Epilogo

“E una donna che aveva al petto un bambino disse: Parlaci dei Figli.
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.
Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
E benché stiano con voi non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Perché essi hanno i propri pensieri.
Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
Perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare,
neppure in sogno.
Potete sforzarvi d’essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.
Fatevi tendere con gioia dalla mano dell’Arciere;
Perché se egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l’arco che sta saldo.”

da Kahili Gibran, Il Profeta

Durante la stesura di questo libro molte mamme mi hanno fornito la loro testimonianza su come vivono la maternità in una società che non solo non le protegge a sufficienza, ma sottovaluta il loro impegno nel crescere i figli rispettandone i bisogni affettivi tramite un accudimento ad “alto contatto”. Da qui è nata l’idea di aggiungere a ogni paragrafo alcune “voci di mamme” con la speranza che chi legge possa ritrovare qualcosa di sé e sentirsi parte di queste pagine.


Ho scelto poi tre contributi di mamme speciali, che mi hanno profondamente colpito, per porli alla fine del mio libro come augurio per tutte le madri di cogliere nella propria esperienza di maternità anche un’occasione di crescita ed evoluzione personale.

Paola, mamma di Lorenzo scrive:


“È come se insieme a Lorenzo fossi nata una seconda volta anche io.

Penso che questa cosa valga per tutti i genitori, solo che quando la bambina che è dentro di te ha sofferto, e le sue ferite sono rimaste aperte, la maternità può riaccendere quella sofferenza.


Tuo figlio che piange sveglia anche l’altro figlio che è in te e anche lui, cioè tu, inizia a piangere, e tu, adesso mamma, devi accudirli entrambi.

Ecco perché è così faticoso, ecco perché per me è così faticoso certe volte.

Non c’è soltanto un bambino da consolare e calmare, ma due.


In quei momenti io sono la mamma di tutti e due e qualche volta può anche capitare che la bimba che ero strilli più forte del bimbo che ho davanti e così tutto si confonde e quel pianto diventa davvero insopportabile.


Penso che la maternità sia l’opportunità più grande che ti viene offerta per crescere di nuovo.


Per colmare, calmare, capire, guarire e magari diventare migliore.

Può anche capitare che certe volte quella bambina ferita e arrabbiata prenda il sopravvento sulla mamma, e cercando di farsi spazio ne tolga un po’ al vero bimbo che è lì davanti a te; ma non è cacciandola via e cercando in tutti i modi di farla tacere che lei smetterà di chiedere attenzione. È soltanto ascoltandola e prendendola in braccio che potrà finalmente smettere di piangere.


Può anche capitare, infine, che ascoltarla serva proprio a lui, al tuo bambino, perché chi meglio di lei può insegnarti di nuovo a vedere il mondo con i suoi occhi, con gli occhi di un bambino.


Penso che poche persone compiano questo percorso con consapevolezza; la maggior parte assiste ma non partecipa in prima persona, non coglie l’occasione, non si ferma a riflettere; tutto rimane immutato e i bambini, quelli veri e quelli nascosti dentro di noi, continuano a non capire perché vengono lasciati soli di notte, perché vengono brontolati e puniti, perché vengono considerati piccoli adulti e non piccole persone innocenti da cui imparare a ritrovare amore incondizionato, semplicità e purezza.”

I nostri bambini sono persone a tutti gli effetti, arrivano attraverso di noi e ci mettono davanti una possibilità incredibile di andare avanti, di crescere con loro e di mandare nel mondo persone che hanno conosciuto l’amore senza limiti dei propri genitori, superando i pregiudizi culturali.

Ed ecco cosa scrive Valentina, mamma di Emilia:


“Anche io sono figlia della cultura del cosiddetto vizio.

Prima di diventare madre, pur non avendo mai pensato seriamente a come sarei stata ‘il giorno in cui...’ facevano parte di me tutta una serie di pregiudizi e falsi miti che sono ormai, purtroppo, un male radicato nella nostra cultura occidentale definita “evoluta”.


A volte penso che questa deviazione dalla normalità sia una forma di business generata dai padri della psicanalisi, portata poi avanti dai loro discendenti, perché anche loro dovranno pur fare stendere qualcuno sui loro lettini. Se si ritornasse a uno stile di maternage libero dalle odierne sovrastrutture credo che gli studi di questi professionisti verrebbero clamorosamente svuotati1.

Dicevamo... pur non avendo mai davvero riflettuto sul concetto di genitorialità, davo per scontato che prendere in braccio un bambino al primo vagito volesse dire passargli un messaggio sbagliato, che bisognasse abituarlo a cavarsela da sé sin da subito. Che farlo dormire nel lettone con i genitori fosse semplicemente sbagliato, disdicevole. Che l’allattamento al seno fosse sì buona cosa, ma non oltre il sesto mese di vita, soglia oltre il quale cominciava ad assomigliare di più ad una malsana abitudine che altro.

Poi è nata mia figlia e dopo i primi giorni a casa qualche strano campanellino, per fortuna, ha cominciato a suonarmi nella testa.


Probabilmente i geni che regolano l’istinto materno hanno cominciato a farsi sentire più forte delle sovrastrutture culturali sbagliate e dannose. Mi ostinavo a metterla a dormire nella sua bellissima e morbidissima culla corredata di orsetto, immaginetta sacra, copertine belle e profumate e lei continuava a svegliarsi e a piangere.


La cosa non mi convinceva e una notte, stanca dalle continue passeggiate per la casa, me la sono messa nel letto.

Dormimmo tutta la notte.

Emilia aveva forse venti giorni.

“E certo...la furbacchiona”, mi son sentita dire.


Ma come si fa a pensare che un neonato di venti giorni sia furbo? La furbizia, intesa in questo senso, prevede una malizia che in ogni caso non può appartenere ad un bambino così piccolo che è quanto di più puro il nostro cervello riesca a concepire.


Lui sì che è libero dalle sovrastrutture.

Lui sì che può davvero insegnarci ad essere dei buoni genitori, certamente non i manuali scritti da gente adulta che vive l’arrivo dei figli come una meravigliosa rottura di scatole e, in quanto tale, cosa di cui liberarsi il prima possibile per riprendere la vita normale senza interferenze.


I miei campanelli da quel giorno non hanno mai smesso di suonare, per nostra fortuna.


Emilia è stata allattata 20 mesi, periodo in cui da sola ha perso l’interesse per il seno, è stata tenuta sempre molto in braccio e lo è tuttora, spesso mentre mangiamo. È stata ascoltata ogni sua richiesta, abbiamo risposto tempestivamente ad ogni suo pianto e, chissà perché, mia figlia ha sempre pianto pochissimo.


Non viene mai sgridata o ripresa, a meno che non faccia qualcosa di pericoloso o oggettivamente maleducato (la riprenderemmo certamente se colpisse qualcuno, o se rispondesse male, ma non lo fa).


Dorme con noi, tranquilla e beata. E non c’è cosa più bella a questo mondo che svegliarsi di notte e vederla lì, magari abbracciata a suo padre, con un’espressione serena che rende il suo viso particolarmente bello.


Emilia ha poco più di due anni e probabilmente è presto per parlare di risultati, ma se il buon giorno si vede dal mattino posso senz’altro dire che è serena come pochi altri suoi coetanei, che sorride sempre, è attenta, partecipe, attiva, curiosa, manifesta già i suoi gusti ed esprime chiaramente le sue preferenze.


In una parola, sembra già molto indipendente.

E credo che fare in modo che i nostri figli siano un giorno degli adulti sicuri e indipendenti sia il più bel regalo che possiamo fare loro.”

Infine, ho scelto un bellissimo disegno che mi ha regalato Lorena, mamma di Pietro e di un’altra creatura che è ancora custodita e protetta nel suo grembo:

Questo libro non poteva che finire con una bella immagine di contatto: un abbraccio sereno e spensierato tra una mamma e il suo bambino!


Grazie di cuore a tutte le mamme e a tutti i papà che ogni giorno si mettono in gioco, anima e corpo, per rendere questo mondo più ricco di bambini cresciuti con amore e rispetto, riconoscendo il valore irrinunciabile dei loro bisogni affettivi.


Per dare la possibilità a tutti i lettori di scambiare opinioni personali su quanto espresso in questo libro ho creato una pagina su Facebook intitolata come questo libro.


Siete tutti invitati!

E se poi prende il vizio?
E se poi prende il vizio?
Alessandra Bortolotti
Pregiudizi culturali e bisogni irrinunciabili dei nostri bambini.I bimbi piccoli non hanno vizi. Hanno esigenze fisiologiche, ormai ben conosciute dalla ricerca scientifica, che è bene riconoscere e trattare come tali. Sono tanti i libri dedicati all’accudimento dei bambini piccoli, nella maggior parte dei casi spacciati come manuali di istruzioni, magiche ricette di felicità per genitori e figli.E si sa che la società odierna impone tempi e spazi basati sulla logica della produttività e del consumismo, senza curarsi di proteggere lo sviluppo psicofisico e affettivo dei più piccoli. I bambini si ritrovano così a crescere in un mondo adultocentrico che spesso si dimentica di loro o impone di diventare immediatamente autonomi e indipendenti, di non disturbare, di ignorare fin da subito i propri istinti e la capacità di comunicare i propri bisogni.E se poi prende il vizio? invece non propone metodi identici per tutti. Partendo dal presupposto che ogni genitore sia unico e, in quanto tale, debba mettersi in gioco in prima persona e compiere scelte libere, autonome e informate, per allevare esseri umani che mettano al primo posto le relazioni affettive e l’espressione libera dei sentimenti, il libro invita a riflettere sulla particolarità di ogni famiglia, sul diritto (e il dovere) di educare e allevare i figli in libertà, mettendo da parte i pregiudizi culturali e dando ascolto al proprio cuore e all’istinto.Alessandra Bortolotti, rinomata psicologa perinatale, nel suo libro tratta temi universali quali il sonno dei neonati e dei bambini più grandi, il bisogno di contatto e le più elementari forme di comunicazione tra genitori e figli, basandosi sulle più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze. Le ricerche sulla fisiologia della gravidanza, del parto e dell’allattamento sottolineano infatti, in maniera chiara e inappellabile, che rispondere ai bisogni affettivi dei bambini non significa viziarli ma, anzi, costituisce un patrimonio irrinunciabile che può influenzare positivamente l’equilibrio fisico ed emotivo di tutta la loro vita. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Alessandra Bortolotti, psicologa perinatale, si occupa da anni di puericultura e fisiologia di gravidanza, parto e allattamento.È consulente di numerose riviste e siti internet dedicati ai genitori e scrive su varie pubblicazioni scientifiche.È ideatrice e curatrice del sito www.psicologiaperinatale.it e conduce incontri post parto in provincia di Firenze, dove vive.