Le recenti indicazioni diffuse dal Centro di Riferimento Regionale per lo studio e la prevenzione della SIDS dell’Ospedale Meyer di Firenze parrebbero contraddire McKenna circa il cosleeping e l’allattamento al seno come aspetti preventivi di SIDS, in quanto suggeriscono (traendo queste indicazioni dalla più aggiornata letteratura sull’argomento) comportamenti quali non far dormire i bambini nel letto dei genitori e utilizzare il ciuccio dopo il primo mese di vita, senza restituirlo al bambino se lo rifiuta.
L’associazione IBFANITALIA29 che si occupa di protezione dell’allattamento e dell’alimentazione infantile e fa parte dell’International Baby Food Action Network, pubblica “Occhio al Codice!”, un bollettino di aggiornamento con le ultime novità sulle violazioni al Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno OMS/UNICEF30. Nel numero di luglio 201031 si fanno notare presunti interessi economici su cui si baserebbe la specifica indicazione dell’utilizzo del ciuccio per addormentare i bambini.
In realtà, tale indicazione si riferisce ai recenti studi di Mitchell32 e di altri autori33 apparsi sulla prestigiosa rivista “Pediatrics”, e risulta evidente come abbia dato luogo a un’accesa discussione in proposito, che non pare ancora conclusa. In letteratura, esistono anche due articoli molto esaustivi di McKenna34 che sembrano chiarire ogni dubbio circa la sicurezza del condividere il letto dei genitori con i bambini e sulla sua correlazione sia con l’allattamento al seno, sia con l’uso del ciuccio e dell’allattamento artificiale. L’autore spiega chiaramente come l’equivoco nasca dal non distinguere i vari tipi di sonno condiviso e dal non dare sufficientemente risalto alle indicazioni di sicurezza relative al tipo di letto e alle condizioni fisiche dei genitori; inoltre, essendo il ciuccio un sostituto del seno materno e non viceversa, non si capisce come possa essere migliore del capezzolo. Sembra che la prevenzione sia l’atto della suzione in sé, non quello di avere in bocca il ciuccio invece del seno materno! Se poi si vanno a confrontare le percentuali di sonno REM e NREM, si nota (come abbiamo già visto) come le prime siano maggiori nei bambini che dormono con le loro madri, elemento di per sé già preventivo della SIDS. McKenna, inoltre, fornisce convincenti argomentazioni su base antropologica e neurobiologica, che evidenziano come in tutte le società in cui il cosleeping è pratica comune, i tassi di SIDS siano i più bassi del mondo. Anche le pediatre italiane Moschetti e Tortorella si esprimono a questo proposito affermando: “Il dormire insieme nello stesso letto può costituire un rischio per il bambino piccolo ed è da evitarsi solo in alcuni casi: madri fumatrici, dedite alle droghe, sottoposte a farmaci pesantemente sedativi, obese con disturbi del sonno o quando si dorme insieme su divani, poltrone o letti ad acqua. In questi casi è opportuno che il piccolo non condivida mai il letto con la madre, ma che dorma con la culletta affiancata al letto della madre. Quando non ci sono questi problemi non esistono prove convincenti di rischio nel dormire insieme e il piccolo può dormire nel lettone se lo desidera e fin quando lo desidera”35.
Le stesse autrici poi hanno preso parte a un’importante ricerca italiana, promossa dall’Associazione Culturale Pediatri (ACP) delle regioni Puglia e Basilicata, che ha studiato il sonno di 1438 bambini tra il gennaio 2004 e il gennaio 2007. I risultati36 evidenziano come il 72% dei bambini tra un mese e tre anni abbia bisogno della presenza del genitore per addormentarsi, e la maggior parte di loro (67%) richieda proprio il contatto fisico. Inoltre, tra un mese e tre anni l’86% dei bambini dorme insieme ai genitori (in camera o nel lettone); ma a tre anni 1 su 5 già dorme da solo nella sua cameretta. Anche il dott. Gherardo Rapisardi, Direttore dell’U.O. di Pediatria e Neonatologia dell’Ospedale Santissima Maria Annunziata di Bagno a Ripoli (FI), nel 1995 ha effettuato uno studio secondo cui dopo i 5 anni sono pochissimi i bambini che dormono ancora nel lettone37. Lo stesso autore chiarisce inoltre che “Studiare il comportamento infantile all’interno dei confini di una sola cultura comporta il rischio di considerare fisiologico e naturale ciò che in realtà è il frutto di adattamento ed apprendimento culturalmente indotti. Le condizioni in cui nella nostra società è normalmente richiesto ad un bambino di addormentarsi e di dormire per tutta la notte, cioè da solo nel proprio letto e nella propria stanza, con i genitori che dormono insieme nel lettone in un’altra stanza, sono una caratteristica peculiare della nostra società e dei nostri tempi e rappresentano una rivoluzione nelle abitudini del sonno nella storia dell’uomo.”38