtà, le cose non stanno proprio così. Dopo il parto, la madre si rende conto che allattare è normale sì, ma impegnativo, almeno all’inizio. Significa essere disponibili 24 ore su 24, giorno e notte, mettendo in gioco il proprio corpo, il proprio tempo e tutta se stessa. Andare a comprare il latte artificiale è molto più semplice e immediato che trovare persone qualificate a cui rivolgersi per farsi consigliare nella gestione delle poppate. E ancora più spesso l’ambiente intorno obbliga la neo-mamma ad avere più fiducia nel biberon piuttosto che in se stessa.


Sembra, insomma, che nutrire il proprio bambino sia una questione di opinione, di scelta obbligata e di giudizio. La mamma che allatta è bersaglio continuo di commenti, occhiate e ingerenze di chi la circonda.

Ecco allora una breve storia di allattamento a cui ho assistito di persona.

Natale in casa Bianchi

Pomeriggio di Natale: riunione familiare di circa venti persone che vanno dai settant’anni ai due mesi d’età. Una mamma trentacinquenne allatta il suo bambino primogenito di due mesi su un divano, di fronte a tutti, con molta naturalezza e tranquillità; alla fine, il bimbo si addormenta beato e visibilmente sazio col capezzolo ancora in bocca. La poppata è durata circa venti minuti.

Questi alcuni commenti dei parenti:

“Guarda: non lo mette mai giù! Ora che ha finito potrebbe metterlo in carrozzina!”

“Non lo fa mai piangere! Appena fa ‘Bè’ gli dà la poppa”.

“Ha sempre la poppa in bocca questo bambino, per qualsiasi motivo!”

“Dorme su di lei, pelle a pelle: vero?”

Domanda alla mamma: “Ancora lo fai dormire così addosso a te?”

Risposta: “No, ora dorme in mezzo a noi” (queste parole suscitano risolini e espressioni di disapprovazione…).

Il padre del bambino dice: “Non vedo l’ora che lo svezzi, così me lo porto via e vado in vacanza solo con lui”.

Sempre alla mamma: “Non vedi che dorme? Perché non lo stacchi dal capezzolo?” Risposta: “No, si stacca da solo”.

E infatti, dopo pochi minuti il bambino lascia il capezzolo e dorme sereno in braccio a sua madre.

Molte donne vivono scene come questa.

Una mamma che allatta il suo bambino diventa bersaglio di facili commenti da parte di chi assiste. Commenti che si inaspriscono con l’aumentare dell’età del piccolo. Perché lo stesso non succede a una mamma che dà il biberon o che dà regolarmente merendine confezionate ai propri figli? Quali sono le fantasie da cui scaturiscono commenti come questi?


Primo aspetto da rilevare: il potere che hanno i condizionamenti culturali. Questi ci inducono a considerare “normali e accettati” prodotti dell’industria quali giocattoli corredati di biberon, latte artificiale e pappe pronte, rispetto a ciò che la natura ci fornisce gratis da centinaia di migliaia di anni. Nessuno si scandalizza di fronte a tali prodotti dell’industria, mentre una bambina che, per gioco, fa finta di dare la poppa alla sua bambola è rara e considerata dai più una stranezza.


Forse questa bambina conserva nella sua memoria il benessere di essere stata allattata da sua madre, senza essere ancora stata condizionata dalla cultura? Forse le persone che commentano come sopra hanno, invece, nella loro memoria di bambini, storie di latte artificiale o di svezzamenti molto precoci come era usuale fino a pochi anni fa? Memoria e cultura si intrecciano nelle persone per creare un immaginario collettivo da cui è difficile prendere le distanze per ragionare secondo buonsenso e istinto.


Se, viceversa, guardiamo all’allattamento come ad un semplice e normale gesto d’amore, come tappa di un’educazione alimentare che influirà sulla salute del bambino, forse diventa tutto più facile.

Quante mamme si pongono, per esempio, il problema di come sono alimentate le mucche da cui deriva il latte artificiale? Perché l’OMS13, a partire dal sesto mese compiuto del bambino, raccomanda l’inizio dell’alimentazione solida come complementare all’allattamento e invece molti pediatri suggeriscono ancora di sostituire le poppate anziché aggiungere i cibi solidi? Riguardo alla durata dell’allattamento, sempre l’OMS14 suggerisce di andare avanti anche oltre il secondo anno di vita, se mamma e bambino lo desiderano, e non fornisce una data precisa di stop. Perché? Perché ogni relazione d’amore ha le sue regole, la propria intimità e nessuno può interferire in quella coppia che, oltre al nutrimento, si sta scambiando un codice affettivo e relazionale che resterà nella loro memoria per sempre. L’OMS fornisce chiare linee guida che contrastano, però, con le politiche sociali di molti Paesi in cui la mamma deve tornare al lavoro nei primi mesi di vita del bambino. Spesso si dichiarano inutili queste indicazioni e si accusa l’OMS di dare istruzioni difficilmente applicabili dalle mamme. Non credo si debba colpevolizzare l’OMS ma casomai i governi, le aziende, le leggi basate sulla produttività che non tengono conto delle relazioni primarie e che potrebbero invece agevolare facilmente le mamme che allattano. Dobbiamo pensare all’allattamento non soltanto come atto di nutrizione ma anche come occasione di scambio affettivo e di “base sicura” da cui il bambino trae le prime esperienze relazionali.

Queste andranno a creare in lui i cosiddetti Modelli Operativi Interni (MOI), ampiamente teorizzati dalla teoria dell’attaccamento15. I MOI sono mappe cognitive che il bambino si crea come rappresentazione mentale nel primo anno di vita, a partire dalle esperienze affettive e relazionali che ha vissuto con chi si prende cura di lui. Come è possibile pensare a una fine dell’allattamento brusca e decisa a tavolino da estranei se non si conosce a sufficienza la psicofisiologia dell’allattamento? Come possiamo pensare che la poppa possa essere un “vizio” da togliere (da questo deriva il termine “svezzamento”)? Perché si accettano oggetti transizionali come peluche, ciucci, cencini vari e non si può considerare il seno come parte di una persona affettivamente significativa per il bambino? A questo proposito González chiede: “Ti sembra normale che l’amico di un bambino non sia un essere umano, ma un pupazzo?”16. Perché molti pensano che la mamma che allatta sia schiava del bambino o che non si sappia imporre, quando forse allattare sarebbe per lei un piacere, se solo non si sentisse osservata e giudicata? I bambini imparano così anche la differenza fra gli oggetti e le persone: la mamma che offre il seno in carne e ossa, fatta di calore, disponibilità, sguardi e scambi comunicativi da cui imparare a relazionarsi come esempio per i rapporti del futuro, è certamente altro rispetto a un oggetto creato per sostituirla.

Eppure questa visione suggerisce ai più, sempre per condizionamenti culturali, che il bambino venga viziato. In effetti esistono libri in commercio17 che suggeriscono di “staccare il bimbo dalla poppa”, distanziare le poppate e farlo piangere la notte a intervalli temporali sempre crescenti, fornirgli un bell’oggetto transizionale e zac... sparire! Ciò servirebbe per “educarlo” all’assenza dei genitori e insegnargli a dormire tutta la notte già dai sei mesi di vita. Il fatto è che questi libri non servono ai bambini, ma ai genitori, che li utilizzano sì in buona fede ma senza essere informati sui potenziali rischi a cui espongono i figli.
Allattamento e sonno sono quindi i due argomenti preferiti da coloro che esprimono commenti e giudizi di fronte alle mamme. Perciò l’unico modo di difendere la relazione madre/bambino è restituire loro l’individualità e il dovuto rispetto delle scelte che compieranno semplicemente stando insieme. Soltanto informazioni aggiornate, corrette e indipendenti fornite da personale qualificato possono scardinare i pregiudizi già esistenti e spesso obsoleti della nostra cultura. Ecco perché il nocciolo della questione sta nella mancanza di formazione sulla fisiologia dell’allattamento.

Allattamento e psicologia perinatale: un vuoto formativo da colmare

Ho come l’impressione che l’allattamento oggi stia diventando oggetto di giudizi incalzanti. Si sente giudicata la mamma che non ce l’ha fatta e quindi si difende, si sente giudicata la mamma che allatta a richiesta, quella che allatta il bimbo di un anno, quella che ha scelto di non allattare... Scarseggiano ancora le informazioni corrette (soprattutto in alcune zone), ma sovrabbondano le intromissioni basate su luoghi comuni e pareri assolutamente personali! Non va. Questa cosa non va.

Giorgia, mamma di Mattia, Nicola e Maddalena

In Italia nessun corso di laurea in psicologia, né alcuna scuola di specializzazione post-laurea, prevede formazione specifica in psicologia perinatale, cioè riguardo i temi del periodo intorno alla nascita. Ciò significa che nessuno psicologo italiano ha seguito un percorso di studi istituzionalizzato e specifico sui temi di gravidanza, parto e allattamento.


Eppure la maggior parte degli psicologi si sente in diritto di dare indicazioni su modalità e tempi di somministrazione di latte materno. L’equivoco è ancor più evidente se consideriamo, inoltre, che è rarissimo per uno psicologo occuparsi di fisiologia, cioè di ciò che è normalmente presente nei processi di sviluppo fisici e mentali di ognuno di noi, fin dal concepimento. In Italia è ancora radicata l’idea secondo cui si ricorre allo psicologo soltanto se c’è qualcosa che non va, non se si vuole prevenire un disagio o proteggere la salute e l’equilibrio psicofisico.


Spesso si pensa alla mente e alle relazioni umane come a qualcosa di scisso dal corpo e dai processi fisiologici. Si crede che la sopravvivenza fisica della specie non c’entri nulla con il benessere psicologico e soprattutto si dà per scontato che i bambini e la loro salute non siano neanche da prendere in considerazione in questioni come questa. Va da sé, pertanto, che la psicologia sia dai più associata alla patologia e che l’approccio preventivo sia ancora troppo poco conosciuto e diffuso.

Di conseguenza è palese che uno psicologo che non ha mai visto un parto, che non conosce l’anatomia della mammella e la composizione variabile del latte materno nel corso degli anni, che ignora il ruolo degli ormoni coinvolti nella lattazione umana, come ossitocina e prolattina e i loro legami con lo sviluppo del processo di attaccamento18, che non è stato informato circa le raccomandazioni OMS in materia di allattamento, che lo considera solo da un punto vista nutrizionale e immunologico, che si limita a un’informazione meramente libresca, che ignora l’esistenza di figure professionali quali i consulenti professionali di allattamento IBCLC (con le quali potrebbe collaborare attivamente per il benessere di ogni relazione madre/bambino)… uno psicologo così non può dare indicazioni valide e credibili circa le modalità e la durata dell’allattamento.


Psicologi che siano interessati alla fisiologia di gravidanza, parto e allattamento, ma anche a quella del sonno dei bambini, all’esogestazione e al rapporto esistente fra natura e cultura (che non necessariamente deve essere di antitesi invece che di alleanza)19, ai benefici del contatto e del portare i bambini con fasce e marsupi, devono ricorrere a iniziative personali di autoformazione che mettono a dura prova la motivazione e li fanno apparire come psicologi “alternativi”, soprattutto fra i colleghi.

Nell’attesa di un percorso istituzionale formativo specifico, si può fare riferimento ad approcci scientifici quali l’etnopediatria, l’antropologia, l’etologia, la genetica e la psiconeuroendocrinologia della nascita, che forniscono informazioni e indicazioni pratiche fondamentali circa l’allattamento materno.


Mi auguro che come molti pediatri si stanno informando e stanno cambiando rotta, anche gli psicologi facciano altrettanto, potenziando il lavoro di équipe con le altre figure professionali, circa il sostegno alla mamma che allatta e alla sua famiglia. È auspicabile, inoltre, che i percorsi formativi degli psicologi comprendano sempre più materie che riguardano la fisiologia e il supporto al benessere di mamma e bambino in tutto il periodo della gravidanza, del parto e dell’allattamento. Lo scopo sarà naturalmente quello di informare in modo corretto le famiglie, lasciando libere le mamme di fare ciò che ritengono più opportuno e fornendo loro sostegno qualsiasi scelta compiano.

Allatta tua figlio dove, quanto e quando vuoi

È davvero importante cercare in ogni modo di abbattere i luoghi comuni e sostenere quelle donne che sentono di volersi sperimentare in questa meravigliosa esperienza dell’allattamento prolungato! Sto allattando due bimbi in tandem, il mio secondo di 3 anni e la mia terza di 2 mesi... A chi mi chiede: ‘Ma allatti anche lui?’ Io rispondo semplicemente ‘Sì, non abbiamo mai smesso’. Infatti mi chiedo: perché forzare la chiusura di una relazione d’amore quando entrambi i soggetti
coinvolti se la vivono bene?

Cristina, mamma di Francesco, Andrea e Diletta

Io continuo a dormire con mio figlio, allattarlo; tra due mesi compie tre anni. Si è inventato un linguaggio delle tettine e dice che sono loro che lo chiamano quando gli frullano il latte, poi le rimette dentro così dice che possono dormire e frullare di nuovo. L’idea del frullo è tutta sua! Dice che frullano, senza far rumore per gli altri, tutto ciò che mangio io. Quando poi gli ho spiegato che non tutte le mamme allattano o comunque non quanto noi, lui mi ha detto: ‘Ma i bambini cosa dicono?’ Cerca sempre di tastare il terreno quando vuole ciucciare e un giorno, non capendo com’era l’orientamento degli ospiti che avevamo, mi ha proposto:
‘E se ce ne andassimo in bagno?’

Federica, mamma di Matteo

Mi intristisce sentir dire che bisogna far capire al bimbo che le tette sono una cosa che non si mostra in pubblico. Siamo circondati da tette esposte in TV, nelle pubblicità e dovunque ti giri ci sono messaggi assurdi sulla femminilità, sul nostro corpo e sul suo valore e non ci facciamo più caso, ma se una donna allatta in pubblico molti si indignano. A me al consultorio (sì proprio al consultorio!) è stato chiesto, con apparente gentilezza, di appartarmi in un’altra stanza... Forse se più donne allattassero in pubblico si comincerebbe a guadagnare più rispetto per un modello di femminilità più sano e per il ruolo della madre. Forse le bimbe che ci guardano arriverebbero alla loro maternità con una maggiore consapevolezza di se stesse e della loro importanza come donne e come mamme. E senza il bisogno che qualcuno spieghi loro al settimo mese di gravidanza, a un
corso preparto, come si allatta e perché.
Farebbe parte del loro bagaglio culturale.

Micol, mamma di Arturo

Diremmo mai a una mamma di smettere di carezzare, baciare, consolare suo figlio arrivato a una certa età? “Ora tuo figlio ha due anni, smetti di consolarlo se pensi che ne abbia bisogno, è grande, può bastare, sennò lo vizi...”


Allattare è un gesto d’amore e come tale non ha per natura limiti di tempo: l’amore non è a tempo! Come non ci sogneremmo mai di entrare nell’intimità di un atto di amore che porta al concepimento, così dovrebbe essere quando una mamma nutre il suo bambino al seno. Ogni relazione d’amore ha le sue regole, la propria intimità e nessuno ha il diritto di interferire. Invece, le madri che allattano a lungo il più delle volte devono nascondersi o mentire a chi hanno intorno.

Ho già accennato sopra alla ragione per cui la maggior parte degli psicologi scoragggia l’allattamento oltre i primi mesi di vita, ma vorrei sottolineare che esistono anche autorevoli pareri a sostegno di tale pratica.


Mary Ainsworth20, famosissima psicologa, grazie ad alcune ricerche da lei compiute in Africa, già nel 1972 ipotizzava che l’età di svezzamento dei bambini dovesse essere intorno ai due-tre anni e che le modalità di allattamento al seno a richiesta, anche di notte, dormendo vicino al bambino e allattandolo per farlo addormentare, contribuirebbero a rendere il bambino più sicuro di sé e aumenterebbero la sua fiducia nella comprensione da parte della madre dei suoi segnali e i suoi bisogni. Ciò costituirebbe una sorta di carica di fiducia e di sicurezza a cui il bambino farebbe riferimento per tutta la vita nei momenti di difficoltà.


Katherine Dettwailer21, antropologa americana, comparando l’allattamento dei primati e analizzando la letteratura sull’età di svezzamento nelle varie culture, fa notare come esistano usanze molto diverse fra i vari popoli della Terra circa l’età ideale per svezzare i bambini; in base ai suoi studi, questa autrice afferma che lo svezzamento, se al riparo dalle regole della società di appartenenza e nel rispetto del processo biologico scelto dalla natura da migliaia di anni, avverrebbe in un’età compresa fra i due anni e mezzo e i sette. È chiaro che nelle società civilizzate la mancanza di allattamento è compensata dalla diffusione dell’igiene e dalle cure mediche, ma non è ancora abbastanza valorizzato che, oltre alle esigenze puramente nutrizionali, attraverso il contatto con il seno della madre il bambino soddisfa anche il proprio bisogno di sicurezza, di affetto e di rassicurazione.


Maria Ersilia Armeni22, pediatra italiana e presidente dell’AICPAM (associazione nazionale che riunisce i consulenti IBCLC di allattamento), scrive: “La psicologia italiana è uno dei pilastri della legittimazione a sospendere l’allattamento protratto oltre i primi mesi poiché non è al corrente del profondo radicamento dal punto di vista ormonale e fisiologico dell’allattamento nella donna e nel bambino. Questo rappresenta una copertura che la nostra società adotta per rivestire di legittimità comportamenti e pratiche che non rispondono affatto alle esigenze biologiche dei nostri bambini”. Nella nostra società gli psicologi pensano addirittura che allattare un bambino oltre il primo anno di vita possa provocare un danno psicologico, una limitazione all’acquisizione della sua autonomia; ma non esistono dati scientifici che lo dimostrino, né si spiegherebbe come un comportamento così pericoloso per l’individuo sarebbe stato la norma fisiologica presso tutti i popoli di tutte le razze.

Alcuni psicologi e pediatri colpevolizzano addirittura le madri che non svezzano il bambino dal seno entro il primo anno, affermando che queste abbiano difficoltà proprie nello staccarsi dal bambino; di fatto contribuiscono a generare in loro sentimenti di sfiducia in sé e di confusione circa l’ascolto dei propri istinti di accudimento e non le aiutano di certo a prendere decisioni consapevoli e autonome. Ciò non significa che una mamma debba allattare per forza e a lungo ma soltanto che, se ha questa intenzione, va rispettata e sostenuta. Questo è un aspetto cruciale che vorrei mettere in risalto: alcuni psicologi vorrebbero sostenere le mamme ma di fatto ne mettono a rischio l’autostima e l’autonomia decisionale, per pura disinformazione. Si pongono in maniera autoritaria e direttiva rendendole dipendenti e insicure, anziché promuovere in loro l’attivazione spontanea delle proprie risorse e delle proprie competenze, rispettandone le scelte.
Si rifletta anche sulla parola “svezzamento” che, come abbiamo visto, letteralmente significa “togliere il vezzo”, cioè il vizio. Questo termine veicola il messaggio secondo cui allattare vizia il bambino ed è l’origine di un pensiero collettivo non corretto, in quanto gli studi dimostrano che le mamme che allattano a lungo sono proprio quelle dotate, per caratteristiche personali, di un alto senso di autoefficacia23. Anche l’espressione “allattamento prolungato” è discutibile: prolungato rispetto a cosa? Se neanche l’OMS dà un limite oltre il quale si deve smettere di allattare, perché lo devono dare gli psicologi o tutti gli pseudoesperti che circondano una mamma che allatta? Gonzalez24 è categorico al riguardo: “Non esiste alcun limite all’allattamento materno, non esiste alcuna motivazione, medica, psicologica o nutrizionale per svezzare obbligatoriamente a una certa età. Le donne sono libere di decidere quanto allattare senza farsi condizionare dalle opinioni di esperti o presunti tali”.

Michele Grandolfo, dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità, assicura che allattare è una questione di espressione di competenze. Ci fa notare che, nel campo della promozione della salute, l’obiettivo fondamentale dovrebbe essere informare le donne e le loro famiglie per aiutarle a prendere decisioni autonome e consapevoli come espressione della propria competenza. Solo in questo modo si otterrà il vero empowerment: la donna avrà così più fiducia in sé e nella propria capacità di far fronte ai problemi risolvendoli grazie a una maggiore capacità di ricerca della salute. Perciò il vero potere della mamma dovrebbe essere rappresentato dall’autonomia, e non dalla dipendenza da esperti che tendono a dominare e a indirizzare scelte e comportamenti. L’espressione libera e autonoma delle proprie competenze, che prima di diventare madri non erano nemmeno immaginabili, dà forza alle mamme ed è associata a una maggiore durata dell’allattamento. Gli studi condotti da questo autore provano che non è una questione di stabilire quanto allattare, o se esiste un’età prestabilita per staccare il bambino dal seno materno, quanto, invece, di mettere la mamma nelle condizioni di sentirsi forte, informata e autonoma nel compiere la propria scelte.


Esistono poi ricerche che evidenziano come ciò che influisce maggiormente sulla durata dell’allattamento siano le opinioni delle persone che circondano la mamma che allatta. Infatti più a lungo la mamma allatta e meno sostegno trova, in genere, intorno a sé. Ancora una volta risulta lampante che il problema è esclusivamente culturale: cioè attinente non a una cultura del sapere, ma dell’ignoranza nel vero senso della parola. L’allattamento infatti non è materia di studio nei programmi universitari delle facoltà italiane di psicologia.

Braibanti scrive stupendamente che “allattare a lungo fa bene sia alla mamma sia al bambino e, dal punto di vista materno, oltre ai vari effetti positivi sulla salute della donna, l’allattamento favorisce più saldi legami di attaccamento nei confronti del bambino e una maggiore competenza nell’interazione precoce. Questo accresce la fiducia della madre verso il bambino e verso se stessa; quindi tiene lontani atteggiamenti iperprotettivi e di simbiosi prolungata che nascono dalla mancanza di sicurezza sia verso se stessa sia verso la relazione col proprio bambino. La separazione in età precoce e gli atteggiamenti di disconferma della competenza femminile nel ruolo madre-nutrice rafforzano, invece, i sentimenti di insicurezza e di crisi. Quindi l’allattamento protratto non può essere dannoso né per la madre né per il bambino, né da un punto di vista psicologico, né fisiologico. Non c’è evidenza alcuna che l’allattamento protratto sia sintomo di difficoltà nella relazione normale tra madre e bambino”25.


Vorrei citare infine, la pediatra Elena Balsamo che riflette sulla durata dell’allattamento secondo l’approccio etnopediatrico, una branca della pediatria che confronta le modalità di accudimento dei bambini nelle varie culture tradizionali della Terra. Soltanto così si può avere un quadro reale di ciò che è adattivo per l’essere umano e di quali sono i bisogni reali e geneticamente predeterminati di mamme e bambini ovunque essi vivano; non ha senso riferirsi a un unico parametro culturale, che potrebbe risultare troppo riduttivo e limitante circa le risorse da attivare quando ci si relaziona con un bimbo. Ebbene, gli studi etnopediatrici hanno rilevato che, nella maggior parte delle culture tradizionali del mondo, le donne allattano per una durata media di circa due anni. Ciò che nelle società più civilizzate ha determinato il grande cambiamento in fatto di alimentazione infantile è dovuto al processo di industrializzazione. Anche lo svezzamento precoce è un’invenzione occidentale e post-industriale. Balsamo afferma inoltre: “Permettere a ogni bambino di lasciare il seno della mamma nel momento in cui è pronto, così come scegliere la frequenza e la durata dei pasti, è un grosso aiuto allo sviluppo dell’autonomia e della capacità di operare scelte consapevoli in futuro. Nelle culture dove ciò avviene, i bambini sono più sicuri e meno aggressivi da adulti”26.


Penso che ci vorranno ancora molti studi e molti anni perché queste informazioni raggiungano tutti; non tanto per convincere su ciò che sia meglio fare o per dare indicazioni di comportamento ai genitori, ma con il solo obiettivo di mettere le famiglie in condizione di compiere scelte consapevoli, autonome, informate e generatrici a lungo termine di salute fisica e mentale.

Credo che i bambini imparino praticamente tutto dall’esempio dato dai genitori e da chi si prende cura di loro. Se è un esempio di assenza e di carenza di contatto, di surrogati materni di ogni genere, di mancanza di disponibilità e di ascolto, di tempi prestabiliti da altri e non in armonia con la crescita del singolo bambino, avremo adulti con fratture relazionali, difficili da sanare27, tracciate nella loro memoria.

Questo è un aspetto spesso trascurato da parte degli psicologi, che dovrebbe al contrario stimolare studi a lungo termine sulle implicazioni relazionali delle modalità di allattamento e degli schemi educativi rigidi, imposti ancora da un certo tipo di condizionamenti culturali e da molti prodotti presenti sul mercato, soprattutto editoriale. Ovviamente ciò non significa che i bambini non debbano avere regole e che i genitori siano al servizio di piccoli tiranni, significa soltanto che i tempi sono cambiati e dobbiamo allargare la nostra indagine. Da un punto di vista psicologico dobbiamo considerare l’allattamento anche come un’esperienza relazionale di base, da cui i bambini imparano e su cui verosimilmente baseranno i loro rapporti futuri, i loro pensieri e i loro pregiudizi.

Pregiudizi da sfatare28

Mamme, non complichiamoci la vita!
L’allattamento è meraviglioso perché è comodo, non dobbiamo preoccuparci di niente... non dobbiamo sterilizzare nulla, non dobbiamo riscaldare niente ma, soprattutto, non dobbiamo guardare l’orologio. È veramente una meraviglia! In questi due anni ho capito una cosa: i bimbi si attaccano al seno non solo per mangiare ma anche per bere, oppure perché hanno male al pancino, oppure perché hanno la gola irritata, ma a volte vogliono attaccarsi al seno perché ci amano alla follia, per loro siamo uniche e insostituibili e vogliono sentire il nostro profumo, il nostro sapore. E quando uno è innamorato non vuole certo aspettare tre ore!
Se tu chiedi attenzioni a tuo marito e lui tutte le volte ti dice:
“Adesso no, fra tre ore”... come ci rimani?

Amelia, mamma di Federico

Ricordo specificamente quando i primi mesi andavo dal pediatra, la prima domanda che mi veniva posta dopo i vari controlli di routine era: ‘Ogni quanto tempo mangia?’ Se rispondevo che non lo sapevo venivo guardata storto. E tutti mi dicevano che dovevo dare degli orari al bambino altrimenti sarebbe diventato viziato e tiranno. Purtroppo la nostra società è contro il contatto con i nostri figli, con la scusa che altrimenti li si vizia troppo. Che tristezza!

Emilia, mamma di Federico

Un pediatra, quando Arturo aveva sette mesi (l’ho subito cambiato), mi ha detto che gli avrei provocato danni psicologici continuando troppo l’allattamento. Ad altre mamme dicono che il loro latte non è nutriente, che è poco o cose simili. E mi ha predetto che non si sarebbe mai staccato volontariamente. Gli ho risposto che io non avevo nessuna voglia di ciucciare le tette di mia madre, segno che a un certo punto, se il nostro bisogno è soddisfatto, si passa ad altro. C’è un punto fondamentale: il pediatra (idem per i ginecologi) è un medico: studia le malattie, non studia quasi nulla dell’allattamento (l’ho sperimentato di persona partecipando a seminari e conferenze insieme a medici ai quali ho dovuto spiegare alcuni concetti base) e spesso non è una mamma.
Allattare è un processo fisiologico come digerire, respirare, partorire...
Decidere come, quando, per quanto allattare ed essere allattati
è una questione privata della coppia mamma/bimbo.

Micol, mamma di Arturo


Ognuna delle seguenti affermazioni non corrisponde a verità. Sono tutti pregiudizi appartenenti alla nostra cultura, smentiti ripetutamente dall’indagine scientifica. Leggendoli e riconoscendoli per averli sentiti dire – anche se non si è allattato – risulta chiaro quanto la nostra cultura non sia amica dell’allattamento e quanto sia difficile per le mamme non cedere a tali pregiudizi.

  1. Il colostro è insufficiente per saziare un neonato e può essere addirittura dannoso.

    Il colostro è un liquido giallo sieroso, molto ricco di immunoglobuline, secreto dalle ghiandole mammarie in quantità di gocce durante la gravidanza e i primi giorni dopo il parto, composto principalmente da acqua, leucociti, proteine, grassi e carboidrati.

    Con il colostro la mamma trasmette al figlio le proprie difese immunitarie che lo proteggeranno nei primi mesi di vita. Perciò è vero il contrario, l’assunzione di colostro è preziosa ed è necessario che il neonato possa poppare frequentemente per assumerne una giusta quantità. In tali condizioni, il colostro è del tutto sufficiente a soddisfare il neonato.

  2. La mamma che allatta deve seguire una dieta particolare ed eliminare alcuni cibi.

    La produzione del latte non è influenzata da ciò che mangia la mamma. Infatti anche madri malnutrite sono in grado di produrre latte sufficiente e di ottima qualità per i propri bambini. Naturalmente, come in ogni momento della vita, è consigliata una dieta varia e bilanciata con alimenti sani e di sicura provenienza. Inoltre, tanto più variata sarà la dieta della nutrice e tanti più sapori diversi passeranno nel latte abituando il bambino al cibo di casa.

  3. La mamma deve assumere una certa quantità predeterminata di liquidi, fra cui tisane che l’aiuteranno ad avere più latte.

    La produzione di latte non è influenzata da tisane, birra o bevande particolari, ma dalla suzione del bambino. È sufficiente che la mamma segua il suo naturale istinto di bere quando ne sente il bisogno, avendo sempre a portata di mano acqua fresca.

  4. La mamma che allatta non può fare sport.

    Una moderata attività sportiva non interferisce né con la composizione, né con la quantità di latte prodotto dalla mamma.

  5. I capezzoli devono essere puliti o idratati prima e dopo la poppata.

    Non è necessario preparare il capezzolo prima della poppata né pulirlo dopo. In caso di arrossamento basta spremere qualche goccia di latte e lasciarla sul capezzolo fino a completo assorbimento. Eventuali ragadi sono, di norma, la conseguenza di un attacco scorretto del bambino.

  6. Se la mamma ha la febbre o un’infezione deve smettere di allattare.

    In caso di febbre o di infezione materna, di solito, non è necessario smettere di allattare perché il latte materno non rappresenta una via di contagio. Se il bambino dovesse ammalarsi dello stesso disturbo, il latte materno può aiutarlo a guarire poiché contiene anticorpi materni specifici per quella malattia. Se la mamma assume farmaci, può informarsi da un medico o da una consulente di fiducia e consultare la lista di farmaci compatibili con l’allattamento. Esiste anche un numero verde nazionale 800.883.30029 attivo 24 ore su 24, al quale rivolgersi circa la compatibilità tra farmaci, gravidanza e allattamento.

  7. L’allattamento sfibra le mamme.

    Come se pulire, sterilizzare, preparare il biberon fosse rilassante! Certo allattare al seno richiede una buona dose di energie e di disponibilità da parte della mamma. Nella nostra cultura non si comprende facilmente l’impegno necessario a una mamma che allatta. Basta poco per aiutarla! Un piccolo aiuto nelle faccende domestiche, la possibilità di farsi una doccia, un massaggio rilassante o un invito a pranzo già possono fare una grande differenza! E la notte avere il bambino vicino non renderà necessario alzarsi e svegliarsi del tutto, così mamma e piccolo potranno riposare meglio.

  8. Le mamme che fanno una vaccinazione dovrebbero smettere di allattare per 24 ore.

    La maggioranza delle vaccinazioni materne è compatibile con l’allattamento al seno. Per qualsiasi dubbio consultare una consulente in allattamento o il numero verde indicato al punto 6.

  9. Le mamme che hanno subìto un’anestesia dal dentista devono aspettare ore prima di allattare.

    L’anestesia locale non è affatto dannosa per il bambino. Potete allattare anche pochi minuti dopo l’intervento del dentista.

  10. La mamma che allatta non può tingersi i capelli.

    Tutti i trattamenti per il corpo della mamma possono essere effettuati con tranquillità durante l’allattamento, comprese permanenti, lampade abbronzanti e massaggi. Tuttavia alcuni tipi di trattamenti chimici possono essere dannosi per la salute della mamma, indipendentemente dall’allattamento. È preferibile, quindi, utilizzare sempre prodotti di origine naturale e non tossici.

  11. Se perdi sangue dai capezzoli non devi allattare.

    Questa non è una ragione per smettere di allattare. La mamma deve valutare con la sua ostetrica o consulente di fiducia come trattare eventuali ragadi o spaccature del capezzolo.

  12. Non produrrai abbastanza latte se i tuoi seni sono piccoli e non si sono ingranditi durante la gravidanza.

    Le dimensioni del seno, come la forma, variano molto da donna a donna, ma ciò non influisce sulla capacità di produrre latte. Tali differenze sono dovute a maggiore o minore presenza di tessuto adiposo e non ghiandolare.

  13. I dottori sanno tutto sull’allattamento al seno.

    Purtroppo non sempre è così, quindi il consiglio è di cercare prima del parto un’ostetrica esperta o una consulente di allattamento in grado di assistervi durante l’allattamento: le ostetriche, le IBCLC, le volontarie de La Leche League e le peer counselor qualificate sono le vere conoscitrici di questo campo e sono ben pochi i pediatri con formazione ed esperienza equiparabile.

  14. Il latte materno può essere contaminato da sostanze tossiche come i pesticidi e quindi è preferibile dare latte artificiale.

    Alcuni contaminanti come il DDT, la diossina o i PCB (Policlorobifenili) si accumulano nel tessuto grasso e quindi anche nel latte materno che è ricco di grassi. La loro rilevazione nel latte materno è nota da decenni e riflette le condizioni ambientali e atmosferiche in cui vive la madre. Tuttavia, questa non è una ragione sufficiente per non allattare i bambini al seno. Infatti, gli studi dimostrano che il latte materno, anche se presenta tracce di tali sostanze, è sempre di gran lunga migliore di quello artificiale. Inoltre, anche se il bambino allattato al seno ricevesse maggiori concentrazioni di sostanze inquinanti rispetto a quello alimentato con latte artificiale, in quest’ultimo caso gli effetti deleteri dovuti all’eventuale esposizione a queste sostanze sarebbero più evidenti. Ricordiamo che il latte formulato è un derivato del latte vaccino. Anche le mucche vivono in aree inquinate e respirano la stessa nostra aria, quindi non è pensabile che il latte artificiale non sia almeno nella stessa misura contaminato all’origine. Se poi pensiamo alle sue modalità di confezionamento e di trasporto, risulta ovvio che gli agenti potenzialmente inquinanti sono di gran lunga superiori. Inoltre, PCB e diossina passano anche attraverso la placenta ed è stato dimostrato come l’allattamento al seno ne riduce le concentrazioni dopo la nascita del bambino. Sono ben più gravi gli effetti degli inquinanti sul feto che quelli dovuti al latte materno, ma nessuno ne parla. Quindi, è giusto e normale che i genitori si preoccupino dell’inquinamento del latte materno, ma le conoscenze attuali suggeriscono che anche in caso di ambiente inquinato l’allattamento al seno sia sempre da preferire rispetto a quello artificiale.

  15. Le mamme che allattano non devono bere alcolici.

    L’alcool passa facilmente e rapidamente dal sangue della madre al suo latte e i suoi effetti sul bambino allattato al seno sono direttamente proporzionali alle quantità ingerite dalla madre. È consigliato limitare l’assunzione di vino o birra a un bicchiere a pasto.

  16. Le mamme che allattano non devono bere caffè.

    La caffeina passa nel latte ma in minima quantità. Anche altre bevande contengono caffeina: cola, tè e cioccolato. È stato provato che mamme che bevono 5 tazze di caffè il giorno, assumendo circa 100 mg di caffeina a tazza, passano nel latte meno di un mg di caffeina per chilo del bambino. Perciò non ci sono pericoli nell’assumere caffeina in dosi moderate.

  17. Le mamme che fumano non possono allattare al seno.

    Fumare non fa bene alla salute, questo è certo. Un eccessivo consumo di tabacco può interferire nella secrezione di prolattina e quindi nella produzione di latte. Il fumo passivo inoltre risulta, senza alcun dubbio, dannoso per il bambino che lo respira. Il fumo fa male, ma non in modo tale da far diventare il latte materno peggiore di quello artificiale. Se la mamma proprio non riesce a smettere, può cercare di ridurre il numero di sigarette restando al di sotto delle 5/10 unità al giorno.

  18. Non c’è abbastanza ferro per il bambino nel latte della mamma.

    Il bambino sano e nato a termine non ha bisogno di integrazioni di ferro fino all’età in cui sarà pronto per l’alimentazione complementare, in genere intorno al sesto mese compiuto. Inoltre, il ferro contenuto nel latte materno è molto più assimilabile di quello fornito dagli integratori industriali e dal latte vaccino o formulato. Diverso è il discorso per i bambini nati prematuri.

  19. Smetti di allattare se il tuo bambino ha la diarrea.

    La cura ideale contro i virus intestinali del bambino è proprio il latte materno, poiché contiene fattori che proteggono il suo sistema gastrointestinale. Il bimbo, di norma, non ha bisogno di altro fluido per evitare la disidratazione finché viene allattato frequentemente.

  20. Un giorno potresti svegliarti e aver perso il latte.

    La produzione del latte materno segue la legge della domanda e dell’offerta. Più il bambino ciuccia e più latte viene prodotto. Perciò l’unico modo di avere una abbondante formazione di latte è quello di allattare il bambino a richiesta giorno e notte. Può succedere che la sera la mamma abbia l’impressione di avere meno latte: questo accade frequentemente e non è indice di latte che se ne va ma di seni drenati a sufficienza!

  21. Allattare a richiesta, giorno e notte riduce la produzione di latte e il riflesso di emissione.

    Allattare a richiesta sia di giorno sia di notte è proprio ciò che fa produrre alla mamma la quantità ottimale di latte. Il latte non finisce se dato a richiesta, piuttosto sarà sempre disponibile nella giusta quantità.

  22. Alcuni giorni i seni sono più sgonfi e il bambino sta sempre attaccato: sta andando via il latte?

    Allattando a richiesta con poppate frequenti i seni sono “sgonfi”: questo significa che vengono drenati in modo efficace. Quindi, se non ci sono cause organiche, se l’attacco e la posizione sono corretti, se non ci sono grosse variazioni nella routine familiare e il bambino si mostra molto più desideroso del solito di stare attaccato al seno si potrebbe trattare del cosiddetto “scatto di crescita”. I bambini infatti non crescono linearmente ma attraversano periodi in cui hanno bisogno di più latte e quindi reagiscono stando più attaccati per qualche giorno, al fine di aumentarne la produzione materna. La frequente stimolazione, infatti, porta a un aumento della quantità di latte disponibile.

  23. Si deve allattare ogni tot ore, al massimo 5/6 volte al giorno.

    È stato dimostrato che la produzione di latte è legata alla frequenza delle poppate e che la quantità di latte diminuisce se le poppate sono poco frequenti, limitate o se si dà al bambino qualsiasi altro liquido che non sia latte materno.

  24. I bambini ottengono tutto il latte di cui necessitano nei primi minuti della poppata.

    Ci sono bambini che succhiano molto velocemente e bambini più lenti. Anche la composizione del latte cambia all’interno della stessa poppata, all’inizio più acquoso e alla fine più grasso. In ogni caso conviene aspettare che il bambino si stacchi da solo, soltanto così potremo essere certi che sia sazio. Per allattare non serve guardare l’orologio, ma soltanto il bambino!

  25. La mamma deve distanziare le poppate per dar tempo ai seni di riempirsi.

    Nella nostra cultura si pensa che il seno sia soltanto un contenitore di latte, come un biberon che appena è vuoto va riempito. Il corpo di una donna che allatta, invece, produce latte in continuazione. Più il seno è vuoto, più velocemente lavora per riempirsi; più il seno è pieno, più lenta è la produzione di latte. Se una mamma aspetta sempre di avere i seni gonfi prima di allattare, il suo corpo può ricevere il messaggio che sta producendo troppo latte, e può ridurne la produzione complessiva.

  26. Il latte artificiale e quello materno sono digeriti allo stesso modo.

    I bambini allattati al seno svuotano lo stomaco con più rapidità rispetto a quelli alimentati artificialmente a causa della minor dimensione delle proteine del latte materno. Se la quantità ingerita influisce sulla frequenza delle poppate, il tipo di latte è un fattore di pari importanza. I neonati umani sono stati predisposti per poppare sovente, e così hanno fatto nel corso di gran parte della storia.

  27. Il bambino ha un metabolismo disorganizzato alla nascita ed è necessario seguire abitudini e orari prestabiliti per aiutarlo a stabilizzarsi.

    Il bambino alla nascita è di norma in grado di segnalare i propri bisogni e non ha necessità di essere guidato nella frequenza di allattamento e di sonno. Alcuni bambini sono un po’ più sonnolenti del normale e in questo caso potrebbe essere necessario svegliarli per garantirgli un sufficiente apporto di latte. Col passare del tempo madre e bambino, stando vicini, riusciranno a stabilire piccole e proprie regolarità e a conoscersi sempre meglio. Ogni coppia madre/bambino è unica!

  28. Le mamme devono sempre usare entrambi i seni a ogni poppata.

    Questo non è sempre vero: una volta che l’allattamento è avviato in maniera regolare, è importante che il bambino si stacchi da solo dal primo seno che gli si offre per assumere anche l’ultima parte del latte, che è più calorica. Se un bambino viene staccato da un seno per dargli l’altro rischia di assumere solo il primo latte (il primo latte che esce dal seno è più acquoso e meno ricco di grassi) e di non essere nutrito a sufficienza.

    Nei primi giorni, invece, ciò può essere utile perché se il bambino si attacca a ogni poppata a entrambi i seni stimolerà una maggiore produzione di latte e questi non si riempiranno troppo.

  29. Se un bambino non aumenta bene di peso può essere causa della bassa qualità del latte di mamma.

    Anche donne malnutrite sono in grado di produrre latte ottimo per qualità come per quantità. Le cause di uno scarso aumento di peso sono da ricercare in una scarsa assunzione di latte, magari non effettuata a richiesta, o a stati di salute alterati del bambino, o anche a problemi di suzione (bambini che stanno sempre al seno ma non crescono bene perché non ingoiano latte).

  30. La suzione al seno ha valore soltanto nutritivo.

    È stato ampiamente dimostrato che la suzione al seno materno soddisfa anche altri bisogni. I bambini possono cercare il seno per consolazione, per bisogno di contatto e per molti altri motivi, diversi da bambino a bambino. Allattare un bimbo ha un grande valore relazionale e affettivo sia per la madre sia per il bambino.

  31. I bambini scambiano la mamma per un ciuccio.

    Casomai è il ciuccio che viene scambiato per il seno!

  32. Non esiste confusione fra tettarella e capezzolo.

    Ciucciare dal seno della propria madre o dal biberon richiede tecniche di suzione completamente diverse. Usare il biberon può influire negativamente sulla capacità del bambino di succhiare al seno in maniera corretta.

  33. Il ciuccio non interferisce con la suzione al seno e non sostituisce le poppate.

    Anche il ciuccio può interferire nel meccanismo di domanda e offerta del seno materno. Il ciuccio rappresenta di fatto un sostituto del seno materno e può determinare una diminuzione della disponibilità di latte.

  34. Allattare a richiesta favorisce la depressione post-partum.

    La depressione post-partum non è una creazione della gravidanza e del parto. Il più delle volte capita a donne che avevano avuto già problemi psicologici prima della gravidanza. Non esistono conferme scientifiche che rilevino una correlazione positiva fra allattamento al seno e incidenza di depressione post-partum. Anzi, coloro che hanno una produzione ormonale fisiologica e che allattano al seno hanno meno probabilità di soffrire di sindromi psicologiche. Piuttosto che etichettare le donne, riflettiamo su quanto la nostra società offre come sostegno alla mamma che allatta e che desidera stare il più possibile insieme al suo bambino.

  35. Offrire il seno a richiesta non facilita il legame madre/bambino perché fa stancare la madre, le toglie le energie.

    Rispondere ai bisogni del proprio bambino attraverso le cure prossimali, fra cui l’allattamento al seno, aiuta la madre a instaurare con lui un legame forte e soddisfacente per entrambi, grazie agli ormoni coinvolti nell’allattamento. Inoltre si può approfittare della poppata per prendersi una pausa dalle mille attività quotidiane e godersi il proprio bambino. Non è l’allattamento in sé che stanca, ma i ritmi della nostra società e il mancato riconoscimento dei bisogni dei bambini e della mamma.

  36. Le mamme che tengono troppo in braccio i loro bambini li viziano.

    I bambini allevati ad “alto contatto” piangono molto meno e sono più sicuri da adulti dei bambini educati a “basso contatto”.

  37. È importante che anche altri membri della famiglia nutrano il bambino per poter stabilire anch’essi un legame.

    Il legame che c’è tra il bambino e gli altri membri della famiglia non dipende esclusivamente dalla sua alimentazione. Il ruolo materno è per natura diverso da quello degli altri familiari che, a loro volta, possono trovare molti modi di entrare in contatto col neonato. Tenerlo in braccio, cullarlo, fargli in bagnetto e molto altro ancora darà un po’ di riposo alla mamma e farà sperimentare al bambino altre modalità di relazione con persone diverse.

  38. L’allattamento a richiesta ha un effetto negativo sul rapporto tra madre e padre.

    I ruoli genitoriali sono molto diversi ed è necessario informarsi bene in gravidanza sull’impegno necessario per allattare un bimbo. Parlare e confrontarsi su tutti i cambiamenti di coppia che l’arrivo di un neonato in casa porta con sé, aiuta i genitori ad affrontare meglio le tappe di crescita e l’armonia di tutta la famiglia.

  39. Alcuni bambini sono allergici al latte della propria mamma.

    Il latte materno è l’unico alimento naturale che si possa assumere alla nascita. Se il bambino ha reazioni allergiche cutanee ciò può essere dovuto a particolari alimenti ingeriti dalla madre in ingenti quantità, a medicinali, a prodotti di igiene personale o a detersivi/ammorbidenti troppo aggressivi e non al latte in sé.

  40. Allattare fa abbassare la vista della mamma.

    I trattati di oftalmologia non fanno alcun riferimento a una relazione tra l’allattamento e la miopia. Tra l’altro, è curioso come questa strana credenza, tutta italiana, non esista negli altri Paesi.

  41. È necessario pesare il bambino prima e dopo la poppata per vedere quan to latte ha assunto.

    La doppia pesata, cioè l’usanza di pesare il bambino prima e dopo la poppata per vedere quanto latte ha assunto, è da effettuarsi solo in casi particolari e motivati e non di routine, poiché può creare ansie ingiustificate e perché l’assunzione di latte non è uguale in ogni poppata.

  42. Allattare sciupa il seno.

    Ci sono mamme che hanno allattato anni di seguito e non hanno né smagliature, né seni cadenti. Ciò è determinato dall’elasticità della pelle, che dipende dalla costituzione personale e dalle abitudini alimentari e di esercizio fisico della madre, più che dall’allattamento.

  43. Dopo ogni poppata il bambino deve fare il ruttino.

    È una buona pratica dopo aver allattato il bimbo tenerlo un po’ in braccio in posizione verticale. Se espellerà aria, bene; sennò vorrà dire che non ne ha ingerita o che non gli dà noia e non c’è ragione alcuna di insistere con pacche sulla schiena o colpetti vari.

  44. Alcuni alimenti aumentano la produzione di latte.

    Non esistono alimenti capaci di aumentare la produzione di latte. Soltanto il bambino che succhia può far aumentare la quantità di latte disponibile.

  45. È necessario far riposare l’apparato digestivo del bambino fra una poppata e l’altra, soprattutto di notte.

    Quale altro organo interno si riposa nel nostro corpo? Cuore, cervello, polmoni, reni, intestino non hanno mai pause. Perché lo stomaco di un neonato dovrebbe averne? Il latte materno, inoltre, è molto digeribile perciò non resta mai a lungo nello stomaco, al contrario di quello artificiale.

  46. Se una donna ha i capezzoli introflessi o piatti non potrà allattare.

    I capezzoli sono di forme e dimensioni diverse. Anche una stessa donna può avere capezzoli differenti fra loro. Tutti i capezzoli sono buoni per allattare in quanto il bambino che poppa introduce in bocca anche gran parte dell’areola intorno al capezzolo. Tuttavia, in alcuni casi potrà esserci bisogno di qualche giorno e di un aiuto specifico perché il bambino si attacchi correttamente.

  47. Allattare rende i capelli fragili.

    Ogni capello ha un ciclo di vita: nasce, cresce, resta attaccato (fase di riposo) e cade. In gravidanza molti capelli entrano simultaneamente in fase di riposo e non cadono. Fra il primo mese e il quinto dopo il parto, questi capelli cadono insieme e la mamma nota una perdita particolarmente copiosa. In realtà è un processo fisiologico e in un tempo compreso fra i sei e i dodici mesi tutto tornerà come prima della gravidanza. Non c’è differenza alcuna di caduta di capelli fra mamme che allattano al seno e mamme che danno il biberon. Le modificazioni avvengono in gravidanza e non nel periodo dell’allattamento.

  48. Appena il bambino mette i denti è pronto per essere staccato dal seno di sua madre.

    La dentizione del bambino non c’entra nulla con la fine dell’allattamento. Difatti, benché molto rari, vi sono bambini che presentano denti visibili già alla nascita.

  49. A un certo punto bisogna smettere di allattare altrimenti il bambino risulterà troppo dipendente dalla madre e non acquisterà autonomia.

    Al contrario, illustri autori hanno evidenziato che allattare a lungo, come tutte le cure prossimali (quelle che prevedono la vicinanza della madre e del bambino sia di giorno sia di notte), contribuisce a rendere il bambino più sicuro di sé e aumenta la sua autostima. Anche il legame madre/ bambino sarà fortificato grazie alla produzione ormonale legata all’allattamento. L’indipendenza nasce dalla fisiologica dipendenza che serve al bambino almeno fino ai tre anni di età. Nella nostra cultura è difficile portare avanti modelli educativi ad alto contatto poiché per una certa consuetudine sembrano “normali” le pratiche a basso contatto; queste ultime però non trovano alcuna conferma scientifica.

  50. Con il tempo il latte della mamma diventa acqua, non nutre più.

    Il latte della mamma è sempre perfetto e bilanciato per il bambino che lo assume. Anzi, la sua composizione cambia via via nel tempo per adattarsi alla crescita del bambino. Per esempio è noto come nel secondo anno di vita 500 ml di latte materno contengano circa il 30% del suo fabbisogno giornaliero di calorie, il 38% delle proteine, il 45% di vitamina A e ben il 95% di vitamina C.

  51. I risvegli notturni del bambino sono indice di scarsa produzione di latte materno.

    I risvegli notturni dei bambini sono fisiologici almeno fino al compimento del terzo anno di vita e sono dovuti perlopiù all’alternarsi delle varie fasi del sonno e all’evoluzione delle connessioni fra neuroni. I bambini allattati al seno si svegliano di norma più spesso di quelli alimentati artificialmente, poiché i tempi di digestione del latte materno sono più brevi di quelli del latte artificiale.

  52. Bisogna distinguere fra poppate che indicano fame e poppate che soddisfano altri bisogni.

    Allattare è un gesto d’amore che implica una relazione fra due persone e non soltanto un fatto alimentare. Non ha senso distinguere tra fame di cibo e fame d’amore, di coccole o di rassicurazione. Tutti questi aspetti insieme contribuiscono a una crescita sana e rispettosa dei bisogni affettivi e relazionali di ogni bambino.

  53. Se la sera la mamma ha meno latte è necessaria l’aggiunta di latte artificiale.

    Alcune volte si ha l’impressione di avere più latte la mattina e meno la sera. Ciò è dovuto alla prolattina, un ormone coinvolto nella lattazione che funziona meglio in assenza di luce; ecco perché è necessario allattare a richiesta anche di notte per mantenere una produzione di latte ottimale nell’arco delle 24 ore.

  54. Si può iniziare la proposta di alimenti diversi dal latte al quarto mese.

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di iniziare l’introduzione di alimenti complementari all’allattamento non prima del sesto mese compiuto.

  55. D’estate bisogna dare acqua o altre bevande ai bambini perché con il caldo rischiano la disidratazione.

    Il latte materno soddisfa appieno la sete del bambino in ogni stagione. Poiché il primo latte della poppata è più acquoso, è possibile che il bambino stia attaccato solo pochi attimi per placare la sua sete. Somministrare altri liquidi è del tutto superfluo e interferisce con la produzione di latte materno.

  56. La peridurale o la perfusione di ossitocina sintetica nel parto non hanno ripercussioni sull’allattamento.

    In realtà, queste pratiche piuttosto comuni nel parto possono influenzare il buon avvio dell’allattamento. È necessario informarsi adeguatamente prima di decidere di sottoporsi ad anestesia peridurale o di dare il consenso per una perfusione di ossitocina30 sintetica durante il travaglio.

  57. La mamma che allatta non deve parlare altrimenti il bambino ingerisce aria e avrà le coliche.

    Falso! È casomai possibile che il bambino incuriosito si stacchi dal seno per vedere con chi sta parlando la madre. Ogni bambino è a sé e ogni mamma sa come comportarsi durante la poppata.

  58. Se il bambino piange dopo o durante la poppata vuol dire che non c’è abbastanza latte o che non è abbastanza nutriente.

    Questi comportamenti del bambino possono essere dovuti a molti motivi ma non sono certamente causati da una composizione sbagliata del latte materno. Può essere un problema di posizione, di temperatura ambientale, di dentizione, di bisogno di contatto o si può essere in presenza di uno scatto di crescita. Il pianto è sempre un segnale del bambino e non va mai ignorato. Con il tempo la mamma imparerà a riconoscere i motivi di inquietudine del proprio bambino e quasi sempre l’allattamento al seno la aiuterà a consolarlo.

  59. Se la nonna materna non ha avuto latte anche la figlia non lo avrà.

    Circa 30/40 anni fa alle donne veniva detto che non avevano abbastanza latte soltanto per disinformazione dei pediatri e per il largo (ab)uso di latte artificiale che in quel periodo ha rappresentato un vero e proprio boom commerciale.

  60. Tra latte materno e formula artificiale non ci sono differenze.

    Il latte materno è un tessuto vivo, chiamato anche “sangue bianco”, che modula la sua composizione in base a tantissimi fattori. Il suo gusto ha variazioni dovute a ciò che la mamma mangia e dà al bambino la possibilità di conoscere il gusto del cibo di casa ancora prima di assumerlo, preparandolo all’introduzione dei cibi solidi complementari. In più il latte materno è sempre pronto, alla giusta temperatura, non c’è pericolo di contaminazione, è a costo zero sia per la famiglia sia per l’ambiente ed è l’unico alimento la cui filiera produttiva è centimetri zero! Quello artificiale è un sostituto del latte materno, un prodotto industriale certamente valido ma sempre uguale a se stesso, né lontanamente paragonabile a quello della mamma.

  61. Se il bambino è allattato troppo a lungo avrà da adulto problemi di orientamento sessuale.

    Non esistono evidenze scientifiche che confermino questo assurdo pregiudizio. Tale equivoco riflette l’errore di considerare il seno materno soltanto come oggetto di attrazione sessuale senza considerarne la funzione primaria: quella di produrre latte come norma biologica dell’essere umano.

  62. Se si resta incinta si deve smettere di allattare.

    I rischi di aborto o di nascita prematura non aumentano se si allatta in gravidanza. La produzione di ossitocina durante l’allattamento non è sufficiente per indurre contrazioni capaci di provocare un travaglio.

  63. Allattano a lungo le madri iperprotettive che tengono legati a sé i figli e non riescono a lasciarli andare.

    Molte madri allattano i loro figli oltre i primi mesi con gioia e soddisfazione. Non c’è ragione per interrompere una relazione basata sulla fiducia e sulla comunicazione reciproca che dà sicurezza a entrambi. Anche l’OMS non fornisce limiti superiori di durata dell’allattamento. Le mamme possono sentirsi libere di allattare quanto desiderano.

  64. La madre che allatta a lungo ha problemi di natura sessuale e/o difficoltà nel ritornare al suo ruolo di moglie.

    Allattare a lungo il proprio bambino è per molte mamme un’esperienza del tutto positiva e gratificante. L’allattamento favorisce un saldo legame con il figlio e crea uno spazio privilegiato di comunicazione e di relazione. Nella nostra cultura poche mamme fanno questa scelta e sembrano mamme strane e alternative. Mancano gli esempi pubblici di tale pratica nonostante sia del tutto normale e fisiologica. Allattare un bambino fa parte della vita sessuale di una donna come ciclo mestruale, concepimento, gravidanza e parto. Nella nostra società i ruoli di mamma e di moglie sembrano essere in competizione fra loro quando, in realtà, sono ruoli che si possono integrare e completare reciprocamente. Una mamma che allatta il suo bambino lo fa anche per l’amore che prova per il suo compagno, con il quale ha deciso di generare, dare alla luce e nutrire di latte e di amore una nuova vita!

  65. Il bambino che si svezza da solo senza che la madre lo abbia staccato definitivamente dal seno non sperimenta la frustrazione e non impara ad autoconsolarsi.

    I bambini sperimentano la frustrazione fin dalla nascita poiché questa fa parte della vita. Il bimbo che si stacca dal seno materno quando si sente pronto, avrà acquisito un grado sufficiente di sicurezza in sé e di autonomia che di certo lo aiuterà nell’affrontare le mille frustrazioni a cui andrà incontro nel corso della sua esistenza.

  66. Se la mamma deve tornare a lavorare è necessario che smetta di allattare.

    Per molte mamme il ritorno al lavoro rappresenta un momento di crisi. Sentono, a ragione, che è troppo presto per lasciare il proprio bimbo. Le leggi italiane non sempre tutelano a sufficienza una madre che lavora e che, al massimo entro l’anno del bimbo, è costretta a riprendere l’attività. A molte mamme sembra incredibile poter lavorare e allattare contemporaneamente. Invece è possibile! Il problema è come sempre culturale. Continuare ad allattare dopo il rientro al lavoro permette di recuperare il tempo perduto e godere dei benefici dell’allattamento da un punto di vista nutrizionale e affettivo. Sembra un paradosso, ma le statistiche indicano che molte mamme che allattano a lungo sono proprio mamme che lavorano. Anche in questo caso può essere necessario rivolgersi a un consulente di fiducia per gestire l’assenza della madre in maniera che la produzione di latte non ne risenta.

  67. Non si possono allattare i gemelli.

    È possibile allattare due bambini insieme, siano essi gemelli o bambini di diverse età (in questo caso si parla di “allattamento in tandem”). È consigliabile informarsi bene prima della nascita dei gemelli individuando un’ostetrica o una consulente di fiducia a cui rivolgersi in caso di necessità.

  68. Se hai subìto un cesareo non avrai abbastanza latte.

    Non ci sono differenze significative nella produzione di latte tra mamme che hanno partorito per via vaginale o con il cesareo. È importante che il bambino si attacchi al seno prima possibile, come raccomanda l’OMS, per stimolare l’inizio della produzione di latte. È possibile che la ferita del cesareo, i postumi dell’anestesia, i medicinali, la difficoltà nei movimenti e l’atteggiamento dell’ambiente che circonda la mamma possano influenzare l’avvio dell’allattamento, ma con un adeguato sostegno professionale e familiare le difficoltà possono essere ridotte al minimo.

  69. Non si deve permettere al bambino di addormentarsi al seno sennò diventerà viziato.

    Il latte materno contiene preziose endorfine naturali che aiutano il bambino ad addormentarsi facilmente a qualsiasi età. Il caldo abbraccio della mamma che allatta rappresenta una sicurezza fondamentale per tutti i bambini.

  70. Allattare favorisce la carie.

    La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato che l’allattamento in sé non provoca la carie dentale. Nelle popolazioni dove i bambini vengono allattati a lungo (più di due anni) non si notano tassi di carie più elevati di quelle dove i bambini vengono allattati artificialmente. Il latte materno, al contrario di quello artificiale, abbassa di poco il Ph della bocca. Il batterio che causa la carie, lo Streptococco mutans, prolifera con un Ph particolarmente basso. Sembra che la predisposizione alla carie abbia anche a che vedere con il periodo fetale, con una scarsa igiene dentale soprattutto serale, o con l’eccessivo consumo di bibite zuccherate e alimenti industriali ricchi di zucchero o dolcificanti.

  71. Se la mamma è troppo magra non può allattare.

    Il peso della mamma non influisce in alcun modo sulla produzione di latte.

E se poi prende il vizio?
E se poi prende il vizio?
Alessandra Bortolotti
Pregiudizi culturali e bisogni irrinunciabili dei nostri bambini.I bimbi piccoli non hanno vizi. Hanno esigenze fisiologiche, ormai ben conosciute dalla ricerca scientifica, che è bene riconoscere e trattare come tali. Sono tanti i libri dedicati all’accudimento dei bambini piccoli, nella maggior parte dei casi spacciati come manuali di istruzioni, magiche ricette di felicità per genitori e figli.E si sa che la società odierna impone tempi e spazi basati sulla logica della produttività e del consumismo, senza curarsi di proteggere lo sviluppo psicofisico e affettivo dei più piccoli. I bambini si ritrovano così a crescere in un mondo adultocentrico che spesso si dimentica di loro o impone di diventare immediatamente autonomi e indipendenti, di non disturbare, di ignorare fin da subito i propri istinti e la capacità di comunicare i propri bisogni.E se poi prende il vizio? invece non propone metodi identici per tutti. Partendo dal presupposto che ogni genitore sia unico e, in quanto tale, debba mettersi in gioco in prima persona e compiere scelte libere, autonome e informate, per allevare esseri umani che mettano al primo posto le relazioni affettive e l’espressione libera dei sentimenti, il libro invita a riflettere sulla particolarità di ogni famiglia, sul diritto (e il dovere) di educare e allevare i figli in libertà, mettendo da parte i pregiudizi culturali e dando ascolto al proprio cuore e all’istinto.Alessandra Bortolotti, rinomata psicologa perinatale, nel suo libro tratta temi universali quali il sonno dei neonati e dei bambini più grandi, il bisogno di contatto e le più elementari forme di comunicazione tra genitori e figli, basandosi sulle più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze. Le ricerche sulla fisiologia della gravidanza, del parto e dell’allattamento sottolineano infatti, in maniera chiara e inappellabile, che rispondere ai bisogni affettivi dei bambini non significa viziarli ma, anzi, costituisce un patrimonio irrinunciabile che può influenzare positivamente l’equilibrio fisico ed emotivo di tutta la loro vita. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Alessandra Bortolotti, psicologa perinatale, si occupa da anni di puericultura e fisiologia di gravidanza, parto e allattamento.È consulente di numerose riviste e siti internet dedicati ai genitori e scrive su varie pubblicazioni scientifiche.È ideatrice e curatrice del sito www.psicologiaperinatale.it e conduce incontri post parto in provincia di Firenze, dove vive.