PRIMA PARTE - II

L'adulto

…tu ed io… siamo esseri sacri e buoni in tutto e per tutto, ciascuno di noi è una parte importante e meravigliosa dell’intera Creazione.

Manitonquat

la Via del cerchio guarda al rispetto e alla vicinanza delle nostre famiglie estese tradizionali e dei villaggi tribali. I miei antenati credevano che la Via del cerchio facesse parte delle Istruzioni Originarie. Ho scritto un intero libro su ciò che ho appreso a proposito di queste istruzioni, ma in sostanza rappresentano la via del rispetto, dell’apprezzamento reciproco e della responsabilità per tutti gli esseri della Creazione. Credo che i primi esseri umani, più o meno un milione di anni fa, fossero guidati dalle necessità della sopravvivenza a unirsi e cooperare per aiutarsi. Questo rese necessaria una comunicazione migliore, dando forma al linguaggio che ci ha fatti diventare esseri umani moderni. Potete pensare che queste istruzioni vi appartengano, in quanto i vostri più antichi antenati erano popoli tribali, ma poiché così pochi oggi sono stati cresciuti nel solco delle antiche tradizioni, c’è tanto da imparare per tornare a quella vicinanza, a quella cooperazione, a quell’eguaglianza e condivisione.


Quando appresi la pratica di ciò che chiamo ascolto empatico, insegnata come co-counseling dalla comunità internazionale del Re-evaluation Counseling, compresi subito quale dono efficace potesse rappresentare per coloro che desideravano tornare alla Via del cerchio (utilizzo questa definizione nei nostri seminari e campi estivi perché non voglio che le nostre comunità e il nostro lavoro siano confusi con la comunità internazionale del Re-evaluation Counseling che ha coniato e utilizza il termine co-counseling).

Avendo vissuto nella separatezza e nell’isolamento per tanto tempo, non sappiamo cosa significhi l’intimità di una comunità dalla nascita alla morte, ci manca la fiducia e il sostegno necessari a guidare noi e i nostri figli fra le complessità dei rapporti e delle emozioni umane.


L’ascolto empatico si accorda con elegante immediatezza alla Via del cerchio. Propone, come gli anziani del mio popolo, che l’universo sia buono, un luogo favorevole all’uomo, così come pensava Einstein, in cui non mancano le sfide ma neppure tutto ciò che serve per vivere insieme una vita ricca e felice. Quando demmo vita a Mettanokit, la nostra comunità, eravamo decisi a vivere in maniera tribale, come eguali che si aiutano e si rispettano, vicini gli uni agli altri. Poiché non eravamo cresciuti in una comunità analoga, la cosa avrebbe presentato molte sfide e immaginavamo che la pratica dell’ascolto empatico ci avrebbe avvicinati, aiutati a capirci e sostenerci, e sarebbe stato un bene anche per i bambini. E così fu.


Scoprimmo che si poteva anche imparare e insegnare agli altri con molta facilità, perciò fummo spesso chiamati a tenere seminari in altre comunità della nostra federazione per diffondere questo strumento di lavoro sulle relazioni, soprattutto quelle con i bambini. Oggi Ellika e io utilizziamo l’insegnamento dell’ascolto empatico come strumento centrale della Via del cerchio. I fondamenti possono essere insegnati presto e con facilità, poi le persone continuano per conto proprio, attenendosi ai princìpi di rispetto e confidenza, di affetto e vicinanza, senza sfuggire ai conflitti, esercitando l’ascolto, l’empatia, la comprensione e l’apprezzamento reciproco. In tal modo continuano a imparare gli uni dagli altri e a rendere sempre migliori le loro vite e quelle dei propri figli.


Riflettere sulla relazione con i bambini è necessario per renderla sempre migliore. La prima parte da considerare è quella che riguarda noi, gli adulti. Per dare il meglio ai bambini dobbiamo essere quantomai consapevoli, sicuri, calmi e inclini alla pace in ogni situazione.


Attenzione… questo capitolo è importante, parla di voi, non saltatelo pensando di sapere già tutto. Anche se così fosse, poiché siamo esseri umani abbiamo bisogno di rinfrescarci la memoria. Non troverete informazioni tanto dettagliate in nessun altro libro sull’infanzia; vi diranno di aver cura di voi stessi ma tenderanno a omettere utili dettagli sul modo di farlo.


Nel ritmo di vita serrato del ventunesimo secolo mi chiedo quanto tempo siate in grado di dedicare alle domande di fondo sulla vostra natura. Forse, se esercitate con regolarità la meditazione, sarete piuttosto consapevoli e sicuri di voi. In ogni caso provate a vedere se ciò che dirò si accorda con i vostri pensieri.


Il mio pensiero si fonda in parte sugli insegnamenti degli anziani nativi che credevano che la Creazione fosse buona e sacra in ogni sua espressione. Se si accetta questo, si deve accettare anche il fatto che voi, io e i nostri bambini siamo del tutto buoni e sacri, tutte parti altrettanto meravigliose e importanti dell’intera Creazione. Ma il mio modo di pensare si fonda anche sull’esperienza, come maestro per oltre cinquant’anni, co-creatore di comunità intenzionali e scuole, come padre di due figli ormai adulti cresciuti in una di queste comunità, come colui che ha assistito alla loro nascita e a quella di altri bambini della comunità, che ha osservato e ascoltato, si è preso cura, ha assistito e giocato con tanti bambini piccoli, inclusi i 28 anni di insegnamento e counseling in seminari e campi per famiglie a cui io e mia moglie diamo vita ogni estate.


Come ho già detto, tutti i bambini sono diversi. Ognuno fa esperienze diverse (se avete dei fratelli avrete notato quanto differiscano i vostri ricordi di vita pur crescendo nella stessa famiglia). Da bambini, ci colpiscono cose diverse, percepiamo informazioni diverse sul mondo che ci circonda. Siamo confusi, frustrati, infastiditi, rattristati e feriti da cose diverse. E guariamo, se lo facciamo, in modi che sono diversi per ciascuno, lottando per fronteggiare le avversità meglio che possiamo, secondo modalità forgiate dalla nostra personalità e dai nostri ricordi.


Quelle frustrazioni, confusioni e ferite fanno parte delle interessanti differenze che ci contraddistinguono, ma siamo anche tutti molto simili in alcuni aspetti di fondo. Sono aspetti utili da considerare, in quanto anima e cuore di ciò che siamo, e ci permettono di interagire con efficacia e soddisfazione reciproca.


Perciò questo capitolo è dedicato a voi e alla vostra intima natura, che vi accompagna sin da quando siete venuti al mondo e permea i vostri geni.


Una gran parte del nostro cervello, la corteccia pre-frontale o prosencefalo, che presiede al linguaggio, al pensiero astratto e alla capacità razionale di analizzare e comprendere alcune esperienze complesse che riguardano le relazioni con gli altri, è connessa con l’esperienza dell’aiuto e della protezione reciproca. Lo sviluppo della nostra coscienza attraverso l’esperienza dell’accudimento reciproco, della comunicazione di bisogni propri e dell’ascolto di quelli altrui, ha indotto la formazione di qualità mentali che superano gli aspetti razionali.

La più importante di tutte è la compassione.

La compassione

È ciò che ci ha insegnato il Buddha e che intendeva Gesù, un’attenzione empatica al benessere altrui. Penso alla compassione come a uno sviluppo ulteriore della mente, alla parte a cui spesso si dà il nome di cuore. Non la pompa meccanica che porta l’ossigeno alle cellule attraverso il sangue, bensì il nostro centro, il luogo da cui emanano le energie di tutto il nostro essere. Penso a questo cuore non come qualcosa che si opponga alla ragione e alla mente, quanto piuttosto a una ulteriore, più nuova e avanzata abilità della mente stessa.


Il cervello si è sviluppato grazie al bisogno di sopravvivere, così come è avvenuto per la comunicazione e il linguaggio, che determinano la nostra umanità. Forse la curiosità, che ha condotto alla scienza, e il gioco, che ha portato alla creatività, hanno entrambi preso vita come strumenti di protezione, ma hanno condotto la nostra coscienza ben oltre la mera sopravvivenza.


La compassione può portarci a un livello in cui è messa in discussione persino l’urgenza della propria sopravvivenza fisica, come nel caso di persone che rischiano la vita per entrare in edifici in fiamme e salvare dei perfetti sconosciuti.


L’amore materno si osserva in tutti i mammiferi, e ve ne sono alcuni, come i lupi, in cui il maschio può condividere insieme alla femmina l’affetto per i cuccioli e persino farsi carico delle cure materne in assenza della madre. L’amore per i figli dura tutta la vita. È importante che i piccoli dell’uomo impieghino tanto a maturare, e richiedano cure e una guida per almeno una dozzina d’anni; è importante che il cervello continui a crescere per molti anni dopo l’inizio della pubertà.


È importante perché le piccole comunità tribali, nelle quali i nostri antenati crebbero, furono forgiate dalle relazioni di accudimento e dalla prossimità con i bambini. Tutti i membri della comunità erano parte della loro crescita, fino alle cerimonie di introduzione all’età adulta. L’intimità con i piccoli era condivisa da tutte le donne di ogni età e condizionava anche gli uomini, nonché la vita e i valori della tribù.

Parlo per conoscenza diretta di un gran numero di culture tribali dell’America settentrionale, ben sapendo che in molti luoghi del mondo le culture che si sono sviluppate non erano egualitarie, e le donne e le madri non godevano di alcuna autorità. Io credo che le nostre società native, in cui erano centrali la cura dei bambini e il potere delle donne, così come il rispetto e la deferenza verso gli anziani, rappresentino l’esperienza comunitaria originaria dell’umanità – il cerchio di eguali che cooperano e si prendono cura di ogni singolo membro. Questo sentimento di cura, amore, devozione e compassione è parte della nostra natura, ed è presente in ogni nuovo nato, a qualunque cultura appartenga. Penso spesso che se ogni neonato fosse trattato con lo stesso rispetto, lo stesso apprezzamento e comprensione di quelle antiche tribù, la guerra sarebbe vista oggi come cosa non umana. Non ci sarebbero abusi o maltrattamenti di sorta. Ci si prenderebbe cura gli uni degli altri con lealtà e le donne, le madri, le nonne e le zie sarebbero tenute in gran conto, rispettate, obbedite e onorate, anziché asservite e disprezzate. Sono le madri, dopo tutto, che insegnano all’umanità come si ama, lezione principe che rieccheggia in tutte le religioni1.

L’innamoramento fra madre e figlio è iniziato per tutti nel ventre materno, e nonostante a un certo punto possa essersi spezzato o perduto, era lì sin dal principio come parte essenziale di ciò che siamo ora. So che siete persone piene d’amore, anche se le circostanze della vita possono a volte aver reso difficile la comprensione e l’espressione di questo amore. È un aspetto fondante della vostra natura. Non si limita solo al fatto che avete bisogno di essere amati, ma che, come tutti noi, avete una necessità ancor più grande di esprimere e mostrare il vostro affetto agli altri.


So altre cose di voi, cose che avete in comune con tutti i neonati. Eravate sin da subito coinvolti in tutto ciò che vi circondava, eccitati dalla vita, pieni di curiosità, di energia, di voglia di giocare. Siete intelligenti e capaci di imparare in fretta qualsiasi cosa vogliate davvero sapere. Quando siete nati vi aspettavate che tutto sarebbe andato per il meglio, ora forse credete ancora che tutto potrà migliorare nella vita.


Sono certo che abbiate avuto problemi, sopportato prove e battaglie, e mi congratulo per come li avete affrontati, per la strada che avete percorso, per la speranza che ancora nutrite, dimostrata dal fatto che abbiate scelto questo libro, desiderosi di crescere e imparare attraverso le cure da prodigare ai bambini. So che in ogni istante della vostra vita avete sempre fatto del vostro meglio con ciò che avevate a disposizione in quel momento.


È quel che facciamo tutti. Non avrete creduto sul serio di essere i soli fra sette miliardi di persone a sentirvi fuori dal paradiso, gli unici a considerarsi sbagliati, a credere di avere qualcosa che non va? Voi direte… e tutti gli errori commessi? Gli errori sono necessari per imparare, e più si commettono errori, più aumenta l’intelligenza. Certo, a volte si continuano a ripetere gli stessi errori finché non si comprende cos’è che dovevamo imparare. Dipende da schemi che ci portiamo dietro come fossero vecchie e pessime abitudini.

Schemi

Che dire di tutte le cattive abitudini che intralciano il cammino? Se non siamo del tutto presenti nel qui ed ora, agiamo sulla scia di vecchi schemi senza pensare al carattere unico della situazione che stiamo vivendo.


Se gli altri ci feriscono e siamo incapaci di esprimere il dolore con una persona amorevole e comprensiva che ci aiuti a guarire dalla ferita, tentiamo di escogitare un sistema per evitare in futuro i colpi che dovessero venire. Tentiamo varie strade: scappare, essere aggressivi o falsi, indossare una maschera dietro cui nascondersi, mentire, essere seduttivi nella speranza di farci amare, diventare furiosi per spaventare gli altri e tenerli alla larga – le vie sono tante, e all’inizio possono funzionare per un po’, quindi continuiamo a tentarle finché non diventa un’abitudine, nonostante non funzioni granché. È il nostro bagaglio di competenze. Il problema è che ci impedisce di guardare con mente vergine ogni nuova situazione, di considerarla con attenzione; ci fa sentire non autentici, non visti e accettati per ciò che siamo in realtà. E le nostre reazioni automatiche di protezione soffocano la nostra compassione per gli altri.


Eppure, nessuno di noi è la maschera che si impone, né gli schemi che ripete. Questi non sono neppure una soluzione in caso di ferite dolorose. In questi casi, l’unica cosa necessaria è la possibilità di esprimere il dolore a una persona compassionevole in grado di capire e di rassicurarci sulla nostra bontà, sul nostro valore, su quanto siamo meritevoli di amore, benvoluti, una gioia e un’aggiunta davvero necessaria alla razza umana. In altre parole, qualcuno che ci faccia da specchio, riflettendo la nostra realtà, con immensa gioia per il fatto che siamo proprio ciò che siamo. A tutti i neonati viene naturale l’espressione del proprio disagio; se qualcosa non va non esitano a farcelo sapere, e la guarigione è un processo naturale, coadiuvato dallo sfogo del proprio dolore.


È senz’altro una buona notizia, anche se purtroppo nessuno di noi sperimenta una situazione ideale. Quando i bambini crescono non sempre hanno qualcuno pronto ad ascoltare e aiutare, a capirli e rassicurarli facendoli sentire protetti, benvoluti e considerati. Ciò nonostante, esiste una notizia ancora migliore: non è mai troppo tardi per recuperare appieno il proprio sé. Non è mai troppo tardi per dar sfogo alle antiche ferite e a tutti i sentimenti che ne derivano con qualcuno che sia empatico e comprensivo, che sappia ricordarvi chi siete, aiutandovi a far chiarezza e a rimuovere i vecchi schemi che intralciano il cammino.

Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice

Come fare? Abbiamo imparato a essere umani stando accanto ad altre persone della famiglia e della comunità che avevano cura di noi, e questa vicinanza può funzionare ancora. Certo, oggi siamo talmente isolati e concentrati a risolvere solo i nostri problemi che sarà necessario prendere l’iniziativa e dare l’avvio a quell’intimità necessaria per guarire le ferite dell’infanzia e ricominciare a vivere con felicità, gentilezza e vivacità nel presente, così come previsto sin dall’inizio.


Poiché tutti nel mondo fanno i conti con la vostra stessa condizione di fondo, tentando di migliorare la propria vita, cercando affermazione, comprensione, chiarezza; e poiché ognuno è intimamente buono, amorevole e degno d’amore, intelligente, vivace, creativo, desideroso di aiutare e amare, ciascuno attorno a voi può essere qualificato per essere quella persona empatica e comprensiva capace di ascoltare i vostri sentimenti e rimandarvi l’immagine reale di ciò che siete e potete fare. Guardatevi intorno fra le persone che conoscete e incontrate. Sono tutti desiderosi di raccontare la propria storia a qualcuno, un terapista o un prete, un amico o persino il parrucchiere, un barista o un tassista (a volte gli estranei danno più sicurezza di chi ci è vicino – quando facevo il tassista ho ascoltato moltissime confessioni!).


Quando si è feriti, o si potrebbe esserlo, la sicurezza è un aspetto cruciale. Se diamo sfogo ai sentimenti dobbiamo fidarci della comprensione e della riservatezza del nostro interlocutore. Ciascuno vuole raccontare la propria storia ma nessuno vuole ascoltare, oppure si cerca di raccontare la propria storia tutti allo stesso tempo. La soluzione? È facile, basta fare a turno.


Suggerite a un amico con cui avete una certa affinità e confidenza di provare qualcosa che potrebbe essere utile a entrambi. È necessario un accordo perché possa funzionare. Sarete d’accordo sulla riservatezza: nulla di ciò che direte verrà riferito ad altri. Vi accorderete su un lasso di tempo nel quale uno parla e l’altro ascolta, scambiandovi poi i ruoli per un periodo di tempo uguale.


Questo è ciò che chiamo “ascolto empatico” perché è diverso da una normale conversazione. È qualcosa che facciamo per aiutarci: ciascuno ha bisogno di essere ascoltato e compreso, incoraggiato e apprezzato. Condividiamo questo bisogno e ci accordiamo per soddisfarlo attraverso l’ascolto empatico. È importante che si convenga sul tempo durante il quale l’attenzione è tutta rivolta a colui che in quel turno deve essere ascoltato. È diverso dalla conversazione ordinaria in cui l’attenzione si sposta dall’uno all’altro. Grazie a un tempo esteso e ininterrotto, colui che deve essere ascoltato può scavare a fondo nei propri sentimenti, in ciò che li ha prodotti e come sono stati vissuti, condividere emozioni, ripensare e prendere nuove decisioni.


Chi ascolta è d’aiuto soprattutto se in quel lasso di tempo riesce a mettere da parte i propri pensieri e sentimenti e a prestare attenzione ai sentimenti altrui. Se ricorda la bontà e l’intelligenza, la natura premurosa e tutte le meravigliose qualità umane e ne sollecita il ricordo anche nell’altro, lo aiuterà ad essere ancor più se stesso e a creare una vita di relazione con sé e gli altri sempre migliore. Se l’ascoltatore sperimenta per la prima volta questo processo, allora è preferibile che si limiti ad ascoltare, rispondendo solo con espressioni facciali. Bisogna tenere a mente che ciò di cui l’altro ha bisogno non sono analisi o consigli, ma solo di essere ascoltato con empatia e comprensione.


Lo scopo principale del processo è trovare i luoghi della memoria in cui risiedono i primi ricordi di quando sono iniziati quegli schemi di pensiero che vi hanno resi ansiosi o arrabbiati, depressi o confusi, insicuri; che intralciano il cammino verso un modo di pensare rilassato e limpido, focalizzato su ciò che vi interessa. Ritrovate i ricordi di quando eravate giovani e vulnerabili, di quando non siete stati rispettati, accettati o capiti appieno; esprimete al vostro amico compassionevole i sentimenti che avevate ma a cui allora non avete potuto dar sfogo.


Ho menzionato solo sentimenti negativi in quanto il bisogno di sfogarli è il più pressante, e scoprirne l’origine può allentarne la presa e aiuta a trovare pace, chiarezza e gioia nel presente. Mi affretto però ad assicurarvi che i sentimenti felici, i ricordi piacevoli, hanno altrettanto valore, spesso anche maggiore, nella capacità di liberarvi dai vecchi schemi di ansia, confusione, scoraggiamento, dubbio o qualsiasi cosa si frapponga fra voi e la vostra forza e chiarezza.

Verso la liberazione

A titolo di esempio, vorrei condividere con voi la prima enorme scoperta che ebbi agli inizi della mia esperienza con questo processo, oltre trent’anni fa. Il mio counselor in quella sessione era una straordinaria guida alla liberazione umana, ammiravo molto la sua saggezza, la sua chiarezza, l’empatia e la sua capacità di comprendere la lotta di ognuno sotto il fardello del sessismo in questa società. All’inizio della sessione mi chiese: “Riesci a ricordare un momento della tua vita in cui ti sei sentito completamente libero?”. Ci riflettei, riandando in fretta alle memorie dell’infanzia, e il ricordo era lì.


Avrò avuto quattro anni, esploravo la spiaggia per conto mio, lontano dalla folla estiva; mi ero arrampicato dietro le grandi dune di sabbia, alle spalle della battigia, tutto solo. Un bimbetto magrolino dai capelli scuri, la pelle abbronzata color nocciola per i lunghi giorni trascorsi al mare. Mi ero tolto il costume bagnato e correvo per i colli e le valli delle dune, sentendomi un tutt’uno con il sole e la sabbia calda, la brezza che accarezzava il mio corpo nudo e piegava la vegetazione, i gabbiani che volteggiavano e scendevano in picchiata sopra di me, alle mie spalle il suono attutito delle onde in lontananza e l’infinito azzurro del cielo in alto.


Ero in sintonia con tutto.

Ed ero libero!


Piansi, come di rado mi era capitato dai tempi dell’infanzia. Avevo compreso d’un tratto che quel bambino che correva, libero e un tutt’uno con la natura, ero io! Devo aver pianto per diversi minuti, sebbene allora mi sembrassero ore. Io! Ecco ciò che ero e che sono – riuscivo a sentirlo di nuovo – il bambino che ero stato, che si era perduto, nascosto alla vista per tutti quegli anni! Quella visione all’improvviso aveva spazzato via tutte le mie protezioni, le mie pretese, le pose e le scuse di cui non avevo bisogno e che non mi sarebbero mai servite. Perché ora sapevo che non dovevo spiegare a nessuno, neppure alla mia mente, quanto fossi buono, adorabile e perfetto, bello in questo mondo meraviglioso. Che dono essere vivo in tanta bellezza! Come era giusto che dovessi essere parte del tutto!


Da allora, sebbene abbia dovuto continuare a lavorare per sciogliere e disfare i molti schemi mentali e comportamentali acquisiti negli anni, ho sempre custodito dentro di me quel ricordo. So che quegli schemi erano solo vecchie ferite che avevano bisogno di essere capite e sanate, e in nessun modo segnavano o sciupavano il mio vero me stesso. Avevo e ho ancora quel piccolo bambino scuro che corre nudo e libero fra le dune, in sintonia con il creato.


Con un amico fidato e attento, concorde nell’ascoltare e condividere in questo modo insieme a voi, è anche possibile rivisitare la propria infanzia e tutti i primissimi ricordi, più o meno felici, percepire ed esprimere quegli antichi sentimenti, trovare comprensione e sollievo, ritrovare voi stessi, quelle personcine vivaci, gioiose, curiose, attente e giocose che eravate, e che sotto il velo confuso delle antiche ferite siete ancora. Le forze che hanno creato quelle ferite non potevano essere comprese da voi bambini, né potevate fronteggiarne l’autorità. Avete dovuto sottomettervi, rinunciare alla lotta per essere voi stessi e indossare una maschera per sopravvivere. Ora potete riandare con la memoria alla vostra infanzia, ritrovare quegli antichi sentimenti così come li avevate vissuti, e raccontare al vostro amico come è stato. Potreste magari dargli la mano e farvi accompagnare nel passato. Con questo aiuto potrete fronteggiare quelle vecchie forze che vi hanno dato un’idea sbagliata di ciò che siete e potete essere.


Alice Miller dice che i bambini dovrebbero avere il diritto e la possibilità “di essere accompagnati nel viaggio attraverso i propri sentimenti, così da poterne trovare da soli la spiegazione corretta”.


Con l’incoraggiamento e il sostegno dell’ascoltatore empatico potete difendervi da soli e dir loro che erano sbagliati, che non avranno più controllo sulla vostra vita. Sussurrandolo, urlandolo, piangendo, ma restando sempre dalla vostra parte, fieri di voi e della vostra vita. Anche solo viverlo vi farà bene, ma agire sarà ancor meglio; potreste formulare una risoluzione, un patto, una promessa a voi stessi che non vi sottometterete ad essere nulla di meno del vostro pieno sé. È una promessa che forse dovrete rinnovare per ricordarvene, ma vi darà forza e sicurezza in ogni situazione. E ci saranno dei momenti con i bambini in cui verranno messe alla prova calma, sicurezza, e lucidità di pensiero.


Non sarà una bacchetta magica. Come ogni cosa che valga davvero la pena conquistare, richiederà uno sforzo, ci vorrà tempo e impegno, ma vi assicuro che funziona se sarete costanti, e sarà sempre più efficace con il passare del tempo. Abbiamo tutti provato come ci si senta meglio dopo un “bel pianto” e sappiamo che a volte è necessario sfogarsi. Lo si può fare mettendosi d’accordo con un amico per scambiarsi del tempo da dedicare all’ascolto empatico. Potete decidere anche solo di ascoltare con partecipazione qualcuno che si trova in difficoltà, ma senza dare consigli o interrompere, e in caso di assoluta necessità è possibile farsi ascoltare anche da estranei.


Una donna mi ha raccontato di essere andata all’aereoporto per salutare degli amici e dopo la loro partenza era sopraffatta dalle emozioni; entrò nel caffè pieno di gente dove un unico avventore era seduto da solo a un tavolino. Gli domandò se non gli sarebbe dispiaciuto ascoltarla per cinque minuti e lui acconsentì, perciò lei si sedette al tavolo, regolò il timer su cinque minuti e scoppiò in lacrime. Lui la osservò attonito finché la sveglia non ebbe suonato, lei si asciugò le lacrime e disse: “Grazie tante, ne avevo davvero bisogno. E ora, se vuole, posso ascoltarla per cinque minuti”.

L’uomo disse che era una cosa sorprendente, e a quanto pareva anche molto efficace visto che lei ora sorrideva soddisfatta. Era felice che sorridesse contenta perché temeva che tutti pensassero che lui l’avesse fatta piangere!


Il processo dell’ascolto empatico si fonda sul co-counseling, che ho insegnato per più di trent’anni. È un processo messo a punto da molte persone negli ultimi sessant’anni, ispirato al pensiero e alla pratica di Harvey Jackins, divenuto mio amico e sostenitore, che mi ha spinto ad andare avanti e creare un mio movimento per la trasformazione del mondo. Mi sforzo di restare fedele a quel processo e di tenerlo sempre aggiornato in qualità di membro di una comunità di counseling, non pensando sia necessario dover “reinventare la ruota”2.

Insegno l’utilizzo di questo strumento nel mio lavoro, durante i campi con le famiglie, nei seminari e nei cerchi che organizziamo nelle carceri. Lo insegno perché si adatta in modo perfetto a ciò che gli anziani ci hanno tramandato a proposito del cerchio e della bontà della Creazione, e anche perché è il più efficace che abbia trovato e il più facile da insegnare. Ve ne parlo perché so che nella relazione con i bambini volete fare del vostro meglio, essere il più possibile attenti e premurosi, comunicare attraverso la vostra vera natura compassionevole, non attraverso malumori e disappunto.


Soprattutto è utile e importante avere del tempo per richiamare alla memoria i sentimenti provati nei primi anni di vita; uno dei maggiori benefici di queste incursioni nei ricordi d’infanzia è la possibilità di notare il buono e il cattivo del modo in cui siete stati trattati. Capirete che molte delle cose che venivano fatte “per il vostro bene” non erano affatto buone. Non era il modo in cui un meraviglioso piccolo essere come voi doveva essere trattato. Non sareste stati migliori per il fatto di venir disprezzati, feriti e umiliati o fatti sentire sbagliati e cattivi. Potete quindi immaginare come quel genere di trattamento possa influire sui bambini che oggi sono affidati alle vostre cure. Vi aiuterà a capire i loro sentimenti, e potrete decidere per il meglio sull’atteggiamento da adottare con loro.


So che siete consci del fatto che tutti tendiamo a riproporre i modi in cui siamo stati trattati da bambini nelle nostre reazioni improvvise con i più giovani. Vogliamo prenderci cura di loro meglio di quanto sia stato fatto con noi da piccoli, e immagino che vi siate detti: “Non farò mai questo a mio figlio!”


Scrivere questo libro mi ha già dato qualcosa di meraviglioso pensando a voi, a tutti i genitori, gli educatori e i bambini che conosco, ed è la cosa che più mi fa ben sperare per la salvezza del mondo dalle trappole velenose delle diverse culture. Si tratta del fatto evidente che tutti voi state dando ai vostri figli più di quanto abbiate ricevuto dalla generazione precedente, e questi bambini sono già più forti, più liberi e creativi, pieni di domande e determinati a trovare le risposte, intenti a comprendere se stessi e i propri genitori. Questo arricchirà molto la loro relazione con i propri futuri figli. È un processo che ho osservato per quasi nove decenni, è naturale e spontaneo, non necessita neppure di questo libro (per quanto ritengo che tanti ottimi libri sul tema stiano favorendo il processo, e diventino sempre migliori man mano che noi tutti impariamo). Ammesso che si riesca a mantenere l’ambiente abbastanza in salute perché la vita continui, è certo e inevitabile che le cose miglioreranno per le generazioni future di cui i nostri anziani ci hanno insegnato a preoccuparci.


So che fate del vostro meglio, ma molti fardelli vi gravano sulle spalle, vi stancano, e anche a voi servono attenzione e cure amorevoli. Esplorando la vostra infanzia sarete più consapevoli di come il vostro atteggiamento possa influenzare i bambini.


È un’altra delle ragioni per cui vorrei motivarvi a espandere il vostro clan, il vostro gruppo di sostegno, quel cerchio che esiste per darsi aiuto reciproco, ascolto, incoraggiamento, apprezzamento, plauso. Ci vuole un villaggio per crescere un bambino. Non avete un villaggio? Varrebbe la pena pensarci. Insieme nulla è impossibile. Ne riparleremo più avanti. Bisogna pur iniziare da qualche parte.


Questo capitolo voleva suggerirvi un modo per aiutarvi, anche grazie a una piccola collaborazione da parte degli amici, ad essere il più possibile in forma, calmi, sicuri, premurosi e lucidi nell’affrontare i bisogni dei bambini, argomento del prossimo capitolo.

Crescere insieme nella gioia
Crescere insieme nella gioia
Manitonquat (Medicine Story)
Prendersi cura dei bambini nella via del cerchio.Manitonquat, storyteller nativo del Nord America, ci insegna a trasformare la vita quotidiana con i bambini in un’avventura consapevole e gioiosa. Crescere insieme nella gioia è un progetto meraviglioso che per noi genitori del ventunesimo secolo è difficile anche solo immaginare, ma si può realizzare. Significa vivere con piena consapevolezza il nostro coinvolgimento con l’ambiente che ci circonda e gli accadimenti del momento; quando siamo con i bambini, in una sintonia profonda, loro ci rendono partecipi del loro coinvolgimento, ci aprono le porte per esplorare nuovi mondi, e l’esperienza può essere condivisa a tutto tondo. Presi dal vortice frenetico delle preoccupazioni, dei ritmi di lavoro e delle esigenze familiari, non siamo neppure consapevoli dell’immensa solitudine che ci circonda, dell’incredibile e innaturale condizione dell’essere adulti del tutto soli (o quasi) a mandare avanti una serie di compiti che richiederebbe invece la presenza di un’intera tribù di persone, le quali, un tempo, sentivano l’urgenza di legarsi, di stare vicine, di cooperare e di unirsi in entità più grandi. Gli esseri umani hanno bisogno di legami affettivi e della vicinanza dei loro simili.Il processo di apprendimento per diventare un essere umano completo richiede quindi legami che forniscono un aiuto prezioso per guidare e proteggere il bambino fino alla sua trasformazione in un vero e proprio adulto; chi lo circonda dovrebbe instillare in lui fiducia e autostima e offrire il necessario senso di appartenenza. Manitonquat, storyteller nativo del Nord America, con la sua esperienza quarantennale a contatto con i bambini e le loro famiglie, ci illustra un bellissimo percorso alla scoperta dei tanti strumenti a nostra disposizione per trasformare la vita quotidiana con i bambini e i ragazzi in un’avventura divertente, consapevole, gioiosa; offre ai genitori aiuti preziosi per prendersi innanzitutto cura di loro stessi, per guarire le proprie antiche ferite e guardare alla relazione con i più giovani da una prospettiva nuova, pervasa da un profondo sentimento di rispetto e di amore incondizionato. Conosci l’autore Manitonquat, il cui nome tradotto in inglese è Medicine Story (la storia che cura), è narratore, poeta e guida spirituale della nazione nativa americana Wampanoag. Svolge attività di insegnante e formatore sui temi della pace e della non violenza, della giustizia, dell’ambiente e della presa di coscienza per una società più giusta.Negli Stati Uniti è responsabile di un programma di sostegno per nativi nelle carceri. Ha pubblicato numerosi libri e articoli.